nuove professioni

Ecco gli “Streamer”: chi sono i professionisti dell’entertainment sulle piattaforme social

Lo streamer, che può essere considerato una “sottocategoria” dell’influencer, è legata a doppio filo al settore del gaming e degli eSport e usa le dirette come principale se non unica forma di comunicazione. Una nuova professione per la quale, come spesso accade nel digitale, manca di adeguate tutele

Pubblicato il 28 Apr 2021

Francesco Caroselli

Comitato Scientifico dell’Associazione Italiana Influencer

Lorenzo Di Luzio

Comitato Scientifico dell’Associazione Italiana Influencer

Xayoo

L’universo digitale ha fin dal principio dato origine a nuove professioni che, di sovente, però, si ritrovano prive di un impianto normativo soddisfacente, facendo sì che gli operatori del settore siano costretti a rischiare di operare senza le tutele necessarie e, in buona fede o meno, di essere protagonisti (o vittime) dell’interpretazione rigorosa di norme che difficilmente possono adattarsi ai prodotti e alle attività tipiche dell’industria di internet, sempre in continua evoluzione, con tutte le conseguenze spiacevoli del caso.

Cercheremo di seguito di definire la figura dell’influencer e, con maggiore attenzione, la sottocategoria denominata “streamer”, fermo chi le voglia interpretare come realtà distinte a differenza dell’opinione degli autori.

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Professione streamer

Prendiamo le mosse da una definizione di concetto. Secondo l’Associazione Italiana Influencer l’attività professionale degli influencer è quella che li identifica quali utenti attivi su un qualsiasi social media, ove questi godono di una particolare popolarità o autorità nei confronti di un numero elevato di followers, al punto da poterne influenzare il pensiero su determinate tematiche o scelte commerciali tramite la creazione di contenuti di semplice intrattenimento oppure di caratura professionale, artistica, culturale e/o divulgativa, grazie ai quali sono in grado di ottenere un ritorno visibilità oltre che di natura economica”.

Nella specie, lo streamer predilige avvalersi delle dirette come principale se non unica forma di comunicazione, dando vita poi ad un archivio digitale (temporaneo e soggetto a modifiche) delle dirette in precedenza trasmesse a cui gli utenti possono accedere.

Gli streamer utilizzano note piattaforme per la diffusione di video e di dirette streaming quali YouTube e Twitch e sono da sempre vicini al mondo degli sport elettronici (eSport), potendo la loro professionalità coincidere anche con quella del Pro Player (giocatore professionista), dell’amatore di questo fenomeno e del mondo videoludico nonché del caster (i telecronisti degli eventi competitivi negli sport elettronici). Nello specifico, per completezza espositiva si dirà che:

  • il Pro Player è un atleta esportivo indipendente oppure facente parte di un team, di un’organizzazione o tesserato ad una federazione che partecipa a competizioni classificate o ad eventi tramite selezione;
  • l’Amatore, invece, è colui che condivide i propri contenuti senza essere un professionista sul piano competitivo;
  • il Caster è un commentatore di eventi esportivi, proprio come avviene negli sport tradizionali, con la differenza che, in genere, chi commenta gli sport tradizionali si “lega” molto spesso a quell’unica disciplina, cosa che, invece, nel mondo degli esport non avviene, anche grazie alla continua diffusione di nuovi titoli videoludici.

Ad ogni modo la figura dello streamer è legata a doppio filo al settore del gaming e degli esport, in quanto permette agli spettatori di avere la visione della partita e del player mentre sta giocando; questi, oltretutto, la commenta in tempo reale, condividendo le proprie tecniche o semplice facendo un po’ di umorismo per intrattenere il proprio pubblico. Va considerato, poi, che la situazione di fatto rende (potenzialmente) gli stessi streamer un “prodotto”, non essendo raro che le aziende gli chiedano di indossare durante le dirette dei capi raffigurati i loro brand (ne è un esempio Giorgio “Pow3r” Calandrelli con il noto marchio “Monster”).

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Dirette streaming e diritto d’autore

Parlando di dirette streaming, paragonabili sotto certi aspetti a quelle televisive, non possono essere assolutamente trascurati i profili inerenti alla proprietà intellettuale.

Come noto, per diritto d’autore si intende l’istituto giuridico che ha lo scopo di tutelare i frutti dell’attività̀ intellettuale, attraverso il riconoscimento, all’autore originario dell’opera, di una serie di diritti di carattere morale e patrimoniale. L’esercizio in forma esclusiva di questi diritti da parte dell’autore permette a lui, ovvero a tutti coloro giuridicamente legittimati, di sfruttare a fini economici, per un periodo limitato nel tempo, l’opera.

Chiarita ai profani la questione a grandi lettere, si dirà come la “Legge a protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio” (Legge 22 aprile 1941, n. 633), all’art. 96, individua nel consenso dell’interessato l’elemento che esime dalla responsabilità civile, il soggetto che espone, riproduce o mette in commercio l’immagine altrui. Attualmente non è previsto alcun vincolo di forma per la manifestazione del consenso, potendo esso manifestarsi in forma espressa o tacita. Il problema derivante da una manifestazione del consenso tacito è evidente, in quanto è realmente complicato per il legittimo proprietario venire a conoscenza della situazione di fatto che lo vede coinvolto e riuscire ad intercettare tempestivamente il materiale o il sedicente autore, per porre rimedio e inibire il comportamento posto in essere da chi ne sfrutta illegittimamente l’immagine, considerato il numero di utenti e la quantità di materiale che viene pubblicato.

Sotto un diverso ed ulteriore profilo, l’art. 97 deroga al consenso in caso di notorietà, di necessità di giustizia, scopi didattici o culturali, ma lo stesso articolo pone un vincolo: il ritratto fotografico non può essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione, comprometta la reputazione della persona ripresa e/o rappresentata. Un altro esempio viene invece dalla giurisprudenza in ambito di eventi sportivi, quando il Tribunale di Milano ha sancito che “gli enti organizzatori di eventi sportivi che acquisiscono il diritto di riproduzione delle immagini degli atleti in virtù del consenso prestato (anche implicitamente) dagli atleti stessi, ben possono disporre di questi diritti attraverso la cessione a terzi” (cfr. Trib. Milano, 9 febbraio 2015, AIDA 2015, 1703/2).

Questa circostanza potrebbe automaticamente presentarsi per analogia, quando si parla di esport, dove troviamo eventi svolti totalmente online o dal vivo ma trasmessi in streaming, tutto su scala globale. I cyber atleti sono in diretta stream per tutta la durata dell’evento sia da protagonisti durante il game play sia nel pre/post partita. Certo è che qui si entra nel merito di una vexata quaestio: gli sport elettronici possono essere messi sullo stesso piano di quelli tradizionali? La riflessione non è oggetto di questa disamina e dovrà trovare riscontro in altra sede.

Qui concludendo, ad onor del vero, essendo l’attività degli Streamer incentrata sulla rispettiva immagine, lo sfruttamento indebito della proprietà intellettuale per loro è un rischio labile rispetto a quello in cui può incorrere uno YouTuber, soprattutto quando i contenuti che divulga quest’ultimo possono essere di interesse di culturale generale. Un esempio a tal ultimo riguardo è quanto accaduto a Nicolò Balini, fotografo e videomaker italiano che trasmette sulla nota piattaforma come youtuber di viaggi o travel vlogger, il quale, in particolare nel 2019, ha denunciato la diffusione di propri servizi senza il suo preventivo consenso all’interno di programmi televisivi trasmessi da emittenti di scala nazionale.

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Il caso st3pny

Tra i profili critici inerenti alla professione degli influencer e, quindi, anche degli Streamer permane quello di natura fiscale, producendo gli stessi redditi da rapporti con più soggetti e per titoli diversi come illustrato a seguire.

Una parte dei ricavi, infatti, è determinata dalle donazioni che gli utenti possono spontaneamente effettuare attraverso le piattaforme a beneficio dello Streamer mentre è in onda.

La piattaforma è semplicemente il veicolo, ma il negozio giuridico in sé, sembrerebbe avere le caratteristiche di una donazione diretta, esclusa dalla formazione del reddito IRPEF.

Al contempo, un’altra parte deriva dalle somme che Twitch, ad esempio, riconosce agli Streamer a titolo di percentuale sulle sottoscrizioni e/o gli acquisti fisici e digitali effettuati dagli utenti tramite il loro canale telematico.

Nel caso in cui, invece, ci si trovi innanzi ad una fattispecie di cessione del diritto d’autore, il relativo corrispettivo non contribuisce al formarsi dell’imponibile ai fini del calcolo dell’IVA.

Un recentissimo caso di scuola delle problematiche che possono insorgere sul piano fiscale nel settore vede protagonista lo YouTuber Stefano “St3pny” Lepri. Il 24enne è stato condannato dal Tribunale di Firenze, a fronte delle istanze presentate dal Pubblico Ministero Christin Von Borries, a otto mesi di reclusione per aver putativamente evaso il fisco per la complessiva somma di circa 76 mila euro, non avendo putativamente presentato la dichiarazione a fini IVA per redditi pari a 344 mila euro.

Nella specie, l’accusa ha sostenuto che St3pny avrebbe stipulato con varie agenzie pubblicitarie contratti per la pubblicazione di banner sui propri video attraverso la cessione (simulata) del diritto di autore inerente i propri contenuti; operazioni queste che non prevedevano il versamento di importi a titolo di IVA. Lo youtuber, come sostenuto a seguito delle indagini dalle Fiamme Gialle, avrebbe reso detta prestazione in maniera continuativa, il ché sarebbe incompatibile con il nomen iuris adottato per i contratti da lui stipulati.

Streamer: la crescita continua del broadcasting nel corso della pandemia

Appare utile parlare di numeri al fine di dare ancora maggiore sostanza alla dissertazione che qui ci impegna.

Ed invero, l’emergenza pandemica ha portato ad una iniezione, oltre che di vaccini, di risorse (umane ed economiche) nel settore digitale, di per sé già ricco.

Il campione selezionato ai fini della presente analisi tiene conto dei follower di 26 Streamer di cui 10 Pro Player (esport), 10 Streamer puri (impegnati in attività di entertainment) e 6 Caster. Il periodo individuato va dall’inizio della chiusura dovuta al COVID-19 (1^ marzo 2020) al 24 febbraio 2021. Le piattaforme considerate sono YouTube e Twitch, per le quali si è calcolata la variazione nel numero dei follower tra il periodo iniziale e finale.

Influencer e pubblicità, quale trasparenza: che fare

Tabella 1

Risalta immediatamente agli occhi come gli streamer abbiano una base numerica di follower maggiore su YouTube rispetto a Twitch, tuttavia quest’ultima ha rilevato una variazione nettamente superiore di sottoscrizioni ai canali degli Streamer. Nel dettaglio: (i) i Pro Player hanno riscontrato un aumento di follower del 23.01% su YouTube e del 133.38% su Twitch; (ii) gli Streamer puri un incremento del 17.30% su YouTube e del 113.70% su Twitch; (iii) i Caster una crescita del 45.19% su YouTube e del 122.73% su Twitter. Analizzando i totali per entrambe le piattaforme, notiamo un incremento del 18.88% per YouTube e del 122.73% per Twitch. Infine, è interessante notare come la categoria degli Streamer puri, su entrambe le piattaforme, abbiano il maggior numero di sottoscrizioni ai propri canali.

Tabella 2

Conclusioni

Possiamo dedurre da questa analisi che le piattaforme di streaming durante il periodo di lockdown dovuto al COVID-19 hanno riscontrato un forte aumento di interazioni e sottoscrizioni.

Era uno scenario probabile, ma i numeri si sono dimostrati in linea con le più rosee aspettative.

In particolare, gli streamer su Twitch hanno riscontrato un forte incremento di follower, maggiore rispetto a quello avuto su YouTube. Questo fenomeno evidenzia che siamo in presenza di un trend in crescita che riguarda tutte le figure da noi prese in considerazione, riconducibile probabilmente anche al passaggio generazionale dal broadcasting tradizionale, come la televisione, alle piattaforme digitali.

Questa simmetria dovrebbe suggerire la creazione di una normativa ad hoc valida per tutti gli operatori del settore (ancora privi di un codice Ateco specifico) o, comunque, per un determinato target rientrante nelle professioni del web, così da azzerare dubbi e perplessità e, soprattutto, da superare l’attuale fase di deregulation, essendo, invero, buona parte dell’attuale sistema giuridico applicabile agli influencer rimesso alla buona opera degli interpreti.

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