professionalità digitale

Influencer, come farlo in modo corretto: ecco i consigli

Quello dell’influencer è ormai un lavoro vero e proprio. E come tutti i lavori, anche questo deve svolgersi in maniera corretta per evitare l’insorgere di problemi di varia natura. Ecco quindi tre consigli, di carattere strettamente giuridico, per chi volesse avvicinarsi all’attività di influencer in modo corretto

Pubblicato il 19 Nov 2019

Diego Dimalta

Studio Legale Dimalta e Associati

influencer

E’ una sola la differenza tra chi sfoga la propria vanità sui social e chi invece può reputarsi un vero influencer. Tale differenza è la professionalità con cui ci si approccia al social media.

Che piaccia o no, quello dell’influencer è ormai un lavoro vero e proprio, che genera flussi di denaro tanto per la celebrità di turno quanto per l’azienda da questi promozionata.

E come tutti i lavori, anche questo deve svolgersi in maniera corretta per evitare l’insorgere di problemi di varia natura. Già, perché se ad un primo sguardo chiunque può fare l’influencer, in realtà dietro alla facciata si nasconde molto lavoro e disciplina, un po’ come accade per tutti i mestieri.

Ecco quindi tre consigli, di carattere strettamente giuridico, per chi volesse avvicinarsi all’attività di influencer in modo corretto.

Influencer, scelta della forma giuridica (e primi passi)

Per aprire un bar, un centro estetico o per fare il commercialista è necessario dotarsi di una corretta forma giuridica. La stessa cosa accade per gli influencer. Da fuori può sembrare tutto così “homemade” ma in realtà dietro ad ogni singolo scatto ci sono delle vere e proprie scelte imprenditoriali che non lasciano nulla al caso. E’ impensabile avvicinarsi ad una qualsiasi professione senza prima aver fatto approfondite valutazioni sulla compagine sociale più adatta alle proprie esigenze. Del resto, se vuoi entrare nel mondo del business devi assumere una forma “business”, altrimenti resti un privato che si scatta selfie.

Per questo motivo, lo step n.1 deve necessariamente essere quello di confrontarsi con un consulente al fine di capire se è meglio, ad esempio, aprire una partita iva, creare una società unipersonale, oppure dotarsi di una struttura più complessa nella quale far rientrare, tra gli altri, i propri consulenti, il fotografo e la crew che rende possibili gli scatti da pubblicare.

In particolare, quest’ultima soluzione risulta quella preferita da alcuni influencer alle prime armi. Questo perché, di fatto, permette di condividere rischi e guadagni con le persone che ti aiutano a ad apparire sui social. Tuttavia, a mio parere, si tratta di una soluzione sconsigliabile in quanto vincola l’influencer a rimanere legato ad un determinato standard (lo stesso stile di fotografie, ad esempio) che, col tempo, non consente di restare al passo con le mode o, comunque di evolversi. Certo, soprattutto all’inizio, può spaventare l’idea di trovare un budget per pagare consulenti, fotografo, trucco/parrucco e social media manager ma, purtroppo, bisogna entrare nell’ottica che per aprire un’impresa ci sono dei costi e dei rischi. Pensare di iniziare questo genere di attività senza un budget iniziale significa prenderla come un gioco, con la consapevolezza che gioco resterà per sempre (salvo rari e fortunati casi in cui un fenomeno spontaneo diventa virale, ma questa è un’altra storia).

Segnalazione dei prodotti sponsorizzati

L’art. 22 comma 2 Codice del Consumo prevede che una pratica commerciale è altresì considerata un’omissione ingannevole quando un professionista […] non indica l’intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonché quando, nell’uno o nell’altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.

Questa norma è da sempre applicata in televisione, dove capita di sovente di vedere, ad esempio, lattine con il marchio coperto oppure magliette e cappellini con loghi anneriti. Questo perché per fare pubblicità è necessario esplicitarlo in modo chiaro, così da far capire all’utente che la scelta di usare una determinata marca, effettuata dal proprio idolo, non riguarda motivi di confort o di design ma motivi puramente commerciali.

Gli stessi principi si attuano anche nei confronti dei post sui social media ed in generale dell’attività degli influencer.

Sicuramente il precedente più noto in tal senso è quello che ha interessato il marchio Alitalia ed una serie di influencer tra i quali Chiara de Lellis, Martina Colombari, Federica Fontana, Cristina Chiabotto, Chiara Biasi e tanti altri.

La condotta contestata dall’antitrust consisteva nella pubblicazione, sul profilo Instagram di tali influencer, di post in cui appariva artificiosamente inquadrato il logo Alitalia impresso sui capi di abbigliamento indossati dagli influencer stessi.

Tale pratica, secondo l’Autorità, si inseriva nell’ambito del cosiddetto fenomeno dell’influencer marketing che, per i motivi sopra evidenziati, richiede elevati standard di chiarezza e trasparenza.

Il caso in esame si chiuse con un’assoluzione di tutti i soggetti coinvolti e ciò grazie alla proattività degli stessi nel togliere le foto e, comunque nel prodigarsi al fine di porre rimedio agli eventuali effetti distorsivi provocati. Ciononostante tale provvedimento ha avuto il grande pregio di ribadire alcuni aspetti molto importanti che, da quel momento, sono diventati uno standard imprescindibile per ogni influencer. Ed in effetti, l’Agcm nel ritenere sufficienti taluni provvedimenti posti in essere dalle celebrità, ha di fatto indicato la strada corretta da seguire per evitare di incorrere in simili situazioni.

In particolare, riprendendo i provvedimenti correttivi adottati da alcuni influencer interessati, vediamo come sia stato considerato corretto procedere nel seguente modo:

“a) in caso di omaggio o prestito di prodotti, le Parti si impegnano ad inserire apposite avvertenze quali #suppliedby(nome del brand), #(nome del brand), #loanedby(nome del brand) o #fornitoda(nome del brand) o #regalatoda(nome del brand); […]

c) nel caso di pubblicazione di post sui propri profili social inquadrati nell’ambito di un rapporto di committenza con i titolari dei marchi, le Parti si impegnano ad utilizzare avvertenze quali #pubblicitàbrand, #sponsorizzatodabrand, #advertisingbrand, #inserzioneapagamentobrand”.

Le linee guida dell’istituto di Autodisciplina Pubblicitaria

Tali soluzioni peraltro risultano coerenti con le linee guida rilasciate dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) il quale, già dal 1966, attraverso lo strumento rappresentato dal Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, si adopera per far sì che la comunicazione commerciale sia sempre più “onesta, veritiera e corretta”, a tutela dei consumatori e delle imprese.

In particolare, IAP, già nel 2016 ha pubblicato un documento dal titolo “Digital Chart IAP” con l’intenzione di dettare delle linee guida utili a tutti gli operatori della comunicazione nel mondo digitale.

In tale documento si afferma che il fine promozionale del commento o dell’opinione espressa da celebrity/influencer/blogger, qualora non sia già chiaramente riconoscibile dal contesto, deve essere reso noto all’utente con mezzi idonei (art. 7 C.A.).

IAP non indica modalità obbligatorie per segnalare agli utenti il fine promozionale del contenuto, tuttavia celebrity/influencer/blogger, per rendere riconoscibile la natura promozionale dei contenuti postati sui social media devono inserire in modo ben distinguibile nella parte iniziale del post la dicitura: “Pubblicità/Advertising” e/o “Promosso da …brand/Promoted by…brand” e/o “Sponsorizzato da…brand/Sponsored by…brand” e/o “in collaborazione con…brand” e/o “in partnership with…brand” e/o entro i primi tre hashtag (#) una delle seguenti diciture: “#Pubblicità/#Advertising” e/o “#Sponsorizzato da …brand/#Sponsored by…brand” e/o “#ad”unitamente a “#brand”.

Nel diverso caso in cui il rapporto fra celebrity/influencer/blogger e inserzionista si limiti all’invio occasionale da parte dell’inserzionista dei propri prodotti gratuitamente o per un modico valore, e la celebrity/influencer/blogger li citi, li utilizzi o li mostri nei propri post, in questi ultimi non dovranno essere inserite le avvertenze di cui sopra, ma soltanto un disclaimer ben leggibile, ad esempio,del seguente tenore: “prodotto inviato da…brand”.

Pertanto, al fine di evitare ogni contestazione in tal senso, sarà sufficiente rifarsi alle best practice indicate dallo IAP, tenendo in ogni caso a mente che, la ratio di tutta la normativa è quella di permettere all’utente medio di capire che si sta pubblicizzando un prodotto. Di conseguenza, ogni condotta che vada in tale direzione non potrà che ritenersi apprezzabile.

Influencer: rispetto della privacy

Il fatto che l’influencer sia un soggetto pubblico non significa che non sia destinatario di diritti e doveri in ambito privacy e data protection, anzi, l’esatto contrario.

A tal proposito, il “considerando” 18 del GDPR prevede che “il presente regolamento non si applica al trattamento di dati personali effettuato da una persona fisica nell’ambito di attività a carattere esclusivamente personale o domestico e quindi senza una connessione con un’attività commerciale o professionale. Le attività a carattere personale o domestico potrebbero comprendere la corrispondenza e gli indirizzari, o l’uso dei social network e attività online intraprese nel quadro di tali attività”.

In primo luogo va quindi evidenziato come, svolgendo l’influencer la propria attività in modo professionale, egli rientri in toto nell’applicazione del GDPR al pari di una qualunque altra azienda.

Non deve nemmeno confondere il riferimento nel citato “considerando” all’utilizzo dei social network. Tale disposizione è difatti da leggere con la prima parte del periodo e, pertanto, chi utilizza per motivi privati, un social network non è tenuto al rispetto del GDPR; differentemente, chi utilizza il media per finalità economiche (come fa l’influencer) è costretto al rispetto di ogni indicazione ivi presente.

In questo senso egli dovrà quindi tutelare i dati dei propri clienti, dei propri fornitori ed anche dei propri follower. I dati personali contenuti nei messaggi con i propri follower devono essere protetti in modo corretto e devono essere ospitati su server in paesi UE o, comunque, in paesi ritenuti adeguati dalla Commissione Europea. Allo stesso modo è necessario che, prima di fare selfie o video, l’influencer si accerti che le persone ad egli vicine siano concordi nell’apparire in camera, specie se ci si trova in luoghi privati. Ma come si fa a rilasciare un’informativa agli interessati? Per clienti e fornitori, l’informativa può essere allegata ai contratti. Per gli altri, un modo semplice potrebbe essere quello di pubblicare un’informativa sul sito, facendovi espresso rinvio così consentendo a chiunque di leggerla in qualsiasi momento.

Per quanto riguarda il consenso ad apparire in foto, nel caso di eventi pubblici, sarebbe opportuno segnalare ai partecipanti il fatto che potrebbero essere scattate foto e che, chi non fosse intenzionato ad apparire sui social, avrebbe il diritto di segnalarlo agli organizzatori.

E’ chiaro che le casistiche sono davvero tante e difficilmente possono essere menzionate in un unico contributo. Ciò che conta è che sia incontestabile il concetto che, essendo l’influencer un professionista, egli sarà obbligato ad una condotta conforme ai dettami del GDPR. In difetto, si correrà il rischio di subire sanzioni anche molto pesanti.

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