L’indagine

Covid, i social fomentano i no-vax? Educazione e formazione gli antidoti

Il laboratorio Digita4good dell’Università di Pavia sta provando a comprendere se la disposizione verso la somministrazione del vaccino contro il covid possa essere o meno influenzata dal livello di maturità tecnologica e dagli interessi delle persone (scienza, tecnologia, social network). I risultati

Pubblicato il 26 Feb 2021

Stefano De Nicolai

Professore ordinario di management dell’innovazione, Università di Pavia Direttore del centro di ricerca ITIR (Institute for Transformative Innovation Research), Università di Pavia

prenotazione vaccinazione covid - digitalizzazione regione Lazio - quarta dose

Cultura digitale, orientamento all’innovazione e passione per la scienza influenzano la predisposizione a farsi somministrare un vaccino contro la Covid19? Una domanda che può apparire insolita, per qualcuno forse inutile.

Al contrario, è un quesito dai risvolti molto interessanti, come si proverà ad argomentare in questo articolo.

Vaccini, velocità e social network

Il primo punto che salta all’evidenza è che ci si trova di fronte ad una situazione mai vissuta prima. La velocità con cui sono svolti la fase di ricerca e i trial clinici è – com’è ben noto – senza precedenti: in genere servono da 2 a 5 anni, qualche volta proprio non ce la si fa. Stavolta invece il primo vaccino Covid19 ad essere approvato – quello della Pfizer – ha impiegato meno di un anno. Inoltre, per la prima volta nella storia il dibattito attorno allo sviluppo di tale vaccino ha coinvolto il “grande pubblico” e ha attirato l’attenzione dei media generalisti, così che la popolazione si è fatta una propria opinione, che spesso manifesta sui social network e al bar. Anzi, sostanzialmente solo sui social network visto che i bar sono chiusi per contenere la pandemia. Quest’ultimo aspetto gioca un ruolo fondamentale nel quadro del ragionamento qui proposto, come si discuterà fra poco. Inoltre, sempre per la prima volta nella storia, il dibattito sui vaccini – ancora una volta, anche fuori dalla comunità scientifica – riguarda anche le differenti versioni proposte da diverse aziende farmaceutiche.

Tutto ciò porta ad enfatizzare quanto gli esperti di marketing ci ricordano già da tempo: se si vuole rilevare, analizzare e prevedere il comportamento delle persone, nell’epoca contemporanea non bastano più le tradizionali variabili sociodemografiche – es. sono più ben predisposti i giovani o gli anziani? Chi fa il barbiere o il docente? – mentre diventano centrali le dimensioni comportamentali. Il riferimento è ai cosiddetti studi di ‘Consumer Behaviour” [1], i quali indagano l’influenza di interessi, emozioni ed in generale background delle persone su comportamenti di acquisto e d’azione in genere.

Pertanto, se si vuole comprendere e dominare davvero il processo di diffusione di un vaccino unico nel suo genere in un momento storico dove il relativo dibattito corre sul web, diventa pure cruciale capire se e quanto queste dinamiche siano o meno influenzate dai livelli di maturità digitale della popolazione, nonché dalla predisposizione ad essere pionieri verso qualcosa di innovativo[2]. Si tratta di una tematica molto importante, a cui la stessa Commissione Europea ha dedicato molta attenzione. Ad esempio, pubblicando recentemente alcuni report sulla lotta alle fake news in tema di coronavirus che si diffondono sui social network[3], con attenzione particolare proprio al tema del vaccino, ed inserendo una serie di indicazioni nel ‘Digital Services Act’ circa quel che ci si aspetta dalle piattaforme digitali nella lotta alle informazioni distorte[4].

Gli italiani e il Covid: l’indagine

Presso il nostro il laboratorio Digita4good dell’Università di Pavia – il quale si occupa di strategie e management delle nuove tecnologie in condizioni ad elevata incertezza e durante situazioni di crisi – stiamo provando a raccogliere dati per approfondire tale questione. Qui presentiamo alcune prime statistiche descrittive. Per quanto in attesa di analisi più sofisticate esse non possano dirsi risolutive, esse sollevano questioni interessanti e suggeriscono indicazioni rilevanti per approfondire la questione.

I dati in oggetto si riferiscono ad un nostro studio sul comportamento degli italiani nel porsi verso il nuovo coronavirus SARS-CoV-2. Tale indagine assegna una particolare attenzione a questioni di natura tecnologica, visti i nostri interessi di ricerca. Il questionario comprendeva, fra l’altro, la seguente domanda: “Si farà somministrare il vaccino Covid19 quando sarà disponibile?”. La raccolta dati nel suo insieme ha consentito di giungere a un campione bilanciato composto complessivamente da 18.905 osservazioni. I dati qui riportati fanno riferimento all’opinione di 3945 italiani[5], raccolta fra novembre e dicembre 2020. Il progetto si è svolto con il fondamentale supporto di Google Italia, cui va un sentito ringraziamento.

Entrando nel merito dei risultati, appare necessario partire da una visione d’insieme circa le risposte sulla predisposizione generale degli italiani verso il vaccino Covid19 (vedi tabella 1). Circa 8 italiani su 10 intendono farsi vaccinare contro Covid19 (79.1%), per quanto una buona parte di questi preferiscono attendere ancora un pò di tempo prima di farlo (18.1%), probabilmente per temporeggiare in attesa di evidenze più solide circa i possibili effetti collaterali. Fra gli elementi più interessanti, emerge che il 6.5% degli italiani è disposto alla somministrazione solo se potrà scegliere fra i vaccini disponibili sul mercato: quasi a scegliere la “marca” come avviene ad esempio per un paio di scarpe o uno smartphone. I NoVax del Covid19 – ossia quelli che non si fidano di questo specifico vaccino – rappresentano una parte rilevante degli italiani: 6.5%, contro il 2.8% dei NoVax in genere.[6]

Tabella 1. Risposte alla domanda “Si farà somministrare il vaccino Covid19 quando sarà disponibile?” (Fonte: Digita4good – Università di Pavia, 2021).

Abbiamo poi provato ad esplorare l’ipotesi di una possibile correlazione con gli interessi della persona rispondente. Qui si propone un focus sui seguenti tre: scienza, tecnologia, social network. La tabella 1 presenta se e quanto la predisposizione al farsi somministrare un vaccino possa dirsi associata all’attenzione verso le tre classi di interesse sopra citate.

Tabella 1. Predisposizione verso il Vaccino Covid19 ed interesse degli italiani verso scienza, tecnologia, social networks.

ProVaxNoVaxIndecisi
Intero Campione76.0%12.9%11.1%
Interesse: Scienza80.5% **9.2% **10.3% *
Interesse: Tecnologia77.7%10.7%*11.6%
Interesse: Social Network71.7%15.3%13.0%

** t-test conferma una elevata significatività statistica di questa differenza rispetto al campione complessivo (p=0.1%)

* t-test conferma una buona significatività statistica di questa differenza rispetto al campione complessivo (p=1%)

Passione per scienza e tecnologia e predisposizione a vaccinarsi

Fra le tre, è la passione per la scienza a fare la differenza: quando vi è questo interesse, la predisposizione verso il vaccino Covid19 sale dal 76.0% all’ 80.5%, quale differenza che si è dimostrata statisticamente molto significativa. Un analogo effetto sembrerebbe emergere anche quando si tratta di interesse verso la tecnologia, per quanto la differenza in questo caso non è statisticamente rilevante (da 76.0% a 77.7%). In ogni caso, è interessante notare che – se la passione per scienza da un lato aumenta i ProVax e dell’altro riduce i NoVax, riducendo la quota di indecisi – fra gli amanti delle nuove tecnologie si registra effettivamente una correlazione negativa con una posizione NoVax (-0.04; pvalue=1%), mentre l’effetto è molto più incerto nello stimolare una convinta prontezza nel farsi vaccinare (correlazione non significativa fra queste due variabili), tant’è che in questo caso aumenta la quota degli indecisi. Come a dire: vi sono meno no-vax fra nerd e dintorni, ma si tratta comunque di una community che presenta delle riserve sul tema.

Social network e fake news allontanano dal vaccino

Il terzo caso è invece significativamente differente rispetto ai due precedenti: fra i rispondenti che hanno indicato i social network fra i loro principali interessi abbiamo registrato una più bassa predisposizione a farsi vaccinare, il che avvalorerebbe la preoccupazione della Commissione Europea, la quale teme un effetto negativo delle fake news digitali sulla diffusione del vaccino Covid19. Tuttavia, come nel caso dell’interesse “tecnologia”, purtroppo i nostri dati riportano un effetto relativamente contenuto, troppo modesto per essere validato.

Abbiamo però approfondito la questione ed è emerso un effetto davvero interessante. Ripetendo queste analisi descrittive fra chi mostra interesse sia verso la scienza che verso i social network – entrambi le passioni simultaneamente – i ProVax19 salgono ad un livello analogo al caso della sola scienza (79.95) mentre i NoVax19 crollano al livello più basso registrato nel corso dell’intera nostra analisi esplorativa: 4.4%. Emerge quindi una sorta di effetto combinato che inverte l’effetto dei social network: da fonte informativa che instilla dubbi sull’efficacia dei vaccini a strumento di rinforzo circa la loro validità.

Infine, abbiamo provato a mettere in relazione la predisposizione al vaccino Covid19 e il fatto di aver scaricato la APP di tracciamento ‘Immuni’: i risultati sono molto interessanti (tabella 2 e figura 2). Fra chi ha scaricato Immuni, l’intenzione di vaccinarsi Covid19 sale addirittura all’89.5%, contro il 71.3% fra chi è contrario ad Immuni: una differenza davvero eclatante e, anche in questo caso, statisticamente significativa. Probabilmente, ciò è la manifestazione di un senso civico che ha in questi due aspetti due lati della stessa medaglia. Ciò è confermato anche dal fatto che, fra chi ha scaricato Immuni, la principale ragione del “sì al vaccino” è il senso di responsabilità verso la collettività. Fra chi non ha scaricato Immuni, i NoVax19 sono addirittura oltre tre volte tanto rispetto alla media del campione.

Tabella 2. Predisposizione verso vaccino Covid19 e download di Immuni: visione d’insieme

Persone che hanno

scaricato Immuni

Persone che

non hanno Immuni

ProVax1989.5%71.3%
NoVax195.9%18.5%
Indecisi4.6%10.2%

Figura 2. Predisposizione verso vaccino Covid19 e download di Immuni: dettagli risposte

Conclusioni

Come sopra accennato, queste sono prime elaborazioni esplorative. Per esempio, vi sono serie questioni di possibile endogeneità da tenere in considerazione. In attesa di risultati ulteriori sulla base di modelli statistici più sofisticati – su cui stiamo lavorando – è però possibile trarre alcune prime considerazioni. Sembrerebbe davvero esistere una relazione fra predisposizione positiva verso il vaccino Covid19 e un background digitale/tecnologico, quale manifestazione indiretta di una mentalità in genere aperta verso forme di innovazione e di sperimentazione delle novità, anche in ambito sociosanitario. Non vi è alcun giudizio di merito in questa affermazione: senza entrare nella diatriba se ciò sia un bene o un male, ci limitiamo ad affermare che questa correlazione pare effettivamente esistere. Al tempo stesso, di primo acchito sembrerebbe trattarsi di una relazione debole. Tuttavia, tale associazione si “accende” e diventa decisamente rilevante se abbinata ad una passione per la scienza. Addirittura, i nostri dati suggeriscono che in genere i social network tendono ad aumentare lo scetticismo verso il vaccino Covid19, ma nelle persone con interesse verso tematiche scientifiche l’effetto si inverte e i social network addirittura rinforzano una buona predisposizione nei confronti di questo vaccino.

Un antico adagio trova un’ulteriore conferma: le tecnologie non sono di per sé né positive né negative, dipende da chi le utilizza e come. Analogamente, informarsi su temi importanti come un vaccino sui social network non è né superficiale e né illuminante: dipende da chi e come ci si informa su tali piattaforme. In altre parole, oltre a “chi” ha scritto un post e “cosa” vi è scritto, contano molto anche i filtri e i bias cognitivi di chi legge. Forse anche di più. Per quanto ciò potrebbe apparire per qualcuno come un’ovvietà, la conclusione è forte e dovrebbe far riflettere molti: forse dobbiamo investire meno – a valle – in algoritmi contro le fake news e di più – a monte – in educazione e formazione. In questo quadro, le competenze digitali e una ritrovata passione per le scienze saranno sempre più in futuro il miglior vaccino contro nuove emergenze sanitarie, e probabilmente non solo. Potete scommetterci.

____________________________________________________________________

  1. Per approfondimenti si veda ad esempio: a) Chaudhuri, Arjun. Emotion and reason in consumer behavior. Routledge, 2006. b) Hawkins, Del I., and David L. Mothersbaugh. Consumer behavior: Building marketing strategy. Boston: McGraw-Hill Irwin,, 2010.
  2. Si è perfettamente consapevoli che, specie in questa fase, la diffusione dei vaccini è influenzata anche da diversi altri fattori, quali ad esempio: disponibilità di dosi e personale, relazioni con gli stakeholders critici, modello organizzativo e piattaforme tecnologiche di distribuzione, etc. Si rimette la discussione di questi aspetti ad altri scritti, proponendo qui un focus su ruolo di cultura digitale e scientifica nella popolazione italiana.
  3. Si veda anche: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/vaccino-anti-covid-combattere-le-false-informazioni-ma-senza-censure-il-ruolo-di-media-e-social/
  4. https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/coronavirus-disinformation-extended-platforms-monitoring-programme-focus-vaccines
  5. La riduzione da 18.905 a 3945 osservazioni è data dall’attività di data-cleaning e, soprattutto, dal fatto che la domanda sui vaccini è stata aggiunta solo successivamente nell’ultima fase di raccolta dati.
  6. Per ulteriori informazioni sullo studio in oggetto si veda anche: https://www.rainews.it/dl/rainews/media/vaccini-indagine-universita-di-pavia-percezione-italiani-a8540777-2d47-4175-9922-f46bb60a6adf.html#foto-1

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