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Voto elettronico al tramonto? Decreto e linee guida segnalano l’impasse

Sul voto elettronico manca conoscenza e certezza del diritto. A questo punto l’unica seria opportunità per dirimere definitivamente il problema del voto elettronico in Italia è la pronuncia della Corte costituzionale. Il punto in Italia e cosa succede all’estero

Pubblicato il 19 Lug 2021

Emmanuele Somma

Segretario del Partito Pirata

voto

Il 25 maggio 2021 il comitato quantistico (come fu chiamato poiché non si riusciva a sapere se esistesse o meno) ha prodotto un documento sulle “Linee guida per la sperimentazione del voto elettronico”. Il 9 luglio 2021 il Ministero dell’Interno e il Ministro per l’Innovazione Tecnologia e la Transizione Digitale hanno approvato un decreto interministeriale sulla simulazione della sperimentazione del voto elettronico contenente queste Linee Guida.

Leggendo i documenti si ha la sensazione che gli uffici dei ministeri abbiano risposto senza grande partecipazione al completamento di un atto dovuto, inserito nella manovra 2020 e residuo di una direzione politica superata.

Voto elettronico, si parte: “ecco i vantaggi per innovazione e diritti dei cittadini”

Un linguaggio che lascia pochi dubbi

L’analisi linguistica dell’atto lascia pochi dubbi sull’impatto limitato di questo decreto.

Vi si parla di una «sperimentazione […] preceduta da una simulazione circoscritta, al pari della sperimentazione (?), a determinati ambiti […]». La simulazione, ovviamente, «[…] produce risultati privi di valore legale». Solo all’esito di questa simulazione «si potrà procedere» (non dovrà) «alla sperimentazione», ma si fissano già chiari paletti per questa eventuale fase in cui «il voto elettronico costituisce una valida (?) modalità alternativa al sistema di voto tradizionale.» Agli elettori, quindi, sarà data l’opzione «entro un termine prefissato, con quale modalità esercitare il proprio diritto di voto.» Seguono quindi una serie di dettagli tecnici espressi in forma indicativa o imperativa (è espresso…, è reso palese…, è sviluppato…, è integrato…, ecc.), seppure sempre in forma passiva tanto per non far mai comprendere bene chi dovrà fare cosa.

Le Linee Guida invece ricorrono spesso a formule condizionali: la sperimentazione «dovrebbe basarsi», l’elettore «dovrebbe poter esprimere», l’istanza «dovrebbe costituire il presupposto per la verifica», gli elettori «dovrebbero essere identificati», il voto espresso «non dovrebbe essere riconducibile all’elettore» e via dicendo. Nel linguaggio burocratico tutte le volte che si ricorre ad un condizionale ci si vuole sempre lasciare aperta la porta per realizzare l’esatto contrario di quanto scritto, come quando si scrive nelle leggi la formula «di norma», che è un chiaro modo per dire che l’eccezione è ampiamente ammessa.

È comprensibile che i tecnici dei ministeri non abbiano voluto prendere troppi impegni. Dopo la fase entusiastica negli anni 2000, oggi in tutto il mondo il voto elettronico ha ampiamente mostrato i suoi innegabili difetti. In Italia, l’introduzione di una simulazione di una sperimentazione, è di fatto un cospicuo passo indietro rispetto a quanto è stato fatto da almeno 20 anni a questa parte. Non solo altre simulazioni sono state fatte ma addirittura sono state tenute sperimentazioni reali del voto elettronico. Questa è però la prima volta che, a dispetto delle indicazioni di tutti gli esperti del settore, si vuole utilizzare una web application attraverso Internet.

Purtroppo, in tutte le sperimentazioni precedenti non è mai stato permesso di accedere ai risultati ad analisti indipendenti e, oltre i soliti comunicati trionfalistici degli organizzatori, non è mai stato possibile per i cittadini avere conoscenza di come veramente si fossero svolte le votazioni sul campo. Dal fatto che costantemente, per oltre 20 anni di sperimentazioni, non si sia mai proceduto oltre forse è possibile farsene un’idea in autonomia.

La stampa italiana ha spesso calato il tema nell’ambito della contestazione politica contro questa o quella forza politica, come ad esempio nel caso dello Scrutinio Elettronico 2006 o del Referendum sull’Autonomia Lombarda del 2017, contribuendo di fatto ad allontanare, e non avvicinare, le possibilità di reale conoscenza sull’effettiva capacità di questi strumenti di rispondere alle esigenze dei cittadini.

Dopo 20 anni di simulazioni e sperimentazioni, di fatto, siamo al punto di partenza, e ripartiremo da zero anche dopo questa svogliata simulazione.

Cosa succede all’estero

Nel campo del voto elettronico si cita spesso il caso dell’Estonia (una nazione peculiare dal punto di vista geo-politico e che ha comunque meno della metà degli elettori della città di Roma). Va detto che gli Estoni hanno varato da subito un vasto programma di trasparenza del proprio sistema di voto che ha permesso a centinaia di analisti indipendenti di valutare i problemi e quindi effettivamente trovarli. Anche la Svizzera aveva varato un programma di bug hunting indipendente sul proprio sistema di voto elettronico. Il processo di voto elettronico ha così subito uno stop completo. Si possono anche citare casi in India, USA, Paesi Bassi ecc.

Nel caso della sperimentazione italiana, le Linee Guida prevedono la nomina di un Organismo Indipendente, ma in Italia, se messe vicine, le parole nomina e indipendente hanno ampiamente dimostrato di avere qualche aspetto di criticità. L’esperienza estone, svizzera, americana, ecc. ha mostrato che, in questo caso come in tutti quelli relativi alla sicurezza, l’approccio corretto non può essere quello di security through obscurity.

Ma non c’è bisogno di scomodare questo principio nei termini posti dalla sicurezza informatica quanto è piuttosto il caso di parlare di garanzie costituzionali. Questo è il problema fondamentale del voto elettronico, che ancora una volta in Italia è stato abilmente sviato e trascurato.

Qualche anno fa in Germania, seguendo lo stesso percorso ora delineato in Italia, cioè attraverso atti amministrativi non aventi forza di legge (come decreti ministeriali o regolamenti), si introdusse abilmente nel processo elettorale l’uso dei computer nelle elezioni politiche come evoluzione dei precedenti sistemi elettromeccanici, poi si votò effettivamente con questo sistema in molti Lander. Solo un ricorso da parte di due cittadini riuscì a porre il problema alla Corte Costituzionale tedesca che pronunciò una condanna storica (che il CRVD ha tradotto in italiano).

Il punto fondamentale, con cui non a caso tutti i promotori del voto elettronico omettono di confrontarsi, non è se il voto elettronico sia o meno tecnicamente adeguato, ma se sia compatibile con la Costituzione, e in quale misura e condizioni e sotto quali requisiti lo sarebbe.

La Corte costituzionale tedesca ha definito con chiarezza i limiti: il voto espresso dal cittadino (che non è escluso possa essere espresso attraverso mezzi elettronico) deve essere tale per cui:

«L’utilizzo di macchine per il voto, che registrano elettronicamente le scelte degli elettori e gestiscono l’aggregazione e la comunicazione del risultato elettorale, soddisferebbe i requisiti costituzionali solo se i passaggi essenziali del voto e della constatazione del risultato potessero essere esaminati in modo affidabile e senza alcuna conoscenza specialistica della materia da parte di qualsiasi cittadino.»

È interessante notare che esattamente questa è la notevole mancanza delle Linee Guida emesse dal Ministero dell’Interno. Il cittadino non potrà constatare i passaggi essenziali del voto, non potrà esaminare in modo affidabile il risultato senza alcuna conoscenza specialistica della materia. Molte delle domande dei “semplici cittadini” sul voto elettronico rimarranno inevase.

La certezza del diritto

L’introduzione di questa nuova modalità, che il decreto considera già valida a prescindere, senza in realtà essersi mai occupato di confrontare questa validità in rapporto alla Costituzione, aggiunge un nuovo livello di opacità e indirezione al processo elettorale impedendo nei fatti l’esercizio del diritto di voto, la cui definizione completa non riguarda esclusivamente le modalità di espressione del voto, ma la correttezza dell’intero processo elettorale che è parte integrante e non separabile del diritto di voto stesso e che, come mette in luce la Corte Costituzionale tedesca, garantisce il corretto trasferimento di sovranità dal popolo ai suoi rappresentanti.

Anche se fosse tecnicamente perfetto e sicuro (e non lo è), fuori dalle condizioni per la sua corretta applicabilità costituzionale, come quelle stabilite per la Germania dalla Corte costituzionale tedesca, il voto elettronico non sarebbe comunque utilizzabile perché rappresenta una sottrazione fondamentale, prima ancora che del diritto di voto all’elettore, di sovranità all’organo eletto. Il meccanismo della delega rappresentativa verrebbe meno e quindi la pienezza della sovranità del Parlamento.

Purtroppo, come cittadini italiani non possiamo avere la certezza di questa interpretazione, che è pacifica in Germania dopo la sentenza della Corte, perché nessuno ha mai chiamato la nostra Corte costituzionale ad esprimersi sulla questione. Come noto l’architettura delle garanzie impedisce ai cittadini di accedere alla Corte costituzionale e bisognerà attendere un incidente giuridico o che qualche organo, ad esempio il Presidente della Repubblica durante la ricezione di una legge, voglia effettivamente sciogliere questo nodo.

Conclusioni

Che vi si acceda per via incidentale o attraverso di un organo, a questo punto l’unica seria opportunità per dirimere definitivamente il problema del voto elettronico in Italia è la pronuncia della Corte costituzionale. Né, da un lato, si possono utilmente biasimare le attività di questi comitati amministrativi che non fanno che rispondere, come possono, all’indirizzo politico, né dall’altro crocifiggere i politici di ogni schieramento che usano la questione come tornaconto elettoralistico (e qualche volta anche per qualche interesse poco confessabile). È il normale gioco delle parti in democrazia.

È probabile che anche questa volta (ed è l’ennesima), le magnifiche sorti e progressive del voto elettronico in Italia siano tramontate. Purtroppo, anche questa volta non saremo riusciti ad avere né conoscenza di come questi sistemi funzionano veramente, né certezza del diritto, lasciando aperta la porta ai prossimi, che siano solo pasticcioni o malintenzionati, entusiasti apprendisti stregoni o lobbysti senza scrupoli, per riproporre sempre le stesse proposte, semmai condite di qualche altra moda tecnologica passeggera.

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