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Dati come documenti: la chiave per capire davvero le infrastrutture pubbliche digitali



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Le digital public infrastructures stanno diventando la spina dorsale di servizi pubblici, welfare e decisioni collettive. Per capirne la portata, però, non basta parlare di tecnologia: bisogna leggere i dati come oggetti sociali con natura documentale, capaci di produrre effetti reali nella vita istituzionale e quotidiana

Pubblicato il 29 dic 2025



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La crescente centralità dei dati sta trasformando il modo in cui le società organizzano servizi, istituzioni e processi decisionali. In questo contesto, le digital public infrastructures (DPI) non si limitano a digitalizzare funzioni esistenti, ma ridefiniscono le condizioni stesse del welfare e della governance.

Comprendere questo fenomeno richiede però di guardare ai dati non solo come informazioni, ma come veri e propri oggetti sociali con natura documentale. Tale prospettiva permette di spiegare sia il funzionamento interno delle DPI sia il loro impatto sulla realtà sociale.

Esploriamo, allora, questo rapporto, mostrando come la teoria documentale aiuti a interpretare il ruolo dei dati, a guidarne la governance e a orientare le DPI verso benefici pubblici più equi ed efficaci.

Digital public infrastructures: cos’è una DPI e quali elementi la compongono

La digital public infrastructure (DPI) è un ecosistema composto da elementi tecnici e non tecnici che abilita un’ampia gamma di attività digitali nella società. Le componenti tecnologiche includono hardware (dispositivi elettronici, basi dati, forniture energetiche) e software (applicazioni, servizi digitali, linguaggi di programmazione). Gli aspetti non tecnici comprendono norme, regolamenti, istituzioni, governance, competenze digitali e supervisione pubblica.

L’obiettivo condiviso dalle definizioni più autorevoli è la produzione di benefici pubblici attraverso la convergenza armonica di questi elementi (Eaves & Rao, 2025).

Oltre la digitalizzazione: come le digital public infrastructures scalano con i dati

La DPI si distingue dalla semplice digitalizzazione di un settore specifico poiché ambisce a creare blocchi fondamentali interoperabili, aperti e modulari, capaci di sostenere la digitalizzazione di molteplici ambiti (Clark et al. 2025). La capacità di una DPI di scalare dipende in larga misura dai dati, intesi come informazioni su individui e organizzazioni che permettono di modellare servizi pubblici più inclusivi.

La fiducia del pubblico richiede quindi una gestione rigorosa degli aspetti tecnici, giuridici e operativi del trattamento dei dati (Eaves et al. 2024). Senza questa base, la promessa di apertura e riuso rischia di tradursi in fragilità: errori, opacità, vulnerabilità o perdita di legittimità dell’infrastruttura.

Tre pilastri ricorrenti nelle digital public infrastructures: identità, pagamenti, data sharing

La condivisione dei dati è cruciale per includere un numero crescente di settori e stakeholder.

Esempi come la Uruguay Digital Agenda e l’approccio olistico di Singapore mostrano come il coinvolgimento di governi, imprese, società civile e mondo accademico favorisca un uso esteso e sicuro dei dati per massimizzare il beneficio sociale.

Coordinamento tra attori e fiducia nell’uso dei dati

In questi modelli, la cooperazione non è un accessorio, ma una condizione operativa: più soggetti partecipano, più crescono le possibilità di interoperabilità e di riuso.

Allo stesso tempo aumenta la necessità di regole chiare, responsabilità definite e strumenti di supervisione in grado di sostenere un ecosistema ampio e dinamico.

Identità digitale, pagamenti e condivisione: l’architettura che abilita i servizi

Le tre componenti ricorrenti delle DPI – identità digitale, pagamenti digitali e data sharing – dipendono intrinsecamente dai dati, come illustra il ruolo dell’e-signature nel garantire sicurezza e integrità delle transazioni (Tullis et al. 2024). In questa prospettiva, l’identità non è solo un attributo tecnico, ma un presupposto per l’accesso a diritti e servizi, mentre i pagamenti digitali rendono tracciabili e verificabili flussi che incidono sul welfare.

Governance robusta e resilienza: dai sistemi di scambio dati alle crisi

Esperienze come la piattaforma indiana DEPA, le normative europee sul governo dei dati o ecosistemi come X-tee dimostrano che una governance robusta dei dati è essenziale per permettere l’erogazione di servizi trasparenti e innovativi.

L’importanza dei dati emerge anche in contesti di crisi: strumenti DPI hanno permesso campagne vaccinali di massa, servizi sanitari remoti e distribuzione di assistenza finanziaria. In sintesi, i dati costituiscono il motore attraverso cui le DPI possono generare sviluppo inclusivo, resiliente e su larga scala (Yang et al. 2024).

Perché i dati contano prima delle DPI: pratiche data-driven e nuovi mercati

I dati hanno assunto un ruolo centrale ben prima della diffusione delle DPI, rivelandosi decisivi nel successo di numerosi interventi in settori eterogenei quali agricoltura, salute, istruzione, manifattura avanzata o servizi complessi.

Le imprese pubbliche e private hanno progressivamente adottato la raccolta e l’uso dei dati come fondamenti dei loro processi, spesso anche in assenza di una chiara strategia data-driven. Questo crescente interesse ha favorito la nascita di servizi di consulenza per la gestione e la governance dei dati (Machljankin, 2024).

Quando i dati diventano documenti: criteri fisici, cognitivi e sociali

Nel contesto delle DPI, i dati risultano altrettanto cruciali perché descrivono lo stato reale dei settori e permettono interventi più mirati. Pur esistendo rischi quali bias o scarsa qualità, gli interventi data-driven tendono a essere più efficaci dei corrispettivi non digitalizzati. Il valore conoscitivo dei dati deriva dalla loro capacità di registrare informazioni su persone, luoghi ed eventi, trasformandoli in una forma di conoscenza strutturata.

Che cosa rende un dato un documento

La teoria dei documenti aiuta a comprendere questa natura: autori come Briet hanno definito il documento come una testimonianza o evidenza, capace di rappresentare fenomeni fisici o concettuali (Briet, 2006). In questa prospettiva, non solo testi ma anche immagini, suoni, oggetti museali o paesaggi possono essere considerati documenti. I dati, in quanto registrazioni dotate di supporto materiale, significato e rilevanza sociale, soddisfano pienamente i tre criteri fondamentali dei documenti: fisico, cognitivo e sociale.

La documentalità dei dati nelle digital public infrastructures: operazioni e riuso

All’interno delle DPI, la dimensione documentale dei dati emerge nella necessità di infrastrutture fisiche (data center, reti, dispositivi), nell’uso cognitivo dei dati per pianificazione e valutazione, e nel loro valore sociale, che cresce quando i dati vengono aggregati e messi in relazione tra loro, come avviene nei sistemi di big data. Tale natura rispecchia anche l’interpretazione di Pédauque, secondo cui il documento è un dispositivo di mediazione organizzato attorno alle dimensioni del “visto”, “letto” e “compreso” (Pédauque, 2003).

La documentarità dei dati permette inoltre operazioni come anonimizzazione, produzione di metadata e riuso trans-settoriale, elementi essenziali per un funzionamento sicuro, scalabile e innovativo delle DPI nel generare benefici pubblici.

Documenti e oggetti sociali: perché la società “funziona” tramite registrazioni

La natura documentale dei dati consente alle DPI di erogare servizi pubblici in modo efficiente, distinguendole dalle infrastrutture tradizionali come strade o acquedotti. Poiché i dati possono generare sia effetti positivi sia distorsioni sociali, essi richiedono un’interpretazione fondata sulla teoria documentale dell’ontologia sociale. Questa prospettiva nasce in risposta ai limiti delle principali teorie sull’origine della società: dalle concezioni contrattualistiche di Hobbes alle critiche di Pufendorf, fino ai tentativi individualistici e olistici di epoche successive (Epstein, 2025).

Dall’intenzionalità alla documentalità: il punto che cambia la spiegazione

La teoria dell’intenzionalità di Searle, pur offrendo un quadro influente, non riesce a spiegare i “beni sociali” privi di un corrispettivo oggetto naturale, come i debiti (Smith, 2012). La teoria della documentalità supera tale limite sostenendo che la società nasce dall’esternalizzazione delle attività umane in documenti: registrazioni, tracce e attestazioni che permettono agli individui di coordinarsi, ricordare, progettare e riconoscere oggetti sociali condivisi (Ferraris, 2012). Non è quindi l’intenzionalità collettiva in sé a fondare la società, ma la sua fissazione materiale in documenti.

In questo quadro, ogni oggetto sociale, come la cittadinanza, esiste grazie a un insieme di documenti che ne attestano la validità. L’assenza di documenti renderebbe impossibili stabilità, continuità e organizzazione sociale. I dati impiegati nelle DPI possiedono la stessa struttura documentale: possono costituire direttamente oggetti sociali, come l’identità digitale di un cittadino, oppure rappresentare aspetti della realtà sociale, come la cronologia di navigazione di un individuo (Ferraris, 2021).

La capacità delle DPI di incidere profondamente sulla società deriva dunque dalla forza documentale del dato. Iniziative come il Direct Benefit Transfer mostrano come identità digitale e pagamenti digitali permettano di rappresentare con precisione la realtà sociale e distribuire aiuti senza le inefficienze tipiche dei sistemi analogici, riducendo fughe di risorse e malpractice (Gandhi et al., 2025). Pur riconoscendo problemi come i bias, l’approccio data-driven risulta più efficace nel produrre trasformazioni sociali e nel soddisfare i bisogni collettivi.

Digital public infrastructures e realtà sociale: influenza reciproca e governance

La relazione tra realtà sociale e DPI è bidirezionale: da un lato, le norme, le istituzioni e le pratiche di governance determinano la possibilità stessa di progettare e implementare infrastrutture digitali efficaci; dall’altro, i DPI trasformano profondamente la struttura sociale generando inclusione, equità e nuove forme di welfare. La teoria documentale dell’ontologia sociale funge da ponte tra questi due livelli, spiegando come i dati, considerati non come semplici informazioni ma come oggetti sociali, costituiscano la base sia dell’organizzazione sociale sia del funzionamento dei DPI (Ferraris, 2025).

Regole e istituzioni che abilitano le infrastrutture digitali

Fattori non tecnologici sono spesso decisivi per l’avvio dei DPI: riforme legislative, nuove norme sulla protezione dei dati, politiche di cybersicurezza e partecipazione degli utenti sono risultati determinanti in contesti come Giordania, Australia e Mauritius (Desai et al., 2022). In assenza di questi presupposti, anche soluzioni tecniche avanzate rischiano di non diventare infrastruttura in senso pieno, perché manca la cornice che ne legittima l’uso e ne disciplina i confini.

Risultati osservabili: accesso, semplificazione, opportunità

Allo stesso tempo, l’efficacia dei DPI è tangibile: sistemi come GOV.UK OneLogin, l’EU Digital Identity Wallet, Cadastro Único in Brasile o la piattaforma KALRO in Kenya hanno migliorato l’accesso ai servizi, semplificato procedure e ampliato le opportunità socio-economiche (OECD, 2024). La teoria documentale permette di comprendere e governare questa influenza reciproca, mostrando come i dati generino dinamiche che coinvolgono sia individui sia collettività.

Essa aiuta inoltre a superare il tradizionale conflitto tra privacy individuale e benefici sociali dell’uso dei dati, proponendo modelli di governance che valorizzano il ruolo attivo dei data subjects nella definizione degli usi e nella distribuzione dei benefici (Evren et al., 2022).

Governare il valore nelle digital public infrastructures: sostenibilità e standard

La prospettiva documentale offre criteri per il finanziamento sostenibile dei DPI attraverso modelli equitativi di monetizzazione dei dati, per la cooperazione internazionale e per la definizione di standard globali orientati al welfare. Considerare i dati come oggetti sociali implica che il miglioramento del benessere collettivo non sia una possibilità accessoria, ma un obbligo strutturale per i DPI.

Conclusione: dati come oggetti sociali e doveri strutturali delle DPI

L’analisi congiunta di dati, documenti e infrastrutture digitali mostra che il successo delle DPI dipende dalla capacità di riconoscere il dato come oggetto sociale con effetti reali sulla vita collettiva. La prospettiva documentale chiarisce infatti perché i dati non siano meri input tecnici, ma elementi costitutivi della realtà sociale, in grado di generare inclusione, efficienza e nuove forme di welfare, così come rischi di esclusione o squilibri di potere.

Collocare la governance dei dati al centro del disegno delle DPI permette di superare la tensione tra interessi individuali e benefici collettivi, valorizzando invece il ruolo attivo dei data subjects e delle istituzioni. Le implicazioni sono chiare: DPI progettate con solide basi documentali possono favorire cooperazione internazionale, sostenibilità finanziaria, standard globali e un uso equo del valore generato dai dati. In questo senso, la teoria della documentalità non è solo una chiave interpretativa, ma una guida per realizzare infrastrutture digitali capaci di promuovere un progresso realmente sociale.

Bibliografia

Yang, C., Gu, M., & Albitar, K. (2024). Government in the digital age: Exploring the impact of digital transformation on governmental efficiency. Technological Forecasting and Social Change, 208, 123722.

Briet, S. (2006). What is documentation? Scarecrow Press.

Clark, J., Marin, G., Ardic Alper, O. P., & Galicia Rabadan, G. A. (2025). Digital public infrastructure and development: A World Bank Group approach (Vol. 1). World Bank. http://hdl.handle.net/10986/42935

Desai, V. T., Dolan, J. J., McGowan, K., Vora, P., Barzelay, A. M., Das, P. L., Satola, D., & Srinivasan, S. (2022). Unraveling data’s Gordian knot: Enablers and safeguards for trusted data sharing in the new economy. World Bank Group

Eaves, D., & Rao, K. (2025). Digital public infrastructure: A framework for conceptualisation and measurement.

Eaves, D., Mazzucato, M., & Vasconcellos, B. (2024). Digital public infrastructure and public value: What is ‘public’ about DPI? UCL Institute for Innovation and Public Purpose Working Paper Series (IIPP WP 2024-05).

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Ferraris, M. (2012). Documentality: Why it is necessary to leave traces (R. Davies, Trans.). Fordham University Press.

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Gandhi, V., & Kak, R. (2026). India’s DPI experiment and digital finance revolution. In IG. Hoven, S. Y. In, & T. Puschmann (Eds.), Sustainable digital finance. Springer. https://doi.org/10.1007/978-3-032-02983-6_27

Machljankin, J., Neumann, O., Steiner, R., & Ege, J. (2024). Exploring the role of consulting in local government digital transformation. Public Money & Management. https://doi.org/10.1080/09540962.2024.2414060

OECD. (2024). Digital public infrastructure for digital governments (OECD Public Governance Policy Papers No. 68). https://doi.org/10.1787/ff525dc8-en

Pédauque, R. T. (2003). Document: Form, sign and medium, as reformulated for electronic documents. https://archivesic.ccsd.cnrs.fr/sic_00000594

Smith, B. (2012). How to do things with documents. Rivista di estetica, 50, 179-198. https://doi.org/10.4000/estetica.1480

Tullis, C., Constantine, N., & Cooper, A. (2024). Electronic signatures: Enabling trusted digital transformation. World Bank. https://hdl.handle.net/10986/42186

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