La direttiva

Fattura elettronica, ecco le novità europee che incombono: rischi e vantaggi

Conto alla rovescia per l’arrivo di nuovi adempimenti legati allo sviluppo delle specifiche della fattura – CIUS – per favorire anche gli scambi transfrontalieri. Possono superare i limiti della eFattura italiana, ma potrebbero anche aumentare costi e incertezza

Pubblicato il 06 Ott 2017

Daniele Tumietto

Dottore commercialista

eFattura

La fattura elettronica è stata introdotta in Italia, come è noto a tutti da tempo, come obbligo con un formato XML, denominato FatturaPA, che è di fatto è standard nazionale, in attesa che fosse completato il percorso di predisposizione di quello europeo previsto dalla Direttiva 2014/55/UE del 16 aprile 2014 relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici.

Il CEN (Comitato Europeo di Normazione) ha ricevuto un mandato contenuto all’interno della Direttiva 2014/55/UE del 16 aprile 2014 con l’obiettivo di creare un formato comune di fatturazione all’interno dell’Unione Europea.

Gli obiettivi della Direttiva sono simili a quelli che erano alla base di FatturaPA e mirano ad ottenere benefici in termini di risparmi, grazie alla maggiore efficienza nella lotta all’evasione grazie alla maggiore capacità e velocità di controllo, e di dematerializzazione dei processi delle imprese, con un miglioramento del sistema paese nel suo insieme e con benefici maggiori alla sola efficienza nell’esecuzione degli adempimenti fiscali.

Quest’ultimo punto è fondamentale per realizzare il mercato digitale europeo a cui va affiancata l’iniziativa di Industria 4.0.

Come detto sopra, la Direttiva ha previsto un mandato agli organismi di standardizzazione europei, accettato dal CEN, che lo ha assegnato al comitato “CEN/TC 434 on Electronic Invoicing”, per sviluppare uno standard europeo e un insieme di documenti collegati che sono necessari per il trasferimento della Direttiva da parte di ogni Stato membro dell’UE.

Tutti i documenti necessari per il recepimento della Direttiva sono stati recentemente pubblicati dal CEN e, pochissimi giorni fa, sono entrati nel catalogo di UNI in Italia.

Ad oggi il modello di formato e le sue sintassi sono:

CEN/TR 16931-4:2017 Electronic invoicing – Part 4: Guidelines on interoperability of electronic invoices at the transmission level.

CEN/TR 16931-5:2017 Electronic invoicing – Part 5: Guidelines on the use of sector or country extensions in conjunction with EN 16931-1, methodology to be applied in the real environment.

CEN/TS 16931-3-1:2017 Electronic invoicing – Part 3-1: Methodology for syntax bindings of the core elements of an electronic invoice

CEN/TS 16931-2:2017 Electronic invoicing – Part 2: List of syntaxes that comply with EN 16931-1.

EN 16931-1:2017 Electronic invoicing – Part 1: Semantic data model of the core elements of an electronic invoice.

A questo punto, visto il consenso unanime ottenuto, è auspicabile che entro il prossimo mese la Commissione proceda alla pubblicazione, prevista entro la fine del mese di ottobre, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del provvedimento, formalmente una Decisione della Commissione, che conterrà il riferimento allo standard (EN 16931–1) ed all’elenco ristretto di sintassi (EN 16931–2).

Dalla data della sua pubblicazione scatterà il termine di 18 mesi per il recepimento della Direttiva e l’entrata in vigore dei relativi obblighi, con la possibilità di una deroga di ulteriori 12 mesi limitata alle sole Pubbliche Amministrazioni locali.

Va ricordato che la Direttiva introduce degli obblighi solo in capo alle Pubbliche Amministrazioni europee rendendo obbligatoria la ricezione di fatture elettroniche se in conformità con lo standard e con una qualsiasi delle sintassi presenti nell’elenco ristretto predisposto dal CEN, realizzando un sistema simile a quanto introdotto in Italia con la FatturaPA.

Cosa succederà in Italia?

L’Italia, come altri Stati europei, ha imposto un formato proprietario nazionale (FatturaPA) come parte integrante del provvedimento che ha introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica verso le PA. Questo formato è utilizzabile solo per digitalizzare il documento fattura e inutilizzabile per scambi intracomunitari o extra UE.

Inoltre è scarsamente utilizzato dal settore privato che ha già fatto investimenti per digitalizzare i propri processi prendendo a riferimento gli standard internazionali.

FatturaPA ha permesso una rapida e massiva digitalizzazione della PA, ma ora inizia a scontare i suoi limiti.

In particolare si è partiti dalla digitalizzazione di un documento (la fattura) e non dal processo d’acquisto, con il risultato di avere ottenuto una digitalizzazione solo parziale, che nelle Pubbliche Amministrazioni è spesso inesistente in quando la fattura viene stampata e gestita a mano riducendone pertanto i benefici ottenibili, e che crea ulteriori adempimenti e oneri in quanto le imprese fornitrici sono state costrette a gestire due tipi di fatturazione in parallelo.

Inoltre il formato FatturaPA è inadeguato a supportare le procedure d’appalto interamente elettroniche che, per altro, diventeranno obbligatorie al più tardi entro il 2020 come da indicazione della Commissione Europea che vedeva la fattura elettronica come parte del processo di eProcurement pubblico. Quindi il rischio è che si introducano nuovi adempimenti obbligatori, che di fatto poi si trasformano in costi, che sarebbero evitabili. Ricordo che la Direttiva segue invece un approccio più neutrale e strutturato che supera i limiti del formato proprietario nazionale e si basa sull’utilizzo di standard internazionali come il progetto PEPPOL.

Con lo scenario attuale cosa si può migliorare?

La Commissione europea ha scelto di avviare i lavori seguendo la strada dello sviluppo delle norme tecniche (modello fattura e relative sintassi) che sono state portate avanti dal CEN. Ma i documenti del CEN non sono disponibili gratuitamente, ma a pagamento e questo non è sicuramente un punto a favore della loro diffusione.

Inoltre la Commissione europea ha scelto di non rendere giuridicamente vincolanti le estensioni nazionali dello standard europeo, e questo è parzialmente mitigato dalla creazione di specifiche di estensione e di utilizzo della fattura di base Core Invoice Usage Specifications – CIUS all’interno del modello di fattura principale.

Questo quadro di specifiche si riferisce al modello di dati semantici degli elementi fondamentali di una fattura elettronica come indicato nella norma EN16931-1e nei relativi requisiti relativi alle intestazioni di sintassi, quindi nelle sintassi indicate nella EN16931-3 e nel relativo rapporto tecnico allegato “metodologia delle estensioni”(TR 16931-5 Linee guida sull’uso delle estensioni del settore o del paese).

Lo scopo dei CIUS è quello di creare un quadro di riferimento e di conformità per la creazione, la registrazione e il funzionamento delle specifiche di estensione con l’obiettivo di garantire che siano pienamente conformi alla metodologia di estensione stessa e alle disposizioni della norma di riferimento EN (TR 16931-1).

L’obiettivo generale del processo di conformità per la norma di riferimento (EN) è quello di incoraggiare la conformità con la stessa senza la necessità di estensioni, o quando tali estensioni, sono strettamente necessarie per scopi aziendali e conformi alla metodologia completata dalle procedure indicate nella struttura CIUS.

L’obiettivo è quello di specificare elementi informativi per aiutare l’automazione dei processi nei sistemi di ricezione.

Le specifiche possono essere incorporate nella documentazione contrattuale o annunciate in un sito web con l’obiettivo di rendere nota la loro conoscenza per favorirne il loro riutilizzo.

Probabilmentele aree di maggior interesse per l’applicazione delle specifiche CIUS sono i contratti, le transazioni ed i riferimenti all’ordine di acquisto, l’utilizzo di elenchi di codici e le specifiche dei requisiti di pagamento, senza dimenticare che devono essere sempre coerenti con il modello semantico di base.

Le CIUS sono certamente importanti, ma se saranno abusate nei vari Stati membri si rischia di ottenere l’effetto opposto a quello voluto, aumentare la complessità e l’insicurezza dei soggetti interessati, perché non va dimenticato che il tessuto imprenditoriale in Europa è rappresentato dal PMI che hanno strutture amministrative praticamente inesistenti e che si basano, per l’emissione delle fatture elettroniche sull’utilizzo di un software gestionale o fornitori esterni, pertanto il rischio che si corre è quello di avere utenti che faranno un uso molto limitato delle fatture elettroniche e non attueranno una integrazione con i loro processi aziendali.

Creare un’estensione significa aggiungere elementi di dati non definiti nella norma tecnica (EN) pertanto queste estensioni non saranno considerate conformi alla norma tecnica.

Quindi, in teoria, le entità pubbliche possono definire le estensioni all’EN, ma sono obbligate a supportare e ricevere anche fatture elettroniche basate sulla EN, quindi, anche se possono definire un modello di fattura aggiuntivo con elementi aggiuntivi, sono costretti a supportare EN modello.

Nessun problema di interoperabilità finché dovranno gestire le fatture senza gli elementi dati aggiuntivi che stanno definendo (la CIUS nazionale è stata in consultazione pubblica fino al 30 settembre).

Per risolvere i potenziali problemi di utilizzo ed armonizzazione, la CIUS nazionale dovrebbe applicarsi solo ai fornitori nazionali in quanto consentirebbe comunque le transazioni transfrontaliere delle fatture elettroniche che si basano sulla norma tecnica (EN), a condizione che vi sia piena interoperabilità con progetti di gestione di processi quali PEPPOL.

Non va dimenticato che per la prima volta in Europa ci sarà un unico modo di fare fatture elettroniche, un lavoro e uno sforzo incredibile che ha portato a questo importante risultato, fondamentale per lo sviluppo del Mercato Digitale Europeo.

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