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Processo tributario telematico: contraddizioni normative e problemi applicativi

Il canale telematico sta progressivamente imponendosi anche nel processo tributario. Ma affrontando a fatica diversi problemi applicativi e contraddizioni normative per il deposito dell’atto. Vediamo quali

Pubblicato il 06 Ago 2018

Antonio Damascelli

presidente di Uncat - Unione nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi

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Il canale telematico sta progressivamente imponendosi anche nel processo tributario (d.lgs. n. 546/92), anche se attraverso contraddizioni e problemi applicativi. Attualmente l’opzione è facoltativa, nel senso che l’impugnazione dell’atto fiscale innanzi alle Commissioni Tributarie può essere esercitata tanto col mezzo cartaceo che con la modalità informatica, mercé l’accesso al S.I.Gi.T. (Sistema Informativo della Giustizia Tributaria), ai sensi del Decreto ministeriale n. 163 del 23.12.2013.

L’obbligatorietà del ricorso al sistema informatico è circoscritta attualmente solo alle ipotesi in cui la parte abbia utilizzato in primo grado le modalità telematiche di cui al richiamato D.M., cosicché è tenuta ad utilizzare le medesime modalità per l’intero grado del giudizio e per l’appello.

I temi del processo tributario telematico

In generale, valgono per il processo tributario telematico (PTT) gli stessi temi già agitati nel processo civile ed in quello amministrativo:

  • esiste una compatibilità tra le regole tradizionali procedurali scritte e le regole telematiche?
  • Quanto l’uso della tecnologia influenza l’evoluzione del PTT?

A cominciare dalla notifica dell’atto introduttivo (quello che individua la “vocatio in ius”) è indubbio che le regole tradizionali codificate negli articoli da 136 a 151 del codice di procedura civile ai quali opera un rinvio l’art. 16 del processo tributario, vanno coordinate con quelle relative alle notificazioni e comunicazioni telematiche disciplinate dall’art. 5 del D.M. 2013, cui a sua volta rinvia l’art. 16 bis della legge processuale tributaria.

La libertà delle forme e la conservazione dell’atto

Andrebbe approfondito ed eventualmente regolato un principio generale della codificazione scritta qual è il principio della libertà delle forme (art. 121 c.p.c.).

Questo principio è applicato, secondo un orientamento che sta prevalendo nella giurisprudenza civile di merito, utilizzando l’altra regola processuale della conservazione dell’atto in virtù del raggiungimento dello scopo, sicché il deposito in forma cartacea dell’atto giudiziario ne preserva la validità atteso il rispetto del principio della strumentalità delle forme (Tribunale Trani, sez. II, 05/09/2016, n. 3551).

Le contraddizioni normative per il deposito dell’atto

Il deposito degli atti è disciplinato dall’art. 9 del D.M. 2013 in modo ancipite e contraddittorio: si dispone (comma 2) che il deposito del ricorso e degli altri atti del processo tributario avvenga esclusivamente mediante il S.I.Gi.T. L’avverbio esclude, quindi, che il deposito di questi atti possa avvenire in forme equipollenti, derivandone l’inapplicabilità del principio normativo della libertà delle forme di cui all’art. 121 c.p.c. nonché del principio di conservazione dell’atto conclamato dalla giurisprudenza di merito.

Sennonché, il terzo comma dello stesso articolo stabilisce che le controdeduzioni e gli altri atti del processo tributario sono depositati presso la segreteria della Commissione tributaria mediante il S.I.Gi.T. In questa disposizione manca l’avverbio esclusivamente, il che lascerebbe libero l’interprete di ritenere che, in caso di deposito in forma equipollente (in cartaceo) le controdeduzioni sarebbero consultabili e scrutinabili dal giudice per l’avvenuto raggiungimento dello scopo (l’atto raggiunge lo scopo quando superi i controlli della Cancelleria e sia sottoposto all’ufficio giudiziario).

Concettualizzazione delle regole tecniche

Quanto osservato ci serve per dimostrare che l’introduzione del processo telematico non esaurisce la sua portata e la sua funzione sul piano del mezzo espressivo, del mezzo tecnico di invio del messaggio (anche se ne potrà avere e in abbondanza nel futuro) ma ha sempre bisogno, anche in questa fase, della concettualizzazione delle regole tecniche.

Insomma, sarebbe riduttivo isolare l’analisi al fatto che la nuova tecnologia ridetermina le forme e i contenuti della comunicazione e ritenere esaurite tutte le problematiche proprie della dialettica del processo.

Determinismo tecnologico

La presa d’atto della forma innovativa della comunicazione deve mettere in guardia il giurista contro il pericolo del determinismo tecnologico (che, secondo un’altra prospettiva, potrebbe anche diventare l’approdo futuro del processo se non del diritto: si pensi alla robotica e a tutto quello che può generare e trascinare con sé).

Prima ancora di un non chiaro coordinamento tra le regole tradizionali scritte del codice di rito e quelle telematiche, a monte si pone un problema di rispetto della gerarchia delle fonti, alla cui sfera è estranea la norma regolamentare, che non si limita a disciplinare disposizioni meramente esecutive ma detta regole processuali, che incidono sia sull’esercizio della giurisdizione sia sull’esercizio del diritto di difesa.

In sostanza, si pone la questione se la disciplina del processo possa essere contenuta in norme secondarie e se una norma regolamentare possa derogare alla legge ordinaria.

Sarà compito della giuristica e della giurisprudenza valutare questo aspetto del tema e porvi soluzioni.

Attuali criticità applicative

Volgendo l’attenzione al “de iure condito”, Uncat ha posto all’attenzione dei pratici e degli organi legislativi alcune criticità applicative del processo telematico così come disciplinato dal D.M. del 2013, che, esemplificativamente, andiamo ad accennare:

La prova della tempestiva notifica del ricorso

In caso di mancata costituzione in giudizio della parte resistente, come va fornita la prova di avvenuta notifica del ricorso?

Secondo le indicazioni ministeriali (rinvenibili nella sezione di “assistenza on line” del portale della Giustizia tributaria) gli utenti potrebbero salvare la ricevuta di accettazione e di consegna in formato pdf e depositarla in allegato al ricorso. Oggetto del deposito non sarà, quindi, l’originale della pec di accettazione e consegna bensì di una stampa che dà conto dell’avvenuta notifica.

Resta il dubbio che qualche giudice, di fronte alla mancata costituzione dl destinatario dell’atto, possa ritenere insufficiente questa modalità di prova e dichiarare inammissibile il ricorso.

Il problema si pone in quanto, mentre nel pct il sistema richiede il deposito delle ricevute pec in originale e, una volta elaborata l’informazione circa la data e l’ora della notifica, la metterà a disposizione del giudice che le leggerà tramite il software a sua disposizione, nel ptt nulla di tutto questo è previsto.

Le soluzioni potrebbero essere due:

– il S.I.Gi.T dovrebbe consentire al giudice di vedere in automatico (come avviene nel processo civile) la data di notifica del ricorso direttamente dal file .eml;

– il portale SIGIT potrebbe produrre un messaggio di conferma circa l’accettazione del formato .eml.

L’attestazione di conformità del ricorso

L’art. 22 della legge processuale tributaria dispone che, in caso di notifica del ricorso a mezzo posta o di consegna all’ufficio, il notificante debba attestare la conformità dell’atto depositato in segreteria al suo originale. Tanto a pena di inammissibilità.

La preoccupazione di non esporsi a questa grave ed irreparabile sanzione è dirompente nel ptt, in quanto le sue disposizioni non prevedono alcun obbligo di attestazione di conformità.

Se fosse rinvenibile anche dal sistema una regola generale secondo la quale l’utilizzo di mezzi telematici esclude in radice questo adempimento, si potrebbe stare tranquilli ed aggirare il “falso problema”.

In più occasioni la Direzione della Giustizia Tributaria ha osservato come questa attestazione sia inutile (personalmente si concorda con la conclusione, attesa l’impossibilità tecnica della modifica) e, comunque, si suggerisce di depositare, unitamente agli allegati del ricorso, una autocertificazione sottoscritta dal difensore, nel quale si attesta che il file contenente il ricorso, oggetto di deposito nel sistema, costituisce esattamente il duplicato informatico di quanto è stato notificato via pec all’Ufficio.

Sta di fatto che questa modalità non è supportata da alcuna norma, ragion per cui si dovrebbe intervenire sul Regolamento con una disposizione positiva – essendo insufficiente una qualunque rassicurazione di prassi, cui il giudice ovviamente non è vincolato – che auspicabilmente dovrebbe eliminare una norma inutile e lasciare all’eccezione di parte il rilievo circa la difformità degli originali. In questo caso si dovrebbe cogliere l’occasione per mitigare il rigore della sanzione mutuando dal diritto giurisprudenziale il principio che l’inammissibilità debba essere pronunciata solo in caso di totale difformità e non di sostanziale corrispondenza delle due copie accertabile, su eccezione di parte o d’ufficio.

La procura alle liti

Il sistema prevede che il ricorso sia salvato in pdf/A ed il file sia utilizzato per la notifica ed il successivo deposito. L’atto principale non contiene il testo della procura che va redatto separatamente ed allegato al ricorso (alternativamente, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento, su supporto informatico con sottoscrizione digitale del ricorrente e successiva apposizione della firma digitale del difensore per autentica oppure su supporto cartaceo poi scansionato, con apposizione sul file così ottenuto della firma digitale del difensore per attestazione di conformità all’originale).

Per il PTT la procura costituisce un atto separato dal ricorso.

Si pone qui un problema circa la riferibilità della procura (che non è una procura speciale come quella richiesta ai fini del ricorso per cassazione) all’atto cui accede.

Nel silenzio si suggerisce di specificare nella procura l’oggetto con indicazione dell’atto per la cui impugnazione essa è stata rilasciata (o con indicazione della sentenza oggetto dell’impugnazione).

Analoga precisazione andrà contenuta nella procura nel caso essa sia rilasciata per resistere in giudizio.

Le modifiche al Regolamento attuale

  • Il D.M. 163/2013 contiene almeno un paio di disposizioni inattuali che andrebbero soppresse. L’art. 13 comma 2 stabilisce, infatti, che il deposito dell’appello presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale è valido anche ai fini del deposito della copia dell’appello presso l’Ufficio di segreteria della Commissione Tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata.

La disposizione richiamata del comma 2 dell’art. 53 del d.lgs. 546/92 è stata soppressa dall’art. 36 comma 1 del d.lgs. 21.11.2014 n. 175 ed è, quindi, inapplicabile.

  • L’art. 17 del Regolamento prevede la procedura di rilascio della copia della sentenza munita di formula esecutiva. È evidente che, all’indomani delle modifiche apportate dal d.lgs. 156/2015, art. 1 comma 1 lett. gg), le sentenze sono immediatamente esecutive e lo sbocco ai fini di farne valere il dispositivo è affidato al giudizio di ottemperanza. Di talché anche la disposizione dell’art. 17 resta inattuale ed inapplicabile.

Il processo paperless e l’avvocatura tributaria

Il “processo paperless” pone l’avvocato tributarista, e non solo, di fronte ad una rivoluzione epocale, corrispondente a quella propria del passaggio dal sapere orale al sapere scritto.

Molto probabilmente le tecniche comunicative si evolveranno dal piano della forma della comunicazione anche a quella del contenuto (si pensi al linguaggio in uso sui social e al pensiero corto) prefigurando strutture argomentative di esposizione del fatto e di motivazione in diritto disciplinati da codici identificativi preconfezionati che consentano l’immediata percezione della questione e l’immediata predeterminazione dell’esito del giudizio (si parla già di algoritmi in grado di prevedere l’esito della lite).

Insomma, la giurisdizionalizzazione del diritto e la sempre più accentuale prevalenza del diritto di fonte giurisprudenziale, anche e prevalentemente nell’ordinamento tributario, se mettono in evidente maggior crisi l’idea stessa di codificazione invocata dalla giuristica tributaria per contrastare un immanente metodo casistico, per quanto riguarda il ruolo dell’avvocato lo pongono di fronte al compito di dovere sapientemente fornire l’informazione giusta nel modo giusto per le controparti e per il giudice, sì da crearne la definizione di architetto di informazioni (si rinvia al bel saggio di P. Comoglio, Processo civile telematico e codice di rito, Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2015 n. 3).

Stiamo andando incontro alla nientità del diritto? Si affermerà definitivamente un nichilismo processuale accanto a quello giuridico? Il diritto è morto, mutuando Hegel?

Sono domande e temi con i quali, senza nulla togliere ad un Regolamento statuale, il buon giurista si deve confrontare per la funzione stessa della giustizia, quale virtù del sistema sociale.

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