l'analisi

La progettazione nell’iperspazio informativo: strumenti concettuali e operativi

Nell’odierno contesto dell’iperspazio informativo, le decisioni di imprese e sistemi sociali si basano su una molteplicità di agenti da coinvolgere e sulla necessità di intercettare nuovi flussi di informazioni e conoscenze. Vediamo quali sono gli strumenti concettuali e operativi per affrontare questo scenario

Pubblicato il 01 Giu 2020

Francesco Lombardi

Supply Chain Management Engineer

Mauro Lombardi

Scienze per l’Economia e l’Impresa, Università di Firenze

Photo by Clint Adair on Unsplash

Con quali strumenti concettuali ed operativi progettare beni e servizi diretti a risolvere problemi socioeconomici in un mondo iperconnesso?

È, questa, una questione cruciale per le imprese e i sistemi sociali in generale e la riflessione che segue si sviluppa seguendo una precisa struttura logica: sono delineati alcuni elementi essenziali dello scenario odierno, individuati attraverso i cambiamenti in atto nei processi di produzione di beni servizi e il nuovo landscape della progettazione. Il punto di arrivo di questo ragionamento iniziale è che i processi decisionali e progettuali di individui, imprese, organizzazioni, istituzioni si sviluppano in un contesto che chiamiamo iperspazio informativo.

Viene quindi illustrato di seguito lo schema concettuale e operativo appropriato per pensare e agire nell’iperspazio informativo. In particolare, vengono descritti gli ingredienti di un modello mentale-manageriale adattativo e componenti essenziali del complementare modello operativo per dimostrare che in uno spazio conoscitivo complesso e soggetto a continua evoluzione occorrono agenti catalizzatori e competenze peculiari, pubbliche e private.

Lo scenario odierno

Cambiamenti dei processi e degli output

È in atto un cambiamento profondo delle attività umane sia produttive che di consumo e fruizione del tempo libero. Grazie all’incremento di potenza computazionale a disposizione di imprese e centri di ricerca, è infatti possibile oggi creare nuovi materiali, di cui all’inizio non si conoscono le proprietà e i possibili impieghi. È al tempo stesso possibile elaborare la rappresentazione digitale –dalla nano-scala a quella ordinaria e globale – (digital twin) di tutte le sequenze produttive di beni e servizi, incorporando anche le interazioni tra questi e le richieste emergenti dal contesto competitivo globale. Quest’ultimo è difatti rappresentato mediante l’iperconnettività che caratterizza l’intero pianeta, grazie alla pervasività di dispositivi che elaborano informazioni (Ubiquitous-Pervasive computing).

Un’implicazione rilevante di quanto appena affermato è che qualsiasi tipo di output tende a diventare multi-technology e multi-knowledge-domain: un insieme non determinabile a priori di vari domini conoscitivi e conseguenti tecnologie possono essere combinati, in modo da ottenere un determinato output, che può successivamente assumere una gamma variabile di funzionalità, a seconda di ciò che viene in esso inserito sia dal punto di vista materiale (input innovativi progettati dal livello atomico e sub-atomico) che da quello immateriale (sistemi di software)[1].

Da ciò deriva una ulteriore conseguenza: è necessaria una molteplicità di agenti, che collaborino sulla base delle conoscenze possedute, con l’ulteriore incognita che il potenziale collaborativo, come nel caso del grafene segnalato in nota, devono essere scoperte mediante un’incessante attività di ricerca tecnico-economica, scientifica, manageriale. L’orizzonte dell’impresa, o unità economico-produttiva, muta perché bisogna assumere come punto di ancoraggio decisionale la molteplicità di agenti da coinvolgere e al tempo stesso essere consapevoli della necessità di intercettare nuovi flussi di informazioni e conoscenze, a loro volta provenienti da fonti esterne, talvolta anche del tutto sconosciute.

Di qui emerge il ruolo essenziale di figure definite gatekeepers, cioè funzioni svolte da persone e unità con competenze-chiave, in grado di consentire la fluidità comunicativa tra reti di agenti in possesso di conoscenze apparentemente lontane, oppure prossime, ma che devono interagire per poter sviluppare sequenze produttive e prodotti, qualunque sia il problema socio-economico da risolvere: cibo, energia, acqua[2], o qualunque fabbisogno vitale e voluttuario.

In sostanza, qualsiasi output[3] tende a diventare un insieme di funzionalità variabili, esito di interconnettività, la cui realizzazione dipende dall’operatività di coloro che sono in grado di favorire osmosi conoscitive tra campi di ricerca eterogenei. È chiaro però che, oltre ai gatekeepers, occorre che vi siano entità/agenti in grado di svolgere funzioni di integrazione conoscitiva, che non significa “geni universali” alla Leonardo Da Vinci. Intendiamo molto più semplicemente riferirci alla necessità di agenti individuali o collettivi dotati delle capacità idonee per unificare strategicamente le competenze di ambiti disciplinari con vari gradi di eterogeneità.

Orizzonte progettuale nell’iperspazio informativo

Le illustrate proprietà di processi e output cambiano l’orizzonte/landscape progettuale, cioè lo scenario variabile entro cui si sviluppano le attività di progettazione. Innanzitutto, l’esistenza di domini conoscitivi che evolvono secondo proprie traiettorie, secondo logiche proprie, implica che la progettazione divenga intrinsecamente un’attività esplorativa in molte direzioni. Siamo in sostanza di fronte a contesti in cui una pluralità di soggetti esploratori, orientati verso direzioni eterogenee, producono nuove conoscenze o cercano di adattare ad ambiti di attività non toccati da nuove tecnologie quelle generate da altri. Ecco allora che progettare significa ricerca continua, ad ogni livello, di apporti innovativi, quindi necessità di possedere una mentalità esplorativa, il che non esclude che si continui ad usare conoscenze consolidate. In realtà intendiamo sottolineare che con un adeguato open mindset è possibile coniugare la propria base conoscitiva con input scaturiti da fonti informative globali. È logico e realistico, infatti, perseguire un idoneo mix tra consolidamento del patrimonio conoscitivo esistente e l’esplorazione di nuovi domini di conoscenze (mix di exploration/exploitation, March, 1991), perché il pervasive computing consente di perseguire a ritmi accelerati feedback cumulativi di scambi informativi a scala globale. Naturalmente affinché i feedback abbiano esiti proficui sono essenziali gli ingredienti messi in evidenza nella prossima sezione, ma è fondato ritenere che un open mindset e la mentalità esplorativa possano contribuire a realizzare circuiti virtuosi per il proprio inserimento in strutture interattive multi-scala, come nel caso indicato nella nota 1 e nell’esempio illustrato nella Figura 1.

Fig. 1

Fonte: Cheng et al., 2018, Fig. 1. [rappresentazione parziale delle sequenze economico-produttive per ilBoeing  787]. Rappresentazioni analoghe possono essere effettuate per l’industria della moda e della meccatronica italiana. (Materiale riservato.)

Questo discorso acquista un valore particolare in riferimento allo scenario odierno, contraddistinto dal dover fronteggiare sfide complesse globali: cambiamenti climatici, scarsità di cibo-energia-acqua e risorse rare, pandemie.

Gli aspetti delineati finora compongono un quadro peculiare:

  • processi e output sono ilo risultato di flussi informativi eterogenei, che convergono in presenza di agenti catalizzatori.
  • Le variabili da prendere in considerazione sono numerose e solo parzialmente conosciute.
  • Iperconnettività globale ed eterogeneità dei domini conoscitivi comportano che le attività di progettazione devono misurarsi con processi multi-scala, dove si producono cambiamenti continui e talvolta discontinuità profonde.
  • L’attività progettuale, quindi, può essere vista come ricerca esplorativa in un iperspazio informativo, che richiede un’attenta e sistematica valutazione degli scenari, con il supporto di strutture interattive all’altezza.

Nell’iperspazio informativo la circolazione di informazioni è “omnichannel” e quindi incrementa il livello di complessità delle supply chain per qualsiasi tipo di attività (Figura 2)

Fig. 2

Fonte: Yaoquing et al., 2018

Il punto di arrivo di questa Sezione è, pertanto, che la progettazione di qualsiasi output avviene in un iperspazio informativo con gradi variabili di complessità, che dipendono dalla ricerca di elementi conoscitivi da associare in un vero e proprio “spazio combinatoriale” (Arthur, 2009) di tecnologie, innovazioni, conoscenze tradizionali e innovative.

Schema concettuale e operativo

Modello concettuale

Definito l’iperspazio informativo e combinatoriale, possiamo dedurre le conseguenze in termini di modello mentale e operativo da seguire nel management dei processi economico-produttivi.

Date l’intensità e l’estensione del processo innovativo odierno, oltre a quanto precedentemente descritto, l’ottica di governo e controllo dei processi non può essere su visioni ispirate a visioni meccanicistiche delle sequenze previsioni-azioni (Reeves et al., 2016; BCG, 2018, 2019). La variabilità e la natura complessa delle dinamiche multiscala (vedi Fig.1) inducono a ritenere che sia necessario adottare visioni strategiche adattative, cioè strategie pronte a “catturare” segnali di eventi imprevisti e reattive rispetto a variazioni più o meno profonde del proprio modus operandi.

È opportuno, a questo punto, porsi un interrogativo di come si può realizzare questa specie di ossimoro tra l’ancoraggio a punti di riferimento stabili e la variabilità adattativa?

Sulla base di una vasta letteratura manageriale (Teece e Pisano, 1994; Teece, 2017) suggeriamo questi capisaldi di un frame concettuale aperto:

  • scanning continuo dell’orizzonte tecnico-competitivo, al fine di valutare il proprio grado di prossimità alla frontiera tecnico-scientifica e manageriale.
  • Il processo economico-produttivo va pensato in termini di sequenze variabili di operazioni, la cui configurazione è influenzata dall’intersezione tra flussi incessanti di nuovi input materiali e immateriali, che rendono quindi necessaria una costante attenzione alla propria capacità di essere inseriti in strutture interattive dinamiche, veri e propri eco-sistemi dinamici (Reeves et a., 2016; BCG, 2019.
  • Un’attenzione particolare alla evoluzione del lavoro e alle condizioni in cui esso viene esercitato (MGI, 2017, 2020).
  • Imprese e organizzazioni in genere non possono fare a meno di assumere la morfologia di sistemi aperti, ovvero insiemi di operazioni scomponibili (Simon, 1962, 1996, Cap. 7 “Alternative views of Complexity”)[4], che hanno come “punto di ancoraggio mobile” quella che nella teoria dei processi innovativi è definita “shifting frontier”.

La linea dell’orizzonte che si allontana via via che ci si muove verso di essa non comporta l’immobilità, specie nel caso delle decisioni manageriali, perché nel processo di avanzamento per approssimarsi ad essa si acquisiscono sempre nuove informazioni e conoscenze. È l’attaccamento esasperato al sapere consolidato che provoca l’immobilismo e il rischio di emarginazione.

Schema operativo

Il frame manageriale proposto ha precisi correlati operativi.

Il primo punto da mettere in evidenza è che l’unità economico-produttiva, ma ciò vale per qualsiasi organizzazione, pubblica o privata che sia, dovrebbe esplicare la propria attività sulla base di insiemi di team interni-esterni, incentrati su progetti, a loro volta pensati secondo lo schema illustrato nel precedente paragrafo. Team attivi su queste basi hanno di conseguenza l’imperativo, e ciò costituisce la seconda direttrice operativa, di perseguire il continuo updating delle competenze, perché la base conoscitiva di un’organizzazione, delle sue sub-unità e delle componenti individuali è inevitabilmente destinata a mutare e solo per questa via i team possono essere all’altezza delle sfide progettuali.

È chiaro altresì che tutti gli elementi indicati finora cambiano sostanzialmente la cultura manageriale standard di ogni unità organizzativa, quindi sembra inevitabile l’insorgere di ostacoli culturali, socio-economici, politico-istituzionali, normativi. Ecco allora che il ruolo dei gatekeepers può essere cruciale nel favorire interconnessioni dinamiche tramite processi di matching dinamico, conoscitivo e operativo, come illustrato nella Figura 3.

Fìg. 3

Fonte: Cheng et al., 2018, Fig. 2

Ciò può verificarsi se viene messo all’opera uno strumento operativo importante, che può stimolare l’evoluzione del modello mentale adottato. Ci riferiamo all’introduzione di una consolidata metodologia di lavoro, ovvero l’elaborazione di scenari da parte dei team, che approfondiscono, discutono e delineano opzioni strategiche alternative mediante l’individuazione di direttrici e traiettorie evolutive nei vari ambiti di competenza. Per questa via l’interazione può essere feconda, anche perché continuamente alimentata dall’appartenenza a strutture interattive multi-scala. La metodologia basata su scenari può essere il cardine di una strategia adattativa, soprattutto grazie alla funzione potenzialmente svolta dall’altra tipologia di agenti, gli operatori pubblici, specie nel caso di progetti ad elevata complessità e diretti a misurarsi con le odierne sfide globali.

Nello scenario attuale è altresì essenziale lo sviluppo delle capacità di svolgere funzioni di agenti strategici da parte pubblica e privata, cioè le cosiddette partnership strategico-progettuali pubblico-privato (PPP), come ha messo in evidenza Mariana Mazzucato (2018, 2020) in sede europea e nazionale con la sua visione di “mission oriented policy”.

La realizzazione di una dinamica feconda delle PPP dipende, però, da quattro condizioni essenziali:

  • esistenza di tecnostrutture dotate di idonee culture tecnico-manageriale, ancorate ai principi strategici adattativi, prima indicati e ad un approccio multi-livello.
  • Chiara enunciazione dell’interesse pubblico.
  • Profonda trasformazione della cultura del management pubblico, in modo da evitare asimmetrie conoscitive, che si traducono quasi inevitabilmente in subordinazione ai cosiddetti vested interests, quindi a influenze di varia natura, molto spesso non pubblica.
  • Chiara individuazione dei problemi da affrontare e creazione di ambienti interattivi trasparenti e non asimmetrici.

L’alternativa a tutto questo è la degradazione sistemica, che tutti preferiremmo evitare.

Bibliografia

Arthur B., 2009, The Nature of Technology. What it is and How It Evolves, The Free Press.

BCG, Boston Consulting Group, 2018, Think Biologically. Messy Management for a Complex World.

BCG, Boston Consulting Group, 2019, Winning the ’20s. The Company of the Future.

Cheng Y. et al., 2018, Advanced manufacturing systems: supply–demand matching of manufacturing resource based on complex networks and Internet of Things, Enterprise Information Systems, 12:7, 780-797.

March J., 1991, Exploration and Exploitation in Organizational Learning, Organization Science, Vol. 2, No. 1: 71-87.

Mazzucato M., European Commission, 2018, Mission-Oriented Research & Innovation in the European Union. A problem-solving approach to fuel innovation-led growth.

Mazzucato M., 2020- 4-30, Trasformare lo Stato e il suo ruolo per affrontare le sfide post virus, Il Sole 24 ore.

MGI, McKinsey Global Institute, 2017, Reimagining capitalism to better serve society.

MGI, McKinsey Global Institute, 2019, The social contract in the 21st century Outcomes so far for workers, consumers, and savers in advanced economies.

Reeves M. et al., 2016, The Biology of Corporate Survival. Natural ecosystems hold surprising lessons for business, Harvard Business Reviwe, January-February, 47-55

Simon H.A., 1962, The architecture of complexity, Proceedings of the American Philosophical Society, Vol. 106, No. 6: 467-482.

Simon H.A., 1996, The Sciences of Artificial, MIT Press

Teece D.J., Pisano G. 1994. The dynamic capabilities of enterprises: an introduction. Industrial and Corporate Change 3(3): 537–556 .

Teece D.J., 2017, Explicating Dynamic Capabilities: The Nature and Microfoundations of (Sustainable) Enterprise Performances, Strategic Management Journal Strategic Management Journal, 28: 1319–1350

Yaqiong L.V. et al., 2018, IoT based Omni-Channel Logistics Service in Industry 4.0, IEEE International Conference on Service Operations and Logistics, and Informatics

WEF, World Economic Forum, 2011, Water Security. The Water-Food-Energy-Climate Nexus.

WEF, World Economic Forum, Hutt R., 2016, What are the 10 biggest global challenges? Documento per il World Economic Forum Annual Meeting.

  1. Si pensi all’uso del grafene nel jeans per ottenere proprietà endotermiche, https://www.fashionatingworld.com/new1-2/arvind-develops-graphene-denim. Il sito web specializzato https://www.graphene-info.com/graphene-applications contiene un lungo elenco di applicazioni attuali e possibili del grafene.
  2. Ci riferiamo a una delle global challenges che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi decenni, il cosiddetto Water-Energy-Food Nexus, WEF, 2011, 2016), cioè la scarsità di risorse primarie per la vita socio-economica.
  3. Può apparire paradossale, ma la tendenza investe anche le vendite al dettaglio (Yaqiong et al., 2018).
  4. smart phases, smart working nella terminologia ora in voga. Occorre precisare che nella vulgata corrente, e anche in qualche articolo di esperti, si tende a confondere lo smart working con il “lavoro a casa” o “a distanza”, idea riduttiva e profondamente sbagliata, perché trascura tutto ciò che concerne la riorganizzazione dei processi in termini tecnico-scientifici, culturali e manageriali.

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