La denuncia

Radaelli (Anitec): “L’Europa smetta di tagliare il motore della crescita”

Pubblicato il 02 Apr 2013

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La tanto nominata attuazione dell’Agenda Digitale rappresenta, in verità, semplicemente uno dei passaggi verso un’economia sempre più rispondente alle esigenze del contesto sociale. E la rivoluzione tecnologica deve essere europea, se vogliamo che l’Unione diventi realmente il contesto di crescita e sviluppo della nostra democrazia e non rappresenti soltanto un contenitore amministrativo. Per questo, lo schema attraverso il quale è stato approvato il bilancio europeo per il periodo 2014-2020 risulta fortemente limitativo. Si è tenuto conto solo dell’esigenza di far quadrare i conti, senza considerare il fatto che l’Europa deve dotarsi di strumenti per affrontare grandi cambiamenti, di cui lo scenario politico italiano attuale è solo un assaggio. Fortunatamente, un opinionista autorevole come l’ex premier belga Guy Verhofstadt ha posto l’accento su questo tema proprio dalle pagine del Sole 24 Ore nelle scorse settimane. Auspichiamo anche noi una revisione dell’accordo, da far riapprovare al nuovo Parlamento UE dopo le elezioni del 2014 e far condividere da una maggioranza qualificata del Consiglio Europeo.

Il nostro osservatorio di imprese del settore ICT è rappresentativo della situazione generale: per il periodo 2014-2020, il budget approvato prevede una riduzione ad 1 miliardo di euro per la realizzazione di infrastrutture a banda larga. Senza l’investimento nell’economia digitale, potrà l’Unione Europea essere mai in grado di affrontare le complesse sfide dei prossimi anni? I 9,2 miliardi di euro per le infrastrutture digitali del progetto Connecting Europe Facility vengono così pressoché annientati, nonostante la strenua difesa fino all’ultimo del Commissario europeo Neelie Kroes. Ciò mette seriamente in discussione le politiche di rilancio economico dell’intera Unione, tenuto conto che solo in Italia negli ultimi 15 anni l’economia digitale ha creato circa 700.000 posti di lavoro e ha contribuito al 2% del PIL. Per fare un esempio, i tagli potrebbero limitare la possibilità di far accedere gli abitanti delle zone rurali e i piccoli centri ai servizi forniti tramite le connessioni a larga banda, con effetti negativi sullo sviluppo economico di queste zone.

Abbiamo visto, anche proprio nel caso delle recenti elezioni italiane, come l’accesso alla rete possa avere effetti sugli equilibri e sull’organizzazione della società. Da questo comprendiamo la centralità degli investimenti infrastrutturali, come requisito indispensabile per la crescita italiana ed europea.

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