L’abolizione dei costi di roaming per gli utenti mobili che viaggiano all’interno della Ue è senz’altro da considerarsi una delle meglio riuscite ed apprezzate iniziative dell’Unione Europea. Tuttavia, il sistema denominato “Roaming Like At Home” (“RLAH” in acronimo) continua ad essere al centro di attenzioni da parte delle istituzioni europee per via dello squilibrio concorrenziale che ha creato e che andrebbe sanato in qualche modo.
Impatto del roaming sulle telco: i timori del Berec
Non si tratta tanto della fine degli introiti del roaming, cui il mercato si è abituato da quando sono stati imposti, già con la prima riforma Reding del 2007, i limiti massimi (caps) delle tariffe retail. Il problema è semmai costituito dalle distorsioni alla concorrenza, poiché il nuovo sistema non sembra impattare in maniera neutrale sui diversi operatori. Questo tema è stato segnalato dal Berec, l’agenzia europea dei regolatori, in un recente parere inviato alla Commissione europea il 13 giugno scorso.
Le preoccupazioni del Berec riflettono timori già palesati dal Parlamento europeo che, in uno studio del novembre 2018, aveva appunto evocato la necessità di adeguare il sistema RLAH per limitarne gli effetti distorsivi della concorrenza. Da notare però che la Commissione europea, cui spetta la decisione se proporre un adeguamento dell’attuale normativa sul roaming, in un Report del 12 dicembre 2018 sembra invece escludere la necessità di un intervento, ponendosi così in apparente contrasto con Berec e Parlamento europeo.
Fine dei sovraccosti per gli utenti, ma non per gli operatori
Ma qual è esattamente il tema concorrenziale su cui le istituzioni europee hanno valutazioni così diverse? In sintesi, il problema è che i sovraccosti roaming sono stati aboliti per gli utenti, ma non per gli operatori. In altre parole, mentre gli utenti mobili possono liberamente viaggiare in Europa continuando a pagare la tariffa domestica senza sovraccosti, allo stesso tempo il loro operatore deve pagare un sovraccosto di accesso alla rete ospitante straniera (un costo detto roaming all’ingrosso, o “wholesale”) che è mediamente molto più alto del costo dell’accesso domestico all’ingrosso.
Un tale ed elevato costo di roaming wholesale è sempre esistito, ma in passato veniva recuperato dagli operatori attraverso i sovraccosti roaming applicati all’utente. Ora che questi ultimi sono stati aboliti, il roaming wholesale resta a carico dell’operatore, che potrebbe ora recuperarlo solo con la tariffa domestica. Ma neanche questo è detto che sia possibile: infatti, in base alla regole europee il wholesale roaming può arrivare fino a 4,5 Euro per Gigabyte, mentre la tariffa domestica pagata dagli utenti per ogni Gigabyte equivale in media a poche decine di centesimi. In altre parole, se un operatore deve, da un lato pagare la tariffa wholesale roaming piena, e dall’altro incassare solo quella domestica retail, andrà sicuramente in perdita.
La differenza tra operatori mobili tradizionali ed MVNO
Tuttavia, nei fatti gli operatori mobili non soffrono di questo problema nella stessa maniera. Gli operatori mobili più grandi si scambiano tra loro, da paese a paese, volumi di traffico roaming equivalenti. Pertanto, il costo del roaming wholesale viene compensato tra loro (tanto fornisco = tanto ricevo) senza generare perdite, mentre agli operatori resta l’introito delle tariffe retail come guadagno. Il problema si pone invece per gli operatori mobili più piccoli che, generando volumi di traffico minori, si ritrovano con un saldo negativo rispetto ai più grandi; e, soprattutto, per i MVNO, vale a dire gli operatori mobili non tradizionali che utilizzano, sulla base di accordi, lo spettro di altri operatori. Non possedendo una rete domestica, i MVNO pagano il roaming wholesale come un puro costo, che non può essere compensato con gli introiti di traffico entrante (poiché non hanno una rete), né può essere recuperato con gli abbonamenti degli utenti, poiché normalmente la tariffa roaming wholesale è superiore alle tariffe retail domestiche.
La distorsione concorrenziale riguarda, quindi, soprattutto gli MVNO e la loro capacità di competere con gli operatori mobili tradizionali. Per i primi il meccanismo del RLAH costituisce una perdita secca che li indebolisce anche nel mercato domestico, mentre per i secondi non sembra esserci impatto pregiudizievole: da un lato, essi hanno perso i tradizionali introiti del roaming internazionale (cioè gli abnormi sovraccosti roaming al cliente), ma dall’altro è cresciuto il traffico roaming in generale e quindi i relativi introiti a livello retail (sebbene a tariffe domestiche) e wholesale (a prezzi molto alti, come notato).
Le possibili soluzioni: le deroghe al RLAH
A livello sistemico il problema si pone anche tra mercati nazionali, visto che i paesi europei del sud ricevono più traffico in roaming di quanto ne mandino al nord, ottenendone così un guadagno (mentre quelli del nord ci perdono). Queste possibili asimmetrie erano già state paventate durante l’elaborazione dei regolamenti roaming ed infatti il testo definitivo del regolamento 2120/2015 ha previsto uno strumento per mitigarne gli effetti negativi. Si tratta del cosiddetto meccanismo di sostenibilità, con il quale l’autorità nazionale di regolazione può autorizzare un operatore mobile a far pagare ancora il sovraccosto roaming ai propri clienti, qualora ciò sia necessario per recuperare le perdite causate dal RLAH.
Si tratta però di un meccanismo contestato da molti operatori, per ragioni intuibili: infatti, una volta che gli utenti hanno preso atto del RLAH come una condizione standard di mercato, diventa poi controproducente per un operatore reintrodurre per i propri clienti i vecchi sovraccosti. Ed infatti, a questo strumento hanno fatto ricorso un limitato numero di operatori in Europa (tra gli MVNO: 30 su 330, secondo i dati della Commissione) ma, soprattutto, solo in via cautelativa: in altre parole, l’autorizzazione viene richiesta ed ottenuta, ma poi non viene generalmente applicata (per non perdere clientela). Questo aspetto è sottolineato dallo stesso Berec: “Another noticeable trend is the strong competitive pressure on operators, which prevents them from extensively applying the surcharges even after they have obtained the derogation”.
La distorsione concorrenziale nei casi concreti
L’impatto effettivo sugli operatori e la relativa distorsione della concorrenza dipende però da alcuni fattori concreti, in particolare dalla tariffe wholesale roaming concretamente pagate dai MVNO (visto che il prezzo di Euro 4,5 a Gigabyte è solo una tariffa massima) e dal traffico in roaming effettivamente generato. Sulla base di questi distinguo la Commissione europea era arrivata a concludere, nel citato Report, che l’impatto negativo sui MVNO non fosse così rilevante. La Commissione riteneva, inter alia, che i clienti dei MVNO usassero roaming meno di altri o addirittura facessero uso di sim abilitate al solo mercato domestico; e che i MVNO fossero comunque capaci di strappare vantaggiose tariffe wholesale roaming.
Si tratta però di argomentazioni contestate dall’industria e poste in dubbio dallo stesso Berec. Non vi sono infatti evidenze che la clientela di certi operatori usi servizi in roaming in misura minore rispetto a quella di altri operatori, e lo stesso Report della Commissione europea non riporta dati pertinenti. La verità è, semmai, che dopo svariati anni di number portability gli utenti tendono a cambiare operatore mobile con grande facilità e frequenza. Inoltre, non vi sono dati secondo cui iMVNO venderebbero prevalentemente SIM “domestiche”, cioè non abilitate al roaming. Secondo l’associazione MVNO Europe, solo uno dei suoi membri fornisce SIM esclusive per il mercato domestico.
Per quanto riguarda le tariffe roaming wholesale, gli stessi dati raccolti dalla Commissione smentiscono l’agibilità dei MVNO: su 35 casi esaminati e descritti nel Report, solo 8 indicano valori inferiori a 4 Euro per Gigabyte, mentre gli altri si situano al di sopra, allineati o vicini al cap regolamentato di 4,5 Euro. Si tratta, in ogni caso, di valori lontanissimi dalle tariffe domestiche, ben inferiori a 1 Euro per Gigabyte, che quindi confermano il problema della recuperabilità di tali costi.
Il parere del Berec
Per i motivi di cui sopra, e basandosi su ulteriori dati raccolti attraverso le autorità nazionali, il Berec riconosce, come già aveva fatto il Paralmento Europeo, che la riforma europea del roaming, con l’introduzione del RLAH, ha creato un disequilibrio concorrenziale, che andrebbe curato in qualche modo, senza ovviamente pregiudicare i diritti acquisiti dai cittadini europei. Il Berec propone quanto segue:
- ridurre le tariffe regolate del roaming wholesale: questa manovra sarebbe utile non solo per gli MVNO, ma anche per gli operatori mobili in relazione al loro traffico in uscita, riducendo quindi la necessità di richiedere una deroga. Inoltre, i Benchmark Data Reports dello stesso indicano che in media le tariffe all’ingrosso sono inferiori ai cap regolamentati e continuano a diminuire. Parallelamente, il BEREC sottolinea che le tariffe all’ingrosso devono essere fissate ad un livello che copra in modo efficiente i costi sostenuti dagli operatori mobili per offrire servizi di roaming all’ingrosso;
- gli operatori mobili dovrebbero passare agli MVNO gli sconti per i servizi di roaming che ottengono dalle reti visitate per conto degli stessi MVNO: questa misura consentirebbe all’MVNO di beneficiare degli sconti sui volumi (dovuti all’aggregazione del traffico host e MVNO) che l’operatore mobile/host ottiene quando negozia con la rete estera.
- allineare le tariffe di roaming wholesale alle tariffe nazionali all’ingrosso.
Prossimi passi
La Commissione europea dovrà ora tenere conto del parere del Berec, così come dello studio del Parlamento europeo, ed entro la fine dell’anno dovrà formulare una proposta di revisione dei cap wholesale, oltre alle varie altre misure necessarie per rendere la riforma del roaming in linea con la concorrenza. Tale proposta dovrà poi passare al vaglio di Consiglio e Parlamento.