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Customer care: come gestire bene il dialogo tra azienda e clienti



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I mercati sono conversazioni ininterrotte fra clienti e aziende, che avvengono su diversi canali. Al Customer Care il compito di parlare a nome dell’azienda. Ma non sempre funziona così. Il punto sulle difficoltà insite nella conversazione e su come migliorare comunicazione e comprensione

Pubblicato il 9 nov 2023

Leonardo D’Itri

CEO Aryanna – Advanced Knowledge Management



Chatbot per customer service: come integrarlo nel servizio

Il Customer Care è il primo punto di accesso del cliente con l’azienda e per questo svolge una funzione strategica. Un tasso di soddisfazione basso può generare quel fenomeno che gli addetti conoscono molto bene: il Churn, l’insoddisfazione (che può sfociare in disaffezione e abbandono del brand) e che viene misurato attraverso il Churn Rate, il rapporto fra clienti persi e clienti attivi. Non è una metrica di poco conto.

Ma come fare per trasformare l’attenzione al cliente in una leva di crescita?

Ripensare il customer care nell’era di internet

Quando fu pubblicato per la prima volta nel 1999, il Cluetrain manifesto introdusse una novità dirompente nel definire il rapporto fra consumatori e aziende. Secondo le tesi (95) espresse da Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e David Weinberger, l’ingresso di Internet e del digitale avrebbe contribuito ad abbattere le barriere fra aziende e clienti e il mercato si sarebbe trasformato: non più un semplice scambio di beni mediato da denaro, ma una vera e propria conversazione ininterrotta tra i due soggetti ai capi opposti del rapporto.

Oggi, dopo quasi un quarto di secolo, sappiamo che le cose stanno esattamente così.

Non solo le aziende hanno cominciato a dialogare con i clienti e a mettere in comune valori e vision (che sempre più sono le pillar su cui i clienti orientano le proprie scelte d’acquisto) ma hanno sviluppato nuovi canali di comunicazione, sempre più interconnessi e complessi. È così nata una comunicazione fra consumatore e azienda che oggi conosciamo come omnichannel e che è la realtà quotidiana di quasi ogni transazione, dialogo, ricerca di supporto.

Questa nuova forma di rapporto (di conversazione) ha richiesto un ripensamento completo del ruolo di quella specifica funzione aziendale che si interfaccia direttamente con i clienti: il Customer Care. Si tratta di una funzione che ha il compito di occuparsi del cliente a 360° con il principale obiettivo di incrementare la sua soddisfazione nei confronti dell’azienda.

L’importabnza della fidelizzazione dei clienti

Secondo un’indagine condotta da Bain & Company, è emerso che un modesto incremento del 5% nella Customer Retention (ovvero la capacità di mantenere i clienti) può portare a un notevole aumento della redditività aziendale del 75%. La Customer Retention comprende una serie di attività strategiche finalizzate a “trattenere” i clienti acquisiti. Spesso, queste attività rientrano nelle responsabilità del Customer Care, il reparto deputato a gestire la relazione con la clientela.

Questa scoperta mette in evidenza quanto sia essenziale investire nella fidelizzazione dei clienti. Mantenere quelli esistenti può risultare molto più vantaggioso rispetto alla continua ricerca di nuovi. Infatti, conservare la clientela può comportare un significativo aumento dei profitti aziendali, riducendo al contempo i costi associati all’acquisizione di nuovi clienti. Pertanto, è fondamentale prestare particolare attenzione alle strategie di Customer Retention e assicurarsi che il Customer Care svolga un ruolo centrale nell’implementazione di tali strategie.

Valutare l’efficacia di un Customer Care

L’efficacia ed efficienza di un Customer Care vengono valutate in base a KPI quantitativi e qualitativi.

KPI quantitativi

Fra i KPI quantitativi, i più importanti sono il TMG (il Tempo Medio di Gestione di una pratica), il TMC (Tempo Medio Chiamata, la durata della telefonata fra addetto e cliente prima della risoluzione del problema sollevato da quest’ultimo), il numero di chiamate ricevute, il numero di contratti lavorati…

KPI qualitativi

Fra i KPI qualitativi, quelli cioè che in qualche modo misurano la qualità del servizio, vi sono l’NPS (Net Promoter Score, ovvero la misura di quanto – in base alla soddisfazione – il cliente suggerirebbe di rivolgersi all’azienda per i suoi servizi), il CES (Customer Effort Score) ecc.

Obiettivo – molto complesso – di un Customer Care è mantenere in equilibrio le diverse metriche. Infatti potrebbero verificarsi due diversi scenari (entrambi negativi) privilegiando un aspetto a discapito dell’altro. Aumentare il numero di “telefonate prese”, un KPI quantitativo, con conseguente riduzione del TMC, potrebbe causare una scarsa qualità della risposta fornita (frettolosa, poco approfondita, opinabile). Privilegiando gli aspetti qualitativi (con basso numero di chiamate e lunga durata) il rischio è quello di peggiorare i dati di altri indicatori e di incidere negativamente sul numero di pratiche risolte. E poi di mantenere in attesa gli altri utenti che provano a contattare il Customer Care, con conseguente, probabile, abbandono della chiamata e successivo ricontatto (in questo caso peggiorano KPI come il FCR, First Call Resolution, oltre che il CSI, Customer Satisfaction Index).

I “mal di pancia” del Customer Care e il ruolo del Knowledge Management

Il compito di un Customer Care è complesso. Immaginiamo un operatore, all’interno di un open space, separato dai suoi colleghi solo da alcune leggere barriere fonoassorbenti. Ha le cuffie in testa, uno o più schermi davanti agli occhi e deve rispondere velocemente alle richieste del cliente all’altro capo del filo. Al tempo stesso deve assicurarsi di fornire una risposta esauriente, esatta, risolutiva. Per reperire i contenuti informativi necessari a risolvere la casistica del cliente, accede a un modulo di Knowledge Base dove sono accumulate le informazioni: pratiche, regolamenti, offerte commerciali, FAQ, trouble shooting, ecc.

Sono una gran quantità di informazioni, nella maggior parte dei casi disorganiche, disorganizzate e scritte con un linguaggio poco chiaro. Il cliente è sempre in linea, mentre l’operatore consulta frettolosamente le pagine di informazioni cercando nel testo il richiamo alla parola chiave che ha inserito nella stringa di ricerca. Vi sono molte occorrenze, non tutte sono pertinenti e quelle che lo sono forniscono informazioni davvero poco chiare, per linguaggio, struttura e layout. L’operatore mette il cliente in attesa e si rivolge al suo collega, più esperto di lui, per avere maggiori informazioni. Il tempo scorre. Gli esiti certi sono sostanzialmente due:

  • Aumentano i costi per l’azienda (che nella maggior parte dei casi affida il Customer Care in outsourcing, pagando in base al numero e alla durata delle chiamate)
  • Diminuisce la soddisfazione e la fidelizzazione del cliente, il quale sente di perdere tempo e di non aver di fronte a sé (all’altro capo del filo) un esperto in grado di aiutarlo.

Trovabilità, usabilità, unicità: il mantra di una Knowledge Base efficace

Proprio nell’accesso alla Knowledge Base, nel reperimento dell’informazione corretta e nella sua piena comprensione, avvengono i ritardi maggiori. Pertanto è sulla Base che occorre agire attraverso un processo di riorganizzazione, atomizzazione e riscrittura dei contenuti (secondo i principi scientifici della Content Language Usability).

Per dimostrare l’efficacia di questa metodologia di Knowledge Management, riportiamo qui i risultati di un esperimento che Aryanna ha condotto presso un proprio cliente nel settore telecomunicazioni.

Metodologia dell’esperimento

Aryanna ha raccolto i documenti informativi che costituivano la Knowledge Base del cliente e li ha riorganizzati, razionalizzati, atomizzati in contenuti informativi più piccoli e coesi e, infine, riscritti in una lingua pienamente e univocamente comprensibile (è essenziale che ogni addetto al Customer Care capisca esattamente la stessa cosa leggendo il medesimo testo).

Successivamente sono stati individuati alcuni operatori del Customer Care che non conoscevano il tema oggetto dei documenti riscritti. Questi operatori sono poi stati esposti a una serie di telefonate, da parte di finti clienti, che hanno posto un set identico e predefinito di domande agli addetti.

Al momento della telefonata, sullo schermo dell’operatore, compariva il modulo di Knowledge Base contenente l’informazione oggetto della richiesta. L’operatore (che ricordiamo non è esperto della materia trattata) non sapeva se il modulo a schermo fosse già stato oggetto di riscrittura o se fosse ancora nella versione originale. Le chiamate sono state tutte registrate e, attraverso un sistema di Eye Tracking Contact, sono stati analizzati i movimenti oculari dell’operatore.

Le registrazioni delle telefonate e i risultati del Tracking Contact, sono poi state proposte a un focus group composta da operatori dell’azienda esperti della materia affrontata. Questi SME (Subject Expert Matter) hanno valutato il grado di soddisfazione degli utenti e compilato il CSI (Customer Satisfaction Index) relativo all’esito della telefonata. I risultati di questo esperimento sono stati sorprendenti.

Risultati

Il TMC (Tempo Medio Chiamata) si è ridotto del 25% nelle chiamate in cui l’operatore poteva usufruire di documenti riscritti con le tecniche del Knowledge Management. Il CSI risultava più alto del 24% sulla base del giudizio degli SME.

Conclusioni

Grazie a una Knowledge Base riscritta in modo da agevolare il reperimento e la comprensione delle informazioni contenute, i più importanti KPI quantitativi e qualitativi del Customer Care hanno subito un sostanziale miglioramento.

L’impatto economico del knowledge management

Va considerato l’impatto economico che questi valori hanno sul conto aziendale. Non solo la riduzione del 25% del TMC comporta minori spese per l’azienda (che paga il call center in base al numero e alla durata delle chiamate gestite) ma significa anche, per l’azienda, poter gestire più chiamate per lasso di tempo, servire un maggior numero di clienti, ridurre i tempi di attesa e garantire un tasso di soddisfazione più elevato. La soddisfazione non è un valore aleatorio ma misurabile e quantificabile economicamente. Facciamo un esempio riportando i risultati di una ricerca condotta da Kantar nel settore bancario. Come emerge dal report Retail Banking del 2019 le banche con un maggior tasso di Customer Experience (CX) riescono ad ottenere:

  • livello di raccomandazione 2,2 volte superiore
  • disponibilità ad acquistare nuovi prodotti 2 volte superiore

I clienti entusiasti sono:

  • 2,1 volte più propensi a essere fedeli
  • 3,3 volte più propensi a raccomandare la propria banca ad altri
  • 3,6 volte più propensi a sottoscrivere altri prodotti o servizi della banca

In sintesi, emerge in modo evidente come l’attenzione al cliente sia ormai uno dei driver fondamentali del business aziendale e il Customer Care ne sia l’attore principale.

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