modelli di business

La complessa economia dell’IA: crescita precaria e alternative emergenti



Indirizzo copiato

Le grandi aziende di AI come OpenAI affrontano costi operativi esorbitanti mentre gli Small Language Models guadagnano terreno. Il modello cloud-centrico mostra fragilità, con investimenti enormi ma ritorni incerti e una crescente pressione dalla concorrenza open source

Pubblicato il 22 gen 2025

Paolino Madotto

manager esperto di innovazione, blogger e autore del podcast Radio Innovazione



convenzione quadro consiglio europa IA

L’intelligenza artificiale generativa sta rivoluzionando il modo in cui interagiamo con la tecnologia, ma dietro l’apparente “brillantezza” di modelli come ChatGPT o Antrophic si nasconde una complessa realtà economica. I colossi dell’IA, pur attirati da promesse di profitti enormi, si trovano ad affrontare sfide significative per garantire la sostenibilità finanziaria dei loro modelli.

Costi operativi e competizione nel settore AI

Le aziende che sviluppano e gestiscono modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) stanno affrontando costi operativi esorbitanti, legati all’addestramento, al mantenimento e all’espansione di questi sistemi. Inoltre, la competizione feroce e la difficoltà nel monetizzare pienamente queste tecnologie mettono a rischio la sopravvivenza di molte aziende del settore. Sembra un paradosso ma a guardare i numeri proprio quelle più grandi e note stano correndo i rischi maggiori e le big-tech stanno riversando molto del loro flusso di cassa sull’ AI.

L’evoluzione dei modelli e la sfida degli open source

Il tentativo di aumentare gli investimenti e far sì che i piccoli modelli open source non possano sostenere le sfide del mercato per ora non sta portando grandi risultati, anzi nell’ultimo anno e per molti casi di uso nuovi approcci e metodi per istruire i modelli hanno portato LLM sempre più piccoli (Small Language Model) ad avere risultati paragonabili e perfino migliori in alcuni casi rispetto a quelli molto più grandi.

Sostenibilità del modello di business AI

È allora importante porsi l’interrogativo se il modello di business dei grandi player del settore AI sia sostenibile e cosa può accadere se non lo fosse.

Sarebbe troppo complesso esaminare tutti i numeri dei “giganti” dell’AI (OpenAI e Antrophic) o quasi impossibile entrare nel dettaglio delle big tech che investono direttamente o tramite accordi spesso non troppo chiari nelle aziende che più conosciute nel mondo AI ma proviamo a guardare meglio dentro le cose per farci una idea di cosa sta accadendo e di quali possano essere le evoluzioni nel futuro.

Gli investimenti delle big tech in startup AI e i rischi per l’innovazione

Prima di tutto è bene partire dal perché vediamo le big tech investire in OpenAI[1] o Antrophic[2] e non direttamente impegnate ad acquisirle o comprare Startup. Anzitutto perché nell’ultimo decennio le big tech hanno sempre acquisito startup che potevano erodere posizioni di vantaggio neutralizzando la concorrenza, tale atteggiamento è stato fino ad ora attivamente contrastato negli anni dell’amministrazione Biden dalla FTC da Lina Khan. Le contestazioni, da parte di opinioni pro-mercato, alle big tech sono quelle di adottare delle pratiche in grado di impedire l’innovazione e sono riassumibili in 6 rischi:

  • Le startup che si alleano con le big tech rischiano di perdere una parte significativa della loro autonomia. Se un prodotto o un servizio sviluppato dalla startup entrasse in conflitto con gli interessi dell’azienda più grande, quest’ultima potrebbe decidere di interromperne lo sviluppo o di limitarne la diffusione. In questo modo, l’innovazione nata all’interno della startup viene soffocata, a vantaggio degli interessi del partner più potente;
  • Un altro modo in cui le alleanze possono soffocare la competizione è rallentando lo sviluppo di prodotti innovativi. Un gigante tecnologico come Microsoft potrebbe, ad esempio, ridurre i finanziamenti destinati a quei progetti di OpenAI che potrebbero minacciare le proprie linee di prodotto. Invece di eliminare completamente un concorrente, si preferisce rallentarne la crescita e mantenerlo sotto controllo. Come sostengono Lemley e Wansley sul New York Times, le grandi aziende tecnologiche hanno imparato a cooptare le startup promettenti prima che possano diventare una minaccia seria, preservando così il proprio dominio sul mercato;
  • Terzo, il modo in cui le alleanze Big Tech-AI possono influenzare i prezzi è attraverso lo scambio di informazioni sensibili. Condividendo dati sui prezzi e sulle strategie commerciali, le aziende coinvolte possono coordinare le proprie azioni in modo da limitare la concorrenza e aumentare i profitti. Questo tipo di collusione, seppur più difficile da provare, può essere altrettanto dannoso per i consumatori. Le autorità antitrust dovrebbero valutare attentamente queste alleanze per identificare eventuali segnali di comportamenti anti-competitivi e adottare le misure necessarie per tutelare il mercato
  • Le alleanze Big Tech-AI possono portare a pratiche discriminatorie che limitano la concorrenza. Un’azienda dominante potrebbe sfruttare la sua partnership per indurre una startup a rifiutare di fornire i propri prodotti o servizi a determinati concorrenti. Questa discriminazione commerciale può indebolire significativamente la posizione competitiva dei rivali e consentire all’azienda dominante di aumentare i propri profitti a scapito dei consumatori. Ad esempio, Amazon potrebbe impedire ad Anthropic di vendere i suoi modelli di linguaggio a un nuovo entrante nel mercato dei marketplace, limitando così le opzioni disponibili per gli utenti;
  • Le alleanze con le startup AI possono creare dipendenze tecnologiche che rafforzano la posizione dominante delle Big Tech. Immaginiamo che Meta acquisisca una startup che sviluppa un motore di ricerca visiva particolarmente avanzato. Questo strumento potrebbe diventare indispensabile per i servizi di e-commerce e pubblicità online. Limitando l’accesso a questa tecnologia ai concorrenti, Meta potrebbe creare una dipendenza che le consentirebbe di aumentare i prezzi dei propri servizi o di imporre condizioni commerciali sfavorevoli;
  • Infine, le alleanze tra Big Tech e startup AI possono perfino avere conseguenze negative per i lavoratori altamente qualificati. La concentrazione del potere contrattuale nelle mani di poche aziende può limitare le opportunità di carriera e ridurre la capacità dei lavoratori di negoziare salari e benefit equi. In questo modo, si rischia di creare un mercato del lavoro a due velocità, in cui i lavoratori altamente specializzati sono sottoposti a una maggiore pressione e hanno meno tutele.

Politiche antitrust e amministrazione Trump

Le politiche antitrust potrebbero cambiare significatamene con l’amministrazione Trump. Da una parte Lina Khan è stata elogiata per una parte delle sue politiche anche dal nuovo vicepresidente dell’amministrazione Trump ma dall’altra Trump ha nominato Andrew Ferguson quale sostituto della Khan. Alcuni commentatori pensano che la nuova linea dell’amministrazione Trump sarà in continuità alla precedente formalmente ma nei fatti più ammorbidita.

Analisi economica dell’investimento nelle startup AI

Una volta chiarito il perché le big tech abbiano tanto interesse ad investire nelle startup (spesso pur avendo competenze interne) di AI possiamo cercare di capire se queste sono sostenibili economicamente malgrado l’enorme afflusso di denaro che viene investito su di esse.

OpenAI: dati finanziari e sfide economiche

L’azienda di cui possediamo più dati è OpenAI che è anche il leader di mercato indiscusso del settore. Tutti i benchmark hanno come riferimento i modelli OpenAI e le iniziative del leader diventano il riferimento per comprendere cosa fanno i diretti concorrenti.

OpenAI ha recentemente portato a termine un finanziamento di 6,6 miliardi di dollari con una valutazione di 157 miliardi di $. Sono numeri enormi e meritano attenzione.

Vediamo in maggior dettaglio quali sono i numeri. Si sa che OpenAI è già stata finanziata da 13 miliardi di dollari da parte di Microsoft, che tuttavia non sono in denaro ma in crediti cloud. Il che significa che Microsoft non ha direttamente versato denaro ma ha messo a disposizione di OpenAI la infrastruttura tecnologica di Azure anche se ad un prezzo di favore. Per questo investimento Microsoft si è assicurata l’uso gratuito di tutte le tecnologie sviluppate da OpenAI prima della cosiddetta AGI ( Intelligenza Artificiale Generale), che ad oggi appare sempre più fantascienza che scienza, il 75% degli utili che OpenAI dovesse fare (e anche questi non sembrano imminenti) dopo di ché, una volta ripagato l’investimento iniziale, Microsoft deterrà il 49% di OpenAI (trasformata per quel tempo in una private company).

Dal punto di vista delle entrate OpenAI stima di incassare a fine 2024 circa 3,7 miliardi di dollari (in aumento del 1.700% rispetto all’inizio del 2023, pochi mesi dopo l’uscita di ChatGPT) mentre nel 2025 stima di incassare 11,6 miliardi di $. Circa il 300% in più in un anno.

Gli utenti paganti di ChatGPT sono circa 10 milioni e spendono 20$ al mese, OpenAI aumenterà questo canone fino ad arrivare a 44dollari/mese entro cinque anni, contemporaneamente è uscita una versione ChatGPT Pro a 200$/mese.

Le entrate da parte delle aziende (con uso di API) sono circa 1 miliardo di dollari, per cui se aggiungiamo 2,7 miliardi di dollari da utenti finali abbiamo una fotografia del 2024.

OpenAI prevede poi nel 2029 di arrivare a fatturare 100 miliardi annui, per avere una idea circa come la Nestlé mentre Microsoft fattura 250 miliardi, Google 300 e Apple 400 miliardi l’anno. Quelle di OpenAI sembrano stime un po’ troppo ottimistiche.

I costi di OpenAI sono per quest’anno di 5 miliardi di dollari (che non comprendono il pagamento dei compensi azionari ai dipendenti e altre spese non chiare nei documenti), praticamente con i numeri attuali per guadagnare 1 dollaro ne spende 2,35 ma potrebbe essere anche peggio perché alcuni costi non sono chiari.

Facendo due conti sommari, affinché OpenAI raggiunga il fatturato stimato nel 2025 di 11,6 miliardi dovrebbe spendere, con la struttura di costi attuali, 27,6 miliardi di dollari. Anche se dimezzasse i suoi costi avrebbe più di 13 miliardi di costi e sarebbe un bel record anche perché per aumentare la base pagante dovrebbe mantenere tutti gli utenti che non lascerebbero con l’aumento previsto dei costi e in più gli utenti paganti sono una percentuale ridotta di quelli gratuiti che comunque gravano sui costi. Per cui aumentando anche i gratuiti aumenterebbero di conseguenza i costi “a perdere”.

Il costo di addestramento di GPT-4 è costato 100 milioni di dollari, non è noto il costo di GPT-4o ma il CEO di Antrophic Dario Amodei stima che i costi di addestramento salgano nei prossimi due o tre anni esponenzialmente in pochi anni sino a 10 o 100 miliardi costituendo una “zavorra” pesante per i conti di OpenAI (e non solo).

Limitazioni dei grandi modelli AI

Oltre a questo, si è visto che modelli sempre più grandi non stanno dando performance così migliori rispetto ai precedenti. L’ultimo modello GPT-4o non ha performance molto migliori rispetto ai precedenti malgrado l’aumento dei dati, della potenza di calcolo e il lavoro sull’”algoritmo” stesso. Il salto che c’è stato da GPT-3.5 a GPT-4 non c’è tra il 4 e il 4o. C’è un problema di plateau che si sta verificando, Yann LeCun, Capo dell’AI di Meta, lo ha affermato recentemente su linkedin riferendosi ad un articolo di Reuters. In particolare, si fa riferimento ad una legge tacita di scalabilità che finora era accettata da tutti e prevede che aumentando i dati di addestramento, la capacità hardware e gli algoritmi[3] si poteva arrivare a capacità sempre maggiori. I risultati non stano andando in questa direzione o almeno sono emersi diverse difficoltà a praticare questa strada, datacenter sempre più grandi consumerebbero quantità inimmaginabile di energia (si parla di centrali nucleari dedicate), i dati disponibili in modo lecito su internet stanno per finire (i dati nuovi), le architetture di reti ad oggi sono quelle (stanno emergendo nuove architetture ma ancora non sono significativamente utilizzabili).

Nuove tecniche di training e sfide per i modelli proprietari

La novità importante dell’ultimo anno sono le tecniche di training sempre più di precisione, ovvero sempre meno dati e modelli più piccoli ma con dati estremamente più di qualità e sintetizzati[4] spesso con l’AI stessa. Ovvero modelli di AI che vengono utilizzati per generare dati per l’addestramento di modelli più piccoli e più efficienti. Ma se questa è la strada più promettente è anche un vero pericolo per il modello di business dei modelli proprietari alla OpenAI.

Concorrenza e modelli open source

Antrophic ha problemi simili ma con costi e vincoli minori.

Ora per sostenere questo modello è necessario che i clienti trovino delle forti convenienze nell’usare questi modelli proprietari rispetto a tutto il resto per consentire di poter fissare dei prezzi (come prevede OpenAI) che possano consentire di avere un ritorno importante. Per ora l’unico ritorno degli investitori è quello di partecipare ad una impresa che ha una valutazione sempre più gonfiata (sperando di monetizzare la exit) o di poter “metter bocca” sulla direzione che intraprende OpenAI.

Sul fronte della concorrenza vediamo che Microsoft contemporaneamente da una parte utilizza gratuitamente la tecnologia OpenAI e dall’altra sforna modelli open source che sono sempre più competitivi con quelli di OpenAI e Antrophic.

Problemi di sostenibilità del modello economico

Il modello economico di OpenAI e Antrophic, con questi numeri, ad oggi non è sostenibile, probabilmente non falliranno ma certo sarà complicato arrivare a degli utili sostenibili senza cambiare modello di business.

Un problema ce l’ha anche Microsoft stessa che ad oggi con il suo Copilot che secondo “the information” vende ad una forbice tra lo 0,1% e l’1% della base di utenti Microsoft 365 ad una cifra di circa 30$ più i costi del canone 365. Tuttavia, sempre the information, sostiene che il ritorno per gli utenti è molto scarso e i costi diventano alti per le funzionalità offerte e per le infrastrutture necessarie ad erogare il servizio. I costi dell’inferenza dei modelli sono importanti (a meno di non cambiare approccio con modelli più piccoli) e anche la spinta di Nadella a portare Microsoft a 500 miliardi di $ nel 2030 non consentono di riportare i costi dell’AI ad un livello più accettabile per i clienti di Microsoft.

Competizione dell’open source e sostenibilità

Tutto questo accade mentre il mondo “open source” continua a sfornare modelli sempre più competitivi in termini di qualità, efficienza e costi. Nell’ultimo anno modelli sempre più piccoli ed efficienti hanno benchmark sempre più vicini o addirittura superiori a quelli di OpenAI che sono il riferimento per tutti. Inoltre, tecniche di fine-tuning sempre più efficienti sono alla portata di sempre più persone consentendo di avere a disposizione modelli in grado di fare la gran parte delle cose necessarie ad un’azienda senza doversi legare a costi di API e rischi di perdere informazioni preziose dell’azienda con il tracciamento che i modelli in cloud fanno delle richieste.

Modelli cloud centrico e alternative

Questa pressione di modelli open source o di SLM che vengono distribuiti su licenza ma vengono installati presso il cliente o il pc del singolo utente va a erodere ancora di più il modello di business dei grandi modelli cloud centrici. Apple ha intenzione di distribuire sui singoli notebook dei modelli AI in grado di funzionare anche sconnessi dalla rete, presto troveremo modelli simili perfino nei cellulari.

Il modello cloud-centrico di OpenAI e simili sarà sempre meno conveniente, in più crea una dipendenza economica non indifferente con tariffe cloud che saranno sempre più dettate dal ritorno dell’investimento a chi ha rischiato di investire sulle startup di AI anziché sul valore al cliente. Il cliente rischia di essere sempre più spesso soggetto da cui estrarre valore anziché soggetto a cui dare valore in cambio di una remunerazione dei costi e di un giusto profitto.

Sostenibilità dei modelli open source

Con questa economics, dovremmo dare per morto il modello cloud centrico dell’AI, in realtà probabilmente non sarà così. Ci saranno sempre aziende che andranno verso l’uso del cloud, soprattutto le piccole che non troveranno conveniente portarsi a casa SLM. Quelle più “furbe” magari compreranno soluzioni che prevedono istanze cloud nelle quali ci saranno modelli SLM e magari applicazioni da utilizzare ma la dipendenza dai servizi cloud non finirà presto.

Dall’altra parte anche i modelli “open source” hanno problemi di sostenibilità, ad oggi troviamo una grande offerta gratuita e una parte di SLM disponibili in forma gratuita solo per un uso non commerciale mentre per un uso commerciale è previsto un costo di licenza. D’altra parte, creare modelli ha comunque un costo e chi lo sostiene deve essere remunerato anche per far in modo che continui il suo lavoro. Nel software open source spesso ci sono dei finanziatori come fondazioni (non di rado fondazioni legate alle big tech) o anche delle raccolte fondi volontarie da parte degli utenti.

Considerazioni finali sulla finanza e l’innovazione

Nella scelta degli LLM o SLM da utilizzare non si può prescindere anche da una analisi economica, sia per evitare di rimanere “incastrati” in una struttura di costi esorbitante[5] e insostenibile o si utilizzare SLM che potrebbero rischiare di non essere più portati avanti da chi li ha realizzati.

Infine, rimane una considerazione generale sulla finanza delle tecnologie che spesso spinge aziende e tecnologie generando hype sempre più insostenibili e gonfiati. Sull’AI la Cina investe un terzo degli USA come riportano gli organi di stampa ma genera 38.000 brevetti contro i 6.276 degli USA. Ora, la Cina rimane indietro su molte tecnologie e non è così automatico che un numero maggiore di brevetti significhi un vantaggio maggiore ma certo è un segnale che forse in occidente accanto agli investimenti giusti c’è una dispersione di risorse economiche più dettata dai moltiplicatori finanziari che dalla reale capacità di fornire risorse a chi crea innovazione. Una cosa che nell’ultimo decennio si è accentuata.

Note

  1. https://www.startmag.it/innovazione/openai-altman-finanziatori/#:~:text=Sono%20diversi%20i%20big%20che,Altimeter%20Capital%2C%20Fidelity%20e%20MGX.

2. https://www.wired.it/article/anthropic-google-investe-2-miliardi-openai-claude-2-chatgpt/
https://www.hwupgrade.it/news/web/amazon-pompa-altri-4-miliardi-di-dollari-in-anthropic-rivale-di-openai_133062.html

3. In realtà più che algoritmi in questo caso dovremmo intendere l’architettura della rete neurale e le capacità dei “trasformer” che sono architetture di reti neurali utilizzate dagli LLM. Diciamo algoritmo per semplificare il concetto ma bisogna tenere ben da conto la differenza tra una sequenza di operazioni per eseguire un compito (algoritmo) e una architettura neurale che viene addestrata e che non impara una sequenza di operazioni per arrivare al risultato ma il pattern che dato un input prevede un dato output con una certa approssimazione e imprecisione.

4. Per dati sintetizzati si intende che si chiede a modelli LLM già in uso di produrre dati di training per casi di uso nuovi da utilizzare per il training dei nuovi modelli. Questo approccio si è visto che funziona anche se a lungo termine potrebbe portare una sempre minore varietà rispetto ai dati reali e ad un training costruito sempre di più sulla base del comportamento di LLM e meno dell’uomo, ma questo è un altro tema.

5. L’uso di modelli in cloud su un grande numero di utenti possono dar luogo a costi ricorsivi molto importanti, tali da rendere l’utilizzo dell’AI un costo insostenibile rispetto ai benefici nei processi organizzativi

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Iniziative
Analisi
Social
Video
Agevolazioni
A febbraio l’apertura dello sportello Mini Contratti di Sviluppo
Quadri regolamentari
Nuovi Orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate di costo
Coesione
Nuovo Bauhaus Europeo (NEB): i premi che celebrano innovazione e creatività
Dossier
Pubblicato il long form PO FESR 14-20 della Regione Sicilia
Iniziative
400 milioni per sostenere lo sviluppo delle tecnologie critiche nel Mezzogiorno
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalle aule al mondo del lavoro, focus sui tirocini della Scuola d’Arte Cinematografica
TRANSIZIONE ENERGETICA
Il ruolo del finanziamento BEI per lo sviluppo del fotovoltaico in Sicilia
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalla nascita ai progetti futuri, focus sulla Scuola d’Arte Cinematografica. Intervista al coordinatore Antonio Medici
MedTech
Dalla specializzazione intelligente di BionIT Labs una innovazione bionica per la disabilità
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Agevolazioni
A febbraio l’apertura dello sportello Mini Contratti di Sviluppo
Quadri regolamentari
Nuovi Orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate di costo
Coesione
Nuovo Bauhaus Europeo (NEB): i premi che celebrano innovazione e creatività
Dossier
Pubblicato il long form PO FESR 14-20 della Regione Sicilia
Iniziative
400 milioni per sostenere lo sviluppo delle tecnologie critiche nel Mezzogiorno
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalle aule al mondo del lavoro, focus sui tirocini della Scuola d’Arte Cinematografica
TRANSIZIONE ENERGETICA
Il ruolo del finanziamento BEI per lo sviluppo del fotovoltaico in Sicilia
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalla nascita ai progetti futuri, focus sulla Scuola d’Arte Cinematografica. Intervista al coordinatore Antonio Medici
MedTech
Dalla specializzazione intelligente di BionIT Labs una innovazione bionica per la disabilità
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 4