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La filiera italiana della space economy: un ecosistema completo



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L’Italia possiede una filiera spaziale completa, dalla costruzione di razzi ai servizi satellitari. Con oltre 400 imprese coinvolte e investimenti pubblici record di 7 miliardi, la space economy italiana punta a consolidare la leadership europea in un mercato destinato a superare i 1000 miliardi

Pubblicato il 10 nov 2025

Paolo Colombo

Senior Director Aerospace and Defence Strategic Initiatives and Ecosystem



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L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo a disporre di una filiera spaziale completa, che va dalla progettazione e costruzione di razzi e satelliti (upstream) fino ai servizi e applicazioni derivati dai dati spaziali per gli utenti finali (downstream). In mezzo c’è tutto ciò che consente alle attività spaziali di funzionare: centri di controllo a terra, piattaforme di lancio, reti di telecomunicazioni dedicate, sistemi di trasporto dei payload e infrastrutture per la loro preparazione al volo.

Questo ecosistema integrato è strategico non solo per l’economia nazionale — con oltre 400 imprese coinvolte nella space economy italiana — ma anche per la sicurezza e l’autonomia tecnologica del Paese. Lo spazio, infatti, abilita servizi essenziali come la navigazione satellitare, le comunicazioni e l’osservazione della Terra, che oggi sono fondamentali anche per la gestione dell’energia, dei trasporti, dell’agricoltura di precisione, della sicurezza ambientale e della prevenzione di eventi catastrofici.

La filiera attuale è composta da pochi grandi player consolidati, spesso a partecipazione statale, e da una rete di PMI innovative e start-up in rapida crescita. Gruppi come Leonardo, Thales Alenia Space, Avio e Telespazio costituiscono l’ossatura industriale nazionale, coprendo l’intero spettro delle attività spaziali: dai lanciatori ai satelliti, dalla componentistica critica ai servizi satellitari e ai centri di controllo. Accanto a questi colossi, l’Italia vanta oltre 250 aziende “core” interamente dedicate allo spazio, distribuite in tredici distretti tecnologici regionali federati nel CTNA (Cluster Tecnologico Nazionale Aerospaziale).

Completano il panorama le università e i centri di ricerca di eccellenza: i Politecnici di Milano e Torino, l’Università La Sapienza di Roma, la Federico II di Napoli, il CNR e il CIRA (Centro Italiano Ricerche Aerospaziali). A queste istituzioni si affiancano le agenzie spaziali, ASI (Agenzia Spaziale Italiana) ed ESA (Agenzia Spaziale Europea), che a Frascati ospita il principale centro europeo per l’osservazione della Terra.

Un mercato in espansione e una nuova legge quadro

Avere competenze domestiche in questi ambiti significa poter partecipare da protagonisti a un mercato globale in rapidissima espansione, stimato in 480 miliardi di dollari nel 2024 e destinato, secondo previsioni internazionali, a superare i 1000 miliardi entro il 2040.

Negli ultimi anni, il Governo italiano ha moltiplicato gli sforzi per sostenere la crescita della space economy, riconoscendone il valore come volano industriale e strategico. Una delle tappe fondamentali di questo percorso è stata, nel 2024, l’approvazione della prima legge quadro nazionale sulla Space Economy: un vero strumento abilitante che definisce ruoli chiari e introduce una cornice regolatoria stabile.

La legge assegna all’ASI funzioni di vigilanza tecnica e la gestione del registro nazionale degli oggetti spaziali, stabilisce procedure di autorizzazione per operatori privati, e istituisce un fondo pluriennale di 150 milioni di euro per co-finanziare progetti innovativi e start-up del settore. Si tratta di un passo decisivo che allinea l’Italia a Paesi come la Francia e il Regno Unito, anticipando la Germania e ponendo le basi per un futuro regolamento europeo sullo spazio.

Per gli imprenditori, questa novità normativa significa poter operare in un ambiente più trasparente e prevedibile, con regole chiare su permessi, assicurazioni, registrazione dei satelliti e responsabilità in orbita. Un contesto che può attirare nuovi investitori, anche esteri, e rafforzare la competitività delle imprese italiane.

Investimenti record e leadership europea

L’Italia conferma la propria presenza di primo piano nel panorama spaziale europeo. Siamo il terzo contributore dell’ESA, con circa 700 milioni di euro all’anno (pari al 18% del budget complessivo dell’Agenzia), e abbiamo inserito la politica spaziale tra le priorità del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Francia e Germania restano i giganti europei del settore: Parigi eccelle nei lanciatori pesanti (Ariane) e nei programmi di difesa spaziale, mentre Berlino si distingue per la sua solida rete di imprese meccaniche ed elettroniche e per i nuovi piccoli lanciatori privati. L’Italia, pur con risorse leggermente inferiori, possiede aree di leadership riconosciute a livello mondiale, come i lanciatori leggeri Vega, i radar satellitari e i moduli pressurizzati per missioni internazionali.

Tra il 2021 e il 2027, oltre 7 miliardi di euro pubblici confluiranno nel settore spaziale italiano, una cifra senza precedenti. L’obiettivo strategico è duplice: potenziare l’autonomia nazionale in settori critici come osservazione della Terra, comunicazioni governative e sorveglianza spaziale, e al tempo stesso stimolare innovazione, occupazione e competitività industriale.

Il progetto più emblematico di questa nuova stagione è la costellazione IRIDE, destinata all’osservazione della Terra e sviluppata interamente da aziende italiane. Secondo SACE, ogni nuovo posto di lavoro nel comparto spaziale genera in media altri quattro occupati nell’indotto, tra supply chain e servizi correlati. Ciò significa che l’impatto economico di questo investimento va ben oltre la sola industria aerospaziale, alimentando un ecosistema tecnologico di ampio respiro.

In parallelo, il Governo e l’Unione Europea stanno lavorando per integrare le esigenze di sicurezza nazionale con lo sviluppo industriale, promuovendo programmi dual-use, in cui fondi della difesa contribuiscono alla crescita di tecnologie utilizzabili anche commercialmente. Un esempio concreto è la nuova generazione di satelliti radar duali (eredi di COSMO-SkyMed), che serviranno sia per scopi militari sia civili, come la protezione civile o il monitoraggio del territorio.

Inoltre, la partecipazione italiana al Fondo Europeo della Difesa (EDF) consente alle PMI di accedere a progetti collaborativi in cui, ad esempio, un sensore sviluppato per un drone militare può trovare applicazione anche in ambito civile. Alcuni think tank, come Eurispes, propongono perfino di estendere le agevolazioni fiscali previste per la difesa — come l’esenzione IVA — anche ai programmi spaziali, per rendere ancora più conveniente investire in tecnologie duali.

Innovazione digitale, AI e industria 4.0

La trasformazione digitale è oggi un pilastro imprescindibile della nuova space economy. L’adozione di strumenti di progettazione digitale, intelligenza artificiale e automazione avanzata sta cambiando profondamente i processi di ricerca, sviluppo e produzione.

Un esempio virtuoso arriva dal Distretto Aerospaziale Campano (DAC), che ha stretto un accordo con la multinazionale americana Altair, oggi parte di Siemens Digital Industries, per promuovere la diffusione dei digital twin tra le PMI associate. Grazie a questi modelli virtuali, le aziende possono simulare il comportamento di un satellite o di un componente in vari scenari, individuando criticità prima della costruzione fisica e riducendo drasticamente tempi e costi di sviluppo.

L’additive manufacturing (stampa 3D) rappresenta un’altra rivoluzione in atto. Avio ha realizzato con successo camere di combustione per razzi mediante stampa 3D metallica, mentre numerosi fornitori italiani producono componenti alleggeriti e strutture complesse per satelliti e velivoli. L’integrazione di robotica, sensoristica IoT e automazione industriale consente di aumentare la qualità dei prodotti e i volumi produttivi, migliorando la competitività di tutta la filiera, comprese le PMI subfornitrici.

Parallelamente, l’intelligenza artificiale e i Big Data spaziali stanno aprendo nuovi orizzonti. In orbita, gli algoritmi di machine learning permettono ai satelliti di prendere decisioni autonome, riconoscendo le immagini più rilevanti e scaricando solo quelle, così da ottimizzare l’uso della banda e reagire più rapidamente a eventi come incendi o disastri naturali. A terra, piattaforme digitali integrano dati provenienti da diverse fonti — satelliti, sensori, archivi storici — per fornire servizi avanzati in numerosi settori: dal monitoraggio infrastrutturale alla logistica, dall’agricoltura di precisione alle assicurazioni.

Anche sul fronte normativo, l’Europa sta creando le condizioni per un’innovazione digitale etica e sostenibile. Il recente AI Act europeo (2024) definisce regole e principi per l’uso responsabile degli algoritmi anche in ambito spaziale, mentre il programma DestinE – Destination Earth mira a creare un gemello digitale del pianeta, una piattaforma su cui costruire nuovi servizi ambientali, climatici e industriali. L’Italia è parte attiva di questi programmi e può beneficiare di ricadute tecnologiche significative.

Le sfide da affrontare

Nonostante le prospettive incoraggianti, il cammino non è privo di ostacoli. L’Italia soffre ancora di nanismo e frammentazione industriale: troppe PMI lavorano in modo isolato, non fanno sistema e faticano a essere competitive nelle gare europee o a partecipare ai bandi di finanziamento, che spesso restano inutilizzati.

A questa debolezza strutturale si aggiunge la mancanza di un ecosistema di Venture Capital solido e la lentezza burocratica, che scoraggia gli investitori privati. Di conseguenza, una parte del capitale umano formato dalle università italiane — oggi sempre più orientate a fornire competenze in digital transformation e sostenibilità — finisce per cercare opportunità all’estero.

Eppure, le opportunità per invertire la rotta sono enormi. L’Italia dispone di una base industriale qualificata, di risorse umane di eccellenza e di una creatività ingegneristica riconosciuta nel mondo. I fondi del PNRR, i programmi dell’ESA e dell’Unione Europea, insieme alle nuove regole introdotte dalla legge quadro, offrono un terreno fertile per crescere. Ma serve una strategia condivisa, la capacità di fare rete e la volontà di investire nelle competenze e nelle tecnologie abilitanti.

La corsa allo spazio è già iniziata, e l’Italia ha le carte in regola per essere tra i protagonisti. Sta a noi saperle giocare con visione, coordinamento e coraggio.

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