decreto direttiva copyright

Riforma del diritto d’autore e nuovi poteri di Agcom: cosa cambia e prossimi step

Il ruolo di Agcom costituisce una delle principali novità introdotte dal d.lgs.177/2021 che ha implementato la direttiva Ue Copyright e ciò non solo per le relative conseguenze pratico-giuridiche, ma anche per la decisa virata in senso amministrativistico dell’intero comparto del diritto d’autore. Vediamo le novità

Pubblicato il 26 Gen 2022

Simona Lavagnini

avvocato, partner LGV Avvocati

direttiva dsm

Il decreto-legge che ha implementato la direttiva Copyright Digital Single Market (2019/790), ha sostanzialmente riformato il diritto d’autore online, prevedendo nuovi diritti per gli editori, nuove responsabilità per le piattaforme, nuovi istituti come le licenze collettive estese, tutti in vario modo assoggettati ai nuovi ampi poteri conferiti all’Autorità Garante delle Comunicazioni (Agcom).

È proprio il ruolo di Agcom disegnato dal d.lgs. 177/2021 a costituire dunque una delle principali novità introdotte in sede di attuazione nazionale della direttiva 2019/790, e ciò non solo per le relative conseguenze pratico-giuridiche, ma anche per la decisa virata in senso amministrativistico dell’intero comparto del diritto d’autore online.

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Le nuove funzioni e competenze Agcom

Ad Agcom vengono infatti devolute competenze ampie ed eterogenee, da una parte qualificandola come ente “legificante” (nella misura in cui essa è chiamata ad elaborare linee guida, parametri di riferimento, norme procedurali), dall’altra parte attribuendole funzioni di assistenza negoziale o di “mediazione” (con l’obiettivo di favorire l’accordo fra le parti), e dall’altra parte ancora come ente giudicante, cui viene conferito il potere di decidere su ricorsi proposti da parti private in materia di violazione di diritti esclusivi di primaria importanza, come i diritti d’autore ed i diritti all’espressione ed alla informazione.

Fra le nuove funzioni si possono citare in particolare – inter alia –

  • quelle in materia di equo compenso per gli editori, introdotte ex art. 43bis l.a., in base alle quali Agcom dovrà emanare un regolamento per l’individuazione dei criteri di riferimento per l’individuazione dell’equo compenso; se poi entro trenta giorni dalla richiesta di avvio del negoziato di una delle parti interessate non è raggiunto un accordo sull’ammontare del compenso in questione, ciascuna delle parti potrà rivolgersi all’Autorità, la quale entro sessanta giorni dalla richiesta indicherà quale delle proposte economiche formulate è conforme ai criteri oppure, qualora non reputi conforme nessuna delle proposte, indicherà d’ufficio l’ammontare dell’equo compenso; ancora, i prestatori di servizi sono obbligati a mettere a disposizione, su richiesta di Agcom (o della parte interessata), i dati necessari a determinare la misura dell’equo compenso; l’Autorità vigilerà sull’adempimento dell’obbligo di informazione e, in caso di mancata comunicazione dei dati entro trenta giorni dalla richiesta, applicherà una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del soggetto inadempiente fino all’uno per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione;
  • le funzioni relative alle piattaforme online di contenuti user generated, dal momento che ex artt. 102sexies e ss. l.a. l’Autorità dovrà adottare le linee guida sui meccanismi di reclamo per la contestazione della decisione da parte della piattaforma di disabilitazione di specifiche opere o altri materiali caricati dagli utenti; la decisione adottata dal prestatore a seguito del reclamo potrà poi essere contestata con ricorso presentato all’Autorità, secondo le modalità da essa stessa definite tramite regolamento;
  • le funzioni in materia di sfruttamento delle opere audiovisive su servizi di video on demand, grazie alle quali Agcom fornirà assistenza nella gestione di negoziazioni per le licenze, anche con riferimento alla determinazione del compenso dovuto;
  • i poteri nell’ambito dei rapporti contrattuali tra autori ed artisti e loro aventi causa, che permetteranno ad Agcom di vigilare sugli obblighi di informazione, con la facoltà di imporre una sanzione amministrativa in caso di inadempienza, fino all’1 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione; inoltre, per la risoluzione delle controversie aventi ad oggetto gli obblighi di trasparenza di cui all’articolo 110-quater l.a. (sfruttamento delle opere) e il meccanismo di adeguamento contrattuale di cui all’articolo 110-quinques l.a. (remunerazione ulteriore), ciascuna delle parti potrà rivolgersi ad Agcom, che risolverà la controversia nel termine di novanta giorni, in conformità a quanto stabilito da apposito regolamento;
  • nonché, infine, i poteri relativi alle collecting e al settore delle licenze collettive estese, in cui Agcom viene demandata ad emanare il regolamento che dovrà definire i criteri per la determinazione della maggiore rappresentatività degli organismi di gestione collettiva del settore, nonché le misure di pubblicità volte ad informare della possibilità di concedere le licenze.

I dubbi sulla “tenuta” dell’Agcom

Il conferimento dei sopra descritti poteri pone una serie di quesiti, da quelli più pragmatici, relativi alla “tenuta” dell’Autorità in un contesto di forte potenziamento dei suoi doveri, senza che vi sia stata una riqualificazione ed un ampliamento delle relative risorse, fino a quelli relativi alla legittimità ed alla legalità di una simile estensione dei poteri attribuiti ad un’autorità amministrativa, in settori peraltro particolarmente delicati, fra cui soprattutto quello relativo alla composizione dei conflitti fra titolari dei diritti e utenti della rete nel contesto della pubblicazione di contenuti user generated sulle piattaforme online.

Un altro profilo problematico concerne la circostanza che Agcom svolge contemporaneamente funzioni diverse che richiedono competenze opposte ed in potenziale conflitto fra di loro. Qui basti un esempio per tutti: si è detto che l’art. 43bis l.a. dispone l’emanazione – entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 177/2021 – di un regolamento da parte di Agcom per individuare i criteri di riferimento per la determinazione dell’equo compenso dovuto agli editori. In questo frangente Agcom esercita un potere normativo, destinato ad individuare i parametri che le parti dovranno tenere in considerazione – insieme ad altri elementi eventuali – per negoziare i propri accordi di licenza. Successivamente, la norma prevede che nel caso di mancato raggiungimento di un accordo fra le parti, ciascuna di queste avrà la facoltà di adire Agcom, fermo restando il diritto (dell’altra parte) di agire avanti alle Corti ordinarie. Entro sessanta giorni Agcom dovrà chiudere la procedura, anche determinando d’ufficio l’ammontare dell’equo compenso (con un potere giudicante). Ove anche in tal caso non sia possibile arrivare ad un accordo, ciascuna parte potrà adire le Sezioni specializzate dei Tribunali competenti (anche ai sensi dell’art. 9 l. 192/1998 sull’abuso di dipendenza economica).

Nel mentre, Agcom potrà richiedere informazioni dai prestatori di servizi utili per determinare il compenso e sanzionare coloro che non adempiano alla richiesta (qui si tratta dell’esercizio di un potere contemporaneamente di investigazione ex officio e sanzionatorio).

Verso l’amministrativizzazione del diritto d’autore?

È ben vero che rimane il diritto di ciascuno di rivolgersi all’organo giurisdizionale, ma non può sfuggire come in concreto vi possa essere una certa compressione del perimetro delle libertà e dei diritti delle parti private, che potrebbero arrivare alla causa civile con alcune delle loro opzioni difensive in parte ridotte o comunque limitate. La ratio alla base delle scelte legislative appare fondata sulla peculiarità del mondo online, in cui è necessario intervenire in modo capillare, veloce e a costi ridotti: basti pensare alla mole delle possibili violazione che potrebbero essere oggetto di conflitto su di una piattaforma online, al numero di utenti coinvolti ed agli importi spesso minimi di ciascun caso. È evidentemente impensabile che la giurisdizione ordinaria possa occuparsi di tutte queste controversie, ed è per questo che si è progressivamente ritenuto (non solo in Italia) che l’intervento amministrativo fosse la soluzione più consigliabile. Nel nostro Paese la tendenza verso l’amministrativizzazione del diritto d’autore è in corso da ormai vent’anni, a partire dal conferimento di poteri di vigilanza ad Agcom, oltre che a SIAE (art. 182bis l.a., introdotto dalla l. 248/2000). Da allora si è assistito ad una sostanziale erosione e/o abolizione dei poteri pubblicistici precedentemente conferiti a SIAE (prendendosi evidentemente atto della sua natura di parte privata), e ad un crescente incremento dei poteri conferiti ad Agcom.

I problemi del Regolamento Agcom sul diritto d’autore

La tappa cruciale di questo percorso si è avuta con l’adozione da parte di Agcom del “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70” (delibera n. 680/13/CONS).

Il regolamento, come noto, è stato immediatamente impugnato, facendosi leva soprattutto sulla asserita mancata osservanza dei principi di legalità e di riserva di legge, sul presupposto che la normativa primaria non attribuisse all’Autorità, in materia di tutela del diritto d’autore online, alcuna chiara potestà di regolazione, né tanto meno specifici poteri inibitori e sanzionatori. Dopo la remissione da parte del Tar Lazio (ordinanze 10016 e 10020 del 26 settembre 2014) della questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale, che ne dichiarava la inammissibilità (sentenza n. 247/2015), il Consiglio di Stato riteneva compatibile con il principio di legalità la funzione para-normativa esercitata da Agcom, ma giudicava illegittima la previsione regolamentare di sanzioni pecuniarie in assenza di una circostanziata base legislativa (sentenza 4993/2019).

Il problema veniva risolto con la legge 77/2020 la quale, convertendo il d.l. 34/2020, introduceva espressamente il potere sanzionatorio in capo all’Autorità. Nel mentre, e prendendo atto delle criticità sollevate nel contesto dell’impugnazione del regolamento Agcom, il d.lgs. 167/2017 aveva anche finalmente espressamente disciplinato il potere regolamentare di Agcom nello specifico ambito del diritto d’autore online, stabilendo che l’Autorità, su istanza dei titolari dei diritti, può ordinare in via cautelare ai prestatori di servizi di porre fine immediatamente alle violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi, qualora le violazioni medesime risultino manifeste sulla base di un sommario apprezzamento dei fatti e sussista la minaccia di un pregiudizio imminente, e irreparabile per i titolari dei diritti. Le vicende normative e giurisprudenziali che si sono concluse con il definitivo riconoscimento di legittimità del regolamento Agcom per la tutela del diritto d’autore online hanno quindi probabilmente costituito la premessa per il conferimento ad Agcom di ulteriori poteri, avvenuta con l’implementazione della direttiva 790/2019. In altre parole, ritenendosi definitivamente superate le questioni sollevate con il regolamento Agcom e la sua impugnazione, la scelta è stata quella di continuare, e continuare assai più incisivamente, sulla strada della devoluzione di poteri all’Autorità.

Così facendo si è però forse sottovalutato che l’ambito gestito dal regolamento sulla protezione del diritto d’autore online è finora rimasto tutto sommato relativamente circoscritto, dal momento che i conflitti decisi da Agcom sono caratterizzati dalla natura manifesta della violazione. In altre parole, si tratta di disabilitare contenuti palesemente in violazione, in quanto del tutto identici a quelli originali, caricati e/o utilizzati da soggetti chiaramente privi di ogni titolo (per intendersi, servizi di peer-to-peer abusivi, IPTV illegittime, etc.). Non è tuttavia esattamente questo l’ambito in cui si spinge l’implementazione della direttiva 2019/790. A tacer d’altro, e per rimanere nel contesto della gestione di conflitti tramite ricorso, ad Agcom è attribuito il potere di normare e poi di decidere i ricorsi che potranno essere sollevati dalle parti interessate (utenti/titolari dei diritti) all’esito di un reclamo per la disabilitazione di contenuti su piattaforme online, in alternativa rispetto al ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria.

Conclusioni

È presumibile che questi ricorsi riguardino situazioni diverse da quelle di violazione manifesta dei diritti, vertendosi ipoteticamente in casi di eccezioni come critica o parodia, con la conseguente necessità in taluni casi di svolgere attività istruttoria e di effettuare un delicato bilanciamento fra gli opposti interessi in campo, peraltro tutti di natura primaria.

Si potrebbero quindi riproporre i temi relativi alla compatibilità di questo tipo di modello con il principio di legalità, nonché con quello che prevede la separazione dei poteri, in relazione ad un organismo che non è inserito nel normale circuito di selezione, legittimazione e responsabilità proprio degli organi legislativo, esecutivo e giudicante.

Molto dipenderà dalle disposizioni che saranno in concreto adottate da Agcom in sede regolamentare, e sarà quindi cruciale vegliare sui prossimi passi per l’implementazione del sistema, a partire dalle consultazioni pubbliche che verranno lanciate da Agcom.

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