l’appello di volt

Perché l’IA deve essere una questione europea



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L’IA avrà un impatto profondo sulla nostra società. È pertanto necessario un approccio europeo coordinato, affinché l’Italia, l’Europa e il mondo possano sfruttare i benefici di questa rivoluzione, evitando i grandi rischi all’orizzonte. Ecco i trepilastri da cui partire per non rimanere spettatori

Pubblicato il 13 nov 2023



AI appello urgente

Nel corso dei prossimi decenni (e persino nel giro di pochi anni, secondo alcuni esperti) l’intelligenza artificiale ha il potenziale per rivoluzionare la nostra società, nel bene e nel male.

La rivoluzione in arrivo

Gli studi sul tema supportano delle previsioni molto forti, tra cui:

  • L’IA ha il potenziale per sviluppare capacità simili a quelle umane entro il 2042.
  • La diffusione dell’IA potrà far aumentare la produttività del lavoro fino al +37%, ma alcune stime indicano che fino al 90% delle persone potrebbe essere costretto a lasciare il proprio lavoro entro il 2035.
  • Le emissioni globali di gas serra potrebbero essere ridotte fino al 4% entro il 2030 grazie all’impiego innovativo dell’IA.
  • Riducendo il costo effettivo delle guerre, la spesa militare per l’IA potrebbe portare a un aumento dei conflitti armati. La spesa militare totale per l’IA è in aumento e si prevede che raggiungerà i 61 miliardi di dollari entro il 2027.
  • L’IA potrebbe addirittura portare all’estinzione dell’umanità.

Non è detto che tutte queste previsioni si avverino, ma ignorarne la possibilità sarebbe folle.

L’Italia e L’Europa rischiano di rimanere spettatrici

Per partecipare attivamente a questa rivoluzione e non subirne solo gli effetti passivamente, sono necessari enormi investimenti in risorse fisiche (chip e data center) e umane (sviluppatori, ricercatori e esperti).

Entrando nel dettaglio, lo sviluppo e il training di un modello “generalista” all’avanguardia, come GPT4 di OperAI, costa oltre 100 milioni di euro, ed è verosimile che i prossimi anni si arrivi a modelli che richiedono investimenti di diversi miliardi di euro.

Inoltre, la fornitura dei chip necessari al training dei modelli è difficilmente accessibile e viene influenzata da forti interessi geo-politici, come dimostra il blocco dell’export dei chip alla Cina. Il risultato è che solo poche aziende al mondo sono attualmente in grado di sviluppare modelli generalisti avanzati. Nessuna di queste aziende è europea, se si esclude il Regno Unito.

In questo contesto, un Paese medio-piccolo come l’Italia, peraltro storicamente poco incline ad investire in R&D, non può essere in grado di farcela da solo.

Per fortuna, facendo parte dell’Unione Europea, avremmo l’opportunità di unire le nostre risorse con quelle degli altri 26 Paesi membri e di formulare una strategia condivisa.

Finora l’Unione Europea si è mossa bene, e in anticipo rispetto al resto del mondo, in ambito di governance, con l’AI Act in corso di negoziazione, ma resta invece molto indietro rispetto a Stati Uniti, Cina e UK nell’ambito dello sviluppo di modelli di AI “generalisti” all’avanguardia.

Per questo ci soffermiamo su tre proposte concrete che aiuterebbero l’Italia e gli altri Stati membri dell’Unione Europea a diventare protagonisti nello sviluppo, sicuro, della IA.

Un Centro per la Ricerca europeo sull’IA (CERAI)

Come prima iniziativa, proponiamo di creare un’organizzazione europea per la ricerca sull’IA (CERAI), sul modello del CERN (l’organizzazione europea per la ricerca nucleare).

Si tratterebbe di un laboratorio internazionale di ricerca sull’IA finanziato dai Paesi membri dell’Unione Europea in cui ricercatori da tutta Europa, e non solo, potrebbero lavorare sia allo sviluppo di nuovi modelli avanzati di IA, sia alla sicurezza dell’IA.

Venendo finanziato (principalmente) con fondi pubblici, è verosimile che il CERAI possa dare maggior priorità alla sicurezza rispetto a quanto non facciano aziende private come, per citare alcuni degli attori più conosciuti, Meta, Google o OpenAI, che hanno maggiori incentivi economici a breve termine.

Alcuni filoni di ricerca su cui il CERAI potrebbe concentrarsi in ambito di sicurezza includono sia metodologie per “l’allineamento” dei modelli, come la mechanistic interpretability (interpretabilità meccanicistica), e lo scalable oversight (supervisione scalabile), sia metodologie per prevenire l’utilizzo improprio dei modelli, come l’adversarial robustness (robustezza avversaria).

European talent pool

Un’altra componente fondamentale nello sviluppo di nuovi modelli sono le risorse umane. Il mercato del lavoro per profili specializzati in IA è molto competitivo. Prendendo come riferimento il numero di persone con un PhD in una materia STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), gli Stati Uniti storicamente hanno avuto il primato, ma la Cina, con ingenti investimenti, si è avvicinata e punta al sorpasso.

Un fattore che sta penalizzando gli Stati Uniti è una politica di immigrazione molto rigida, che rende difficile l’assunzione di esperti dall’estero.

Con una politica più lungimirante, l’Europa potrebbe beneficiare della chiusura statunitense.

Crediamo quindi che iniziative come l‘European talent pool vadano nella direzione giusta e debbano essere rafforzate e condivise da tutti gli Stati Membri dell’UE.

Formazione dei politici e dei cittadini

Come terzo punto, riteniamo fondamentale la formazione e alfabetizzazione dei cittadini nei confronti della IA, per preparare la società e la forza lavoro ad affrontarne le sfide e sfruttarne le opportunità.

In particolare, nel brevissimo termine crediamo che i politici e legislatori debbano ricevere una formazione di base adeguata a comprendere gli aspetti tecnici, statistici ed etici dell’intelligenza artificiale.

Inoltre anche gli studenti dovrebbero studiare il tema durante il percorso scolastico, per diventare cittadini consapevoli che possono utilizzare l’intelligenza artificiale nella propria vita privata e lavorativa, anziché subirne passivamente e inconsciamente l’impatto.

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