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Regole per gli influencer: i nodi che restano dopo le linee guida Agcom



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Agcom ha introdotto linee guida per regolamentare l’attività degli influencer, rispondendo a esigenze di trasparenza e correttezza commerciale. Queste norme mirano a definire obblighi specifici per i content creator, distinguendo tra attività professionali e amatoriali, e introducono sanzioni per le violazioni. Un tavolo tecnico esplorerà ulteriori misure per garantire il rispetto delle disposizioni

Pubblicato il 9 feb 2024

Nicola Berardi

Comitato scientifico Assoinfluencer, Avvocato IP & Technology

Valentina Fiorenza

Avvocato – Consulente in digital marketing e GDPR, IP law e ICT – Presidente Assoinfluencer Catania



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L’annuncio che avrebbe dovuto scuotere il mondo degli influencer è stato fatto nei primi dieci giorni dell’anno: da oggi anche queste figure dovranno fare i conti con la legge! Molti hanno gridato alla novità assoluta, altri hanno sostenuto che fosse una reazione al cosiddetto Pandorogate che ha, nell’ultimo scorcio del 2023, coinvolto il duo Balocco-Ferragni; altri ancora, soprattutto gli addetti ai lavori, hanno cautamente atteso le novità che il comunicato stampa (non) lasciava presagire.

Le linee guida adottate dall’AGCOM, che prevedono anche la formazione di un tavolo tecnico “per definire le ulteriori misure per il rispetto delle previsioni”, implicano un significativo incremento degli oneri normativi ed amministrativi a carico degli influencer che si trovano – senza un vero e proprio periodo “cuscinetto” – a dover rispettare specifici obblighi settoriali che potrebbero anche impattare sulle collaborazioni esistenti. In particolare, l’estensione agli influencer di alcuni degli obblighi fissati nel TUSMAR – il Testo Unico  dei servizi di media audiovisivi e radiofoniciincrementa la tipologia e la quantità di norme alle quali la creator economy dovrà fare riferimento.

Non mancano, poi, i nodi ancora aperti.

AGCOM e influencer: l’inquadramento normativo

All’interno dell’attuale panorama digitale, il rapporto tra l’Autorità Garante per le Comunicazioni e gli influencer assume una rilevanza critica. Con l’espansione dei social media e la crescente influenza esercitata da queste figure nel mondo del marketing, si è resa dunque necessaria una regolamentazione ad hoc. AGCOM ha quindi provveduto a delineare alcuni punti fermi con la pubblicazione della delibera 7/24/CONS, rubricata “Linee-Guida volte a garantire il rispetto delle disposizioni del testo unico da parte degli influencer e istituzione di un apposito tavolo tecnico”.

La misura è stata un’occasione per riflettere sull’impatto e sulla portata degli influencer e della creator economy sul tessuto produttivo nazionale.

L’Autorità, con il sostegno delle parti sociali coinvolte – tra cui Assoinfluencer, associazione nazionale che si prefigge il compito di promuovere e tutelare la professione dei (content) creator – ha riflettuto sulla possibilità di sottoporre anche l’azione degli influencer  al TUSMAR. Se è vero, com’è vero, che essi, mediante il mezzo digitale, hanno un notevole impatto nella vita e nelle scelte – soprattutto commerciali – dei propri seguaci (follower) è necessario che anch’essi siano obbligati ad applicare le normative in materia.

La definizione della categoria dei soggetti passivi

Uno degli elementi più dibattuti, alla luce della lettura degli atti delle consultazioni pubbliche, riguarda la definizione della categoria dei soggetti passivi. Ad oggi, si intende per influencer quel soggetto, reale o virtuale, che svolga “un’attività analoga o comunque assimilabile a quella dei fornitori di servizi di media audiovisivi sotto la giurisdizione nazionale”. Ricomprendere espressamente i “virtual influencer” come destinatari degli obblighi del TUSMAR può considerarsi una novità che proviene dall’ascolto e il confronto con le parti sociali. La considerazione alla base di questa condivisibile scelta può rivenirsi nel fatto che il sempre maggiore uso delle nuove tecnologie e della c.d. intelligenza artificiale ha già portato all’utilizzo di “testimonial” virtuali con seguiti piuttosto consistenti. I virtual influencer ad oggi sono una realtà; tramite il loro utilizzo, se non ricompresi, si sarebbero potuti eludere gli obblighi di legge.

I requisiti necessari per essere considerati influencer

Vengono quindi considerati influencer coloro che:

  • offrano un servizio che costituisca attività economica ai sensi degli articoli 56 e 57 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e nello specifico, attività di carattere industriale, commerciale, attività artigianale e attività delle libere professioni;
  • abbiano lo scopo di offrire un servizio di fornitura di contenuti, creati o selezionati dall’influencer, che informino, intrattengano o istruiscano e che siano suscettibili di generare reddito direttamente in esecuzione di accordi commerciali con produttori di beni e servizi o indirettamente in applicazione di accordi di monetizzazione applicati dalla piattaforma o dal social media utilizzato;
  • abbiano la responsabilità editoriale sui contenuti. Tale requisito postula il necessario controllo effettivo sulla creazione, sulla selezione o sull’organizzazione degli stessi;
  • propongano un servizio accessibile al grande pubblico che raggiunga un numero significativo di utenti sul territorio italiano, che abbia un impatto rilevante su una porzione significativa di pubblico e che diffonda i contenuti mediante un servizio di piattaforma di condivisione di video o di social media;
  • offrano un servizio che consenta la fruizione dei contenuti su richiesta dell’utente e che sia caratterizzato da un legame stabile ed effettivo con l’economia italiana;
  • offrano contenuti tramite l’utilizzo della lingua italiana o siano esplicitamente rivolti agli utenti sul territorio italiano.

Ad un’analisi del panorama dei content creator nazionali, appare chiaro che tali requisiti potrebbero essere applicabili ad un numero notevolissimo di soggetti e, tuttavia molti di questi svolgono attività poco più che amatoriali.

Pertanto, proprio al fine di applicare le norme ai soggetti che, invece, svolgono attività professionale si è voluto distinguere tra influencer che, sulla base di accordi di qualsiasi tipo, dietro corresponsione di denaro ovvero fornitura di beni o servizi, cumulativamente:

  • raggiungano un numero di follower pari, su tutte le piattaforme e i social sui quali sono presenti, ad almeno un milione;
  • abbiano pubblicato, nell’anno precedente alla rilevazione, almeno 24 contenuti aventi le caratteristiche indicate dalle linee guida;
  • abbiano superato, almeno su una piattaforma o un social media, un valore di engagement rate medio, negli ultimi 6 mesi, pari o superiore al 2%;

e soggetti che operano in maniera meno continuativa e strutturata e che non raggiungano i parametri posti dall’AGCOM per i quali apparirebbe sproporzionata l’imposizione degli obblighi derivanti dal TUSMAR.

Quest’ultima categoria di creator tuttavia non è da considerarsi immune agli obblighi di legge: ad essi si applicheranno comunque gli artt. 41 (disposizioni generali) e 42 (misure di tutela) che impongono misure adeguate a tutelare: i minori da programmi che possano nuocere al loro sviluppo fisico, mentale o morale; il grande pubblico da contenuti che istighino alla violenza o all’odio o la cui diffusione costituisca reato (es: terrorismo, pedopornografia).

Obblighi e responsabilità degli influencer secondo le nuove linee guida

Fino ad oggi, il quadro normativo era per lo più limitato a disposizioni vincolanti ma di ampio respiro (pratiche commerciali scorrette, pubblicità ingannevole e concorrenza sleale) o a regole di grande dettaglio ma di natura autodisciplinare ad adesione volontaria (la Digital Chart dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, già richiamata e presa come punto di riferimento varie volte dall’AGCM). L’estensione agli influencer di alcuni degli obblighi fissati nel TUSMAR incrementa la tipologia e la quantità di norme alle quali la creator economy dovrà fare riferimento.

Gli obblighi spaziano da ampi principi generali a specifici vincoli che – pur essendo applicabili ai soli influencer (inserzionisti, agenzie ed altri soggetti intermediari sono stati fatti salvi dall’AGCOM, per il momento) – dovranno essere tenuti in considerazione da tutti i player del mercato nelle fasi di ideazione, progettazione, pianificazione ed esecuzione delle campagne pubblicitarie.

I principi del TUSMAR considerati applicabili all’attività degli influencer da parte dell’Autorità includono sostanzialmente quegli ambiti di tutela delle persone e dei minori necessari a garantire trasparenza nelle comunicazioni e un ambiente digitale il più possibile aderente ai principi generali dello Stato e della società civile. Si passa quindi dalla garanzia del pluralismo alla libertà di espressione, dalla dignità umana al contrasto ad odio e discriminazione, dal contrasto alla disinformazione alla tutela della proprietà intellettuale, dalla protezione del patrimonio culturale e ambientale alla promozione del benessere e dello sviluppo del minore. Allo stesso modo, è previsto che i contenuti non debbano contenere alcuna istigazione a commettere reati o apologia degli stessi, con particolare riferimento a violenza, odio e terrorismo, con l’obiettivo di creare un ambiente online più sicuro. Viene presa in considerazione anche la promozione dello sport e dello spirito sportivo, al fine di contrastare episodi di violenza e promuovere una crescita sana dei giovani.

E proprio nell’ottica di creare un ambiente digitale sicuro, anche e soprattutto per i minori, vengono considerate applicabili le norme del TUSMAR sulla programmazione audio-televisiva. È, infatti, vietata la pubblicazione di contenuti gravemente nocivi al loro sviluppo fisico, psichico o morale, in particolare se presentano scene di violenza o pornografia (che tuttavia si ricorda, quanto meno in relazione a questi ultimi, vengono spesso bloccati a monte dalle piattaforme). Non è ancora chiaro come potranno essere implementati a livello tecnico gli obblighi che prevedono dei filtri basati sull’età (minori di 14 anni) o sull’orario di messa in onda (dalle 23 alle 7), viste le differenze esistenti: per i media tradizionali la programmazione è centralizzata, per i social network la pubblicazione è diffusa tra gli utenti. Inoltre, le linee guida fanno anche riferimento al “Codice di autoregolamentazione media e minori” del 2002, con un ulteriore incremento dei testi regolamentari da seguire.

Gli influencer sono, poi, tenuti al rispetto dei principi e dei diritti in materia di diritto d’autore, con impatto sulla gestione dei rischi: se le norme esistenti consentono ai titolari dei diritti di reagire alle violazioni, l’estensione del TUSMAR espone al rischio di sanzioni amministrative che si sommano alle azioni individuali di terzi.

Regolamentazione dei contenuti pubblicitari e commerciali sui social

Infine, il quadro in materia di comunicazioni commerciali, sponsorizzazioni, product placement e trasparenza pubblicitaria si arricchisce di norme più precise e puntuali. A prescindere dal TUSMAR, le disposizioni relative alle pratiche commerciali scorrette già imponevano di individuare in maniera chiara ed immediata i contenuti pubblicitari. Lo IAP aveva dato una connotazione di maggior dettaglio a questi obblighi generali con l’adozione della Digital Chart e l’individuazione di hashtag promozionali che si sono ormai imposti in maniera uniforme sul mercato digitale. Con l’intervento dell’AGCOM, gli influencer sono tenuti ad un’attenzione ancora maggiore anche nella fase di selezione dei brand con i quali vorranno collaborare.

A livello di principi generali, la normativa prevede che i contenuti commerciali siano prontamente riconoscibili. Sul punto, appare particolarmente significativa la scelta di AGCOM di riconoscere formalmente le norme della Digital Chart e, dunque, di renderle obbligatorie (anche ai soggetti non vincolati dal sistema autodisciplinare) garantendo continuità sul mercato. Inoltre, i contenuti non devono utilizzare tecniche subliminali, pregiudicare il rispetto della dignità umana, promuovere discriminazioni, incoraggiare comportamenti pregiudizievoli per la salute o la sicurezza (pensiamo alle challenge) o incoraggiare comportamenti gravemente pregiudizievoli per la protezione dell’ambiente, arrecare pregiudizio fisico o morale ai minori né sfruttare la loro inesperienza o credulità.

Non mancano, poi, riferimenti a specifici settori come tabacco e nicotina (incluse le sigarette elettroniche), alcol, medicinali e gioco d’azzardo.

E ancora, sono estese agli influencer le norme relative alle sponsorizzazioni, con i relativi contenuti che non devono essere influenzati dallo sponsor in maniera tale da ledere la responsabilità e l’autonomia editoriale dell’influencer; meno chiara, invece, l’applicazione concreta a questo settore del divieto di stimolare l’acquisto di prodotti dello sponsor o di un terzo (effetto principale o indiretto di tutti i contenuti sponsorizzati) o del divieto di mostrare il logo di una sponsorizzazione durante programmi per bambini o documentari (pensiamo, ad esempio, alle pagine di divulgazione scientifica che spesso si finanziano grazie alle sponsorizzazioni di terze parti).

Inoltre, gli influencer sono adesso tenuti a conformarsi agli obblighi in materia di product placement vigenti per le trasmissioni televisive. Pertanto, oltre al mantenimento dell’indipendenza editoriale dell’influencer (che potrà avere un impatto sulla pianificazione delle campagne), è necessario informare gli utenti con un’apposita comunicazione all’inizio ed alla fine del contenuto.

Infine, seppur richiamate, le regole sulle televendite sono più difficilmente applicabili al contesto digitale dove è raro imbattersi in influencer che – in prima persona – si occupino della vendita di prodotti o servizi.

Le sanzioni previste per gli influencer in caso di violazioni

Il quadro normativo così delineato è assistito da specifiche sanzioni amministrative che, a seconda del tipo di violazione, variano da un minimo di 10.329 euro ad un massimo di 600.000 euro, con diritto dell’AGCOM di imporre la sospensione dell’attività economica dell’influencer fino ad un massimo di 6 mesi in caso di violazione particolarmente grave o reiterata.

È importante evidenziare un dato di sistema. Poiché alcuni obblighi del TUSMAR sono riferibili a condotte che possono potenzialmente integrare una pratica commerciale scorretta, non si può escludere che – per la stessa iniziativa commerciale – l’influencer sia esposto ad un doppio rischio sanzionatorio: quello derivante dal Codice del Consumo (da Euro 5.000 ad Euro 10.000.000, o addirittura fino ad un massimo del 4% del fatturato in caso di pratiche commerciali di rilievo transfrontaliero) e quello previsto dalla normativa in materia di servizi audiovisivi.

Impatto delle nuove linee guida sul mercato dei content creator

La portata effettiva di queste linee guida non appare così dirompente nella misura in cui i problemi che esse vorrebbero risolvere e i gap che pretendono di colmare sono da sempre noti a tutti i creatori di contenuti che, anche in maniera spontanea e sostenuti dalle Associazioni di settore come Assoinfluencer, hanno guardato alle normative preesistenti e che potevano applicarsi in via “analogica”

Il quadro normativo sin qui delineato però non può dirsi ancora completo.

Il futuro della regolamentazione degli influencer: il tavolo tecnico AGCOM

Con l’approvazione delle linee guida, l’AGCOM ha anche disposto la formazione di un tavolo tecnico “per definire le ulteriori misure per il rispetto delle previsioni” del TUSMAR da parte degli influencer. Il tavolo tecnico – al quale Assoinfluencer chiederà di prendere parte e che potrà essere partecipato dai rappresentanti di piattaforme, agenzie, centri media ed altri operatori del settore – avrà il compito non solo di adottare adeguati codici di condotta ma anche, e soprattutto, di individuare i criteri e gli accorgimenti tecnici per consentire l’effettiva applicabilità del TUSMAR (pensato prevalentemente per le imprese audiovisive) ai content creator.

Sono svariati i temi ancora aperti, come il calcolo dell’engagement rate, l’eventuale inserimento degli influencer in specifici elenchi e, soprattutto, l’inserimento tra i soggetti passivi degli obblighi di tutti gli operatori della “filiera della creazione di contenuti”.

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