Il lato oscuro del Piano triennale dell’informatica pubblica tenta di materializzarsi nella programmata istituzionalizzazione della centralizzazione dei soggetti aggregatori per gli acquisti pubblici e nella riduzione del numero dei soggetti aggregatori della domanda delle esigenze di acquisto, che unendosi alla filosofia di fondo del nuovo Codice dei contratti pubblici, volto sempre più alla centralizzazione della domanda, produce una decisa accelerazione verso una possibile distorsione dei processi di e-procurement
Un paese che neanche nella pianificazione dell’informatizzazione pubblica riesce a trovare equilibrio e per ansia da prestazione pianifica processi che potrebbero essere forieri di rischi, per la democrazia economica e la pluralità democratica, e inconsapevolmente ne produce maggiori di quelli a cui cerca di porre rimedio, ossia dilatazione della spesa pubblica e corruzione.
Come la recente inchiesta CONSIP insegna, la soluzione per porre freno alle storture che si producono nelle procedure concorsuali degli appalti pubblici non può essere il potenziamento dell’e-procurement come disegnato nel piano triennale che indica cosa e come comprare e, attraverso la legge di bilancio, ne rimette le risorse a grande azioni gestite da pochi soggetti aggregatori della domanda e dell’offerta.
Un modello siffatto produrrà a breve un oligopolio nelle forniture pubbliche e un apparato monocratico gestionale detentore del monopolio normativo della fase di costruzione del disciplinare e del bando di gara.
Solo una diffusa collaborazione tra Pubblica Amministrazione e imprese, nella fase concorsuale, sul modello di aggregazione di imprese ed in una logica del modello del pre-commerciale potrebbe, invece, temperare quei rischi che si vogliono in generale prevenire.
E’ la fase della costruzione della gara che richiede una maggiore collaborazione tra monitoraggio dei bisogni pubblici e scelte normative trasparenti, giammai la riduzione degli aggregatori potrà essere la soluzione.
La riduzione degli aggregatori non è condizione necessaria e sufficiente per arginare la variante dell’autonomia delle scelte normative e del latente conflitto d’interesse dove chi costruisce il bando (Consip docet) e programma la gara, fa parte dello stesso ufficio di chi deve curare il procedimento, il contratto e il controllo.
E’ stata perciò, fino ad oggi, proprio la poca precisione dei documenti di gara, ovvero i bandi ad “abito sartoriale” unito all’assenza di controlli adeguati in fase esecutiva – per l’evidente conflitto d’interesse – che ha determinato in molti casi una bassa rispondenza tra quanto promesso e quanto effettivamente prodotto sotto il profilo della legalità.
Il Codice dei contratti non avrà nessuna influenza se le gare continueranno a costruirsi come è stato fatto fino ad oggi, anche a prescindere della emergenza, che sono la prova provata di un sistema di aggiudicazione di beni e di servizi arcaico volto più allo snervante snocciolamento di regole e regolette, direttive e linee guida che producono storture maggiori di quelle che si intendono evitare, essendo le imprese chiamate a rispondere a richieste pubbliche preconfezionate su modelli precedenti (taglia e incolla) definite sulla via di fuga dell’aggiudicazione delle gare basate sul criterio del massimo ribasso, e non dei costi standard (per sicurezza, diritti dei lavoratori, contenuto tecnologico innovativo delle soluzioni) ciò che ha determinato uno svilimento delle imprese e del lavoro senza che siano stati eliminati i fenomeni di corruzione.
Un nuovo procurement pubblico non può restare legato al palo di una PA che elargisce risorse per servizi la cui finalità è al massimo ribasso o del nuovo toccasana dell’offerta economica più vantaggiosa, nuovo totem di una PA che resta solo distributore di risorse.
L’indole del procurement pubblico dovrebbe essere solo quello rivolto alla R&S in tutti i settori pubblici, dalla Sanità alla Giustizia, dalla mobilità ai servizi di sicurezza pubblica ai grandi settori strategici nazionali, ma dove il nuovo Piano triennale non si avvicina neanche, preferendo restare confinato nell’orto dell’oligopolio per assicurare agli imprenditori del partito delle maggioranze momentane provvidenze pubbliche in ragione della captazione del consenso effimero e per una monocrazia dal pensiero unico.