lotta ai contagi

Covid-19 e intelligenza artificiale: tutti i vantaggi della “vera” medicina predittiva

Un’app di telemedicina, abbinata a Immuni e alla video chiamata sanitaria potrebbe permettere un efficace monitoraggio a distanza dei pazienti. I dati, elaborati da un algoritmo di AI, consentirebbero di individuare in anticipo i soggetti a maggiore rischio. Vediamo i vantaggi di questo approccio tecnologico alla pandemia

Pubblicato il 09 Ott 2020

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Photo by Mika Baumeister on Unsplash

Il Covid 19 si è rivelato una malattia subdola che va incontro a rapidi aggravamenti, apparentemente senza motivo, che possono portare alla morte del paziente.

Al momento, nell’ambito degli sforzi volti al contrasto dei contagi, l’approccio oggi maggiormente usato per è la Evidence-Based Medicine (EMB). Ma un’app di telemedicina da affiancare a Immuni e unita alla video chiamata sanitaria potrebbe rappresentare il gold standard nella gestione del paziente con Covid 19 o con sospetto Covid 19: permetterebbe di individuare in anticipo i soggetti con maggiore rischio, in base ai parametri, di avere contratto il virus, di risparmiare tempo prezioso, di ridurre la pressione sulle strutture sanitarie e di creare un rapporto diretto coi pazienti.

Vediamo quali potrebbero essere i vantaggi dell’utilizzo di una vera medicina predittiva basata su algoritmi di intelligenza artificiale.

Covid 19 e Evidence-Based Medicine: approcci e limiti

La capacità prognostica, ossia la capacità di prevedere in anticipo il potenziale sviluppo ed esito di una malattia, è di fondamentale importanza per riuscire a ridurre i rischi legati a determinate malattie e a ridurre anche i tempi di degenza e di cura. Nel caso della pandemia da Covid 19 questa capacità prognostica è ancora più importante perché in primo luogo ci troviamo di fronte ad una malattia nuova e sconosciuta rispetto alla quale l’esperienza clinica è quasi nulla e in secondo luogo perché, nel caso di un rialzamento della curva epidemica, l’aumento degli accessi al Pronto Soccorso rende necessaria un’attività di screening molto attenta per ridurre la pressione sui reparti ospedalieri e sui reparti di terapia intensiva e per riuscire a dare ad ogni malato il miglior trattamento possibile in relazione al prevedibile esito della malattia.

È di fondamentale importanza, quindi, per ridurre la letalità della malattia essere in grado di individuare in anticipo i soggetti che hanno una maggiore probabilità di sviluppare le forme gravi della malattia.

Per affrontare questo problema, come abbiamo accennato, si fa riferimento soprattutto alla evidence based medicine.

Questa può essere definita come “il processo della ricerca, della valutazione e dell’uso sistematico dei risultati della ricerca contemporanea come base per le decisioni cliniche” o anche come “l’uso di stime matematiche del rischio, dei benefici e dei danni derivate da ricerche di alta qualità su campioni di popolazione, per supportare il processo decisionale clinico nelle fasi di indagine diagnostica o nella gestione di singoli pazienti”.

Un primo sistema a punteggio basato su questo approccio è stato messo in atto dai cinesi. In questo schema i pazienti vengono divisi sulla base del punteggio ottenuto in base a quattro fattori di aggravamento in tre gruppi: quelli a basso rischio di aggravamento (10% <), quelli a medio rischio di aggravamento (range 10-40%), quelli ad alto rischio di aggravamento (>40%). La tassonomia viene costruita sulla base di due indicatori legati alla condizione del paziente (età e comorbilità) e degli indicatori legati ai risultati delle analisi cliniche (conta dei leucociti e livello dell’enzima LDH).

Questo approccio è stato ripreso in Italia dall’Ospedale Careggi di Firenze che sulla base dei dati di 516 pazienti trattati tra lo scorso mese di marzo e di aprile ha costruito una simile tassonomia individuando i fattori che fanno aumentare il rischio di morte nei pazienti con Covid 19. Questo meccanismo permette di fare uno screening del paziente in entrata nel Pronto Soccorso orientandolo in base al valore dell’indicatore, in un reparto a basso livello di assistenza o in isolamento domiciliare, in un reparto a media intensità di cura o in un reparto ad alta intensità di cura (terapia intensiva). Anche in questo caso si associano nella valutazione parametri anagrafici (età e comorbilità) con parametri clinici (frequenza respiratoria, indice di Horowitz, creatinina, conta delle piastrine).

L’efficienza della “vera” medicina predittiva

Questi studi sono molto promettenti e utili perché permettono di discriminare i pazienti in base alle necessità terapeutiche. evitando di eccedere in cure su chi non ne ha bisogno e evitando di curare in maniera inadeguata chi ne ha più bisogno.

Tuttavia, non si può non notare che questi approcci, essendo legati ancora al concetto di Evidence-Based Medicine (EMB), se pur utili, sono molto lontani dall’efficienza che si potrebbe avere utilizzando una vera medicina predittiva basata su algoritmi di intelligenza artificiale. L’Italia ha fatto un grande investimento sull’app Immuni, in parte poi vanificato dalla circostanza che, probabilmente per un difetto di comunicazione, gli italiani non hanno percepito l’utilità di questo strumento di tracciamento, si sono troppo soffermati solo sui rischi potenziali sulla privacy e non hanno scaricato in massa l’app. Tuttavia, accanto all’app Immuni, sarebbe stato utile preparare un’app di telemedicina che, anche utilizzando alcune funzionalità già presenti sugli smartphone, potesse permettere una prima valutazione a distanza del rischio di aver contratto il Covid 19 e del rischio di aggravamento. Questa app, collegata, poi, a semplici dispositivi di monitoraggio medico che potrebbero essere facilmente forniti ai pazienti avrebbe potuto permettere un monitoraggio a distanza più efficace dei pazienti. I dati, elaborati da un algoritmo di intelligenza artificiale, avrebbero potuto permettere di individuare in anticipo i soggetti con maggiore rischio, in base ai parametri, di avere contratto il Covid 19 e anche i soggetti a maggior rischio di sviluppare forme gravi. Ciò avrebbe permesso di risparmiare tempo prezioso, di trovare delle priorità per i test per la rilevazione della positività e di individuare i soggetti a maggior rischio di aggravamento, ottimizzando il percorso diagnostico e di cura. Ancora non è tardi per sviluppare un’applicazione di questo tipo in un momento in cui l’epidemia sembra poter rialzare la testa.

Questa app unita alla video chiamata sanitaria rappresenterebbe il gold standard nella gestione del paziente con Covid 19 o con sospetto Covid 19. La videochiamata sanitaria è uno straordinario strumento di diagnosi e cura che da un lato permette agli operatori del 118, ad esempio in caso di incidente, di avere in tempo reale il quadro effettivo delle condizioni del paziente e quindi poter predisporre gli strumenti più adeguati di intervento. Permette la realizzazione di un triage preventivo che può meglio riorientare tutto il successivo percorso di assistenza. Ma la videochiamata sanitaria è utilissima anche per la sanità territoriale perché riduce i tempi di spostamento, può essere realizzata su una fascia oraria molto ampia e crea un rapporto diretto con il paziente. In generale non dovrà essere il paziente a muoversi, ma sarà il medico che attraverso lo strumento telematico lo raggiungerà nella sua abitazione, avendo anche a disposizione i dati del monitoraggio realizzato attraverso i dispositivi collegati. Per i pazienti fragili o allettati questo è un grande aiuto, ma questo strumento può essere uno straordinario mezzo durante la gestione dell’epidemia di Covid 19 per controllare il rispetto della quarantena e per monitorare le condizioni dei pazienti positivi in assistenza domiciliare, senza far correre al personale sanitario il pericolo di infettarsi.

Ancora una volta un approccio tecnologico alla pandemia, se attivato, può fornirci nuove armi efficaci di contrasto in attesa di un vaccino o di una cura risolutiva.

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