Il digital divide sanitario è oggi uno dei principali ostacoli alla piena realizzazione della trasformazione digitale del sistema sanitario italiano, rischiando di trasformare l’innovazione tecnologica in un fattore di disuguaglianza sociale.
Indice degli argomenti
Investimenti in crescita: i numeri della sanità digitale italiana
Nel 2023, la spesa complessiva per la digitalizzazione della sanità italiana ha raggiunto 2,2 miliardi di euro, pari all’1,7% della spesa sanitaria pubblica (circa 37 euro per abitante), segnando un aumento del 22% rispetto al 2022. Questa crescita dimostra un impegno crescente nell’adozione di tecnologie digitali per supportare l’efficienza e la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). I dati riportati sono stati rilevati dall’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano.
La fetta più consistente della spesa per la sanità digitale è stata sostenuta dalle strutture sanitarie, che nel 2023 hanno investito 1,56 miliardi di euro, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente. Questo aumento riflette il crescente fabbisogno di soluzioni digitali per la gestione delle informazioni cliniche, l’ottimizzazione dei processi ospedalieri e l’implementazione di strumenti avanzati per la diagnosi e la cura a distanza.
Parallelamente, le Regioni hanno destinato 480 milioni di euro alla digitalizzazione del sistema sanitario, registrando un incremento del 14% rispetto ai 420 milioni di euro investiti nel 2022. Questi fondi sono stati impiegati principalmente per il potenziamento delle infrastrutture digitali regionali, l’interoperabilità dei sistemi informativi e lo sviluppo di piattaforme centralizzate per la gestione dei dati sanitari.
Anche i Medici di Medicina Generale (MMG) hanno contribuito alla spesa per la digitalizzazione, sebbene con una tendenza diversa rispetto ad altri attori del SSN. La loro spesa complessiva nel 2023 è stata di 75 milioni di euro, in calo del 3% rispetto ai 77 milioni dell’anno precedente. Tuttavia, il valore medio per singolo medico ha registrato un incremento del 6%, denotando un maggiore investimento individuale in strumenti digitali, come software per la gestione delle cartelle cliniche, piattaforme di telemedicina e dispositivi per il monitoraggio dei pazienti a distanza.
Le farmacie italiane stanno emergendo come hub territoriali per la telemedicina, con oltre 900.000 prestazioni erogate nel solo 2024. Questo modello di prossimità rappresenta un elemento chiave per garantire capillarità e accessibilità dei servizi digitali, particolarmente importante per la popolazione anziana e per chi vive in aree periferiche. Il Ministero della Salute ha invece registrato una riduzione della spesa ICT, che è passata dai 21,1 milioni di euro del 2022 ai 19,5 milioni del 2023, con una contrazione del 7%. Infine, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) ha investito nel 2023 59 milioni di euro nella digitalizzazione della sanità, rafforzando il proprio ruolo di coordinamento e supporto tecnologico per le regioni.
L’adozione della telemedicina tra i professionisti sanitari
Secondo i dati dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico, il 36% dei medici specialisti e il 52% dei medici di medicina generale hanno utilizzato servizi di televisita nel 2024. Parallelamente, il telemonitoraggio ha coinvolto rispettivamente il 30% e il 46% dei professionisti sanitari, evidenziando un’adozione crescente, ma ancora non pienamente strutturata di questi strumenti innovativi.
La Piattaforma Nazionale di Telemedicina, presentata da Agenas nel febbraio 2025, rappresenta il cuore pulsante della trasformazione digitale. L’infrastruttura tecnologica complessiva, che integra la piattaforma con il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 e l’Ecosistema dei Dati Sanitari, mira a garantire standard comuni e interoperabilità su tutto il territorio nazionale.
Il PNRR e gli obiettivi ambiziosi per la telemedicina
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha destinato risorse senza precedenti alla digitalizzazione della sanità. La Missione 6 “Salute”, con particolare riferimento alla Componente 1 dedicata alle reti di prossimità e telemedicina, prevede investimenti complessivi di 1,5 miliardi di euro, incrementati di 500 milioni rispetto alla previsione iniziale. La rimodulazione del PNRR, approvata dalla Commissione Europea, ha portato significative novità. L’obiettivo di pazienti assistiti attraverso strumenti di telemedicina è stato incrementato da 200.000 a 300.000 entro il 2025, con la prospettiva di raggiungere circa 790.000 pazienti entro il 2026. Parallelamente, l’assistenza domiciliare vedrà la presa in carico di 842.000 over 65 entro giugno 2026, 42.000 in più rispetto al target iniziale.
Le direttrici strategiche del futuro digitale sanitario
Il futuro della telemedicina in Italia si delinea attraverso diverse direttrici strategiche che promettono di trasformare radicalmente il panorama dell’assistenza sanitaria:
- L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando la telemedicina attraverso sistemi di supporto decisionale, diagnostica predittiva e personalizzazione delle terapie. L’Italia potrebbe diventare il primo Paese europeo a lanciare una piattaforma nazionale di telemedicina completamente integrata per i medici di medicina generale con sistemi di intelligenza artificiale, grazie all’investimento previsto dal PNRR.
- Le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità, previsti dal DM 77/2022, diventeranno i nodi principali della rete di telemedicina territoriale. L’obiettivo è creare un ecosistema integrato che connetta cure primarie, specialistica ambulatoriale e assistenza ospedaliera.
- Il monitoraggio continuo attraverso dispositivi indossabili e sensori IoT permetterà lo sviluppo di modelli predittivi sempre più accurati, spostando il focus dalla cura alla prevenzione. La raccolta e l’analisi dei big data sanitari aprirà nuove frontiere nella medicina di precisione.
Sfide critiche: formazione, accesso e sicurezza dei dati
Secondo l’OCSE, la sanità digitale è ormai un determinante della salute. Per sfruttarne il potenziale, è necessario affiancare alla realizzazione delle infrastrutture previste dal PNRR (come il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 e le piattaforme di telemedicina) un forte investimento nella formazione e nel re-skilling di operatori sanitari e cittadini. Digitalizzare un processo non significa solo velocizzarlo, ma è necessario riprogettarlo nelle sue fasi e definire le relazioni tra i vari attori che partecipano al risultato finale. Inoltre, la disparità nell’accesso alla tecnologia tra diverse regioni e tra aree urbane e rurali/insulari e la bassa alfabetizzazione digitale dei professionisti sanitari più anziani e della popolazione più fragile per età rappresenta un ostacolo significativo. Il divario digitale rischia di trasformarsi in disuguaglianza nell’accesso alle cure, richiedendo interventi infrastrutturali e formativi mirati. La protezione dei dati sanitari sensibili rappresenta una ulteriore criticità che necessita di investimenti in cybersecurity. L’interoperabilità tra diverse piattaforme e sistemi informativi rimane una sfida tecnica e organizzativa complessa, essenziale per garantire la continuità assistenziale e l’efficacia dei servizi.
Il paradosso del digital divide: chi resta escluso dall’innovazione
Mentre il PNRR investe 1,5 miliardi di euro in telemedicina, la realtà presenta un cortocircuito drammatico: proprio le categorie che più potrebbero beneficiare della sanità digitale – anziani, malati cronici, residenti delle aree interne e delle piccole isole – sono quelle sistematicamente escluse dall’accesso a questi servizi: il 67,4% degli over 65 non sa usare internet (ISTAT 2024).
Nel Sud solo il 30% delle strutture sanitarie ha connessioni adeguate per la telemedicina.
Nelle aree interne, dove vivono 4,6 milioni di abitanti con scarso accesso ai servizi sanitari, il 17,3% della popolazione non ha accesso alla banda ultralarga. La popolazione anziana italiana, attualmente il 23,8 % della popolazione, con un tendenziale aumento del 38,5% al 2040, con una età media dei pazienti cronici di 68 anni e 3,8 milioni di anziani soli, destinati a crescere, presenta caratteristiche che la rendono particolarmente vulnerabile al digital divide sanitario. È stimato che solo il 19,4% della popolazione anziana ha competenze digitali di base.
Le penalizzazioni del Sud e il gap territoriale
La telemedicina potrebbe moltiplicare l’efficacia dell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), che dovrebbe raggiungere oltre il 10% degli over 65 entro il 2026, ma richiede competenze digitali e supporto familiare spesso assente.
Le regioni meridionali subiscono una tripla penalizzazione che si amplifica nel digitale: per le infrastrutture sanitarie digitali (connessione ultraveloce, cartella clinica elettronica, servizi di telemedicina attivi), per l’utilizzo del fascicolo sanitario elettronico da parte dei professionisti e dei pazienti, per l’elevata presenza di aree interne. In tutti questi ambiti esiste un profondo gap rispetto al Nord.
Ostacoli tecnici e organizzativi della piattaforma nazionale
La Piattaforma Nazionale di Telemedicina, punto di svolta verso i servizi digitalizzati (televisita, teleconsulto, telemonitoraggio, teleassistenza), integrata con il FSE 2.0, le infrastrutture regionali ed i sistemi di emergenza, sconta sia problemi tecnici di implementazione, per la frammentazione e il diverso grado di maturità regionale dei sistemi regionali, che problemi organizzativi (resistenze del personale sanitario, mancanza protocolli clinici, assenza modelli di rimborso, carenza formazione specifica) e di accesso (digital divide infrastrutturale, analfabetismo digitale utenti, assenza supporto tecnico).
Cronicità e telemonitoraggio: potenzialità inespresse
In Italia i malati cronici sono 24 milioni (40% popolazione), con l’85% di over 65 della popolazione con almeno una cronicità e il 55% di over 65 con multimorbilità. Si stima che il costo della cronicità assorba circa 70 mld.
Il telemonitoraggio potrebbe rivoluzionare la gestione delle cronicità, con notevole riduzione dell’accesso al ps e conseguente riduzione dei ricoveri, miglioramento dell’aderenza terapeutica e un un risparmio di circa 15 mld per anno. In realtà, solo l’11% dei cronici usa telemonitoraggio, il 65% non ha dispositivi adeguati, il 70% non ha competenze necessarie, il 45% vive in aree senza connettività adeguata.
L’eccellenza dell’Emilia-Romagna come modello replicabile
In Italia, l’Emilia-Romagna rappresenta l’eccellenza nella sanità digitale, con un Fascicolo Sanitaro Elettronico attivo per il 78% dei cittadini e la telemedicina utilizzata nell’85% dei distretti sanitari. I fattori si successo sono stati investimenti pluriennali iniziati prima del PNRR, un supporto tecnico capillare, la formazione degli operatori e dei pazienti, una governance centralizzata.
Soluzioni concrete: formazione, territorio e intelligenza artificiale
Al di là degli interventi strutturali e tecnologici, è necessario un piano di formazione capillare per pazienti e loro care giver e per gli operatori sanitari, utilizzando le giovani generazioni di medici quali mentori dei più anziani e meno alfabetizzati digitalmente.
Ma, soprattutto è indispensabile una riprogettazione dei servizi, utilizzando il più possibile le postazioni dislocate sul territorio, a partire dalla farmacia dei servizi e dalle case di comunità come punti si supporto e di contatto, e l’infermiere di comunità come facilitatore.
L’AI potrebbe ridurre il digital divide sanitario, attraverso chatbot sanitari, traduzione automatica referti, alert predittivi per cronici, ma rischia di amplificare le disuguaglianze, in quanto utilizzata a macchia di leopardo.
Priorità immediate per un sistema sanitario inclusivo
Le priorità immediate per non penalizzare proprio l’utenza più fragile, sono:
- Piano straordinario alfabetizzazione digitale sanitaria, destinato ad operatori sanitari, anziani e care giver;
- Infrastruttura digitale universale;
- Riprogettazione inclusiva dei servizi, con supporto umano per la transizione digitale;
- Governance integrata attraverso una cabina di regia nazionale e le Regioni, con inclusione di Lea digitali, da monitorare attraverso il sistema di garanzia, attualmente totalmente sprovvisto.
Dato il quadro demografico attuale, connotato da rapido invecchiamento della popolazione e denatalità, la sanità digitale rappresenta anche l’unica strada per la sostenibilità del sistema, purchè la reingegnerizzazione dei servizi non costituisca duplicazione degli stessi.
Una scelta di giustizia sociale contro l’Italia a due velocità
Il digital divide sanitario non è solo una questione tecnologica ma di giustizia sociale. In un Paese che invecchia rapidamente, escludere gli anziani e i fragili dalla sanità digitale significa condannarli a una cittadinanza di serie B. Per la sanità digitale il tempo delle scelte è ora: o si investe in un’inclusione digitale universale o si accetta un’Italia sanitaria a due velocità, dove il luogo di residenza e l’età determinano non solo la qualità ma l’accesso stesso alle cure.














