la bozza di progetto

Una nuova Sanità territoriale, ecco il piano: come realizzarlo e risolvere i vecchi problemi

Il progetto del Ministero della Salute e Agenas per mettere a terra le azioni previste dal PNRR sanità è un buon punto di inizio: si parte dalle persone, con un approccio sistemico e un forte accento sul digitale. Ma per realizzarlo ci vuole una parte operativa competente e motivata

Pubblicato il 22 Ott 2021

Sergio Pillon

Coordinatore della Trasformazione Digitale, ASL di Frosinone

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Arriva, da Quotidiano Sanità, la bozza del progetto realizzato dal Ministero della Salute in collaborazione con Agenas che delinea quella che sarà la nuova organizzazione della Sanità territoriale una volta messe a terra le azioni previste dal PNRR.

Un documento che a un primo colpo d’occhio trovo rivoluzionario, ben centrato e attuale. Si nota immediatamente il superamento del concetto di cronicità, che nel PNRR attuale viene quasi sempre associato a fragilità e disabilità; al centro abbiamo la persona e non la patologia, con un ben più moderno approccio sistemico, che inizia dal sano per finire alle cure palliative.

Subito dopo, sono quasi commosso dalla pervasività e dall’ubiquità della sanità digitale e della telemedicina.

Avere un bel progetto e i fondi per sostenerlo è certamente la condizione di base ma quali sono i punti salienti per vederlo realizzato e i pericoli principali?

La salute nel PNRR: strategie, obiettivi e risorse. Il quadro completo

Il sistema salute visto dal PNRR

Ricordiamo innanzitutto che il Sistema Sanitario Nazionale ricade nella missione uno (Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo), nella cinque (Inclusione e Coesione) e nella sei (Salute) del PNRR.

Nella bozza trapelata – che descrive le azioni che saranno valutate da Next Generation EU prima di proseguire con l’erogazione dei fondi – si delineano sei livelli di stratificazione del rischio che integrano i setting assistenziali, negli aspetti clinici e negli aspetti sociali, con i dati alla base delle valutazioni e la telemedicina a fare da filo conduttore (Tabella 2).

Due tipologie di progetti di salute: semplice e complesso e in ambedue l’e-Health è al centro (Tabella 3).

Ambedue iniziano con un piano di autocura e con le competenze digitali, concetto veramente rivoluzionario e corretto: le competenze digitali sono alla base del piano di autocura.

In effetti, lo sappiamo noi medici ma non lo sanno i pazienti, internet è una risorsa straordinaria ma anche un oceano pieno di squali, a cominciare da dispositivi approssimativi per passare ai gruppi “di cura” che assolutamente non curano per finire alle competenze sull’uso di SPID o per usare il fascicolo sanitario elettronico. Poi viene il piano terapeutico, il programma delle cure, il portfolio socioassistenziale e poi arriva il piano delle attività di e-Health. Questo è il progetto semplice; quello complesso aggiunge anche il piano assistenziale ed il piano riabilitativo individuale e il budget di salute.

Immagine che contiene testo Descrizione generata automaticamente

La Centrale Operativa Territoriale

Altri cardini del progetto sono la formazione specifica obbligatoria per i direttori di distretto, poi le quattro reti delle case della comunità, inter- intra- territoriale- con ospedali e territoriale- con domicilio, RSA, MMG, e tutte le strutture, e si chiarisce che – riporto esattamente il contenuto del piano – “lo strumento attraverso cui avviene il coordinamento a rete nelle quattro direzioni è la Centrale Operativa Territoriale che opera come vettore di coordinamento e raccordo tra i nodi e i professionisti”

Quindi, se ancora non fosse chiaro, la COT non è banalmente la centrale di telemedicina ma la usa, assieme ai dati, per il “monitoraggio, anche attraverso strumenti di telemedicina, dei pazienti in assistenza domiciliare e gestione della piattaforma tecnologica di supporto per la presa in carico della persona,(telemedicina, teleassistenza, strumenti di e-health, ecc.), utilizzata operativamente dalle CdC e dagli altri servizi afferenti al distretto, al fine di raccogliere, decodificare e classificare il bisogno”. Il digitale, i dati, le interconnessioni digitali sono il centro della COT ma, viste le premesse, assume ovviamente una valenza distrettuale, e non come immaginavano i più pensandola come una centrale di telemedicina, una valenza regionale.

La grande sfida dell’assistenza domiciliare

Lo sapevamo, arrivano gli infermieri di famiglia e di comunità, che per le attività “utilizzano sistematicamente strumenti digitali e di telemedicina e teleassistenza.” Ma i medici per il domicilio dove li troviamo? Anche dai corsi di formazione per MMG, da cui vengono i millennial, la generazione Z, i nati con il digitale “i medici del corso di formazione specifica in MMG assumono incarichi USCA” (Unità speciali di continuità assistenziale) e poi l’USCA deve essere dotata di:

  • un sistema integrato comprendente una moderna infrastruttura di telemedicina collegata alle COT ed accessibile via internet con tecnologia cloud computing al fine di garantire anche in teleconsulto l’interoperabilità della rete di consulenti collegati in telemedicina;
  • deve essere dotata inoltre di strumentazione avanzata di primo livello e di
  • una gamma completa di dispositivi medici portatili (anche diagnostici) in grado di acquisire informazioni e parametri necessari al monitoraggio delle condizione cliniche del paziente.

Grande sfida per l’assistenza domiciliare, quella di raddoppiare i volumi attuali – “Il 10% della popolazione over 65 da prendere in carico progressivamente.” Infine, gli ospedali di comunità, diffusi su tutto il territorio nazionale con uno standard di personale che dice tutto sulla tipologia di ricoveri che verranno fatti “Standard minimo di personale per 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto: 9 infermieri, 6 operatori sociosanitari e un medico per almeno 4 ore al giorno 7 giorni su 7”. E chi segue i pazienti sul piano clinico? “La responsabilità clinica dei pazienti è attribuita a medici dipendenti o convenzionati con il SSN, pertanto può essere attribuita anche a MMG/PLS purché privi di iscritti, SAI (specialisti ambulatoriali) o liberi professionisti appositamente incaricati dalla direzione della struttura. La responsabilità organizzativo/assistenziale della struttura è in capo ad un coordinatore infermieristico” e la Telemedicina viene raccomandata nei servizi, che potranno essere erogati a distanza appunto “per favorire lo sviluppo della telemedicina”

I sistemi operativi

Infine, al punto 14, i sistemi informativi, la colonna vertebrale del sistema, “risulta prioritario sviluppare centralmente competenze per lo sviluppo e l’alimentazione del sistema informativo, che ricomprenda dati sanitari, sociosanitari e sociali, anche valorizzando e integrando l’enorme patrimonio di big data oggi disponibili nelle banche date degli enti locali, dell’INPS e delle aziende del SSN” il tutto anche attraverso la riorganizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico.

Tutto fatto? Io oggi guardo questi progetti con l’ottica del manager, quella del medico ed anche quella dell’utente di questi servizi. Mi sembra come manager un’ottima base di partenza, come medico e coordinatore di servizi è una grande, grandissima sfida per il nostro SSN e come cittadino/paziente spero che si realizzi.

Punti salienti e pericoli

Per vedere realizzato questo ambizioso progetto, innanzi tutto servono bravi architetti digitali, competenti sul tema, che non sono molti ma soprattutto raramente questi bravi “direttori d’orchestra” vengono messi a dirigere le orchestre digitali, a volte sono solo “consulenti” dei direttori d’orchestra, di quelli che si fanno vedere in tutte le commissioni. Tanti analfabeti digitali hanno ruoli importanti, perché prima del Covid queste competenze di “digital leadership” non servivano, almeno secondo molta della politica locale ed ora, dopo il Covid, non ho visto molti licenziamenti e sostituzioni e di conseguenza mancano bravi architetti digitali a coordinare questi progetti.

Io vivo nella ASL di Frosinone una condizione particolarmente fortunata, una direzione strategica fortemente motivata all’innovazione, elemento importantissimo, che fa da facilitatore e da collante per i progetti che stiamo portando avanti, poi siamo un Team, ed è quello il terzo punto chiave, un buon architetto, un forte endorsement della direzione strategica ed il terzo elemento chiave è un “team digitale”, con referenti nell’ingegneria, nel comparto legale, DPO e Risk Manager motivati e competenti, tutto lo staff della direzione strategica che ti segue nei progetti, dal Recup alla comunicazione.

Infine, ci vuole una parte operativa competente e motivata: i capi dipartimento e i direttori di distretto, i direttori delle UO e gli specialisti ambulatoriali. Collaborazione ed entusiasmo che sono necessari anche nei rapporti con i MMG, PLS, le RSA, l’ADI con obiettivi specifici ma anche dotandoli degli strumenti e della giusta formazione, il tutto guidato da PDTA rinnovati e digitalizzati. Il PNRR descrive una organizzazione ma per curare ci vogliono, come sempre, professionisti competenti, ben guidati e motivati, anche sul digitale. Noi il gruppo whatsapp PNRR l’abbiamo costituito, e anche li ci scambiamo idee e suggerimenti, ora metterò anche questo articolo nel gruppo.

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