analisi genetiche

Analisi forensi genetiche, le nuove tecniche per incastrare i criminali

Le tecnologie che usano il DNA per scovare i colpevoli stanno evolvendo velocemente, anche grazie all’uso dell’informatica e di database online. Vediamo il Sequenziamento Massivo Parallelo e le controverse analisi genealogiche che si diffondono negli Usa

Pubblicato il 27 Ago 2018

Eugenio D’Orio

Bio Forensics Research Center, Direttore

forensic

La tecnologia legata al DNA, per le analisi forensi, è in continua evoluzione, per offrire agli addetti ai lavori del settore basi sempre più solide e robuste.

Sappiamo che proprio grazie all’analisi genetica, eseguita con tecniche sempre più sofisticate e sensibili, numerose indagini sono state positivamente risolte assicurando il reo di un dato reato alla giustizia, ovvero sono state utilizzate per dimostrare l’innocenza di soggetti sottoposti a procedimento penale che si erano sempre dichiarati innocenti ai fatti contestati. Queste tecniche ora si avvalgono di ulteriori evoluzioni, che è importante analizzare nel dettaglio.

Sequenziamento Massivo Parallelo: le nuove tecniche di indagine di polizia con il DNA

Fino a pochi anni fa il DNA era unicamente inteso e utilizzato come uno strumento pregevolissimo in termini di identificazione e comparazione. Per tale attività si intende il rinvenimento, ad esempio sul luogo di un reato, di una traccia biologica, la quale viene analizzata e viene determinato il profilo genetico. Successivamente questo profilo genetico, ottenuto grazie ai moderni strumenti e software correntemente impiegati nei laboratori di genetica forense veniva sottoposto a comparazione con il DNA acquisito da soggetti ritenuti presumibilmente coinvolti nell’indagine.

Tali comparazioni sono eseguite mediante software di calcolo biostatistico e sono in grado di generare certezze nella compatibilità o nell’esclusione nell’ordine di miliardi (questa è la cosiddetta RMP, Random Match probability).

Tuttavia, talvolta tali comparazioni non andavano a buon fine, ovvero nessuno dei soggetti sottoposti ad indagini, ovvero attenzionato dalle forze dell’ordine per il reato per il quale si indagava, mostrava un DNA compatibile con il DNA rinvenuto sul luogo del delitto, ritenuto dagli investigatori come “il DNA del reo”.

Per ovviare a ciò, ed aiutare le forze dell’ordine nel loro lavoro di identificazione del soggetto “ignoto”, ovvero colui che rilasciò il DNA ritenuto “colpevole” di un dato delitto, si sono di recente sviluppate una serie di nuove metodologie tecniche che hanno la finalità di individuare, sempre grazie all’analisi del DNA, caratteristiche fenotipiche del soggetto che ha rilasciato questa traccia.

Per caratteristiche fenotipiche si intendono caratteristiche corporee, visibili agli occhi, quali ad esempio, il colore degli occhi, il colore dei capelli, l’età, nonché la provenienza etnica etc. Tali informazioni risultano essere davvero ben spendibili per gli investigatori in quanto hanno la potenzialità di “ridurre il campo di indagine” di questi. In altri termini, mediante queste informazioni ricavate da queste nuove tecnologie, gli investigatori sapranno, con certezza statistica ben calcolata e definita, che il soggetto che devono ricercare nella popolazione ha, per esempio, occhi di un determinato colore, capelli di un determinato colore, una stimata età, e una stimata provenienza etnica.

Tale metodologia è nota in gergo tecnico come “Sequenziamento Massivo Parallelo”, MPS. Particolarità di tale tecnica risiede nel fatto che vengono analizzati contemporaneamente diversi punti del genoma sottoposto ad accertamenti. Nello specifico tecnico, questa metodologia consente di analizzare fino a 250 marcatori genetici alla volta. Successivamente poi, l’elaborazione tramite software prima, e tramite programma biostatistico dopo, consentirà di addivenire alle informazioni fenotipiche summenzionate. Inoltre, il software, ben calcolando anche i margini di errore, è in grado di fornire una stima dell’accuratezza delle informazioni date.

Le tecniche genealogiche

Negli Stati Uniti è notizia degli scorsi mesi un’applicazione ancora più radicale di questi principi: con tecniche genealogiche. Sono riusciti a scovare alcuni killer “storici” confrontandone il dna sample genetici presenti su database pubblici online. Sono quelli dei servizi usati da molti utenti per scoprire il proprio albero genealogiche.  

Gli investigatori riescono a circoscrivere le indagini in questo modo perché identificano i possibili parenti, anche lontani, del colpevole. Queste tecniche però vanno considerate di frontiera, presentando varie criticità applicative (in particolare al di fuori degli Usa, vigendo leggi diverse).

L’analisi del DNA non è scienza certa e inoppugnabile

E’ tuttavia doveroso specificare che, se sull’analisi del DNA che punta ad individuare una persona in modo unico ed univoco si è in grado di avere certezze dell’ordine dei miliardi, con questa nuova metodologia le certezze sono ancora decisamente più basse. Ciò dunque deve fungere da monito, ovvero tale metodologia, seppur già presente ed attualmente impiegata da diverse polizie giudiziarie in diversi paesi del mondo, non deve essere considerata ancora come “scienza certa ed inoppugnabile”. Ciò proprio in virtù del fatto che la certezza statistica che offre non è ancora agli stessi valori della certezza statistica che si ha per l’analisi del genotipo atto ad identificare.

Esemplificando quanto appena detto, tramite l’analisi genetica si è certi che il profilo genetico ritrovato sulla scena del crimine appartenga a Tizio con certezza di oltre un miliardo. Tuttavia Tizio non è presente tra i soggetti attenzionati nella prima fase delle indagini. Dunque si cerca di risalire a Tizio mediante questa nuova tecnica, ovvero si cerca di avere il cosiddetto “identikit biologico” di Tizio, in modo tale che gli investigatori possano concentrare le proprie attività investigative solo su una selezionata fonte di soggetti. In tal caso, è bene sapere che, se ad esempio la Polizia cerca soggetti “con occhi chiari”, questo potrebbe essere un dato non certissimo, perché tale informazione non è certa un miliardo di volte, bensì solo diecimila (solo ad esempio). Si pensi dunque se la ricerca avviene in una città come Napoli, con un milione di persone. Ci sarebbe in questo caso un alto rischio di errore nella selezione del campione di persone da attenzionare.

I limiti e le cautele nell’uso dell’analisi del DNA

Ciò spiegato, si ribadisce che tale tecnica rappresenta certamente il futuro, ed è un ottimo ausilio investigativo, ma è da utilizzare, ad oggi, con la massima cautela. Ciò in virtù del fatto che un abuso, ovvero una certezza troppo elevate nei confronti delle risultanze di tale tecnologia potrebbe decisamente portare gli investigatori a scartare filoni e punti di indagine che invece potrebbero essere davvero utili.

Dunque tale tecnica può essere tutt’oggi utilizzata ma va usata con i dovuti limiti e con la dovuta parsimonia.

Si auspica che, anche grazie allo stanziamento di fondi per la ricerca, anche in Italia si potrà lavorare adeguatamente per contribuire allo sviluppo di tale metodologia che certamente avrà un impact notevolissimo nelle indagini, non appena offrirà certezze statistiche consone ed incontrovertibili.

La prova del DNA nelle indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio

In ultimo si vuole evidenziare che una simile tecnica è già stata adoperata in Italia negli ultimi anni. Nella fattispecie, fu impiegata nel caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. Infatti, in tale caso, nel 2011 fu isolata la traccia genetica nota come 31G20, appartenente ad un soggetto maschile, noto come “ignoto 1” perché nessuno dei soggetti sottoposti ad indagini all’epoca aveva positività alla comparazione genetica con questa traccia.

Per identificare “ignoto 1” Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri unirono le forze, producendo una indagine di popolazione a tappeto, davvero senza precedenti. Il tutto per dare un nome a colui che era ritenuto essere l’assassino della Gambirasio.

Per aiutare la Polizia Giudiziaria nella sua opera investigativa, il campione contenente la traccia genetica ascritta ad “ignoto 1” venne sottoposto anche all’analisi fenotipica.

Nel particolare, gli esiti di tale indagine furono importanti per gli investigatori, in quanto si venne a sapere, con buona certezza statistica, che “ignoto1” era etnicamente un abitante del nord Italia (zona ove avvenne l’omicidio), aveva gli occhi chiari ed aveva circa quarant’anni di età. Tali informazioni concentrarono l’attenzione degli inquirenti nella direzione giusta, ovvero non si cercava più “un ago in un pagliaio”, bensì il campo e la popolazione da sottoporre ad attenzione si era notevolmente ridotto. Tali dati informativi, nel caso di specie, si rivelarono essere corretti, Nel 2014 venne identificato Massimo Bossetti, residente proprio nelle adiacenze del luogo ove avvennero i fatti, come la persona dotata del profilo genetico “ignoto 1”. A seguito di ciò, il Signor Bossetti ha assunto la qualità di imputato, ed attualmente è stato condannato nei primi due gradi di giudizio all’ergastolo. Condanna non definitiva in quanto è in attesa di pronuncia della Suprema Corte di Cassazione.

Il potenziale della tecnologia MPS

Concludo specificando che tale indagine costò letteralmente milioni di euro, vista la propria complessità e vastità. Avvalendosi di una tecnologia MPS summenzionata, ovviamente ancor più sviluppata di quanto si può ottenere oggi, si avrà un duplice benefit in termini di efficienza delle investigazioni degli inquirenti nonché in termini di capitali investiti per portare a termine una data indagine.

Come molte altre tecnologie scientifiche, la tecnica MPS necessita di esser continuamente perfezionata e testata, ma il potenziale offerto giustifica ampiamente gli sforzi che dovranno essere fatti in termini economici per sviluppo e ricerca.

Genericamente, le tecnologie di analisi genetica, ovvero quelle legate all’esame del DNA, sono state rilanciate in modo estremamente vigoroso dai media proprio per queste caratteristiche, e proprio in virtù del fatto che, talvolta, gli accertamenti tecnico-genetici hanno contribuito a dare quel “quid” informativo in più di cui investigatori e magistrati necessitavano per poter correttamente e completamente compiere il proprio operato professionale.

E, in generale, è bene specificare che, considerata in singolo, la prova derivante da accertamenti genetici non può mai portare da sola alla risoluzione di un caso o di una indagine. Infatti, è bene sottolineare e rimarcare il principio secondo il quale l’attività di indagine scientifica è, e deve continuare ad essere, una attività di supporto alle investigazioni classiche, ovvero quelle tipiche che gli investigatori hanno da sempre posto in essere.

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