data protection e retention

Acquisizione di tabulati telefonici: che cambia col nuovo decreto-legge

Data retention e data protection irrompono nelle aule dei tribunali, ricordando che il processo inquisitorio deve comunque cedere al superiore valore giuridico delle fonti Ue. Cosa prevede il decreto legge relativo all’acquisizione dei tabulati telefonici e le conseguenze sui processi in corso

Pubblicato il 04 Ott 2021

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

innovattori

Dopo la sentenza della Cassazione sull’acquisizione dei tabulati telefonici, in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea che ha stabilito che l’acquisizione dei tabulati telefonici possa essere disposta solo dopo un vaglio giurisdizionale (o indipendente), è intervenuto il governo con decreto-legge. La procedura è chiarissima e richiama i principi espressi dalla Corte UE, ma non chiarisce cosa accada dei procedimenti in corso.

Tabulati telefonici, il nodo dell’acquisizione e le diverse visioni nei tribunali italiani: i casi

Il nuovo comma 3 dell’articolo 132 del Codice privacy

Dal 30 settembre 2021, data di entrata in vigore del decreto-legge 132 del 2021, i tabulati telefonici verranno acquisiti, in sede di indagini preliminari, con decreto motivato del giudice per le indagini preliminari.

Il governo ha ritenuto necessario intervenire in seguito alle numerose segnalazioni – non ultime, quelle inserite nei provvedimenti giurisdizionali che hanno vagliato la questione – sull’articolo 132 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice privacy).

Viene, in primo luogo, modificato il comma 3 dell’articolo 132, che viene così sostituito: «3. Entro il termine di conservazione imposto dalla legge, se sussistono sufficienti indizi di reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’articolo 4 del codice di procedura penale, e di reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi, ove rilevanti ai fini della prosecuzione delle indagini, i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private.»

La modifica legislativa prende spunto, senza ricalcarla del tutto, dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Roma del 25 aprile 2021, in cui si affermava che la procedura prevista per le intercettazioni di conversazioni poteva essere utilizzata anche per l’acquisizione dei tabulati telefonici, di modo da rispettare certamente il dictum della Corte di Giustizia UE.

Nel caso dell’acquisizione dei tabulati, il legislatore governativo italiano ha previsto un limite edittale inferiore rispetto a quello indicato dell’articolo 266 del Codice di procedura penale (rispettivamente 5 e 3 anni di reclusione).

Vengono indicati, inoltre, in maniera specifica i reati di minaccia o molestia col mezzo del telefono, nelle ipotesi “gravi”.

La Corte di Giustizia, infatti, aveva indicato come parametro per l’acquisizione dei tabulati la gravità dei crimini per cui si procede; il nuovo comma 3 del Codice privacy, su questo, verrà quasi certamente “sfidato” nelle aule dei tribunali italiani.

La previsione della richiesta di acquisizione – anche – per imputato e parti private rientra nel complesso della normativa sulle indagini difensive (articolo 391 bis e seguenti del Codice di procedura penale).

I commi 3 bis e 3 ter dell’articolo 132 del Codice privacy

La nuova disciplina prevede eccezioni conformi alla sentenza della CGUE, inserite nei commi 3 bis e 3 ter dell’articolo 132 del Codice privacy: «3 -bis . Quando ricorrono ragioni di urgenza e vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone la acquisizione dei dati con decreto motivato che è comunicato immediatamente, e comunque non oltre quarantotto ore, al giudice competente per il rilascio dell’autorizzazione in via ordinaria. Il giudice, nelle quarantotto ore successive, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non è convalidato nel termine stabilito, i dati acquisiti non possono essere utilizzati.
3 -ter. Rispetto ai dati conservati per le finalità indicate al comma 1 i diritti di cui agli articoli da 12 a 22 del Regolamento possono essere esercitati con le modalità di cui all’articolo 2 -undecies, comma 3, terzo, quarto e quinto periodo».

L’eccezione prevista dal comma 3 bis ricalca perfettamente la procedura d’urgenza prevista dall’articolo 267 del Codice di procedura penale, con la sola estensione del termine per la trasmissione al giudice da 24 a 48 ore.

Il comma 3 ter, invece, prevede la possibilità dell’esercizio dei diritti previsti dal Regolamento UE 16/679 (da 12 a 22), con le limitazioni previste dal nuovo testo del Codice privacy: in pratica, esercizio dei diritti ritardato in maniera proporzionale alla situazione concreta e con alcune garanzie che, però, saranno di difficile applicazione.

Va detto che la cultura giuridica inquirente italiana difficilmente recepirà questo testo con favore.

I primi commenti

Magistratura democratica, la corrente più “a sinistra” dell’Associazione nazionale magistrati, ha duramente criticato, dalle pagine de Il Fatto Quotidiano, la riforma appena entrata in vigore.

La critica di fondo è che invece di tutelare la privacy dei cittadini si ingolferanno le cancellerie.

Secondo il dottor Stefano Musolino, infatti, l’acquisizione dei tabulati telefonici sarebbe un metodo di indagine poco invasivo, specie nella prima fase delle indagini preliminari.

Peccato che questa opinione si collochi esattamente all’opposto rispetto a quanto affermato dalla Corte di Giustizia europea, per la quale, invece, l’acquisizione dei tabulati è una pratica così invasiva da necessitare il vaglio di un’autorità indipendente o giurisdizionale.

Si tratta dell’ennesima conferma di come il Regolamento UE 16/679 e la sua gemella Direttiva UE 16/680, pur avendo rivoluzionato la vita di tutti noi, non abbiano minimamente scalfito la cultura autoritaria della magistratura inquirente italiana.

Cosa cambia per i processi in corso

Per i processi in cui i tabulati siano stati acquisiti con la “vecchia” procedura saranno inevitabili le battaglie processuali.

Le strade sono, essenzialmente, tre.

La prima è la declaratoria di inutilizzabilità dei tabulati acquisiti con decreto del pubblico ministero.

Allo stato nessun tribunale si è espresso in questo senso ed è probabile che non accadrà in futuro, per le ragioni che ora vedremo.

La declaratoria di utilizzabilità sic et simpliciter: la Corte di assise di Napoli, il Tribunale di Tivoli e, da ultimo la Corte di cassazione, hanno seguito questa via (ma nessuno con pronuncia definitiva: anche la Cassazione si è espressa in sede cautelare).

La soluzione più probabile è che le eccezioni verranno disattese finché non si sarà pronunciata la Corte di Giustizia europea, chiamata a pronunciarsi sul punto con rinvio pregiudiziale dal Tribunale di Rieti (e non è da escludere che altri Tribunali seguano questa via).

Conclusioni

Data retention e data protection irrompono gioiosamente e rumorosamente nelle asfittiche aule dei tribunali italiani, ricordando a tutti che il processo inquisitorio deve comunque cedere al superiore valore giuridico delle fonti dell’Unione europea.

Si preannunciano forti resistenze sia sul piano “culturale” che su quello giudiziario, ma ormai è chiaro che c’è un giudice a Bruxelles.

Situazione analoga si registra anche in materia di presunzione di innocenza in ambito media e con la progressiva limitazione del potere mediatico delle procure della Repubblica.

Anche in questo caso, però, saranno le cause per il risarcimento dei danni a far capire che il contesto è mutato radicalmente; anche in questo caso, se non sarà un giudice italiano a condannare, prima o poi saranno le sentenze della CGUE o della Corte EDU a fare, davvero giustizia.

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