Il dubbio è venuto a tutte. Qualcuna è andata a cercare, qualcuna ha preferito non sapere, ma chi ha seguito la vicenda a settembre del gruppo Mia moglie su Meta e della chiusura del forum porno amatoriale Phica in seguito alle numerose segnalazioni di foto pubblicate senza consenso inevitabilmente la domanda se l’è posta: e se fosse successo a me, se su quei forum ci fossero anche foto personali modificate, come scoprirlo? Il recente episodio accaduto a ottobre alla giornalista Francesca Barra, che ha denunciato di aver individuato foto sue spogliate con l’AI online, fa riflettere sul tema.
La tecnologia mette a disposizione strumenti semplici, alla portata di tutti senza che siano necessarie particolari competenze digitali specialistiche, grazie a tecniche di Osint, open source intelligence e strumenti di ogni giorno. Ecco come fare, ricordando il framework normativo europeo a tutela degli utenti per conoscere i propri diritti che le piattaforme sono tenute a rispettare.
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Foto online senza consenso, le responsabilità delle piattaforme
In primis, va ricordato che a livello comunitario le norme impongono alle piattaforme attenzione, cura e vigilanza sui temi della protezione dei dati e della diffusione di contenuti illeciti, di qualsiasi tipo: “Le normative europee sulla data economy e i servizi digitali sono il primo importante argine contro questi gravissimi fenomeni. Pensiamo ai recentemente introdotti Digital Services Act e all’Artificial Intelligence Act, ma ancora prima al Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati – Gdpr. Ed è in questi momenti che emerge con chiarezza la fondamentale importanza di simili leggi, superando ogni logica di deregolamentazione, che spalancherebbe la porta al ripetersi di abusi intollerabili – spiega l’avvocato Rocco Panetta, chairman di Panetta consulting group -. La regolamentazione naturalmente da sola non basta”.
Da un lato, “chi è obbligato deve rispettarne precisamente e tempestivamente tutti gli obblighi, andando incontro alle dovute conseguenze in caso di inottemperanza, e ciò comprende anche la possibile applicazione di ingenti sanzioni economiche. Dall’altro, società e piattaforme che non rientrano tecnicamente nei requisiti di applicazione di queste normative non possono disinteressarsi dei valori e principi che ne costituiscono il fondamento. Per prevenire nuove gravi derive come quelle sotto i riflettori in questi giorni occorre istruire le aziende all’adeguamento preventivo e spontaneo, anche quando non strettamente obbligate – aggiunge Panetta -. Non solo per una maggiore competitività economica, ma anche e soprattutto per responsabilità sociale. L’ultimo tassello sono poi le Autorità di controllo, che devono essere dotate di strumenti e risorse per controllare e vigilare sul mercato e tutelare il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini, anche attraverso il dialogo proattivo con imprese e piattaforme”.
Ai Act e deepfake
Tra i contenuti che sono stati rinvenuti, secondo le numerose segnalazioni alle autorità, sul portale Phica, ci sarebbero anche immagini modificate con la tecnologia deepfake. Importante sapere che “la nuova legge europea sull’intelligenza artificiale Ai Act ha introdotto una serie di obblighi di trasparenza per i contenuti generati dagli algoritmi. Si tratta di requisiti di etichettatura, che riguardano ad esempio le immagini create tramite l’intelligenza artificiale generativa, con misure specifiche per i cosiddetti deepfake – spiega Panetta -. Queste regole diventeranno presto efficaci e rappresentano uno strumento di tutela indispensabile a un fenomeno ormai dilagante”. Certo le imposizioni di legge da sole non bastano: “Non è solo una questione di obblighi: servono formazione e sensibilizzazione E in questo l’Ai Act ha già iniziato a produrre i suoi effetti, rendendo obbligatoria, a partire dallo scorso 2 febbraio, la formazione sull’intelligenza artificiale – la cosiddetta AI literacy – per chi fornisce e utilizza sistemi di IA nel perimetro di applicazione della legge europea”, aggiunge Panetta.
Come scoprire se le proprie foto sono online senza consenso su siti sessisti
Ci sono vari servizi, gratuiti e a pagamento, per fare veloci ricerche e togliersi qualche dubbio. Si tratta di strumenti utili nelle indagini basate su open source intelligence, ma che utilizziamo anche normalmente nella vita di tutti i giorni.
Inserire il proprio nome su un motore di ricerca
La prima cosa che si può fare per verificare l’eventuale presenza di foto personali su siti sessisti è una semplice ricerca su un motore di ricerca. Basta inserire nella barra di ricerca il proprio nome, o nome e cognome separati da uno spazio, e vedere i risultati. Si tratta di una ricerca generica che permette di avere una prima panoramica della situazione.
Nel caso si voglia cercare su un sito specifico, si può inserire nella ricerca il nome del sito accompagnato dai propri nome e cognome.
Cercare tramite motore di ricerca interno al sito
Alcuni forum e piattaforme dispongono di un motore di ricerca interno che permette di navigare agilmente tra i contenuti pubblicati. Se il sito è accessibile (e quindi non è stato chiuso dalle autorità o oscurato), si può inserire il proprio nome, oppure nome e cognome insieme, o ancora un nickname, un nome d’arte o uno username che si è solite utilizzare online o ancora una caratteristica particolare, come la professione o un tratto fisico. Spesso infatti su questo genere di siti le donne sono suddivise per categorie, su Phica erano anche professionali (per esempio politiche o giornaliste).
Ricerca tramite applicazione What’s my name e categoria NSFW
Esistono applicazioni che permettono di cercare facilmente tutti i contenuti relativi alla propria ricerca. Per esempio è possibile usare www.whatsmyname.app. L’interfaccia è come quella di un motore di ricerca, permette però anche la ricerca specifica all’interno di determinate categorie di siti, come “dating” e “xxxNSFWxxx”, che si riferisce alla categoria NSFW, not safe from work, cioè siti pornografici e affini. Se si sospetta di un soggetto specifico che potrebbe aver sottratto foto e magari oltre al nome si conosce uno username da lui usato spesso online, è utile inserirlo per cercare se l’utente è presente su su questi siti. Poi si può approfondire la ricerca andando a controllare direttamente il sito.

Ricerca da mail o telefono con motore di ricerca o applicazione
Tramite alcune applicazioni, che però in parte o del tutto sono a pagamento, si può cercare la presenza online di una persona inserendo il proprio numero di telefono o la mail. Un esempio è il tool Epieos www.epieos.com , che però, sottolineiamo ancora, offre servizi a pagamento. Permette di avere la panoramica dei servizi online e delle piattaforme in cui è presente quell’indirizzo o numero.

Chiaramente si può anche in modo semplice e gratuito inserire mail e numero di telefono in un motore di ricerca classico.
Ricerca per immagini tramite motore di ricerca
Utilizzando la ricerca per immagini tramite un comune motore di ricerca è possibile individuare se la foto sia stata pubblicata da qualche parte. Emergono le corrispondenze con le rispettive url e anche immagini simili ma non identiche.
Tutelarsi se le foto online senza consenso sono su siti sessisti con server all’estero
Cosa fare se si scoprono foto online pubblicate senza consenso su siti sessisti o porno? La legge offre numerosi strumenti di tutela. E non bisogna temere se i server del sito sono all’estero, in Ue come extra Ue. In caso di ipotesi penali, la magistratura può sempre intervenire. In caso invece di altre violazioni, come quelle relative alla protezione dei dati personali, va ricordato che “uno dei punti di forza delle normative europee sulla data economy e il digitale è la loro portata extraterritoriale. La capacità, cioè, di imporre regole e sanzioni anche a soggetti che operano all’estero, quando gli effetti delle loro condotte interessano i cittadini o il mercato europeo”, spiega Panetta.
Pensiamo ad esempio solo “alla normativa sulla circolazione e protezione dei dati personali: il fatto che una società di internet con sede in un paese straniero offra servizi a cittadini europei fa scattare automaticamente l’applicazione del Gdpr, a prescindere poi dal fatto che quei dati siano conservati in server collocati in altri Paesi. Anzi, il trattamento transfrontaliero di dati personali rende applicabili le ulteriori tutele e garanzie previste dalla normativa data protection per questi casi”, conclude l’avvocato Panetta.










