Se l’essere umano è sempre alla ricerca di nuove risorse da impiegare per sostenere il proprio progresso, di innovative tecnologie che possano rendere più facile la vita o disegnarne una del tutto nuova, allo stesso tempo, le minacce dovute alle varie competizioni globali fra Paesi e industrie sono crescenti e anche, in parte, inedite.
Corsa all’accaparramento di risorse e spionaggio
La corsa all’accaparramento di risorse ha generato importanti sviluppi tecnologici che, tuttavia, sono rimasti comunque contenuti fino a quando non si è incominciato ad estrarre i combustibili fossili. Da quel momento in poi, concausa forse anche la scoperta che il mondo era veramente finito (le grandi scoperte di terre emerse sono definitivamente cessate nel corso del XIX secolo), lo sviluppo tecnologico ha avuto impulsi senza precedenti. Un progresso filosoficamente sostenuto dal positivismo e poi ulteriormente incoraggiato dall’espansione del sistema accademico e universitario. Tuttavia, proprio il crescente interesse per le attività condotte all’interno di università, centri di ricerca e laboratori ha attirato sempre di più lo sguardo vigile non solo dei propri governi, interessati a finanziare alcuni settori ma anche quello di altri paesi, attirati dall’idea di potersi appropriare del know-how altrui e valorizzarlo in patria.
I casi di spionaggio di questo tipo sono molti e già palesemente in essere e dimostrano non solo la salienza del tema ma anche l’estrema e quasi inestricabile complessità di determinare un fenomeno perfino più celato delle più tradizionali forme di spionaggio. Il tema centrale di questo tipo spionaggio, infatti, risiede nella vocazione della scienza ad unire persone e menti, arricchendosi nella contaminazione e non nella chiusura. Lo stesso metodo scientifico predica l’apertura e la condivisione.
Tuttavia, proteggere il know-how scientifico ed accademico non è impossibile ed anzi, proprio la complessità di ogni scoperta e della sua applicazione pratica potrebbe essere la migliore difesa.
La storia di Ruopeng Liu
La storia di Ruopeng Liu, ingegnere cinese dal patrimonio stimato da Forbes in 1,3 miliardi di dollari nel 2017, intreccia l’innovazione tecnologica con quella che, a tutti gli effetti, potrebbe essere una riedizione della celebre saga di Ian Fleming: “007”. Ben raccontata dal giornalista Daniel Golden nel suo libro del 2017 “Spy Schools”[1] e citata dal sottoscritto in una precedente riflessione riguardante le nuove risorse e l’academic espionage[2], la vicenda intreccia una straordinaria quotidianità lavorativa con la contesa globale fra Cina e Stati Uniti.
I caratteri fondamentali della vicenda Liu
Tracciare i caratteri fondamentali di questa vicenda, che fra l’altro non casualmente Golden tratta nel primo capitolo del suo libro, ci aiuta a mettere a fuoco un fenomeno di crescente preoccupazione internazionale. Ovvero: la sicurezza del know-how accademico. Se quello industriale può, almeno in certi casi, essere già protetto dalle aziende stesse, è la ricerca di base o quella di laboratorio a presentare il maggior rischio di essere indebitamente sottratta o copiata. Certo, resta sempre il problema che la ricerca da sola non significa poi molto perché, se non viene applicata e sviluppata, il suo valore commerciale è praticamente nullo ma qualora venga copiata da altri, si rischia di perdere un possibile vantaggio competitivo.
E purtroppo, come la vicenda di Liu dimostra, anche gli accorgimenti sulla sicurezza delle comunicazioni interne ed esterne alle università, laboratori e centri di ricerca, possono essere del tutto inefficaci, perché Liu non era un hacker o un visitatore che si è infiltrato nei sistemi di sicurezza ma un ricercatore a tutti gli effetti della Duke’s University.
Quando Liu è entrato all’Università nel laboratorio di David R. Smith, come racconta la NBC News, si è iniziato ad occupare di meta materiali ed in particolare di materiali che potessero rendere invisibile un oggetto alle micro-onde. Non un’invisibilità per l’occhio umano ma per i radar. Liu, che si mostrò subito un affabile ed estroverso ricercatore, contribuì, nel corso della sua permanenza alla Duke, a facilitare l’incontro fra Smith e colleghi cinesi, facendo partecipare il proprio gruppo di ricerca ad alcuni seminari proprio in Cina. Le ricerche di Smith, però, erano finanziate dal Pentagono. Dall’arrivo di un altro ricercatore e dopo alcuni episodi di incomprensione fra Smith e Liu, il ricercatore cinese tornò in Cina dove ha aperto una start up multimilionaria lavorando proprio sui metamateriali e l’invisibilità.
L’assenza di un “caso Liu”
L’FBI ha indagato ma alla fine il caso non ha portato a niente: non si poteva dimostrare che il ricercatore cinese avesse sottratto materiale, idee e fondi all’istituzione americana per trasmetterli al proprio governo. Si aggiunga che, proprio il ricercatore con cui Liu parrebbe aver avuto dei dissapori alla Duke ha aperto una propria start up negli Stati Uniti basata sulla medesima ricerca di base, ma con prodotti finali diversi. Successivamente Liu è diventato un politico in Cina e anche Direttore della Martin Jetpack, azienda che studia le possibilità di utilizzo di jet pack per svariate attività umane. Inoltre, a quanto raccontato dalle fonti che ne hanno trattato, i rapporti fra Liu e il governo di Pechino si sono avverati solo successivamente al suo rientro in patria, momento in cui ha, a quanto pare, effettivamente ottenuto l’appoggio anche finanziario dello stato.
Conclusioni
L’insegnamento dell’assenza di un vero caso giudiziario è proprio questo: quando si tratta di ricerca di base o fondamentale, l’appropriazione indebita di un’idea è qualcosa che si dimostra molto difficilmente. Allo stesso tempo, l’apporto di Liu al laboratorio della Duke è stato riportato come positivo e prolifico, tanto da aver ottenuto il dottorato. Quindi, se non fosse stato ammesso forse la ricerca non sarebbe diventata così attraente da essere copiata, sempre che lo sia stata. Inoltre, Liu non ha sabotato l’opera del suo professore ed anzi ne ha incoraggiato il lavoro. Il cuore della questione risiede allora altrove: non bisogna concentrarsi sul timore del furto della propria ricerca di base o know-how ma essere bravi a mantenere il vantaggio competitivo dato dal fatto di essere stati i primi ad iniziarla.
Note
[1] “Spy Schools: How the CIA, FBI, and Foreign Intelligence Secretly Exploit America’s Universities”
di Daniel Golden. St Martin’s Press, 2018
[2] Uscita su Scuola Filosofica