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Accessibilità dei siti web: cosa cambia con l’estensione degli obblighi ai soggetti privati

Tutti devono poter accedere a internet e ai servizi digitali, in linea col principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione. Devono perciò essere rimosse tutte le barriere per l’uso di siti web e di app. Va in tal senso l’art. 29 del decreto Semplificazioni che estende ai privati gli obblighi di accessibilità

Pubblicato il 30 Set 2020

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Tra le copiose e rilevanti novità del decreto Semplificazioni (d.l. n. 76/2020 convertito con modificazioni dalla l. n. 120/2020) deve segnalarsi la disposizione (art. 29) che prevede l’estensione degli obblighi di accessibilità di cui alla legge Stanca (l. 4/2004) anche ai soggetti privati con un determinato fatturato medio che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili.

Contesto normativo

La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità[1] impegna ad adottare misure adeguate per garantire alle persone con disabilità, in condizioni di parità con gli altri, l’accesso alle tecnologie e ai sistemi di informazione e comunicazione e ad elaborare, adottare e monitorare l’attuazione di norme minime e linee guida per l’accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico, nonché a promuovere l’accesso delle persone con disabilità ai nuovi sistemi e tecnologie di informazione e comunicazione, ad astenersi dall’intraprendere ogni atto o pratica che sia in contrasto con la Convenzione e a garantire che le autorità e le istituzioni pubbliche agiscano in conformità con la medesima.

La direttiva (UE) 2016/2102 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2016[2], è stata emanata al fine di consentire il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le prescrizioni in materia di accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili (“app”) degli enti pubblici, consentendo così a tali siti e applicazioni di essere maggiormente accessibili agli utenti, in particolare alle persone con disabilità. Con tale direttiva sono state, dunque, stabilite le norme cui gli Stati membri devono conformarsi per assicurare che i siti web e le applicazioni mobili degli enti pubblici soddisfino le prescrizioni in materia di accessibilità e siano, quindi, “percepibili, utilizzabili, comprensibili e solidi” [3].

L’articolo 2 della direttiva precisa, peraltro, che gli Stati membri possono mantenere o introdurre misure conformi al diritto dell’Unione che vadano al di là delle prescrizioni minime per l’accessibilità di siti internet e applicazioni mobili stabilite dalla direttiva.

Nel nostro ordinamento la materia dell’accessibilità è stata affrontata sin dal 2004 con la legge “Stanca” (l. 9 gennaio 2004, n. 4, recante disposizioni per favorire l’accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici) avente il dichiarato obiettivo di garantire il diritto accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone con disabilità.

L’accessibilità dei sistemi informatici è intesa come capacità, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari.

I soggetti obbligati al rispetto delle prescrizioni delle legge Stanca sono, oltre alle pubbliche amministrazioni (di cui all’art. 1, c. 2, del d.lgs n. 165/2001), gli enti pubblici economici, le aziende private concessionarie di servizi pubblici, le aziende municipalizzate regionali, gli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, le aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico, le aziende appaltatrici di servizi informatici agli organismi di diritto pubblico e tutti i soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l’erogazione dei propri servizi tramite sistemi informativi o internet.

I requisiti di accessibilità sono stati stabiliti con le linee guida dell’Agid, emanate il 26/11/2019.

Le novità del decreto Semplificazioni

L’emergenza sanitaria affrontata a seguito dell’epidemia da Covid-19 ha mostrato l’importanza della possibilità di accedere e utilizzare liberamente e i servizi digitali[4].

Anche per tale motivo è stato ritenuto necessario che l’accessibilità e la fruibilità dei siti web e delle applicazioni mobili divengano, in via ordinaria, principi e tecniche da rispettare nella progettazione, nella costruzione, nella manutenzione e nell’aggiornamento di siti internet e di applicazioni mobili per rendere il loro contenuto più accessibile agli utenti, in particolare alle persone con disabilità[5].

E così, con l’art. 29 del decreto Semplificazioni[6], i principi di accessibilità di cui alla legge Stanca sono stati estesi anche alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico attraverso i nuovi sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione in rete e sono stati inclusi nel novero dei soggetti erogatori destinatari degli obblighi di accessibilità anche i soggetti giuridici che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro[7].

A tali soggetti è stato esteso il divieto -già previsto per i soggetti pubblici – di stipulare, a pena di nullità, contratti per la realizzazione e la modifica di siti web e applicazioni mobili nel caso in cui non rispettino i requisiti di accessibilità.

È stata, inoltre, prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di rilevante entità (fino al 5 per cento del fatturato) nel caso di mancato rispetto delle prescrizioni normative fermo restando, in ogni caso, il diritto del soggetto discriminato ad agire ai sensi della legge 1° marzo 2006, n. 67.

L’accertamento e l’applicazione della sanzione pecuniaria spetterà all’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) [8].

L’AGID dovrà, in particolare, svolgere l’istruttoria per accertare il compimento di violazioni alla normativa, fissare il termine per l’eliminazione delle infrazioni stesse da parte del trasgressore e, in caso di inottemperanza alla diffida, applicare la sanzione amministrativa.

Nel procedimento sanzionatorio si dovranno osservare, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Prospettive future

La possibilità di ampliare la platea dei soggetti obbligati al rispetto dei requisiti di accessibilità era già paventata ed incoraggiata dalla direttiva 2016/2102. Il considerando n. 34 della direttiva suggeriva, infatti, la possibilità per gli Stati membri di estendere l’applicazione della medesima direttiva agli enti privati che offrono strutture e servizi aperti o forniti al pubblico, anche in alcuni settori di particolare importanza (sanità, servizi per l’infanzia, inclusione sociale e sicurezza sociale, servizi di trasporto e dell’elettricità, del gas, dell’energia termica, dell’acqua, servizi delle comunicazioni elettroniche e dei servizi postali).

In un futuro prossimo, comunque, l’accessibilità sarà effettivamente garantita per un numero sempre maggiore di servizi.

Invero, con la direttiva (UE) 2019/882 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 (sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi), che mira a migliorare il funzionamento del mercato interno di prodotti e servizi accessibili, rimuovendo le barriere create da norme divergenti negli Stati membri, è stato previsto che determinati prodotti e determinati servizi forniti ai consumatori dopo il 28 giugno 2025 dovranno rispettare degli specifici requisiti di accessibilità.

In particolare, con riferimento ai servizi[9], la direttiva si applica a: servizi di comunicazione elettronica; servizi di accesso a media audiovisivi; alcuni elementi relativi ai servizi di trasporto passeggeri aerei, con autobus, ferroviari e per vie navigabili; servizi bancari per consumatori; libri elettronici (e-book) e software dedicati; servizi di commercio elettronico.

Tra i requisiti di accessibilità che i fornitori dei predetti servizi dovranno rispettare vi è quello di rendere i siti web, comprese le applicazioni online e i servizi per dispositivi mobili correlati, accessibili in modo coerente e adeguato, facendo in modo che siano percepibili, utilizzabili, comprensibili e solidi.

Tali prescrizioni si applicano indistintamente agli operatori economici del settore pubblico e del settore privato, prevedendosi solo eccezioni per le microimprese[10] o alla ricorrenza di determinati presupposti[11].

Conclusioni

L’accesso libero a internet e a tutti i servizi digitali ad esso connessi è ormai una condizione indispensabile per il pieno dispiegarsi della personalità e per l’esercizio dei diritti fondamentali.

Sempre più, infatti, la possibilità di accedere a determinati servizi o di acquistare prodotti o di partecipare attivamente alla vita sociale passa attraverso l’utilizzo di internet.

Risulta allora fondamentale che tutti, senza distinzioni alcune, siano messi nella possibilità di usufruire di tali servizi e attività, e che vengano, dunque, rimosse tutte le possibili barriere per l’utilizzo di siti web e di app, in ottemperanza al principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione.

Sinora, come si è visto, l’obbligo di adeguare i propri siti web (e le proprie app) a determinati requisiti era stabilito soltanto per i soggetti pubblici (o i soggetti ad essi equiparati) in quanto soggetti che erogano funzioni o servizi pubblici che, per loro natura, devono essere liberamente accessibili da chiunque. Ma non è la natura giuridica del soggetto erogatore che può essere in effetti l’unico presupposto per imporre degli specifici obblighi di accessibilità, dovendosi invece far riferimento anche alla tipologia di servizio erogato.

Ed è proprio in considerazione di ciò che è stata introdotta questa importante modifica alla Legge Stanca che dovrebbe garantire da subito l’accessibilità di alcuni servizi anche se erogati da soggetti privati senza dover attendere i lunghi tempi di recepimento e di attuazione della direttiva 2019/882.

Tale nuova incombenza è stata, infatti, prevista dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, con la conseguenza che i soggetti obbligati dovranno attivarsi immediatamente per scongiurare l’applicabilità delle sanzioni da parte dell’AGID.

____________________________________________________________________________

  1. La convenzione è stata approvata il 13 dicembre 2006 ed è stata ratificata nel nostro ordinamento dalla legge 3 marzo 2009, n. 18.
  2. La direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 106.
  3. Per “percepibilità” si intende che le informazioni e i componenti dell’interfaccia utente devono essere presentabili agli utenti in modalità percepibili; per “utilizzabilità” si intende che i componenti e la navigazione dell’interfaccia utente devono essere utilizzabili; per “comprensibilità” , si intende che le informazioni e il funzionamento dell’interfaccia utente devono essere comprensibili; per “solidità”, si intende che i contenuti devono essere abbastanza solidi da poter essere interpretati con sicurezza da una vasta gamma di programmi utente, comprese le tecnologie assistive.
  4. In tal senso, L. GIANNINI, Coronavirus, ora il digital divide minaccia i diritti fondamentali, 31 marzo 2020
  5. Si veda in merito la Relazione illustrativa del Governo al decreto legge 76/2020.
  6. Decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120.
  7. Il decreto legge 76/2020 prevedeva in origine un fatturato di 900 milioni di euro. Il valore è stato abbassato in sede di conversione.
  8. L’Agid dovrà regolamentare il procedimento sanzionatorio, come ad esempio effettuato con il regolamento recante le modalità per la vigilanza e per l’esercizio del potere sanzionatorio ai sensi dell’art. 32-bis del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
  9. Si veda l’articolo 2, par. 2 della Direttiva 2019/882.
  10. Per microimpresa si intende un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.
  11. Nel caso in cui l’adempimento comporti una modifica sostanziale o un onere sproporzionato, si veda l’art. 14 della direttiva 2019/882.

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