L'ANALISI

Assunzioni PA per la gestione del cambiamento, come fare

Per rendere funzionale alla trasformazione digitale il piano di assunzioni previsto con lo sblocco del turn over nella PA, occorre inserirlo pienamente nel quadro del progetto di gestione del cambiamento, in modo coordinato e declinato secondo le caratteristiche delle diverse amministrazioni. Ecco alcuni spunti

Pubblicato il 17 Feb 2020

Nello Iacono

Coordinatore di Repubblica Digitale

Siamo alla vigilia del via al piano di assunzioni che dovrebbe portare nella PA circa 500mila nuovi dipendenti nel prossimo triennio, con un’occasione di cambiamento della popolazione dei lavoratori della PA che difficilmente si potrà ripetere con questa ampiezza. Può essere utile quindi qualche riflessione sulle condizioni di successo di questo processo, approfondendo in particolare alcuni aspetti, relativi al contesto, alla metodologia e alle competenze necessarie.

Contesto e gestione del cambiamento

Come si rileva dal Rapporto Annuale di Forum PA,  questo piano assunzionale, legato allo sblocco del turn over, avviene “dopo la costante riduzione del personale pubblico (193mila unità in meno in 10 anni), con un’età media arrivata a 50,6 anni, il sempre maggiore ricorso a figure flessibili (340mila i precari) e la grave carenza di competenze: i laureati nella PA italiana sono il 39,4%, il tasso più basso in Europa, e ciascun dipendente ha usufruito nell’anno di poco più di una giornata di formazione”.

La Ministra Dadone d’altra parte ha evidenziato una piena consapevolezza dell’opportunità e anche della complessità di una positiva definizione e attuazione di un piano di assunzioni inquadrato in un contesto di gestione del cambiamento della PA, sottolineando che il piano “rappresenta una leva fondamentale per il ricambio generazionale e culturale della pubblica amministrazione. Risorse nuove, ricambio e competenze digitali, svecchiamento delle infrastrutture e delle procedure interne alla amministrazione diventano le parole d’ordine per la qualità dei servizi pubblici”

Aggiungiamo qualche elemento di riflessione: in gran parte il funzionamento della macchina amministrativa rimane caratterizzato da un’elevata propensione al lavoro per funzioni (silos spesso non comunicanti tra loro), con poche aperture alla condivisione di responsabilità e di interazioni in una logica di processi (e progetti) interfunzionali e di attuazione diffusa di metodologie di project management. Siamo ancora alla necessità di attuare una profonda ristrutturazione della macchina amministrativa, che non si esaurisce nell’indispensabile e già ambiziosa “reingegnerizzazione dei processi grazie alle nuove tecnologie”, che era stata indicata nel 2016 dal Commissario all’attuazione dell’Agenda Digitale Diego Piacentini al momento del suo insediamento, ma che richiede, come sottolineavo in quell’occasione, anche un profondo scardinamento delle modalità di lavoro, così da realizzare una transizione effettiva dai silos ai processi trasversali, dai controlli autorizzativi e sul tempo di lavoro alle verifiche sul raggiungimento degli obiettivi, dalla logistica del lavoro per uffici funzionali a un approccio in chiave smart working. E questo scardinamento, che poi non è altro che la tanto auspicata “trasformazione digitale della PA”, è possibile soltanto attraverso un ambizioso progetto di gestione del cambiamento di cui il piano assunzionale non può che essere una formidabile parte.

Visto da un altro punto di vista, questo significa che la definizione del piano assunzionale, perché possa contribuire concretamente al cambiamento della PA nel senso della trasformazione digitale, ha bisogno della definizione dello scenario obiettivo, da cui derivare i fabbisogni della “PA che cambia”, sapendo che il pieno soddisfacimento di questi fabbisogni richiede correlati piani di cambiamento organizzativi, di funzionamento, normativi e di formazione per dirigenti e dipendenti.

Costruire così il complesso programma di gestione del cambiamento della PA, impresa non facile ma necessaria, è indispensabile anche per evitare che le nuove professionalità, per quanto ben identificate, non vengano stritolate da un contesto incapace di valorizzarle.

Metodologie e Competenze

Come sottolinea il Rapporto Annuale di Forum PA, “Le PA devono organizzarsi velocemente per effettuare rilevazioni dei fabbisogni, bandire concorsi in grado di testare anche competenze soft, svolgere quanto prima le selezioni. Poi bisogna potenziare la formazione, realizzare valutazioni delle performance (fino a oggi appiattite sulla produttività individuale) e garantire la piena diffusione dello smart working, spesso non ancora considerato una filosofia manageriale”.

È infatti evidente che quanto si richiede alle nuove professionalità di organizzazioni complesse come le PA è la capacità di lavorare per obiettivi nel contesto di attività in cui la collaborazione in team interni e con altre organizzazione diventa fondamentale. In questo senso si può affermare che le nuove professionalità da inserire nella PA devono rispondere a requisiti di competenza trasversali (di livello diverso a seconda del livello di responsabilità), che spaziano dalle competenze soft a quelle manageriali a quelle specifiche digitali, come ben definite dal Syllabus elaborato dal Dipartimento della Funzione Pubblica.

Semplificando, diventa un “must” come requisito al momento dell’assunzione (e quindi come obiettivo trasversale minimo da raggiungere attraverso la formazione degli attuali dipendenti), essere in grado ad esempio di lavorare efficacemente in team di progetto, geograficamente diffusi, agendo per risultati e utilizzando strumenti digitali di gestione delle attività e di collaborazione, oppure di identificare le opportunità di cambiamento dei processi in cui si opera, facendo leva su strumenti e modalità digitali.

Suggerimenti e auspici

Realizzare il radicale e profondo cambiamento della PA richiesto dalla strategia di trasformazione digitale, in modo coordinato e declinato secondo le caratteristiche delle diverse amministrazioni, significa costruire una governance che consenta di procedere in modo sistemico sui diversi fronti delle politiche delle risorse umane, delle politiche organizzative, della valutazione delle performance, della reingegnerizzazione e della digitalizzazione dei processi, oltre che dell’evoluzione dei servizi e dei sistemi secondo il Piano Triennale per l’informatica della PA.

Significa quindi aprire i silos sin dal momento della definizione del progetto di cambiamento e della rilevazione dei fabbisogni, dove un ruolo fondamentale di coordinamento e integrazione deve essere svolto dal responsabile per la transizione al digitale, ma in un contesto in cui i dirigenti tutti intraprendono un percorso verso capacità di e-leadership di cambiamento.

Occorre la consapevolezza della complessità e delle articolazioni della gestione del cambiamento che si deve realizzare, sapendo che la coerenza del messaggio e l’efficacia della spinta al cambiamento dipendono in gran parte dall’allineamento delle amministrazioni sul premiare le capacità di integrazione, di coordinamento e di “execution”. Per un progetto di cambiamento che deve essere disegnato al più presto.

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