“Firma e fattura elettroniche ok, ma ora avanti verso vera automazione”

I nuovi provvedimenti possono costituire il punto di partenza concreto del percorso verso una piena digitalizzazione, ma è necessario capire come verranno attuate. C’è rischio di un’ulteriore burocratizzazione. C’è poi tanto da fare ancora: ad esempio una piattaforma in grado di integrare i dati dei sistemi di fatturazione elettronica con le informazioni bancarie relative alle disposizioni di pagamento. Il punto di vista di tre noti professionisti

Pubblicato il 04 Lug 2013

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Problema o opportunità? Burocratizzazione che cambia solo volto, o integrazione di risorse tesa ad una maggiore efficienza? I recenti decreti su firma elettronica e fatturazione elettronica nei confronti della PA possono davvero rappresentare un elemento fondamentale nel processo di digitalizzazione se portano ad una reale automatizzazione procedurale che possa essere banco di prova per un percorso più lungo, che prosegua anche al di fuori dell’ambito pubblico.

Nel mondo dei professionisti c’è attesa per i provvedimenti attuativi legati alle nuove normative, nonché sulle modalità di gestione di quanto previsto dai decreti, dal momento che tuttora nessun Ente pubblico si trova in condizioni adeguate, sia tecnologicamente che operativamente.

Andrea Arrigo Panato, commercialista molto attento alle problematiche legate alla digitalizzazione e docente della Scuola di Alta Formazione – Fondazione Dottori Commercialisti di Milano e Università Bocconi, osserva: “Esistono almeno due aspetti da considerare e valutare, che coincidono con due differenti chiavi di lettura: una rappresenta i rischi, l’altra le opportunità”.

“Il primo aspetto – chiarisce ad Agendadigitale.eu – è che i decreti su digitalizzazione e firma elettronica, se gestiti in modo macchinoso, potrebbero trasformarsi semplicemente in un ulteriore adempimento burocratico. Il rischio è che vengano realizzate infrastrutture informatiche, ma non in grado di interagire fra loro, con l’ovvia conseguenza di gonfiare la macchina burocratica senza riuscire a trarre un valore aggiunto che porti benefici alla PA e a imprese e cittadini. In questo caso, anche i professionisti saranno costretti ad organizzare la propria attività con dotazioni ottpportune, trasformandosi in qualcosa di molto vicino ad un service provider, ma allontanandosi da ciò che la loro professione impone, ossia di dare al cliente un’adeguata consulenza”.

“Di tutt’altro tenore sarebbe, invece, l’opportunità di lavorare nell’ambito di un sistema davvero integrato” prosegue Panato: “Si pensi ad esempio ai vantaggi derivanti dalla tracciabilità di una piattaforma in grado di integrare i dati dei sistemi di fatturazione elettronica con le informazioni bancarie relative alle disposizioni di pagamento. L’emissione di una fattura elettronica che indica le coordinate bancarie per il pagamento potrebbero essere acquisite con immediatezza a livello bancario e interbancario, e così pure le informazioni legate al pagamento di tale fattura. E laddove i sistemi di tesoreria delle aziende, che procedono all’elaborazione degli estratti conto bancari, fossero in grado di scambiare informazioni con le piattaforme gestionali, si potrebbe avere un’automatizzazione molto spinta delle registrazioni contabili”.

Le registrazioni potrebbero così essere effettuate dai sistemi, mentre le aziende e gli studi professionali – dopo aver effettuato i controlli necessari – potrebbero investire il proprio tempo e le proprie risorse in attività a maggior valore aggiunto. Anche le verifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate si potrebbero svolgere in modo più agevole: “Un sistema di verifica dei documenti contabili in formato elettronico potrebbe essere in grado di effettuare controlli incrociati e di avviare accertamenti più celeri e mirati”, considera Panato.

A questo punto, dal momento che l’evoluzione tecnologica porta alla digitalizzazione, ogni protagonista del settore deve investire in risorse idonee alle proprie esigenze ed è verosimile pensare che le crescenti necessità di gestione documentale portino PA e aziende ad orientarsi verso soluzioni cloud, attorno alle quali si andrebbe a generare un mercato seriamente organizzato e strutturato, con protocolli di interscambio standard per consentire il trasferimento di informazioni anche tra soggetti pubblici e privati: “Prendiamo in considerazione i dati utilizzati per gli studi di settore: perché limitare la loro utilità a scopi fiscali e a scopo di esazione? Se gli istituti bancari, anziché focalizzarsi sui grandi nomi, utilizzassero questi sistemi per guardare anche i bilanci delle PMI, potrebbero ragionare ad esempio in un’ottica di filiera e pensare ad interventi a favore di piccole realtà che sono concatenate anche ad aziende di maggiori dimensioni”.

“Se tutto funziona nell’ambito di un sistema realmente integrato, si avvia un circolo virtuoso che porta più ossigeno alle aziende, che a quel punto possono dedicarsi ad attività più proficue” commenta Panato, aggiungendo un’osservazione: “La PA dovrebbe avere il compito di fare da apripista, per dare l’opportunità, alle organizzazioni che hanno iirapporti con lo Stato, di crescere veramente. Questo è un modo concreto di favorire il Sistema Paese, con una digitalizzazione che deve portare meno burocrazia , altrimenti viene percepita solo come un balzello aggiuntivo”.

In queste tematiche emerge la necessità di regole tecniche chiare, come sottolineato dall’avvocato Giusella Finocchiaro – avvocato e professore ordinario di diritto di Internet e di diritto privato all’Università di Bologna – soprattutto in merito alla possibilità del disconoscimento della firma elettronica avanzata e all’idoneità ad integrare il requisito della forma scritta degli atti e dei contratti con questa firmati: “Il disconoscimento del documento informatico con firma elettronica avanzata non è più basato sulla prova del mancato utilizzo del dispositivo di firma da parte del titolare del dispositivo e che ora, invece, quel disconoscimento, con relativa inversione dell’onere probatorio, è limitato alla firma elettronica qualificata o digitale. Viene quindi eliminata una rilevante incongruenza prima contenuta nel Codice dell’amministrazione digitale, più volte segnalata, dal momento che la firma elettronica avanzata non richiede necessariamente un dispositivo di firma. Ad esempio, nel caso di firma c.d. “grafometrica”, cioè della sottoscrizione autografa apposta su tablet informatico con una particolare penna, il dispositivo di firma non esiste, a meno di non voler considerare tale la mano, con evidenti effetti paradossali nell’applicazione della norma previgente”.

Altra rilevante novità è la certezza dell’idoneità del documento con firma elettronica avanzata ad integrare il requisito della “forma scritta” (art. 1350 c.c.). “Ciò si applica a tutti gli atti e i contratti che richiedano la forma scritta ad substantiam cioè per la validità dell’atto o del contratto: ad esempio, contratti bancari, consenso privacy per i dati sensibili. In sintesi, il documento con firma elettronica avanzata integra la forma scritta per tutti gli atti e i contratti, tranne quelli aventi ad oggetto beni immobili. Questo chiarimento è assai opportuno, benché l’interpretazione prevalente fosse già in questo senso, non essendo la norma previgente formulata in modo chiarissimo” osserva l’avvocato Finocchiaro.

Sulla stessa lunghezza d’onda in merito alle regole tecniche si esprime anche Nicola Savino, consulente esperto in materia di digitalizzazione e dematerializzazione, che ora intravede possibilità molto ampie: “Ora possiamo e dobbiamo utilizzare la firma grafometrica ovunque. Pensate a quanti documenti cartacei oggi hanno una sottoscrizione. Ora pensateli in digitale e all’usabilità della firma su tablet. Ora non abbiamo più motivi per avere paura e soprattutto abbiamo la certezza assoluta di avere un’unione inscindibile tra documento informatico e sua sottoscrizione e la completa equiparazione ai documenti su carta sotto il profilo della validità legale fino a querele di falso”. Ma a questo proposito è opportuno tenere presente un aspetto: “Chi si sognerà mai di disconoscere la propria firma su un tablet, sapendo che la firma biometrica ha ovviamente più elementi per riconoscere la persona rispetto alla firma su carta analogica, e poi che nei processi di fira elettronica avanzata c’è di mezzo il riconoscimento certo dell’utente che firma e la persona che riconosce deve apporre anche la sua firma digitale…”

Una riflessione, infine, sui tempi di attuazione: “La tempistica di decorrenza dell’obbligo è fissata in 12 mesi per ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali pubblici; in 24 mesi per le altre amministrazioni incluse nell’elenco Istat. Invece per le amministrazioni locali, la data di decorrenza sarà determinata con decreto del ministro dell’Economia. E i fornitori delle PA ? Beh…dovranno dunque gestire il proprio ciclo di fatturazione esclusivamente in modalità di fatturazione elettronica, non solo nelle fasi di emissione e trasmissione ma anche in quella di conservazione”. E l’attesa, ora, è proprio sull’ufficializzazione delle regole tecniche in merito di conservazione sostitutiva.

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