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Le cinque cose che i Comuni devono sapere sul software open source

Come previsto dal CAD e dalle linee guida per l’acquisto di software, le amministrazioni devono adottare soluzioni a riuso o soluzioni open source. Ecco cosa c’è da sapere

Pubblicato il 13 Mar 2023

Gabriele Francescotto

Presidente di Opencontent SCARL e fondatore di OpenCity Labs

Lorenzo Salvadorini

CTO OpenCity Labs

Crm,Customer,Relationship,Management,Business,Sales,Marketing,Technology,Concept.

Tra le diverse raccomandazioni del PNRR alcune misure per i Comuni ricordano di tenere presente l’obbligo di legge di svolgere le azioni previste dalle Linee guida sull’acquisto e il riuso di software per la PA, che sono profondamente intrecciate con il tema dell’open source.

Questa raccomandazione ha risvegliato l’attenzione e riaperto le discussioni sul software open source nella pubblica amministrazione; si tratta di un tema un po’ complesso. Ma niente panico, l’open source non è un problema; è una soluzione. Per entrare a far parte del mondo open source, basta sapere e fare cinque cose. Vediamole insieme.

L’open source è una scelta strategica

L’open source è uno dei pilastri della trasformazione digitale della pubblica amministrazione. In un post di alcuni anni fa, l’allora Commissario per la Trasformazione Digitale e il CTO del Team per la Trasformazione Digitale indicavano una lista di dieci azioni chiave per i Comuni italiani. All’interno di questa guida destinata ai Comuni italiani un ruolo centrale è occupato dall’open source (punto 5: Utilizza software open source!).

L’open source è un obbligo

Il Codice per l’Amministrazione Digitale (CAD) e le linee guida per l’acquisto di software indicano chiaramente che le amministrazioni devono scegliere software a riuso e in alternativa soluzioni di tipo open source. Solo nel caso in cui non ci siano soluzioni adeguate possono decidere di commissionare lo sviluppo di nuovo software e devono renderlo disponibile in riuso (quindi dotarlo di una licenza open source). L’utilizzo di software proprietario non è prevista nel processo standard di acquisto di software ed è considerato un ripiego. L’Italia non è sola in questo percorso: si muove dentro una cornice europea regolatoria e di indirizzo che ha ricevuto di recente nuovo impulso nell’ambito della strategia digitale dell’Unione Europea , anche sostenendo OSOR (l’Osservatorio per l’Open Source che individua e promuove le migliori iniziative di sviluppo del software open source per il settore pubblico a livello europeo).

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C’è un modo semplice per trovarlo

Developers Italia è il catalogo del software open source a disposizione della pubblica amministrazione. Qui sono disponibili due sezioni, dedicate rispettivamente al “software a riuso” (software che altre pubbliche amministrazioni hanno reso disponibile e deciso di manutenere) e “software open source terze parti” (software open source messo a disposizione da aziende open source e utile per la pubblica amministrazione. Developers Italia ha anche messo a disposizione una sezione dedicata al software open source che contribuisce a raggiungere gli obiettivi PNRR

Figura 1. La sezione di Developers Italia dedicata al software open source

La qualità del software open source


Quando scegli un software, di qualsiasi tipo, devi verificare che renda disponibili le funzionalità di cui hai bisogno e che lo faccia con soluzioni tecnologiche adeguate. Il vantaggio del software open source è che se vuoi puoi controllare direttamente la qualità di quello che stai per acquistare (è pubblico, basta un click per scaricarlo) e puoi vedere sempre con un click quanti sviluppatori lavorano sul codice, se il codice riceve aggiornamenti e miglioramenti, quante e quali amministrazioni lo usano. In altri termini, assicurati di scegliere una soluzione open source che sia vitale in termini di lavoro sul codice (commit, merge, release), numero di persone che ci lavorano, anzianità del progetto. E anche in termini di amministrazioni che la utilizzano.

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Il fatto che – attraverso Developers Italia – queste informazioni siano pubbliche significa che sono soggette a controllo pubblico: chiunque può capire facilmente se il software in questione è un piccolo progetto in uno stato di sviluppo parziale o una soluzione matura e vitale in grado di offrire garanzie. E anche individuare quei casi in cui il software viene pubblicato (magari in modo parziale) solo per adempiere ad obblighi normativi e magari non c’è un modello di sviluppo aperto che ne consente la manutenzione e l’evoluzione. Anche in questo caso basta un click per capire se la soluzione è “vitale”, cioè se ci sono persone competenti che lavorano con impegno sul software oppure se il software giace abbandonato. Tutte queste informazioni sarebbero utili anche quando si scelgono soluzioni proprietarie, ma in questo caso è impossibile saperlo prima di aver adottato la soluzione.

Figura 2: il ciclo di sviluppo del software React KIT (set di componenti open-source conforme alle Linee guida di design per i servizi digitali della PA, basato su UI Kit e Bootstrap Italia) è aperto alla supervisione di tutti e raccoglie contributi da parte di qualunque sviluppatore (proveniente dal pubblico o dal privato) che intende collaborare attivamente per costruire un’unica e migliore soluzione a vantaggio di tutti.

Open source non significa gratis

Il motivo per cui scegliere software open source non è la sua gratuità. In altri termini, il software open source non è un ripiego gratuito per risparmiare. Il software open source va valutato, come ogni altro software, per la sua qualità che è ciò di cui le amministrazioni hanno bisogno per produrre risultati, erogare servizi efficaci, garantire una buona esperienza agli utenti che usano il software. La qualità ha un costo, le pubbliche amministrazioni che puntano su uno specifico software open source devono finanziarlo adeguatamente per contribuire alla sua qualità e per poter aver voce in capitolo sulla sua evoluzione.

Come si finanzia il software open source?

Come si finanzia il software open source? Ci sono sostanzialmente tre modi per farlo:

  • commissionare a un’azienda lo sviluppo di una componente open source che arricchisca la soluzione;
  • contribuire a finanziare un’azienda che mantiene e fa evolvere il software che si intende utilizzare;
  • utilizzare una versione SaaS cloud del software open source, finanziando l’azienda che la offre e assicurandosi che la stessa azienda contribuisca attivamente alla manutenzione e alla evoluzione del software.

In tutti questi casi, prima di scegliere è bene confrontarsi con il maintainer della soluzione, cioè il responsabile del software che stiamo scegliendo. Un’altra cosa che è utile fare, è chiedere un parere ad altre amministrazioni pubbliche che già lo usano. Anche in questo caso, una volta individuato il software open source su Developers Italia, per contattare il maintainer e individuare altri enti che già usano la soluzione basta un click.

Manuale d’uso del software libero nella PA: ecco perché è un freno all’adozione

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Conclusioni

Quando una pubblica amministrazione sceglie di adottare un software proprietario entra in una logica in cui tutto il potere è nelle mani del fornitore della soluzione. In caso di problemi, l’unica possibilità che un’amministrazione ha è quella di adottare una soluzione diversa, con un costo economico e organizzativo enorme (legati al trasferimento dati, alla formazione del personale e al cambiamento dei processi interni).

Motivo per cui si dice che spesso “le amministrazioni hanno le mani legate”. L’utilizzo di software open source è una garanzia contro il lock-in: se un fornitore non lavora in modo corretto l’amministrazione può sceglierne un altro che lavori sulla stessa soluzione. O finanziare altre aziende o società pubbliche che possano lavorare sulla manutenzione o evoluzione del software. Il fornitore di una soluzione open source non ha potere di ricatto verso l’amministrazione e quindi ha tutto l’interesse a continuare a fare il suo lavoro con qualità, in un rapporto più sano tra fornitore e cliente della soluzione.

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