La trasformazione digitale è il tema che, forse più di altri, è in cima all’agenda dei decision maker, ovvero delle persone a cui è affidata la responsabilità di dirigere un’azienda o di governare un territorio, piuttosto che una nazione.
L’affermarsi della società digitale, sostenuta dalle tecnologie di nuova generazione, porta con sé la necessità di adeguare, se non cambiare in maniera strutturale, modelli sociali e modelli economici che per decenni sono stati punto di riferimento del nostro agire.
L’epoca dell’innovazione incessante
Nella storia dell’uomo mai abbiamo assistito ad un’epoca caratterizzata da un repentino ed incessante livello di innovazione e trasformazione, sostenute da uno sviluppo tecnologico le cui metriche non sono più misurabili nel medio e lungo periodo bensì su un arco temporale di qualche anno, se non di mesi.
Società digitale e liquida
Di fronte ad un contesto in così rapido mutamento, tutti – nessuno escluso – siamo chiamati a dare risposte con altrettanta rapidità ed efficacia. E la sfida si preannuncia quanto mai impegnativa perché una società digitale è per definizione – ce lo ricorda ZygmunT Bauman – una “società liquida”, perché i suoi protagonisti, dai produttori ai consumatori, sono in continua trasformazione e quindi nel nostro operato dobbiamo considerare (e gestire) la variabile dell’incertezza: quello che vale per oggi, con tutta probabilità, non potrà valere per domani. E’ per questa ragione che possiamo assegnare al termine “incertezza” una valenza neutra e non più negativa. Neutra perché così appaiono le dinamiche delle società digitale: incerte nella loro evoluzione ma non nel loro accadimento.
Se facciamo nostra l’intuizione del sociologo e filosofo polacco, dobbiamo attrezzarci, innanzitutto da un punto di vista culturale, ad avviare “processi liquidi” di cambiamento, ovvero in grado di adattarsi via via a seconda del mutare delle condizioni in cui ci troviamo ad operare.
Trasformazione digitale, il capitale umano chiave del successo
La trasformazione digitale non è solo un processo tecnologico ma ha nel capitale umano e sociale il fattore definitivo di successo. Il ciclo di vita della tecnologia è un ciclo sempre più breve e ciò comporta il fatto che qualsiasi tecnologia, anche la più dirompente, è destinata ad essere rimpiazzata nel breve e medio periodo da un’altra, ancora migliore e innovativa. E per innovativo intendo la capacità della tecnologia di concorrere a migliorare la qualità di vita delle persone.
Ciò che rende la tecnologia abilitante, sia nella pubblica amministrazione sia nelle aziende, sono le persone che quotidianamente ci lavorano e la rendono disponibile a cittadini e clienti.
Investire sulle persone per trasformare il territorio
Le professioni digitali sono quindi il vero valore su cui noi fondiamo la propensione alla trasformazione di un territorio o di un’azienda. Senza il capitale umano e sociale, la tecnologia non riesce ad essere nemmeno abilitante del processo di trasformazione.
Per questo motivo ritengo che il primo investimento – parlando di trasformazione e società digitali – debba essere riservato alle persone con l’obiettivo di formare una generazione in grado di gestire la governance della trasformazione digitale e di avviare i necessari processi di sviluppo. Tale impostazione vale – a mio avviso – sia per la pubblica amministrazione sia per le aziende private di qualsiasi dimensione e settore merceologico.
Formazione per l’intero ciclo di vita, cosa fa il Trentino
Una nuova generazione non si crea in pochi giorni o mesi, ma richiede l’allestimento di un processo formativo che partendo dai primi anni di scuola arriva ben oltre l’entrata nel mercato del lavoro da parte delle persone.
Seguendo questo filo logico – che in realtà altro è il ciclo di vita della persona – in Trentino abbiamo introdotto fin dalle scuole dell’obbligo la terza lingua (dopo italiano e tedesco), perché la nuova società digitale ha una lingua universale: l’inglese. Senza la conoscenza dell’inglese è impensabile parlare di governance della trasformazione digitale o di nuove professioni.
Le professioni per la trasformazione digitale
Le nuove professioni digitali non sono patrimonio esclusivo di professionisti con un alto livello di scolarizzazione ma, al contrario, iniziano fin dalle scuole professionali. In Trentino abbiamo quindi investito molto sulla meccatronica, costituendo a Rovereto un polo internazionale per l’attrazione di aziende del settore, ma andando a permeare le scuole professionali con i fondamentali della meccanica, dell’elettronica e dell’informatica. Sarà questa la prima linea delle professioni di domani: meccanici, elettricisti, periti ma anche agronomi, camerieri, cuochi, che si formeranno in Trentino, dovranno saper parlare tre lingue e, negli ambiti delle rispettive professioni, dovranno saper utilizzare al meglio macchinari e soluzioni digitali sempre più evolute e pervasive. L’economia trentina ad oggi si basa su settori quali turismo ed agricoltura che, soprattutto il primo, sono già guidati da regole e criteri digitali. Un esempio per tutti: quasi l’80% delle prenotazioni turistiche oggi – non domani – passa attraverso la Rete. Risulta evidente che già oggi nessun professionista del turismo potrà prescindere dal web.
Programmi e corsi di studio per scuole e università
Lo stesso discorso vale per le scuole superiori e l’università dove già da tempo stiamo investendo in programmi e nuovi corsi di studio. La scuola trentina è un’eccellenza e dobbiamo continuare a garantire il livello attuale. La formazione delle nuove generazioni è il migliore investimento che un territorio può fare per il futuro. Senza conoscenza nessuna tecnologia ci salverà da un mercato sempre più competitivo e sempre più globale.
Incontro fra ricerca e aziende
Ritornando al concetto di società liquida, mi piace pensare anche ad una formazione che, forte dei fondamentali, sia altrettanto liquida, ovvero in grado di intercettare le nuove richieste ed i nuovi fabbisogni del mercato del lavoro e delle aziende. In Trentino stiamo investendo molto sulla ricerca applicata perché crediamo che il sistema della ricerca debba incontrarsi con il mondo delle aziende alle quali va garantito un supporto in termini di innovazione e competitività.
La partita si giocherà a tutto campo e non riguarderà settori specifici: la trasformazione digitale cambierà l’agricoltura, così come cambierà un’officina o un laboratorio artigianale, piuttosto che un albergo o un impianto di risalita.
L’inizio di una nuova era
Stiamo vivendo l’inizio di una nuova era in cui tutto sarà connesso e tutto (o molto) sarà digitale: così è stato all’inizio della rivoluzione industriale con il motore a scoppio, così lo sarà per il digitale. L’importante è continuare a garantire ad un territorio la capacità di governare questi cambiamenti.
In Trentino abbiamo realizzato con finanziamenti pubblici locali la dorsale in fibra ottica, autostrada digitale di oltre 1000 chilometri dentro cui correranno i servizi di prossima generazione. E grazie a questa dorsale che entro due anni arriveremo con la banda ultra larga in oltre il 90% delle abitazioni e nel 100% delle aziende.
Non è possibile parlare di nuove professioni digitali senza aver pianificato un adeguato programma di istruzione e l’infrastrutturazione del territorio.
Professioni digitali per una realtà in movimento
Entrando più a fondo nel tema delle nuove professioni digitali credo che non si possa più parlare di figure generiche, quali “sviluppatori” o “personale Ict”. Questo è un termine destinato a passare in secondo piano.
Le professioni di domani richiederanno un altissimo livello di specializzazione per affrontare, con competenza e preparazione, settori oggi in forte sviluppo: ci saranno le professioni legate ad Internet delle cose (Iot), all’It Security, al Data Scientist, e ancora allo sviluppo di soluzioni verticali. L’elenco è lungo e variegato, basti pensare allo sviluppo di soluzioni mobile.
Nessuno ha la sfera magica per prevedere quali saranno le professioni digitali di domani ma tutti abbiamo oggi davanti agli occhi – ed occorre saperla leggere – una realtà in rapido movimento.
Ripeto, avere la presunzione di individuare oggi i (nuovi) mestieri di domani potrebbe rivelarsi un errore tragico. Piuttosto sono dell’idea che si debbano creare delle piattaforme nuove di conoscenza che permettano ai giovani di verticalizzarsi e specializzarsi durante il percorso formativo.
Il piano del Trentino per la scuola digitale
Recentemente il Trentino ha adottato un proprio piano per la scuola digitale, inteso come documento d’indirizzo per il consolidamento e il rilancio di una strategia complessiva d’innovazione del sistema educativo d’istruzione e formazione. L’obiettivo è di individuare un nuovo posizionamento del sistema educativo nell’era digitale.
Questo piano intende proporre una visione di educazione nell’era digitale che accompagni le scuole che vogliano cogliere le opportunità offerte dalle ICT e dai linguaggi digitali. La scuola trentina mira a cambiare gli ambienti di apprendimento e ad educare i ragazzi ad un uso consapevole del digitale.
Intervenire sulla preparazione digitale
Non dobbiamo dimenticare quanti sono oggi nel mercato del lavoro: fare comunicazione, marketing, insegnare, vendere case o gestire un negozio richiede sempre più un’anima o una preparazione digitale. E su questo, a mio parere, possiamo e dobbiamo intervenire in tempi rapidi, cambiando e attualizzando programmi scolastici e corsi di studio universitari.
Formazione digitale dei dipendenti
La società digitale non è solo domani ma è già oggi. Ne sanno qualcosa le aziende che da tempo chiedono un aiuto alla formazione del proprio personale, sia esso operaio, quadro intermedio o dirigente. In Trentino, da anni, abbiamo un percorso di formazione dei dipendenti e garantiamo alle aziende, oltre ai corsi, anche degli incentivi, per promuovere dentro le stesse dei percorsi continuativi di aggiornamento.
Ciò che vale per le aziende pubbliche deve valere anche per gli enti pubblici, chiamati ad offrire nuovi servizi – diversi per tipologia ma anche per modalità di erogazione – e che richiedono nuove figure professionali o la riqualificazione del personale esistente. Proprio i servizi di nuova generazione potrebbero essere un’opportunità per l’entrata dei giovani nella pubblica amministrazione, attraverso un’equilibrata gestione del turn-over.
Da amministratore di un territorio, qual è il Trentino, a forte tasso di innovazione, trovo questa prospettiva entusiasmante, oltre che impegnativa, perché ci consente di declinare, ancora una volta e in maniera autentica, l’Autonomia del Trentino. E per Autonoma intendo la possibilità di disporre direttamente delle risorse finanziarie proprie – garantite non da fondi statali ma unicamente dalle tasse versate dai trentini – e degli strumenti legislativi necessari a fornire le risposte più appropriate alle reali esigenze del territorio.