identità digitale

Spid in ritardo, perché è successo e come recuperare

Il sistema pubblico di identità digitale è fermo a 2,7 milioni di utenti, ben lontano dall’obiettivo di avere 9-17 milioni di utenti attivi a tre anni dal lancio. Vediamo quali sono le principali criticità che ne hanno frenato il decollo e cosa attenderci dal cambio ai vertici Agid

Pubblicato il 02 Ago 2018

Valeria Portale

Direttore dell’Osservatorio Innovative Payments e dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano

spid

Per Spid qualcosa non è andato come nei piani e oggi ci troviamo in ritardo nell’attuazione del disegno. Proviamo di seguito a capire cosa è successo.

Il contesto di riferimento

Com’è noto l’Agid si trova in una fase di profonda trasformazione: si è conclusa l’era Samaritani dopo 3 anni di guida dell’Agenzia e si attende la nuova nomina di un direttore che possa portare avanti il lavoro avviato. Questi ultimi 3 anni sotto la guida di Antonio Samaritani sono stati importanti per lo sviluppo di molte infrastrutture digitali – da PagoPA fino all’Anagrafe Nazionale centralizzata (ANPR) – e, in particolare, per Spid, il sistema pubblico per l’identità digitale che ha visto la luce proprio in questo triennio. Che cosa possiamo attenderci, dunque, da questo cambio di vertice per il futuro di Spid?

Il futuro di Spid

Oggi Spid conta quasi 2,7 milioni di cittadini attivi, 8 gestori dell’identità e oltre 4.000 amministrazioni attive (fonte avanzamentodigitale.italia.it, 17/7/2018).

Il modello scelto dall’Agid in questi anni per Spid ha visto fin da subito un coinvolgimento di attori privati e pubblici. Agid ha affidato ad attori privati (i cosiddetti Identity Provider), certificati e supervisionati dall’Agid stessa, il compito di registrare e detenere le identità digitali dei cittadini italiani e di gestirle anche per le Pubbliche Amministrazioni che possono accedere al servizio gratuitamente. Per gli Identity Provider il ritorno dall’investimento non viene quindi dalle Pubbliche Amministrazioni, ma potrà venire dai Service Provider privati che potranno accedere al servizio e dai servizi ad altissima sicurezza (livello di sicurezza 3) che potranno essere fatti pagare anche alle Pubbliche Amministrazioni e ai cittadini (nei primi anni si garantiva l’erogazione dell’identità gratuitamente, ma è tutto da capire cosa avverrà in futuro). L’idea di fondo dell’Agid, infatti, era quella di favorire la nascita ed alimentare un mercato privato attraverso il circolo virtuoso e la massa critica delle Pubbliche Amministrazioni che avrebbero aderito al servizio.

Il disegno è stato promosso in varie forme, anche in tv, e – almeno fino al Governo Renzi – anche fortemente sostenuto pubblicamente dai vertici della politica.

I tre punti critici

Ma allora com’è possibile che il risultato ha deluso le aspettative? Tre i punti più critici.

  • Le Pubbliche Amministrazioni hanno risposto con scarso entusiasmo. Le grandi Pubbliche Amministrazioni, che avevano già ampiamente investito negli anni per attivare un sistema proprietario di autenticazione, hanno affiancato ai sistemi in uso l’autenticazione tramite Spid; questo, però, è stato fatto senza troppa convinzione e senza un’adeguata promozione ai cittadini. Le piccole Pubbliche Amministrazioni locali, invece, che avrebbero potuto vedere in Spid lo strumento di semplificazione della messa online dei propri servizi, tardano a cogliere questa occasione. A nulla è valso l’obbligo di adozione per le Pubbliche Amministrazioni entro i 24 mesi dal lancio (scaduti ormai a marzo 2018): le amministrazioni attive attualmente si attestano a 4.000 unità contro le 10.000 attese. Insomma, vi è ancora molto lavoro da fare.
  • I cittadini faticano a vedere i vantaggi. Vi sono solo 2,7 milioni di utenti attivi e, seppur vi sia stato molto lavoro in questa direzione, siamo molto lontani dall’obiettivo di avere 9-17 milioni di utenti attivi a tre anni dal lancio (marzo 2019). Sicuramente vincolare il bonus docenti e il bonus 18 anni all’attivazione di un’identità Spid ha dato una buona spinta al numero di utenti, tuttavia non è abbastanza. Il vero problema è che oggi l’utente fatica a vedere i vantaggi di avere Spid rispetto ad altri sistemi di autenticazione che già utilizza. Se aumentassero le Pubbliche Amministrazioni attive e i servizi a cui è possibile accedere e vi fossero più Service Provider aderenti al servizio, gli utenti potrebbero trovare maggior valore nell’uso del sistema nazionale di Digital Identity.
  • Mancano i Service Provider. Risultano ancora assenti i Service Provider privati che utilizzano Spid per l’autenticazione dei propri clienti. Ci auguriamo che nei prossimi mesi qualcuno si attivi per generare un circolo virtuoso portando valore agli utenti. Ad oggi il servizio ha un costo per i Service Provider privati tra i 2,5 e i 4 euro a utente per la registrazione e tra i 0,8 e i 1,2 euro a utente per l’autenticazione, ma si lavora – a quanto risulta – a una possibile riduzione delle tariffe. Il cambio di direttore non ha certo favorito il passaggio.

Auspichiamo quindi che il nuovo direttore possa proseguire la strada intrapresa dando un’accelerazione al lavoro e permettendo a Spid di decollare e di diventare una piattaforma di successo del sistema italiano. Questo non potrà avvenire senza i necessari investimenti in comunicazione e senza il coinvolgimento di attori pubblici e privati che possano aiutarne lo sviluppo. Questo punto è probabilmente il più dolente.

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