Il modello

Trasparenza, così gli enti pubblici possono adempiere agli obblighi 2018

Le amministrazioni sono tenute a presentare ogni anno il Piano per la trasparenza e l’anticorruzione. Per molti dipendenti si tratta solo di odiate incombenze. E’ quindi necessario riorganizzare la trasparenza per intraprendere un nuovo percorso e nei prossimi tre anni adeguare i modelli organizzativi. Ecco un modo

Pubblicato il 02 Nov 2017

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

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Ogni anno le Pubbliche Amministrazioni, entro il 31 gennaio, devono pubblicare il Piano per la trasparenza e l’anticorruzione (PTPCT).

Dall’anno in corso, nel Piano per la prevenzione della corruzione, va evidenziata anche una sezione dedicata, in modo specifico, alla trasparenza.

Larga parte delle pubbliche amministrazioni affrontano queste attività come dei meri adempimenti burocratici e anche le amministrazioni virtuose redigono la parte sulla trasparenza senza una metodologia precisa.

Per volontà del legislatore la trasparenza è un valore fondante della pubblica amministrazione (viene paragonato ai principi costituzionali) e, in quanto valore fondante, la trasparenza deve permeare ogni attività e ogni obiettivo.

Insomma, la trasparenza non è la sezione del sito dedicata ad amministrazione trasparente né, tanto meno, si riduce alle attività di gestione del FOIA.

I processi di digitalizzazione, ad esempio, devono anche essere finalizzati a rendere maggiormente accessibili e trasparenti i dati, i documenti, gli atti di una pubblica amministrazione.

Ancora di più, un corretto principio di digitalizzazione, deve consentire ad una Pubblica Amministrazione una facile reperibilità di tutto ciò che essa produce nella sua vita interna e nei rapporti con i cittadini e con le imprese.

Conseguentemente, un fascicolo cartaceo o, purtroppo, quello scherzo di natura definito “fascicolo ibrido”, renderanno, in caso di accesso o di ricerca, difficilmente reperibile l’oggetto della ricerca e aggraveranno il carico di lavoro dei dipendenti pubblici.

La trasparenza viene così percepita dai pubblici dipendenti come una odiata incombenza.

In questa sede non voglio soffermarmi sugli obblighi stabiliti con chiarezza dalla legislatura, né sulle sottolineature fatte più volte dall’ANAC in materia di trasparenza.

Ciò che è chiaro è che la “trasparenza va organizzata”, che è parte di tutti gli atti programmatici e deve guidare ed indirizzare il piano economico di gestione e gli obiettivi individuali e collettivi attribuiti in quella sede.

Inoltre è chiaro che, ad ogni livello dirigenziale o comunque apicale, nell’atto di attribuzione dell’incarico, andranno individuati dei chiari obiettivi di trasparenza da raggiungere.

Il “decisore politico” assume – ed assumerà sempre di più- un ruolo decisivo: è infatti colui che indica gli indirizzi programmatici e attribuisce gli obiettivi di trasparenza.

Le strutture amministrative, in primis i dirigenti e i segretari generali, devono garantire una attività e un modello organizzativo improntato sulla trasparenza.

E, tutto ciò, non deve essere assolutamente concepito come un ulteriore onere burocratico, bensì come un radicale cambiamento culturale e dei modelli organizzativi.

Chi scrive sa benissimo che sarebbe velleitario pretendere un rapido raggiungimento di questi obiettivi. La strada sarà ancora lunga e tormentata. Ma, in ogni amministrazione un percorso andrà rapidamente formalizzato ed intrapreso.

La platea dei soggetti ai quali applicare la legislazione in materia di trasparenza e quindi adeguare i livelli di digitalizzazione e i processi organizzativi è molto ampia (peraltro il nuovo CAD, opportunamente la amplierà ulteriormente).

Va considerata nel novero, la “tradizionale” P.A, in tutte le sue declinazioni e articolazioni, ma anche il mondo dei gestori delle public utilities (di pubblica utilità), le autorità portuali, le aziende sanitarie ed altre.

Come si capirà bene è ormai necessario che, dopo gli adeguamenti legislativi in materia di anticorruzione e trasparenza, le P.A. si dotino:

– di una metodologia per misurare il proprio livello di trasparenza (assessment);

– di una metodologia per definire gli ambiti organizzativi e culturali sui quali influire per raggiungere una maggiore trasparenza;

– di una pianificazione, almeno triennale, per raggiungere obiettivi tangibili;

– di un sistema di indicatori che consentano obiettivamente di misurare e monitorare se gli obiettivi vengono raggiunti.

Negli indicatori andranno ricompresi i giudizi dei cittadini, secondo metodologie che li rendano oggettivi e un conseguente sistema di riconoscimento salariale.

Pensando al mondo degli enti locali (d’altronde è quello che conosco meglio), ho realizzato una metodologia per misurare e gestire le attività finalizzate alla trasparenza.

Ho pensato cioè che il nel 2018 le P.A. abbiano un obbligo, anche morale, di intraprendere finalmente le attività, chiaramente definite, per migliorare il proprio livello di trasparenza e che questa priorità debba orientare finalmente i processi organizzativi e di digitalizzazione.

Ho concepito quindi un metodo basato:

– su una fase di indagine sul campo (la collaborazione dei dipendenti è decisiva) analizzando alcuni macro obiettivi quali ad esempio il “sito istituzionale”, i modelli di fascicolazione e conservazione della documentazione, la gestione di amministrazione trasparenza, l’educazione alla trasparenza per i dipendenti e i cittadini ecc.

L’insieme dei macro ambiti di indagine li troverete sul mio sito michelevianello.net. A questa prima fase di indagine, che andrà formalizzata con report e con momenti di confronto con i dipendenti e i cittadini, ne dovrà seguire una ulteriore che si baserà sulla condivisione delle buone pratiche e sulla trasformazione delle carenze in obiettivi.

Gli obiettivi per essere concreti dovranno tradursi in “micro azioni”. Nel mio metodo, molte di queste sono già state definite. Ma, poiché le amministrazioni sono molto diverse tra di loro, andrà utilizzata la giusta dose di flessibilità.

Questo lavoro dovrà, infatti, essere contraddistinto da grande realismo nella definizione degli obiettivi, dall’attribuzione di risorse umane ed economiche adeguate, da intensi processi formativi interni, essi stessi, misurabili.

In questa fase peraltro si dovrà analizzare l’adeguatezza dei sistemi informativi procedendo a disegnare architetture processuali (non procedimentali), finalizzate alla condivisione di dati ed informazioni, alla interoperabilità dei diversi sistemi, all’accessibilità per i cittadini e per i dipendenti stessi.

Una fase parallela, molto impegnativa, dovrà rileggere il tradizionale sistema degli indicatori di performance dell’ente. Molto spesso gli indicatori di performance sono concepiti sulla base di obiettivi molto ordinari e generici. Conseguentemente la misurazione delle performance oggi non appare improntata alla selettività.

Gli obiettivi di trasparenza, all’opposto, necessitano di un maggiore rigore e dettaglio nell’individuazione degli obiettivi (quelle che più sopra ho definito come le micro azioni).

Se la trasparenza va organizzata, l’attività del prossimo triennio dovrà essere improntata all’adeguamento in questa direzione dei modelli organizzativi.

Conseguentemente se si crede davvero di intraprendere questa strada, questo processo andrà dettagliato, misurato, monitorato costantemente e retribuito.

Viceversa temo che, come nel 2017, i PTPCT saranno ancora contraddistinti da genericità e inadeguatezze.

Vale poco lo spauracchio dell’ANAC o del moltiplicarsi degli accessi generalizzati (FOIA) da parte dei cittadini.

Sono convinto che ormai le P.A., i Comuni, i gestori delle public utilities, le aziende sanitarie locali debbano intraprendere consapevolmente la strada della trasparenza.

Per approfondimenti:

L’attività di Assessment dei livelli di trasparenza in una PA (Slides)

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