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Addio ai “like” su Instagram e Facebook? Ecco perché i social ci stanno ripensando

I social sono oramai strumenti essenziali della nostra vita, ma, al loro interno, hanno generato meccanismi che possono creare distorsioni e/o violazioni ai danni degli utenti. Facebook e Instagram vorrebbero bloccare la visualizzazione pubblica del numero di like dei post, ma la logica del profitto sembra prevalere

Pubblicato il 04 Dic 2019

Federica Maria Rita Livelli

Business Continuity & Risk Management Consultant//BCI Cyber Resilience Committee Member/CLUSIT Scientific Committee Member/FERMA Digital Committee /ENIA Scientific Committee Member/ BeDisruptive Training Center Director

social

Facebook e Instagram si stanno adoperando affinché sia possibile apporre il proprio “like” a un contenuto, ma senza la possibilità di vedere quali siano i numeri complessivi raccolti fino a quel momento, lasciando la possibilità di vederli solo alla persona che amministra l’account.

Una scelta dettata dalla necessità di porre rimedio alla cosiddetta “ansia da prestazione sociale”, che colpisce soprattutto i giovanissimi. Ma quali saranno le conseguenze e, soprattutto, i social manterranno la rotta intrapresa o cederanno alle pressioni di influencer e personaggi noti che sui like hanno costruito la loro fortuna?

I test

I primi segnali di questa decisione sono trapelati il 18 aprile del 2019 quando Jane Manchun Wong – ingegnere di Hong Kong specializzata in trovare nuove funzioni dei social media prima che vengano rese pubbliche – ha comunicato via Twitter che Instagram stava effettuando dei test per nascondere il conteggio dei “like” sotto i post, adducendo come scusa di volere che i follower si focalizzassero sul contenuto condiviso e non sul numero dei “like” che i post ottengono (ma vedremo qui, più avanti, la compara di molti segni di ripensamento – anche se parziale – provenienti da Instagram).

Il 2 settembre del 2019 la stessa Jane Manchum Wong ha reso pubblico, sempre in anteprima, che anche Facebook stava lavorando per nascondere il conteggio dei “like”. Un portavoce della società ha successivamente confermato al sito di tecnologia Tech Crunch la fondatezza della notizia: il social stava effettivamente considerando di seguire le orme iniziali di Instagram, decisione legata alla cosiddetta “ansia sociale” che dipende dal confronto con la popolarità altrui sulle piattaforme social.

Instagram e Facebook: bye-bye like?

Nel mondo in generale, e in particolare negli USA, le piattaforme social hanno iniziato a riscontrare che il conteggio deilike genera, in alcuni casi, un impatto negativo sull’autostima degli utenti soprattutto tra gli adolescenti.

Secondo Facebook e Instagram pubblicare un contenuto, senza ricevere l’approvazione della propria rete di contatti, può minare alla base la confidenza che una persona ha di sé stessa e, nel caso dei teenager, può arrivare a causare l’insorgenza di stati depressivi.

L’adolescenza è una fase delicata della persona che sta ancora formando la propria identità; in questa fase si cerca di attingere riferimenti nel proprio ambiente. Da un lato troviamo i genitori, nella maggior parte dei casi distanti e non in grado di comunicare, dall’altro lato vi sono i compagni di scuola, di sport o di quartiere, che vengono presi come modello e di cui spesso si teme il giudizio. Oggigiorno abbiamo anche dei social media che hanno esteso il concetto di “coetanei/pari” ad una platea infinita di persone. Le barriere geografiche sono annullate: l’adolescente si trova a disposizione uno spazio immenso dove espone sé stesso, diffonde quello che fa, pubblica i propri contenuti che sono sottoposti alla legge dei “like”, che si convertono in un vero simbolo di approvazione e decretano il successo o l’insuccesso di un testo, un’immagine o un video. Ne consegue che il conteggio dei “like” causa un’attività compulsiva da parte degli adolescenti, che monitorano in modo spasmodico il successo dei propri contenuti e, senza rendersene conto, utilizzano questi dati anche contro loro stessi. Infatti, se la propria attività sui social, dopo poche ore o, a volte, dopo pochi minuti, non sortisce un numero interessante di interazioni da parte dei pari, lo eliminano per evitare una “pubblica umiliazione”.

I social e l’ansia da approvazione sociale

I test intrapresi da Facebook e Instagram potrebbero essere interpretati come una misura per porre rimedio “all’ansia da approvazione sociale” degli adolescenti che sono alla ricerca ossessiva di continue conferme, paurosi di essere messi in disparte. I “likesi convertono in una dipendenza per quelle persone che vogliono risultare migliori e avere vite molto diverse dalla realtà, soprattutto confrontandosi con pari che pubblicano contenuti più accattivanti e glamour.

Stiamo parlando di un disturbo denominato “Fear of Missing Out” (FOMO), ossia la paura di essere “tagliati fuori” e il timore che qualcun altro stia facendo qualcosa di più interessante rispetto a noi, la sensazione di non vivere al “meglio” rispetto a quanto altri stiano facendo.

Già una ricerca di Kaspersky pubblicata nel 2017 aveva evidenziato il fenomeno di dipendenza da likedi molti utenti. Nella ricerca risultava, infatti, che il 61% degli utenti intervistati affermava di stare sui social per sentirsi meglio; il 57% confessava invece di non trovare quello che desiderava vedere; solo il 31% non si preoccupava del numero di “like” ricevuti dal proprio post; il 24% degli uomini e il 17% delle donne rispettivamente ammetteva di arrabbiarsi se non avesse ricevuto un numero di like adeguato rispetto alle proprie aspettative.

Facebook e Instagram, dunque, si stanno adoperando per eliminare la possibilità di visualizzare il numero complessivo di like raccolti da un post, lasciando la possibilità di vederli solo alla persona che amministra l’account.

L’esperimento era inizialmente limitato al Canada ed ora si estende anche ad Italia, Irlanda, Brasile, Giappone, Australia e Nuova Zelanda.

Quali conseguenze scaturiranno da questa nuova misura?

La rivista online Dazed ha fornito un‘interessante analisi delle conseguenze che potrebbero scaturire da questo cambio di rotta e, precisamente:

  • Maggiore spontaneità dei post pubblicati, i.e. postare “ciò che vogliamo” piuttosto che “ciò che gli altri apprezzerebbero di più” e, di conseguenza una probabile diminuzione di emulazione di influencer professionisti
  • Maggiore qualità vs. quantità nel mercato degli influencer che sono soliti mostrare alle aziende la media dei “like” ottenuti per post, per dimostrare il proprio valore. Ne scaturirebbe una maggior difficoltà da parte degli influencer nel dimostrare concretamente il loro potenziale e, al tempo stesso, una maggior diffidenza da parte delle aziende nell’investire su un social media senza “like”.
  • Aumento dell’autostima rispetto al senso di inferiorità, i.e. l’ossessione dei “like” e la sensazione costante di essere un passo indietro rispetto agli altri non sarebbero più così evidenti; gli influencer sarebbero costretti a misurarsi attraverso metriche alternative, quali i click-through dei link affiliati.
  • Le aziende scelgono di collaborare con chi è in grado di creare engagement e interazioni. Gli account che hanno milioni di follower, ma esiguo numero di like e commenti, non sarebbero attrattivi all’azienda in questione. Inoltre, in alcuni casi potrebbe trattarsi di account che hanno acquistato finti follower. Pertanto, se i “like” dovessero scomparire, l’engagement sarebbe più difficile da valutare, rendendo più facile la crescita di chi millanta quello che non è.
  • Approccio più etico e consapevole da parte dei vari attori coinvolti, e precisamente: un uso più democratico delle piattaforme e maggiore libertà nel condividere i contenuti dal lato utenti; maggiore attenzione alla qualità dei contenuti e rispetto delle esigenze del pubblico dal lato influencer; maggior dialogo costruttivo con i professionisti del settore e una conoscenza più approfondita degli account con cui collaborare dal lato aziende. In questo modo il post si convertirebbe in un vero strumento di dialogo: non sono più le cifre a premiare, ma la capacità di raccontare e coinvolgere la community, di instaurare rapporti di fiducia duraturi che prescindono dal numero di “like” ottenuti nell’ultimo post.

Ma Instagram ci ripensa…

È di fine ottobre la notizia di una possibile decisione di Instagram di rintrodurre il conteggio dei “like” sui post della piattaforma dopo le critiche degli influencer e dei personaggi noti sulla piattaforma che, a fronte del numero visibile dei “like”, avevano la possibilità di ottenere contratti lavorativi. Senza Il numero dei “like” immediatamente visibile, infatti, è molto difficile avere un riscontro immediato del successo di un post o di una campagna pubblicitaria e, per evitare di perdere clienti e utenti di un certo “peso economico”, Instagram avrebbe deciso di fare un parziale passo indietro.

Il dietrofront di Instagram è visibile, al momento, sulla versione desktop e si ritiene che la piattaforma stia valutando di rimettere i “like” anche sugli altri dispositivi.

Vale la pena riflettere anche su un’altra misura attuata sempre nelle ultime settimane da Instagram e, precisamente, l’eliminazione di alcuni filtri con effetto chirurgia estetica. Trattasi di filtri che permettono di modificare i tratti del viso e del corpo, una sorta di chirurgia plastica virtuale. Con l’eliminazione dei filtri Instagram vuole ovviare a reazioni o fenomeni gravi come la disformia, ossia la tendenza a non accettare il proprio aspetto perché continuamente esposti a modelli estetici stereotipati e irreali.

Conclusione

I Social sono oramai diventati degli strumenti essenziali della nostra vita quotidiana, ma, al loro interno, hanno generato logiche e meccanismi che possono creare distorsioni e/o violazioni ai danni degli utenti.

I “like” sono la chiave della cosiddetta “datificazione” delle nostre vite, pertanto ci risulta strano che Facebook e Instagram vogliano rinunciare ad essi. E i passi indietro, per quanto cauti, di Instagram confermano i nostri dubbi. Le due piattaforme social sembrerebbero impegnate a voler attuare modifiche alle proprie regole per continuare ad operare, con il tentativo di disinnescare le accuse di alimentare uno stato continuo di ansia, depressioni e frustrazioni. Nel caso dei “like” bisogna comunque ricordare che, anche se i dati non fossero più visibili all’audience, di fatto, resterebbero a disposizione, non solo dell’autore, ma anche del social.

Forse potrebbe risultare maggiormente corretto ed etico da parte delle due piattaforme poter affiancare ai “like” un altro pulsante/emoticon che si contrapponesse al simbolo del “like”, concedendo agli utenti un potere espressivo contrario, i.e. “dis-like”, “non mi piace”, mostrando sulla piattaforma entrambe le reazioni ai post.

Viviamo nell’era della Rete; le nostre vite sono influenzate dall’accelerazione vertiginosa di questa rivoluzione digitale oltre che dalla nostra esposizione sui social dove è importante, più che mai, avere una ragione critica in grado di distinguere la verità dalla mistificazione e di identificare le fake news, i fake account & follower.

Ultimamente assistiamo ad un cambio di “rotta” che comporta da parte degli utenti una maggiore attenzione alla verità ed alla fiducia, che sono destinate a diventare sempre più la “moneta” di scambio del futuro anche per le piattaforme social, dal momento che tali caratteristiche non si costruiscono sul profitto, sui risultati finanziari di un’azienda, bensì sui valori che si dimostrano e non più su quelli che si enunciano.

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