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Addio smart working, con il workation si unisce lavoro e vacanza



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Prorogato lo smart working semplificato cioè senza accordo individuale, fino a fine anno anche per i lavoratori fragili e superfragili del comparto pubblico. Intanto, emerge il fenomeno “workation”

Aggiornato il 2 ott 2023

Chiara Ponti

Avvocato, Privacy Specialist & Legal Compliance e nuove tecnologie – Baccalaureata



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La scadenza del 30 settembre 2023 per lo smart working senza accordo individuale per i lavoratori fragili è stata posticipata al 31 dicembre di quest’anno grazie all’art. 8 del D.L. n. 132 del 2023 cd decreto Proroghe già pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

I datori di lavoro devono destinare tale categoria di lavoratori a mansioni che si possono svolgere in modalità da remoto, anche diverse da quelle che competerebbero al loro ruolo, purché tra quelle della stessa categoria o area di inquadramento, senza alcuna modifica alla retribuzione. Questo slittamento è avvenuto grazie all’impulso della Federazione Lavori Pubblici e funzioni Pubbliche – FLP che, con una nota del 27 settembre 2023, aveva sollevato la questione evidenziando una sostanziale disparità di trattamento rispetto al settore privato.

Il tutto offre uno spunto per riflettere sul futuro di questa modalità di lavoro, un aspetto quasi irrinunciabile ma con una normativa non ancora perfettamente adeguata. E mentre all’orizzonte si intravedono scadenze e novità, emerge la dimensione del workation, termine che indica il lavorare in smart working da località di vacanza.

Termina a fine anno l’era dello smart working per i lavoratori fragili

Con la fine dell’anno, il diritto allo smart working per i lavoratori fragili del pubblico e del privato “agevolato/semplificato” terminerà. Anche per questi lavoratori, dunque, da inizio anno 2024 occorrerà siglare un accordo individuale, esattamente come per tutti gli altri lavoratori. A stabilirlo, come anticipato, è il DL Lavoro di luglio 2023 (L. 85/2023).

Rammentiamo che, per “lavoratori fragili” si intendono “quei lavoratori affetti da malattie croniche le quali hanno portato a condizioni di immunodeficienza, da patologie oncologiche con immunodepressione anche correlata a terapie salvavita in corso o che siano affetti da più co-morbilità, anche in relazione all’età” come da circolari del Ministero della Salute da leggersi in combinato disposto con il “Piano Organizzativo del Lavoro Agile Programmazione del lavoro agile e delle sue modalità di attuazione e sviluppo – P.O.L.A.”, predisposto per il triennio in corso 2021-2023.

Anche i lavoratori privati e genitori con figli under 14 sempre che nel nucleo familiare non ci sia l’altro genitore già beneficiario di qualche strumento a sostegno del reddito, ovvero per tutti purché in condizioni di maggior rischio potranno ancora usufruire dello smart working “agevolato/semplificato” senza accordo fino al 31 dicembre 2023.   

L’importanza dell’accordo individuale

L’importanza dell’accordo individuale va contestualizzata nella centralità di un aspetto imprescindibile dato dalla “volontarietà” tra le parti che un qualsiasi accordo, per sua stessa natura, garantisce.

Non occorre un accordo collettivo, nella pratica spesse volte più complicato da gestire.

D’altronde, la stipula di un contratto impone, in questo caso al datore di lavoro, una cautela massima rispetto alla individuazione della platea di lavoratori ai quali accordare lo smart working. In caso di lavoratori fragili, poi, atteso il loro stato di salute è chiaro ed evidente che avere stilato un accordo ben preciso evita, a priori, eventuali criticità legate a possibili atteggiamenti che interpretabili dai lavoratori fragili come “ritorsivi”.

In questo limbo di pochi o pochi mesi, suggeriamo comunque di prevedere a grandi linee le stesse sostanziali aggiuntive e a protezioni di questa categoria rafforzando – se già non fosse stato fatto – la policy aziendale che tratti questi temi: dall’accesso alla priorità nella concessione dello smart working.

Tutela aggiuntiva effettiva

Fino a fine mese ovvero fino a fine anno per questi citati lavoratori, dovrà essere assicurato lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità “agile”, anche assegnando loro mansioni differenti purché rientrino nella medesima categoria/area di inquadramento, così come continua a recitare la Nota del Governo del 30 dicembre 2022a proposito della Legge di Bilancio 2023.

Naturalmente, senza alcuna variazione di stipendio.

Tutela residuale

I lavoratori “iper-fragili” possono accedere allo smart working “agevolato/semplificato” fino a fine anno (31 dicembre 2023), in breve, senza firmare alcun accordo individuale a differenza degli altri lavoratori. Con una precisazione, ancora: in questi casi esiste una tutela residuale dettata dalla necessità di avere valutazioni di medici competenti al riguardo e per ciascun caso, attestanti per l’appunto che questi lavoratori dipendenti risultino “maggiormente esposti sia in relazione all’età, che alla presenza di condizioni di rischio derivanti da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità”.

Stato dello smart working in Italia: opportunità non sfruttate

In Italia una vera e propria legge di riforma dello smart working (L. 81 del 2017) non è stata ancora fatta. Vi è inoltre resistenza da parte di alcune aziende. Chiaramente non è così per tutte le realtà.

Le ragioni dello stop allo smart working da parte di alcune realtà sono molteplici, proviamo ad elencarne alcune:

  • Questioni di cultura aziendale
  • Controllo della presenza in azienda invece di valorizzare il lavoro per obiettivi
  • Processo di digitalizzazione non completo

Lo smart working diventa workation e le aziende lo propongono come benefit

Ultimamente stiamo assistendo a un cambio di paradigma: dallo smart working al paradigma workation. Il termine “workation” è di fatto l’unione di due parole “work e vacation” cioè “lavoro e vacanze”. In pratica, la combinazione di vacanza e lavoro. Questa sembra essere stata la tendenza delle ultime tre estati, dal 2020 a seguire, complice la pandemia con le sue più o meno improvvise chiusure alle quali tutti abbiamo assistito.

Il principio è semplice: poter svolgere il proprio lavoro dappertutto e incondizionatamente pur sempre nel rispetto ad esempio del diritto alla disconessione, basta avere uno smartphone, un pc e una buona connessione ad internet.

Da qui, l’idea in atto di alcune aziende, forse considerate “visionarie”, di rivedere il concetto di smart working alla luce della workation; in altri termini, prevedere un periodo di “workation”, in località attrezzate e accoglienti, al fine non solo di riequilibrare il rapporto lavoro-vita privata, ma anche di aumentare la produttività.

Workation, come funziona

Workation rappresentando la possibilità di svolgere la propria attività lavorativa anche da un luogo di villeggiatura, viene proposta quindi come un benefit aziendale. Da un lato, le aziende trovano il modo, previ accordi con le strutture che a ciò si prestano, di adottarlo con dei vantaggi perché no anche fiscali nei limiti della “legal-tax”, e dall’altro il lavoratore si sente privilegiato trovando l’equilibrio ideale fra impegni lavorativi e vita privata, godendosi la vista delle colline, dei giardini, di archi alpini, insomma paesaggi mozzafiato appaganti anche nello spirito.

Da qui, le iniziative finalizzate ad aiutare aziende e lavoratori a organizzare soggiorni per fare un vero smart working durante tutto l’anno e nelle più belle località italiane. A vantaggio, da ultimo ma non ultimo, del turismo che, grazie a queste iniziative, rinvigorisce.

Attenzione, però che, le aziende potrebbero concedere l’attività di workation per andare incontro alle esigenze del lavoratore/della lavoratrice, senza che questi erodano in alcun modo le ferie. In altri termini, sposando il nuovo paradigma della workation cosa cambierebbe rispetto al classico smart working è la località, non più casa, e soprattutto una deroga alla modalità ordinaria di cui all’accordo individuale siglato e che ciascun azienda, a seconda della politica (2/3 giorni o più alla settimana in presenza o viceversa) ha stabilito.

Workation, il commento di Carlomagno (sindacato FLP)

Sentito per un parere al riguardo, il Segretario Generale della FLP Marco Carlomagno ha commentato che l’attività di workation non sia “un modello organizzativo”. Secondo Carlomagno “…il futuro è il lavoro agile, basato su autonomia, fiducia e lavoro per obiettivi e risultati”. D’altronde, il cambiamento spaventa, e precisa che “…cambiare è sempre difficile soprattutto per motivi culturali. L’incapacità di comprendere la necessità di superare paradigmi obsoleti è comune purtroppo a troppi “manager” del pubblico e del privato”. Il problema allora insorge quando “dall’incapacità di comprendere, si polemizza sugli argomenti e in questo caso sullo Smart working disvelando una visione del lavoro e della sua organizzazione basata sul controllo (sia datoriale che sindacale)”.

Ritiene che lo smart working sia, per tanti, ancora soltanto una etichetta che in realtà altro non nasconde “…che una replica esatta, ma a casa, del lavoro in ufficio, invece di rappresentare un cambiamento davvero epocale e sostanziale nella gestione del lavoro, del flusso dei compiti e del tempo”.

E aggiunge che “le continue polemiche, oltre a non cogliere la differenza tra queste due distinte esperienze, mostrano una visione del lavoro antiquata, ottocentesca, nella sua assoluta incapacità di riconoscere il valore dell’autonomia del singolo lavoratore”. Per quanto l’epoca dell’800 (mi) affascini, è del tutto anacronistica una visione del genere con la conseguente “incapacità di comprendere – e così si è concluso il nostro scambio – che la vera sfida, non è quella di far tornare le persone in ufficio «come prima», ma piuttosto quella che ci dovrebbe permettere di passare a modelli organizzativi più rispettosi della nostra vera natura; modelli progettati per le persone, per favorire autonomia, creatività, crescita personale. Costruendo architetture organizzative all’interno delle quali le persone siano felici di interagire perché si sentono valorizzate ed hanno la possibilità di far fiorire tutte le loro potenzialità” e non reprimerle..

La vacanza diventa un’opportunità lavorativa

Va ricordato che non è imposto che lo smart working debba essere svolto solo da casa. Anzi, nello spirito della legge che lo disciplina (L. 81/2017) questo andrebbe compiuto in un prato, al pub, al bar proprio per non confonderlo con il telelavoro.

Basta avere gli strumenti giusti e le cautele necessarie ed ecco che la postazione di lavoro è fatta.

Senza contare che l’idea di andare in ufficio non piace a tanti, specie ai più giovani, la cosiddetta “Generazione Z”, per i quali la possibilità di fare smart working è diventata un elemento condizionante nella scelta del posto di lavoro, valorizzando l’elemento di “flessibilità2.

I nomadi digitali lavorano in modalità workation

La workation fa il pari con il fenomeno del nomadismo digitale.

I nomadi digitali sono tutti coloro che, più o meno giovani, hanno scelto lavorativamente di “sperimentare il desiderio di libertà e autonomia, esprimendo liberamente la propria creatività, grazie all’uso delle tecnologie emergenti per lavorare da remoto”. In questo modo si guadagnano da vivere conducendo uno stile di vita appunto da “nomade”.

Chi incarna al meglio questa (nuova) figura sono senz’altro i freelance, i liberi professionisti senza vincoli di orario, specializzati nel settore del web, ma non solo. Potremmo dire che i nomadi digitali sono tutti coloro che, esercitando una professione, per lavorare hanno bisogno di un pc e una connessione ad internet e quindi ivi rientrano il programmatore informatico, il web designer, il web marketing, il legal tech.

Secondo l’Associazione Nazionale Nomadi Digitali oggi, in tutto il mondo, parrebbero “…oltre 35 milioni di persone (di varie nazionalità) i nomadi digitali” i quali, in primis, lavorano in modalità workation manifestando una tendenza sempre più viva, di lavorare mentre si viaggia e con piacere.

Workation: i vantaggi di lavorare da una località turistica

I vantaggi di lavorare da una località turistica sono molteplici. Analizziamone alcuni dal lato del lavoratore e aziende, a tutto tondo.

Lato lavoratore

Dal punto di vista del lavoratore, c’è senz’altro la spinta di lavorare in modo più produttivo e creativo ben potendo allacciare rapporti interpersonali, senza privarsi dei momenti di relax nei tempi di non lavoro.

Una work life balance quindi sempre più accentuata; ed è notorio che più si è contenti e soddisfatti e meglio si lavora. Quindi più si produce.

Lato aziende

Due tipologie di aziende possono trarre evidenti vantaggi da questo schema.

L’azienda/datore di lavoro/committente che commissiona al lavoratore/nomade digitale il lavoratore potrà badare solo al risultato ragionando per obiettivi.

L’altra è l’azienda ricettiva che mette a disposizione la propria struttura/attrezzatura affinché si possa realizzare una workation il più smart possibile.

Non a caso, e l’estate appena passata lo dimostra, sempre più località si sono adeguate a questa nuova modalità.

Un trend che secondo i primi dati ha innalzato, a poco a poco, il turismo “interno” dal momento che la workation in quanto tale, comporta soggiorni più lunghi rispetto al semplice turista, e favorisce un impatto economico di rilievo sulle località/strutture ospitanti.

Ma non è tutto, in workation si lavora tutto l’anno, favorendo introiti maggiori e costanti.

Anche nel lavoro da remoto ci sono differenze tra uomini e donne

Anche nel lavoro da remoto ci sono differenze tra uomini e donne. Senza ridurre il tutto a una mera indagine statistica, continua a essere accentuata una sostanziale diversità tra lavoratori e lavoratrici in smart working. Le motivazioni non si ravvisano solo negli “impatti emotivi e relazionali”, ma nel carico mentale e fisico dato dalla necessità di bilanciare lavoro e vita privata.

Workation: l’equilibrio ideale tra lavoro e tempo libero

A questo punto, la workation così come su descritto, si presenta come il punto di equilibrio ideale tra lavoro e tempo libero, ben di più dello smart working, rappresentando meglio il concetto di flessibilità lavorativa, dal momento che consente ai lavoratori di prendersi una pausa e di viaggiare, pur continuando a lavorare.

D’altra parte, il cambiamento di ambiente è vissuto positivamente, in quanto in grado di aumentare la produttività e aiuta a ripartire con un sprint ritrovato e migliore. Basta che la workation sia ben organizzata e adeguata alle occasioni.

Se poi già lo smart working di per sé aumentava l’equilibrio tra lavoro e il resto della vita, la formula “lavoro + vacanza” non potrà altro che aumentarlo ulteriormente e in positivo dal momento che l’ambiente circostante sarà un ulteriore elemento di miglioramento.

L’ambiente rilassante e confortevole unito alla flessibilità sono le chiavi di volta, tanto per attrarre nuovi talenti, quanto per mantenere i membri del team produttivi e coinvolti, oltre che affezionati all’azienda in cui lavorano.

Il futuro delle vacanze per i lavoratori smart

Il futuro delle vacanze per i lavoratori smart sarà influenzato dalle tendenze e i cambiamenti nel mondo del lavoro, peraltro già in atto. Senza tuttavia confondere, e in questo capire bene il concetto di workation è fondamentale, il tempo di non lavoro dal lavoro da remoto.

I lavoratori smart ad agosto come in altri mesi dell’anno, se si adotta l’innovativo modello di workation, potranno decidere, coordinandosi previamente con i propri responsabili/referenti, di lavorare incondizionatamente pur nel rispetto del diritto alla disconnessione, del tutto da remoto, per un certo periodo di tempo e da posti tipicamente vacanzieri.

Ben potendo programmare le vacanze in modo più flessibile e scegliendo di viaggiare in periodi meno affollati, il futuro delle vacanze per i lavoratori smart potrebbe tradursi o in vacanze più brevi ma più frequenti, oppure per weekend lunghi e prolungati, così potendo spezzare la routine quotidiana senza usufruire dei permessi.

In definitiva, il futuro delle vacanze per i lavoratori smart è ipotizzabile che sia caratterizzato da alcuni fattori così riassumibili per punti:

  • maggiore flessibilità
  • opportunità di viaggio più varie
  • possibilità di integrare il lavoro con le esperienze di vita quotidiana in modo più armonioso

Workation: il futuro dell’out of office è già realtà

Il futuro dell’out of office è già realtà per molte aziende/lavoratori-lavoratrici. La modalità smart sarà sempre più avvertita come necessaria e alla base di una cultura aziendale sempre più evoluta sul concetto di fiducia.

Il ruolo dei responsabili dovrà necessariamente evolversi, non limitandosi solo alla supervisione dei profitti e delle perdite, considerazioni che resteranno sempre importantissime per il benessere di un’azienda deputata per sua natura a fare business, ma non basterà. I vertici o i primi livelli i cd leader, dovranno via via diventare sempre più motivatori e allenatori del management, rendendo sempre più solido l’assetto organizzativo, con un’attenzione particolare ad aspetti come salute e sicurezza non solo quella di cui al TU 81/2008 peraltro sacrosanta (e i recenti fatti di cronaca avvenuti ad esempio in Piemonte – in quel di Brandizzo- gridano vendetta, in questo senso), e benessere dei propri collaboratori, non più semplici “sottoposti”. Un svolta epocale che nel 2023 con le smart city in emersione e, più in generale, in un mondo che cambia non si può più fare attendere.

Le nuove leve per un lavoro più smart

Allora, la domanda da porsi è un’altra: se si ridimensiona lo smart working, come cambia l’organizzazione del lavoro? In che direzione va? Secondo il trendoccupazionale, ciò che oggi va per la maggiore non è più lo smart working, ma la settimana corta: 4 giorni anziché 5 con una rimodulazione soltanto degli orari e non dello stipendio, quello non si tocca.

La nuova leva della settimana corta

Parrebbe che la settimana corta incentiverebbe a lavorare di più, ma concentrati. Questa organizzazione del lavoro che sta iniziando ad approdare anche in Italia e specie in alcune realtà medio grandi come vedremo tra poco, richiede una mentalità per certi versi innovativa. Lavorare un giorno in meno e non a discapito né della qualità né del risultato finale, significa efficientare l’intera macchina organizzativa. Alcune realtà ci riescono, anche grazie allo sfruttamento delle nuove tecnologie adoperandole al meglio laddove possibile. Certo, si tratta di investimenti considerevoli in taluni casi, ma senza dubbio utili e che, nell’economia aziendale, apportano un sicuro vantaggio per tutti e ciascuno.

Lo studio Inapp

Secondo un recente studio dell’Inapp “in Italia solo il 14,9% degli occupati opera a distanza, con un potenziale pari a circa il 40%”. Da qui il discorso prima fatto dell’opportunità in concreto non “sfruttata”. Secondo questa indagine “il bacino potenziale riguarda soprattutto i laureati, il personale delle grandi imprese, gli occupati nei servizi”; senza considerare l’ambiente pubblico che, per certi aspetti, specie organizzative, rende più complicata la questione.

D’altronde, se non si riprogettano servizi/processi/procedure in modo innovativo non si potrà mai diffondere uno smart working davvero efficace.

Al di là di questo, stante questi “dati”, è noto a tutti che alcuni colossi come Intesa Sanpaolo stanno sperimentando nuovi modelli organizzativi del lavoro che consentano di integrare più strumenti allo stesso tempo: dallo smart working alla flessibilità dell’orario, fino alla rivoluzione della settimana corta. In questa fase, si legge dai comunicati ufficiale del Gruppo, il lavoratore può scegliere liberamente se aderire o meno a questa sperimentazione; e dalle adesioni volontarie sembra essere un successo e un modello funzionante per ambo le parti.

Sarà interessante vedere quante realtà seguiranno il colosso bancario e in che misura approderà in Italia la settimana corta.

Certo, alla base ci deve essere una solida e ben radicata in tutti dai vertici a scendere, “cultura aziendale orientata agli obiettivi e al senso di responsabilità”.

Il nodo sicurezza

In ogni caso sempre alta e massima l’attenzione agli aspetti di cybersecurity. Che si chiami smart working o workation la sicurezza informatica deve essere comunque e sempre altissima.

La gestione operativa è questione delicata. Le tecnologie specie quelle emergenti e di ultimissima generazione sono affascinanti, ma attenzione a che siano sempre altrettanto adeguate. Il problema è più che altro delle aziende in ordine alle ipotetiche criticità specialmente sul fronte della cybersecurity.

Dal punto di vista tecnico, senza poter scendere troppo nel dettaglio non sarebbe questa la sede, è chiaro a tutti che nel momento in cui i lavoratori, da qualunque luogo essi siano, utilizzano la propria rete internet o lo smartphone e il pc, allargano il perimetro di rischio di attacchi informatici. Ciò rende necessario il migliorare i processi con una nuova organizzazione e l’adozione di tecnologie più sofisticate, in quanto sicure.

La diffusione ad esempio del cd metodo BYOD (Bring Your Own Device), insieme alla necessità di gestire gli eventuali incidenti di sicurezza dettati da smarrimenti di dispositivi ecc, impone alle aziende una nuova strategia che consenta l’accesso in sicurezza alle risorse aziendali, ed evitando che lo smart working a maggior ragione se evoluto in workation, si trasformi in un fattore di rischio poco accettabile e quindi di vulnerabilità da calcolare e mitigare al massimo.

Da qui, pensare a soluzioni più strutturate della classica VPN diventa essenziale per l’azienda, onde garantire in modo flessibile e sicuro l’accesso e il controllo a distanza di tutti i dispositivi connessi, ovunque questi si trovino, anche dall’altra parte del mondo.

Uno sguardo al futuro, con la lente del mondo del lavoro: le nuove tendenze

In conclusione, come di consueto, vogliamo volgere uno sguardo al futuro di come il mondo del lavoro sta cambiando alla luce di alcune tendenze che di seguito elenchiamo e commentiamo, in chiosa, brevemente. Sono soltanto alcune, senza pretesa di esaustività.

Con una maggiore flessibilità nel lavoro da remoto, i lavoratori smart possono trovare un miglior equilibrio tra vita privata e attività lavorativa; il che può tradursi in una maggiore volontà di prendersi del tempo per staccare dal lavoro ricaricandosi con rigeneranti vacanze.

Il prodotto che ne esce sembra uno slogan, ma non lo è: “Lavorare meno, ma meglio”. Semmai rappresenta una esigenza irrinunciabile, se la guardiamo bene, per ambo le parti: lavoratori/datori di lavoro.

Questi ultimi infatti a fronte dell’offerta di un “tempo libero discrezionale” potrebbero ottenere risultati migliori, in termini di efficienza e qualità. Mentre i lavoratori, quale contropartita, avrebbero un tempo di non lavoro a loro discrezione ben più ampio, specie se sfruttato in modo responsabile, consapevole e intelligente.

Alla base tuttavia si pone un passaggio culturale a tratti epocale: dal (controllo del) tempo a (raggiungimento di uno o più) obiettivi.

La filosofia del “venerdì tutti a casa”

La filosofia del “venerdì tutti a casa” può essere letta in due modi: l’uno come il venerdì, ultimo giorno della settimana lavorativa non si lavora, e quindi al via con la settimana corta; oppure si lavora ma da casa.

Quest’ultimo schema già adottato da tante aziende e non solo le grandi agevola ambo le parti; e cioè il lavoratore che non dovrà più recarsi fisicamente in azienda, e il datore che potrà risparmiare le cd spese vive in azienda aumentate dei costi energetici.

Ecco che anche questa nuova tendenza è uno dei segni evidenti di come sta cambiando il mondo del lavoro. Ancora, il lavoro completamente da remoto consente ai lavoratori di lavorare fuori ufficio in modo permanente, mettendoli di fatto nelle condizioni di lavorare ovunque, anche dall’altra parte del mondo, ove possibile.

Da qui, la crescente tendenza verso la workation in cui le persone trascorrono periodi prolungati in luoghi scelti e vacanzieri, continuando a svolgere il proprio lavoro. Alla base di tutto, occorre una pianificazione davvero flessibile e un’organizzazione del lavoro pressoché perfetta. Il tutto per andare incontro ai lavoratori il più possibile strutturando un modello di lavoro sempre più “smart”. In ogni caso, sarà importante trovare un giusto equilibrio per evitare storture (tipo il burnout) a garanzia di un più ampio e generalizzato benessere di tutti.

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