L’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) sta provocando una metamorfosi nel dominio delle competenze professionali e cognitive. Esaminiamo la bidimensionalità di tale trasformazione: da un lato, l’esigenza di sviluppare nuove competenze per interagire efficacemente con la GenAI; dall’altro, come la GenAI stessa riconfiguri le competenze esistenti.
Attraverso una revisione della letteratura recente, esploriamo le dimensioni dell’AI literacy, del prompt engineering e dell’intelligenza “centaurica” – la sinergia tra intelligenza umana e artificiale identificando direttrici prioritarie per la ricerca futura
Indice degli argomenti
Un’era di trasformazione delle competenze
L’avvento dell’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI), incarnata dai Large Language Model (LLM) come ChatGPT, sta innescando una trasformazione profonda in tutti i contesti lavorativi e sociali (D’Amora, 2024). Questa evoluzione tecnologica non rappresenta semplicemente l’aggiunta di un nuovo strumento all’arsenale professionale, ma una riconfigurazione radicale del concetto stesso di competenza.
La rapidità con cui questi sistemi si stanno diffondendo ha sollevato interrogativi fondamentali su quali siano le abilità necessarie per interagire efficacemente con essi e su come, simultaneamente, stiano riconfigurando competenze tradizionali considerate pilastri delle professioni contemporanee. Come evidenziato da Kasneci et al. (2023), stiamo assistendo a una vera metamorfosi nel dominio delle competenze umane, caratterizzata da una bidimensionalità: da un lato, l’esigenza di sviluppare nuove competenze per interagire criticamente con la GenAI; dall’altro, il modo in cui la GenAI stessa trasforma le competenze esistenti e può fungere da catalizzatore per lo sviluppo di nuove abilità.
Per comprendere la portata di questa trasformazione, basti considerare la previsione di Robin Li, co-fondatore e CEO di Baidu, secondo cui “tra dieci anni, metà dei lavori nel mondo coinvolgerà il prompt engineering, e coloro che non saranno in grado di scrivere prompt diventeranno obsoleti” (Korzynski et al., 2023, p. 26). Sebbene tale previsione possa apparire eccessiva, sottolinea l’importanza crescente delle competenze legate all’interazione con sistemi di AI.
Competenze per l’AI: verso una nuova alfabetizzazione
L’interazione efficace con i sistemi di GenAI richiede un insieme di competenze specifiche che trascendono la tradizionale alfabetizzazione digitale. Federiakin et al. (2024) definiscono l’AI literacy come “la capacità di comprendere, valutare criticamente e utilizzare efficacemente i sistemi di AI, inclusa la consapevolezza delle loro capacità, limitazioni e implicazioni sociali” (p. 5). Questa definizione evidenzia la natura multidimensionale di questa nuova forma di alfabetizzazione, che integra aspetti tecnici, critici, pratici ed etici.
Le componenti dell’AI literacy possono essere articolate in quattro dimensioni fondamentali:
- Comprensione concettuale: conoscenza dei principi basilari dell’AI, delle sue architetture e dei suoi limiti intrinseci
- Valutazione critica: capacità di analizzare l’affidabilità degli output dell’AI, identificarne i bias e contestualizzarne le risposte
- Utilizzo efficace: abilità di impiegare l’AI come strumento per risolvere problemi complessi e automatizzare processi
- Consapevolezza etica: comprensione delle implicazioni sociali, legali ed etiche dell’uso dell’AI nei diversi contesti
Una definizione di AI Literacy la troviamo nell’AI Act (Art. 3): Le competenze, le conoscenze e la comprensione che consentono ai fornitori, ai deployer e alle persone interessate, tenendo conto dei loro rispettivi diritti e obblighi nel contesto del presente regolamento, di procedere a una diffusione informata dei sistemi di IA, nonché di acquisire consapevolezza in merito alle opportunità e ai rischi dell’IA e ai possibili danni che essa può causare (Gui e Galasso, 2025).
In questo quadro, il pensiero critico emerge come una competenza trasversale essenziale per navigare l’ecosistema dell’AI generativa. Broadfoot e Rockey (2025) introducono il concetto di “connoisseurship” come una nuova dimensione della valutazione educativa nell’era dell’AI, definendola come “la capacità di utilizzare efficacemente e valutare criticamente i contenuti generati dall’AI” (p. 282). Questa competenza implica non solo la capacità di interagire con l’AI, ma anche di discernere la qualità, l’accuratezza e l’utilità dei suoi output.
Holzmann et al. (2025) propongono un approccio interessante per lo sviluppo del pensiero critico basato proprio sulle limitazioni della GenAI: esaminando criticamente gli errori fattuali e le carenze nei contenuti generati dall’AI, gli individui possono sviluppare una comprensione più sofisticata dei processi di valutazione delle informazioni e verifica delle fonti. Questo approccio trasforma le imperfezioni dell’AI in opportunità pedagogiche per affinare il pensiero critico.
Prompt engineering: la competenza emergente dell’era GenAI
Al centro delle nuove competenze richieste per interagire efficacemente con la GenAI si colloca il prompt engineering, definito come “il processo di progettare, elaborare e perfezionare input o domande contestualmente appropriate per suscitare tipi specifici di risposte o comportamenti da un modello linguistico di AI” (Bozkurt & Sharma, 2023) in modo coerente con le risposte desiderate (Gibreel & Arpaci, 2025).
Korzynski et al. (2023) concettualizzano il prompt engineering come una nuova competenza digitale, analizzandola attraverso il framework DigComp dell’Unione Europea. Gli autori sottolineano come questa competenza si sovrapponga a diverse aree del framework, descrivendola come “una pratica incentrata sul linguaggio umano in cui gli individui creano prompt utilizzando elementi di testo unici e separati, noti come token distinti” (p. 26).
Questa abilità emergente sta rapidamente acquisendo rilevanza nel panorama professionale contemporaneo, tanto da essere considerata un aspetto critico dell’alfabetizzazione AI (Walter, 2024) e riconosciuta come il “lavoro del futuro” numero uno a livello globale (Whiting, 2023). La sua importanza deriva dalla natura stessa dei modelli generativi, il cui output è fortemente condizionato dalla qualità e dalla struttura dell’input fornito.
Federiakin et al. (2024) approfondiscono ulteriormente la natura del prompt engineering, definendolo non come una semplice abilità tecnica, ma come “una complessa competenza cognitiva che combina elementi di pensiero critico, creatività e conoscenza del dominio” (p. 7). Questa caratterizzazione evidenzia la natura interdisciplinare del prompt engineering, che richiede sia competenze linguistiche sia una comprensione profonda del contesto applicativo.
La capacità di formulare input precisi, contestualizzati e iterativamente raffinati è fondamentale per guidare i modelli di GenAI verso gli output desiderati (White et al., 2023). Data la possibilità che la GenAI produca informazioni errate, incomplete o viziate da bias (Bender et al., 2021), è cruciale anche la capacità di analizzare criticamente i risultati, verificandone l’accuratezza, la coerenza e l’affidabilità.
Un contributo significativo alla misurazione delle competenze di prompting è stato fornito da Gibreel e Arpaci (2025), che hanno validato la PECS (Prompt Engineering Competence Scale). Questo strumento, composto da 9 item misurati attraverso una scala Likert a 5 punti, valuta diverse dimensioni delle competenze di prompting, inclusa la capacità di strutturare compiti complessi in prompt sequenziali e di valutare criticamente le risposte generate dall’AI. Gli indici psicometrici ottenuti confermano l’alta affidabilità e la robustezza dello strumento, offrendo una base metodologica per ulteriori ricerche in questo ambito.
Nel contesto educativo, Denny et al. (2024) propongono un approccio integrato per sviluppare simultaneamente competenze di comprensione del codice e di prompting, evidenziando come “con la diffusione dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), queste competenze fondamentali siano più importanti che mai, data la crescente necessità di comprendere e valutare il codice generato dai modelli” (p. 283). Gli autori sottolineano l’importanza di sviluppare competenze completamente nuove, come la capacità di formulare prompt chiari che possano guidare un LLM verso la generazione del codice desiderato.
L’AI per le competenze: riconfigurazione delle abilità tradizionali
L’avvento della GenAI sta provocando una profonda ridefinizione delle competenze umane fondamentali, a partire dalla scrittura. Questo processo, tradizionalmente considerato un’attività puramente umana, si sta evolvendo verso una collaborazione uomo-macchina, dove il focus si sposta dalla produzione di contenuto alla revisione, cura e direzione strategica.
Trasformazione delle competenze fondamentali
Zamfirescu-Pereira et al. (2023) osservano come gli utenti stiano sviluppando nuove competenze di “meta-scrittura”: la capacità di valutare criticamente, modificare e perfezionare il testo generato dall’AI, piuttosto che crearlo interamente da zero. Questo spostamento implica una riconfigurazione della competenza di scrittura, che diventa meno incentrata sulla produzione meccanica di testo e più orientata verso attività di supervisione e controllo qualitativo.
Parallelamente, assistiamo a una ridefinizione del concetto stesso di competenza linguistica o “proficiency”. Se tradizionalmente questa era misurata in termini di padronanza grammaticale e lessicale, oggi si sta evolvendo verso la capacità di interagire efficacemente con sistemi AI attraverso il linguaggio naturale. Mishra et al. (2022) evidenziano come la formulazione di prompt efficaci richieda una sofisticata competenza linguistica, ma di natura diversa rispetto a quella tradizionale. Questo solleva interrogativi su come valutare la competenza linguistica in contesti professionali ed educativi dove l’AI è sempre più presente come co-autore o assistente.
Le abilità metacognitive – la capacità di riflettere sui propri processi di pensiero – subiscono anch’esse trasformazioni significative. Wu et al. (2022) descrivono come l’interazione con l’AI possa potenziare la metacognizione attraverso l’esternalizzazione del pensiero nei prompt, rendendo espliciti processi cognitivi altrimenti impliciti. Tuttavia, esiste anche il rischio di una delega eccessiva dei processi metacognitivi all’AI, con conseguente potenziale atrofia di queste capacità fondamentali.
Emerge quindi la necessità di sviluppare una “meta-metacognizione”: la consapevolezza di come l’AI influenza i propri processi cognitivi e la capacità di gestire strategicamente questa influenza. L’affidamento di compiti cognitivi alla GenAI può infatti indurre un “alleggerimento cognitivo” (cognitive offloading), un fenomeno già osservato con altre tecnologie (Sparrow et al., 2011; Carr, 2010) ma che la GenAI potrebbe amplificare. Se da un lato questo può liberare risorse cognitive per attività a più alto valore aggiunto, dall’altro necessita di un attento bilanciamento per evitare l’atrofia di abilità cognitive fondamentali.
Ridefinizione delle competenze professionali
Le trasformazioni indotte dalla GenAI hanno profonde implicazioni per l’identità professionale in numerosi settori. Professioni tradizionalmente basate su competenze ora parzialmente automatizzabili – come la scrittura, la traduzione o l’analisi di dati – stanno vivendo una ridefinizione della propria essenza.
Jarrahi (2018) osserva l’emergere di nuove identità professionali ibride uomo-AI, dove il valore aggiunto umano si sposta verso competenze di supervisione, direzione creativa e valutazione critica (Gallotti, 2024).
Questo processo di adattamento non è privo di sfide psicologiche, richiedendo una rinegoziazione del proprio ruolo e valore in un ecosistema professionale in rapida evoluzione.
La riconfigurazione dei ruoli professionali si manifesta attraverso l’automazione di task routinari e l’aumento delle capacità umane in compiti complessi, un fenomeno analizzato da Autor (2015) e confermato da recenti studi sul futuro del lavoro (WEF, 2023). Ciò impone un reskilling e upskilling continuo orientato verso competenze complementari alla GenAI, come il pensiero critico, la creatività, l’empatia e la gestione della complessità.
Tummala (2025) propone una prospettiva interessante, ridefinendo il concetto di collaborazione e considerando l’AI come membro del gruppo piuttosto che come mero strumento. Secondo l’autore, “l’integrazione dell’AI come membro del team richiede nuove competenze collaborative, tra cui la capacità di delegare in modo appropriato, interpretare gli output dell’AI e mantenere la supervisione umana” (p. 12). Questa visione, sebbene possa apparire antropomorfizzante, evidenzia un importante cambio di paradigma nella concettualizzazione delle relazioni uomo-macchina in ambito professionale.
Impatto sui processi educativi e formativi
Il campo dell’educazione e della formazione rappresenta un ambito privilegiato per osservare l’impatto della GenAI sulle competenze umane. Broadfoot e Rockey (2025) evidenziano come l’AI generativa stia trasformando le funzioni sociali della valutazione educativa, introducendo due nuove dimensioni oltre alle tradizionali “quattro C” (competenza, competizione, contenuto e controllo): “credibilità”, riguardante l’autenticità della performance dello studente in un’era di output generati dall’AI, e “connoisseurship”, relativa alla capacità di utilizzare efficacemente e valutare criticamente i contenuti generati dall’AI (p. 281).
McDonald et al. (2025) analizzano come le istituzioni di istruzione superiore stiano adattando le loro politiche e pratiche di valutazione in risposta all’AI generativa, rilevando una tendenza ad “abbracciare l’AI generativa fino al punto di approvare una revisione degli approcci pedagogici, senza considerare le implicazioni pedagogiche a lungo termine, l’investimento di tempo di istruttori e studenti, i cambiamenti nelle nozioni di proprietà, e con meno della metà che discute le implicazioni sulla privacy e l’etica dell’uso dell’AI generativa” (p. 2).
Tang et al. (2024) propongono un approccio dialogico per trasformare la valutazione educativa con l’AI generativa. Basandosi sul concetto di eteroglossia di Bakhtin, lo studio concettualizza l’AI generativa non come un fornitore definitivo di conoscenza, ma come un agente dialogico che facilita la collaborazione e la co-costruzione della conoscenza tra gli studenti. Questo approccio ridefinisce il concetto di competenza come capacità di partecipare attivamente alla co-costruzione della conoscenza attraverso il dialogo con l’AI, piuttosto che come mera acquisizione di informazioni.
Lu et al. (2024) esplorano gli effetti dell’AI generativa sullo sviluppo professionale degli insegnanti, evidenziando come l’AI stia cambiando il concetto di competenza docente. Nel loro studio, l’utilizzo della GenAI ha prodotto significativi miglioramenti nei livelli di competenza, suggerendo che l’AI generativa possa potenziare lo sviluppo di competenze di ordine superiore negli insegnanti, ridefinendo il concetto stesso di competenza docente.
Risultati simili sono stati osservati negli studenti. Chan et al. (2024) e Maphoto et al. (2024) hanno investigato l’impatto del feedback generato dalla GenAI sul miglioramento delle capacità di scrittura di saggi, dimostrando che gli studenti che hanno ricevuto feedback dall’AI hanno ottenuto miglioramenti significativi nella qualità dei loro elaborati. Inoltre, i risultati qualitativi hanno rivelato livelli più elevati di coinvolgimento, maggiore motivazione e risposte emotive miste al processo di feedback.
È importante, tuttavia, sottolineare che un uso passivo della GenAI può ostacolare lo sviluppo di competenze autentiche, favorendo la passività cognitiva (Adesope et al., 2017) e la perdita della “voce” personale (Montalvo, 2023). Questo evidenzia la necessità di un approccio equilibrato che integri l’AI nei processi educativi preservando al contempo lo sviluppo di competenze fondamentali e l’autonomia cognitiva degli studenti.
Verso un’intelligenza “centaurica”: la co-evoluzione uomo-AI
La relazione tra Intelligenza Artificiale e competenze umane non dovrebbe essere concettualizzata in termini meramente oggettivi o in un rapporto di sostituzione, ma piuttosto come un’evoluzione simbiotica che porta all’emergere di nuove forme di intelligenza ibrida.
Un paradigma illuminante proviene dal mondo degli scacchi, dove Garry Kasparov, dopo la storica sconfitta contro DeepBlue, sviluppò il concetto di “centauri”: esseri umani assistiti dai computer. Questa metafora, che deriva dalla creatura mitologica metà umana e metà equina, rappresenta efficacemente la fusione tra intelligenza umana e artificiale. La combinazione uomo-macchina, negli scacchi, si è dimostrata superiore sia ai soli esseri umani (anche di livello eccellente) sia ai soli computer, evidenziando il potenziale sinergico di questa integrazione.
Questa prospettiva suggerisce di concepire la GenAI non come uno strumento isolato o come un sostituto delle competenze umane, ma come un’estensione cognitiva, un “ponte” che amplifica le capacità umane e facilita l’interconnessione con il mondo circostante. Seguendo la metafora di Kasparov, la strada dell'”intelligenza centaurica” appare come la più promettente da perseguire, immaginando le competenze della GenAI come estensioni delle nostre capacità cognitive e riposizionando le competenze umane verso funzioni di supervisione, verifica, controllo, direzione, immaginazione e valorizzazione.
Questo paradigma centaurico implica una ridefinizione delle competenze umane non in opposizione all’AI, ma in complementarità con essa. La sfida diventa quindi quella di identificare e sviluppare quelle competenze distintamente umane che, integrate con le capacità computazionali e generative dell’AI, producono risultati superiori rispetto a entrambe le intelligenze operanti separatamente. Una integrazione centaurica aiuterebbe anche ad uscire dal problema, tautologico, dell’inseguimento continuo delle competenze d’uso e dell’effetto dell’uso sulle competenze.
In questa prospettiva, le competenze di prompt engineering rappresentano solo il primo livello di interazione, una sorta di interfaccia di base tra le due intelligenze. Il vero potenziale risiede nelle “competenze centauriche” emergenti: la capacità di orchestrare sinergie cognitive, di alternare fluidamente processi computazionali e intuitivi, di integrare la precisione algoritmica con l’immaginazione creativa.
Conclusioni e prospettive future
L’avvento dell’Intelligenza Artificiale Generativa sta provocando una ridefinizione profonda del concetto di competenza, caratterizzata da una bidimensionalità: da un lato, la necessità di sviluppare nuove competenze per interagire efficacemente con questi sistemi; dall’altro, la trasformazione delle competenze esistenti sotto l’influenza pervasiva di questa tecnologia.
L’alfabetizzazione AI e il prompt engineering emergono come competenze fondamentali per navigare efficacemente l’ecosistema dell’AI generativa, richiedendo una combinazione di comprensione tecnica, pensiero critico, creatività e consapevolezza etica. Simultaneamente, competenze tradizionali come la scrittura, l’analisi linguistica e le abilità metacognitive stanno subendo una profonda trasformazione, evolvendo verso forme più integrate con i processi computazionali.
Il paradigma dell'”intelligenza centaurica” offre una prospettiva promettente per concettualizzare questa co-evoluzione, suggerendo che il futuro non sarà caratterizzato dalla sostituzione delle competenze umane, ma dalla loro integrazione sinergica con le capacità dell’AI. In questo scenario, il valore umano si riposiziona verso competenze di supervisione, direzione creativa e valutazione critica, mentre le funzioni computazionali e generative vengono delegate ai sistemi di AI.
La ricerca futura dovrebbe continuare a esplorare questa interdipendenza, sviluppando e validando strumenti di valutazione che catturino sia le “competenze per l’AI” sia l’impatto dell'”AI per le competenze”. Studi longitudinali sulla co-evoluzione uomo-GenAI potrebbero fornire insights preziosi sugli effetti a lungo termine di questa simbiosi cognitiva, mentre approcci pedagogici innovativi dovrebbero essere sviluppati per bilanciare efficacemente l’insegnamento di “competenze per l’AI” con l’uso dell'”AI per lo sviluppo delle competenze” fondamentali.
Inoltre, è essenziale analizzare come questa relazione bidirezionale influenzi l’equità e le disuguaglianze, approfondendo le implicazioni etiche di questa interdipendenza, specialmente nella governance della collaborazione uomo-AI. Infine, esplorare ulteriormente modelli di “intelligenza centaurica”, dove la sinergia tra competenze umane e capacità dell’AI produce risultati superiori, rappresenta una direzione di ricerca particolarmente promettente alla luce delle capacità crescenti della GenAI.
In conclusione, la sfida non è resistere all’avanzata dell’AI o utilizzarla passivamente, ma evolversi con essa, sviluppando quelle competenze distintamente umane che, in sinergia con le capacità dell’AI, ci permetteranno di navigare efficacemente la complessità crescente del mondo contemporaneo.
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