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Competenze digitali, le sfide per PA e imprese: come superare gli squilibri

La rincorsa agli skill digitali nella PA è anche una sfida a parlare la stessa lingua delle imprese. Oggi abbiamo le tecnologie, la consapevolezza e la disponibilità degli utenti. Resta da assicurare che tutti possano avere accesso alla rivoluzione digitale

Pubblicato il 03 Nov 2021

Massimo Bergamasco

Responsabile Risorse Umane di InfoCamere

ITS - fondo repubblica digitale

L’Italia sta affrontando a grande velocità la transizione digitale. Per portarla a pieno compimento, però, non bastano le tecnologie: serve il capitale umano che le sappia utilizzare, arricchendo e innovando il proprio lavoro quotidiano. La cultura del digitale non è più una speciality, ma una commodity: nessuno può più pensare di operare nel mondo del lavoro senza avere determinate caratteristiche professionali.

Le competenze digitali dei dipendenti pubblici: una sfida per la ripresa del paese

Digitale, pandemia e incremento dell’efficienza del sistema paese

Da quasi due anni a questa parte, infatti, l’uso del digitale è il traino di grandi cambiamenti. I cittadini, per gestire la quotidianità di fronte alle limitazioni sanitarie; le imprese, per cogliere le opportunità dell’economia nel “new normal”; la Pubblica Amministrazione, per garantire i diritti di ciascuno e la continuità nell’erogazione dei servizi.

Il risultato netto di queste dinamiche comincia a prendere la forma di un incremento nell’efficienza del sistema Paese e di un avanzamento culturale che, in condizioni di normalità, sarebbero avvenuti in decenni anziché in pochi mesi. Volenti o nolenti, gli italiani si sono ritrovati a usare piattaforme tecnologiche per gestire le conversazioni private, il lavoro da remoto, la didattica a distanza, ordinare i pasti o la spesa online.

Ai blocchi di partenza di questa sfida, il mondo delle imprese si è presentato in ordine sparso. In prima linea i grandi gruppi e i protagonisti del Made in Italy (che da tempo avevano investito nella trasformazione digitale e nello smart working); di rincalzo un manipolo di imprenditori attenti all’innovazione (pronti a sfruttare le opportunità dell’economia “new normal”); nelle retrovie, la stragrande maggioranza delle imprese italiane, largamente scettica verso Internet e culturalmente (ancora) lontana dal digitale.

Il ruolo della PA nella trasformazione digitale: competenze digitali la chiave di volta

In questo scenario la Pubblica Amministrazione gioca un ruolo di interlocutore privilegiato. Sul piano delle regole, lockdown e distanziamento sociale hanno spinto la Pa ad accelerare i processi per gestire più facilmente da remoto la burocrazia amministrativa riguardante le imprese. Sul piano della promozione e dello sviluppo, ristori, sostegni e incentivi sono ormai gestiti attraverso piattaforme in cui i Big Data pubblici sono una leva al servizio della crescita del sistema Paese.

Che si tratti di dialogare con imprese già digitalizzate e capaci di esprimere una domanda di servizi puntuale e di elevata qualità (per competere ad armi pari sui mercati globali), o di alfabetizzare rapidamente i circa tre milioni di micro e piccoli imprenditori che – secondo Unioncamere – sono ancora alle prime armi, le competenze digitali sono e saranno la chiave di volta per il successo della missione di una Pa che oggi – soprattutto alla luce del PNRR – è chiamata a dare un impulso decisivo nel colmare quel gap che ci separa dai paesi digitalmente più avanzati.

Nell’ultima edizione del Digital Economy and Society Index (DESI) pubblicata a giugno 2020, la Commissione Europea ha collocato l’Italia al 25esimo posto su 28 Paesi Ue nella classifica generale e in 19esima posizione per quanto riguarda il singolo parametro relativo ai servizi pubblici digitali.

Sul fronte specifico delle competenze digitali, secondo un rapporto della Corte dei conti Ue, ad un anno esatto dall’inizio della pandemia oltre il 50% della popolazione italiana attiva ne è addirittura del tutto privo (contro il 35% della media europea).  È stato calcolato che nel 2024 al nostro Paese serviranno 1,5 milioni di specialisti ICT mentre nei prossimi cinque anni, 2,7 milioni di posti di lavoro richiederanno nuove competenze, di cui oltre il 50% saranno digitali.

Come superare gli squilibri

Per contribuire a superare questi squilibri, la Pa deve saper parlare la stessa lingua delle imprese. Come terminale tecnologico di quella parte della Pa che per vocazione istituzionale parla al mondo delle imprese, InfoCamere – la società delle Camere di Commercio per l’innovazione digitale – ha fatto propria questa consapevolezza, interpretandola in chiave di crescita delle competenze digitali. Nella nostra visione di Pa che vuole “innovare per crescere”, tra le leve più importanti su cui agire ve ne sono in particolare due: la prima è l’investimento nella formazione continua del personale; la seconda è il dialogo con il mondo della formazione, non solo universitaria e post-universitaria ma anche degli Istituti Tecnici Superiori (ITS).

Conclusioni

Oggi abbiamo le tecnologie, la consapevolezza e la disponibilità degli utenti. Resta da assicurare che tutti possano avere accesso alla rivoluzione digitale perché si possa compiere un nuovo “Rinascimento” nel nostro Paese. Se la Pubblica amministrazione vorrà esserne protagonista – e la digitalizzazione è un’occasione unica per farlo – deve puntare a far nascere uno spirito da civil servant fin dalla scuola, presentandosi ai giovani come un’alternativa valida alle altre opportunità disponibili sul mercato del lavoro. Per farlo, deve necessariamente uscire dal cliché del “posto fisso” per entrare in una dimensione in cui la capacità di offrire a cittadini e imprese servizi efficienti e tecnologicamente avanzati sia – a un tempo – motivo di orgoglio personale, prestigio sociale e gratificazione economica.

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