competenze digitali

Uso superficiale di internet in Italia: uno studio sugli utenti

È compito del sistema scolastico far sì che tutti i giovani italiani, e non solo loro, non si limitino a usare il web, ma lo facciano sfruttando tutte le sue potenzialità. Solo in questo modo sarà possibile modernizzare veramente il Paese partendo dal digitale

Pubblicato il 12 Lug 2017

Cosimo Dolente

Fondazione Ugo Bordoni

Claudio Leporelli

prof. ordinario, Dip. di Ingegneria informatica, automatica e gestionale Antonio Ruberti, "Sapienza" Univ. di Roma

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Abbiamo visto in un precedente intervento[1] che gli individui che in Italia non usano Internet sono anche caratterizzati da una forte emarginazione culturale e sociale, più pesante nelle fasce di età più elevata. Ora, vogliamo comprendere meglio se, per tutti loro (parliamo di un diritto di cittadinanza), ma in special modo per coloro che ancora per molti anni faranno parte delle forze di lavoro (parliamo anche di come superare il nostro grave deficit di produttività e di capitale umano), è ipotizzabile un percorso di avvicinamento al mondo Internet che non si arresti ai soli aspetti ludici, ma consenta, invece, una fruizione ricca della molteplicità di servizi applicativi. Questi, infatti, non solo migliorerebbero il loro benessere, ma consentirebbero al Paese un significativo miglioramento di efficienza ed efficacia della macchina pubblica e del sistema produttivo. Per farlo, è opportuno partire da un’analisi di come di fatto usino Internet coloro che si dichiarano utenti. Un quadro di insieme è fornito dalla analisi ISTAT Cittadini, Imprese e ICT (edizione 2016[2]). Per brevità, qui si rinuncia a riportare sistematicamente i risultati pubblicati e si fornisce solo qualche considerazione di sintesi.

In primo luogo, si nota che quei segmenti della popolazione per cui è più alta la percentuale di non utenti sono anche quelli per cui, tra gli utenti, è maggiore l’incidenza di individui con un uso limitato (o “povero”): quelli che utilizzano un minor numero di servizi applicativi e dichiarano un più basso livello di competenze digitali. Ciò amplifica il divario rispetto a quello segnalato solo dal numero di non utenti. In termini di policy, però, ciò fornisce qualche speranza aggiuntiva: se alcuni segmenti di non utenti ed alcuni di utenti “poveri” sono simili dal punto di vista socioeconomico, è possibile che non sia troppo alta la barriera che li divide, e quindi i non utenti possono essere indotti a sperimentare l’adozione. D’altra parte, si può anche sperare che gli utenti con uso limitato possano nel tempo migliorare la qualità dell’uso.

In questo contesto, risultano significativi i dati relativi alle competenze digitali dei cittadini, che fanno riferimento a un framework inizialmente sviluppato da JRC[3] e rivisto poi da Eurostat[4]. Tali competenze sono suddivise in 4 aree tematiche: Information skills, Communication skills, Problem solving skills, Software skills (for content manipulation). Ad analizzare ognuna di tali aree concorre un numero variabile di indicatori, che segnalano se l’intervistato compie un’attività online o possiede una competenza informatica. Il numero di indicatori va dai 4, per le competenze relative alla comunicazione, ai 7 del Problem solving. Per ciascuna area si definiscono tre livelli di competenza: nessuna (se il rispondente non ha segnalato nessuna delle attività o competenze incluse nell’area), base (se ha risposto positivamente solo per un indicatore) o alta (più di un’attività o competenza).

Eurostat fornisce anche un indicatore aggregato di competenze digitali complessive, costruito a partire dagli indicatori delle quattro aree di competenze, e misurato su quattro livelli: nessuna (se l’individuo ha un livello nullo su tutte e quattro le aree di competenze), basso (se l’individuo ha un livello nullo su un numero variabile da 1 a 3 aree di competenze), base (se ha un livello base su almeno un’area di competenze, ma nessun livello nullo) e alto (livello alto in tutte e quattro le aree di competenze).

Secondo questa classificazione, la situazione per gli utenti italiani nel 2016, rispetto all’indicatore complessivo di competenze digitali è mostrata in tabella 1, suddivisa per classe di età.

Come si può notare, in generale (96,7%) gli utenti hanno un livello di competenze non nullo. Ciò è abbastanza ovvio, dato che si tratta pur sempre di utenti Internet. Tuttavia, un terzo di loro possiede un livello di competenze basso, che implica un valore nullo di competenze in almeno una delle aree individuate da Eurostat. Inoltre, solamente il 28,3% degli utenti ha un livello alto in tutte le 4 aree di competenze, e può essere dunque realmente definito un “esperto digitale”.

Per un confronto internazionale, vengono riportati nel grafico 1 gli ultimi dati omologhi disponibili (al 2015) per i paesi dell’Unione Europea, riportati da Eurostat nel proprio datawarehouse interattivo online. Anche i dati relativi agli utenti italiani, per omogeneità, sono relativi all’anno 2015. Il grafico è ordinato in base alla percentuale di utenti con livello complessivo di competenze alto.

Si può notare come l’Italia risulti essere agli ultimi posti (22°) per incidenza percentuale di utenti con livello di competenze alto (29% degli utenti Internet), ben al di sotto della media UE. La situazione non migliora di molto se si considera l’aggregato tra livello base e alto (21° posto complessivo, con una percentuale totale pari al 66% degli utenti).

Da un primo confronto invece tra il 2015 e il 2016, le competenze digitali degli utenti nel nostro paese siano sostanzialmente stabili. Si tratta di un dato che potrebbe indicare come l’accumulazione di competenze necessiti di un certo tempo.

Purtroppo i dati utilizzati non seguono negli anni gli stessi individui (non sono un panel) e quindi non possiamo rispondere facilmente a domande cruciali relative all’apprendimento: la disponibilità di una connessione a casa stimola i componenti della famiglia (anche quelli inizialmente meno propensi) a divenire utenti? Gli utenti divengono nel tempo sempre più capaci di sfruttare le potenzialità connesse all’uso?

Nel seguito mostreremo invece un’analisi basata sui microdati della indagine ISTAT “Aspetti della Vita Quotidiana”, edizione 2014. A breve ci sarà possibile aggiornare i dati utilizzando l’edizione 2015 dei microdati, ma riteniamo che, date le caratteristiche dell’approccio, le conclusioni possano essere interessanti anche se i dati non sono recenti. La metodologia utilizzata è quella della stima di classi latenti in cui ripartire il campione e, indirettamente, la popolazione degli utenti, in base alla omogeneità di un insieme di comportamenti e a una serie di variabili socioeconomiche di classificazione. Lo spunto per l’utilizzo di questa metodologia è stata la constatazione di una forte associazione statistica tra uso di Internet ed una serie di altri comportamenti che indicano attenzione alla fruizione di beni e servizi culturali (in particolare, cinema, lettura di libri e quotidiani, frequenza di spettacoli di vario genere, etc.) e di servizi finanziari di base (carta di credito). Si tratta di comportamenti che, di per sé, non possono essere considerati cause della domanda di utilizzo di Internet, ma che sono segnali di sottostanti caratteristiche socioeconomiche e culturali che generano interesse per Internet e, insieme, per questi beni. Quali variabili manifeste delle sottostanti classi latenti sono stati utilizzati 56 indicatori dei comportamenti di chi dichiara di aver utilizzato Internet nei 3 mesi precedenti la somministrazione del questionario, tra cui i più rilevanti sono quelli relativi a:

  • la frequenza di utilizzo di Internet, in generale, a casa, al lavoro e in mobilità;
  • l’aver svolto o meno ciascuna di 10 attività culturali, in senso lato, compresa la lettura di libri e quotidiani, alcune di maggiore interesse per la popolazione giovanile (ad esempio spettacoli di musica pop e di sport) altri per la popolazione matura (teatro, musica classica, etc.);
  • l’aver svolto o meno ciascuna di 36 attività su Internet, classificabili come di accesso all’Informazione, di Comunicazione, di Fruizione di Contenuti, di partecipazione a Reti Sociali, di fruizione di Servizi, legate al Software e a servizi Cloud, di interazione con la PA e, infine di Gaming;
  • l’aver utilizzato una carta di credito;
  • il giudizio sul proprio benessere economico personale percepito (in quattro livelli);
  • alcuni indicatori di sintesi sulle attività Internet svolte (numero di attività video, abilità percepita in base all’utilizzo di attività di nicchia, etc.).

L’algoritmo utilizzato[5]  fa dipendere la probabilità di appartenenza di un individuo ad una classe non solo dai valori osservati delle variabili manifeste, ma anche da cosiddette covariate, che consentono di caratterizzare meglio gli individui appartenenti a ciascuna classe (nel nostro caso si tratta essenzialmente di età, titolo di studio, condizione e posizione professionale).

In tabella 2 vengono riportati i risultati ottenuti per quanto riguarda l’utilizzo di attività in Internet di coloro che negli ultimi tre mesi hanno utilizzato il servizio. La quota di utenti appartenenti alle sei classi non differisce troppo (dal 13,6% al 20,3%). Per ogni attività, la tabella riporta la probabilità stimata che un utente assegnato a ciascuna classe abbia svolto, nei tre mesi precedenti la somministrazione del questionario, quell’attività. L’ultima colonna riporta la probabilità che un utente svolga una attività se prescindiamo dalla classe di appartenenza. Le righe sono ordinate in modo decrescente rispetto al numero delle classi in cui almeno il 50% degli utenti svolge l’attività e rispetto alla probabilità aggregata di svolgimento dell’attività. In alto troviamo quindi le attività più ampiamente svolte e in basso quelle di nicchia.

I comportamenti osservati differiscono fortemente. Gli utenti con profili d’uso più limitati sono quelli appartenenti alla classe 4 ed alla classe 2: è solo una (l’utilizzo di e-mail) l’attività svolta da almeno il 50% degli utenti assegnati a ciascuna di queste classi. Il numero di attività svolte da almeno il 50% degli utenti (caselle evidenziate in verde) cresce fino ad un massimo di 23 per la classe 1. Sommando per colonna le probabilità stimate è possibile calcolare, per il complesso di tutte le attività e per ciascun gruppo in cui le abbiamo classificate, il numero atteso di attività svolte da un utente assegnato a ciascuna classe.

In tabella 3, per ciascuno dei gruppi di attività definiti nella prima colonna della tabella 2, sono valutate, per ciascuna classe e per il complesso degli utenti, il numero di attività di ciascun gruppo svolte da almeno il 50% degli utenti assegnati ad una classe (o il 50% del totale degli utenti) e, similmente, il numero atteso di attività. La tabella evidenzia che solo alcune attività di comunicazione, accesso ad informazioni e partecipazione a reti sociali sono svolte da almeno la metà del complesso degli utenti, mentre le attività di fruizione di contenuti (prevalentemente multimediali) sono significativamente presenti diffusamente solo nella prima e sesta classe, quelle di utilizzazione di servizi nella prima e nella quinta e quelle connesse al software e al cloud solo nella prima.

La prima classe emerge quindi come quella cui vengono assegnati gli utenti più sofisticati, sia per attività legate al tempo libero che al lavoro o alla fruizione di servizi. La sesta classe condivide con la prima le attività ricreative (in particolare di gaming) ma non quelle di utilizzo di servizi. La quinta condivide con la prima l’utilizzo di servizi utili a persone mature, ma non le attività ricreative multimediali.

È utile verificare quali siano le caratteristiche socioeconomiche e demografiche degli utenti assegnati alle diverse classi. Lo facciamo nella tabella 4. Risulta confermata l’intuizione che scaturiva dalla analisi delle attività svolte: le classi che vedono la presenza preponderante di giovani sono la 1 (più maturi e professionalmente ben inseriti) e la 6 (con una età media inferiore, preponderanza di studenti e inserimento professionale meno brillante per chi ha completato gli studi); la classe 5 contiene prevalentemente white collars maturi, spesso persone di riferimento della famiglia, occupati, con alta incidenza di laureati. Le classi 2, 3 e 4 contengono invece gli utenti con uso limitato, e sono meno distinguibili tra loro di quanto non lo fossero in base alle attività svolte, presentando mediamente situazioni sociali più deboli: maggiore incidenza di pensionati e casalinghe, minore di laureati e white collars.

Venendo brevemente alle variabili manifeste non ancora analizzate, è significativo che la classe 1 sia anche quella con il più alto numero atteso di consumi culturali dichiarati, diversi dalla lettura (2,7, su un massimo teorico di 8), seguita ancora una volta dalla 5 e dalla 6. All’estremo opposto, con 1,1, le classi con uso limitato, 2 e 4. Quasi il 60% degli utenti assegnati alle classi 2 e 4, e oltre il 50% di quelli della classe 6, inoltre, non legge libri. Quasi due terzi degli utenti assegnati alla classe 5 e oltre metà di quelli della classe 1 utilizza una carta di credito; questo utilizzo è invece molto basso nella classe 6 (si tratta di giovani che vivono per due terzi in famiglia) e comunque inferiore ad un terzo nelle classi 2, 3 e 4.

In termini di policy, è dunque necessario tener conto che portare i cittadini su Internet non implica necessariamente che questi poi utilizzino questo mezzo in tutto il suo potenziale. Anzi, come abbiamo visto, alcune classi di utenti si caratterizzano per un uso della rete limitato all’intrattenimento e alle tipologie di comunicazione più tradizionali, o comunque povero. Ciò non basta a modernizzare il Paese.

Torniamo così al tema delle competenze digitali degli utenti e alle possibilità di svilupparle. Il JRC, nel già citato documento sul Digital Competence Framework, ha individuato i passi necessari, in termini di apprendimento, per consentire ai cittadini di migliorare il proprio livello in ciascuna area di competenze. Resta da chiedersi se tutti i cittadini possano compiere questo percorso, se lo possano compiere da soli, e quali stakeholder possano supportare il processo. Utenti giovani e istruiti hanno la flessibilità, le risorse complementari, la curiosità e i bisogni per appartenere alla classe 1. È compito del sistema scolastico far sì che tutti i giovani italiani passino dalla classe 6 alla 1 e non finire nella 2, 3 o 4. Per chi è uscito dal sistema scolastico senza gli strumenti che hanno portato alcuni nella classe 5, il luogo di lavoro deve diventare anche luogo di apprendimento e i datori di lavoro potrebbero in questo avere un ruolo importante, dando alla formazione interna un significato più ampio del semplice addestramento. Per chi è in cerca di occupazione, questo ruolo dovrebbe essere svolto da strutture pubbliche. Resta la vasta area degli inattivi, anziani ma anche giovani NEET, spesso con bassi livelli di istruzione, limitato inserimento sociale e pochi contatti familiari positivi. Per essi, se la famiglia non può “contagiare”, la promozione e la formazione possono passare attraverso il canale televisivo e l’imitazione dei modelli che esso propone. Ciò potrebbe facilitare il learning by doing di chi ha già acquisito un livello minimo di competenze.

Ma le competenze digitali non sono il solo problema: se così pochi utenti usano servizi su Internet ciò dipende da due ulteriori motivi. Da un lato manca un bagaglio più ampio di cultura e di competenze, ed un quadro istituzionale che difenda dalle frodi e premetta di affrontare con fiducia un mondo in cui e-commerce e home banking sono la norma; dall’altro, la progettazione dei servizi della PA non tiene spesso conto delle speciali esigenze di gran parte degli utenti e, paradossalmente sembra fatta in modo da privilegiare i canali tradizionali ed il ricorso all’intermediazione professionale. Il superamento dei canali di accesso tradizionali deve invece avvenire non con uno switch-off, che penalizzerebbe persone senza difesa, ma con una riprogettazione ed un supporto interattivo pensato per i più deboli.

Tabella 2: Probabilità stimata di utilizzo dell’applicazione per Classe di appartenenza (analisi su microdati ISTAT AVQ 2014)Probabilità di utilizzo per il totale degli utenti
Classi123456
Percentuale degli utenti nella classe16,4%16,9%13,6%16,6%20,3%16,1%
GruppoApplicazioni
ComE MAIL99,5%78,8%86,7%58,5%99,1%86,8%85,3%
InfUSO WIKI94,7%36,3%62,3%29,9%79,3%71,2%62,8%
InfLEGGERE INFORM. ONLINE91,0%44,5%55,7%33,1%79,8%53,6%60,4%
ComMESSAGGISTICA  ISTANTANEA90,1%32,1%50,4%16,1%52,0%78,8%53,1%
SocRETI SOCIALI90,9%45,1%58,6%24,1%48,7%88,7%58,8%
InfINFORM. ACQUISTI89,1%35,3%55,9%31,8%80,0%46,7%57,3%
SocBLOG91,3%30,9%51,9%14,4%46,7%81,1%52,2%
InfINFORMAZIONI SANITARIE72,1%28,8%45,4%28,1%66,8%33,0%46,4%
Fr ContDOWNLOAD FILM IMMAGINI MUSICA85,8%11,2%44,9%7,8%32,4%77,3%42,4%
ServSERV VIAGGI E SOGG74,7%20,8%37,9%16,3%62,2%31,9%41,5%
ServSERVIZI BANCARI73,0%26,8%31,6%14,5%71,7%19,4%41,0%
InfINFORM ISTRUZIONE74,7%14,5%35,9%10,8%50,8%33,5%37,1%
Fr ContCARICARE CONTENUTI MULTIMEDIA73,0%15,0%31,7%6,5%30,7%53,4%34,8%
Fr ContSTREAMING VIDEO83,6%4,6%31,1%4,1%20,3%64,2%33,9%
GamGIOCHI52,0%18,0%30,6%12,6%20,9%57,9%31,4%
Fr ContSTREAMING FILM66,3%2,3%21,0%1,9%8,4%54,2%24,9%
ComVIDEOCHIAMATE71,7%21,8%33,7%14,0%39,9%47,5%38,1%
 Soft e ClDOWNLOAD SOFTWARE74,6%5,0%16,3%1,9%31,4%29,9%26,8%
 Soft e ClSALVARE SU CLOUD64,7%10,3%21,7%5,3%29,3%27,8%26,6%
Fr ContASCOLTO RADIO57,8%9,8%23,8%5,5%23,9%39,9%26,6%
ServCOMPRARE BENI57,3%10,1%15,2%4,6%38,3%18,5%24,7%
Fr ContGUARDARE TV62,3%4,5%20,7%2,8%16,0%40,4%24,0%
SocCONDIVIDERE OPIN SOC. POL.59,9%7,9%18,9%3,0%19,2%28,2%22,7%
 Soft e ClCONDIVIDERE SU CLOUD57,3%6,5%16,4%3,5%21,8%21,7%21,2%
PAInformazioni da SITI PA48,0%6,9%21,2%5,8%43,5%7,8%23,0%
ServCERCARE LAVORO40,1%12,1%21,5%9,8%11,8%27,6%20,0%
PAOttenere Moduli PA42,3%3,9%15,5%2,8%38,0%4,0%18,6%
Fr ContLETTURA DOWNLOAD EBOOK47,5%3,0%10,1%1,7%20,4%12,4%16,1%
ServVENDERE38,2%6,6%11,8%3,5%18,0%12,6%15,3%
GamGIOCHI IN RETE33,0%6,4%12,5%2,1%8,0%30,4%15,1%
ServLINKEDIN E SIMILI41,8%1,7%6,3%0,7%16,0%8,5%12,8%
PASpedire Moduli PA29,6%2,4%9,2%1,7%25,0%1,9%12,2%
SocVOTAZ ONLINE SOC E POL36,7%2,2%6,9%0,9%14,5%7,2%11,6%
ServAPPUNTAMENTO MEDICO21,6%2,9%7,9%2,7%16,8%2,4%9,4%
Fr ContCORSO ONLINE21,6%1,8%4,6%1,1%11,8%3,4%7,6%
 Soft e ClCREARE SITI WEB19,9%0,9%2,4%0,4%3,7%5,8%5,5%
Tabella 3: Numero di attività svolte per gruppo di attività
Classi di utentiTotale degli utenti
123456
N° di attività svolte da almeno il 50% degli utenti, per classe e gruppo
Inf           5         –           3         –       5    23
FrCont           6         –         –         –         –    4
Com           3           1           2        1        2    22
Soc           3         –           2         –         –    22
Serv           3         –         –         –       2         –
SofteCl           3         –         –         –         –         –
Gam         –         –         –         –         –         –
PA         –         –         –         –         –         –
N° attività svolte da almeno il 50% degli utenti assegnati alla classe231719107
N° atteso di attività per classe e gruppo
Inf       4,2       1,6       2,6       1,3       3,6       2,4                       2,6
Fr Cont       0,5       0,0       0,1       0,0       0,2       0,1                       0,2
Com       2,6       1,3       1,7       0,9       1,9       2,1                       1,8
Soc       2,8       0,9       1,4       0,4       1,3       2,1                       1,5
Serv       3,5       0,8       1,3       0,5       2,3       1,2                       1,6
Soft e Cl       0,2       0,0       0,0       0,0       0,0       0,1                       0,1
Gam       0,8       0,2       0,4       0,1       0,3       0,9                       0,5
PA       1,2       0,1       0,5       0,1       1,1       0,1                       0,5
 
N° atteso di attività complessivo     15,8       5,0       8,0       3,4     10,7       9,0                       8,7
[1] https://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/i-motivi-che-allontanano-gli-italiani-da-internet-e-come-risolvere/
[2] http://www.istat.it/it/archivio/194611
[3] DIGCOMP: A Framework for Developing and Understanding Digital Competence in Europe, 2013 ftp://ftp.jrc.es/pub/EURdoc/JRC83167.pdf
[4] http://ec.europa.eu/eurostat/cache/metadata/en/tepsr_sp410_esmsip.htm (visitato in data 4/7/2017)
[5] Algoritmo poLCA. Per un approfondimento metodologico: https://www.jstatsoft.org/article/view/v042i10/v42i10.pdf

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Comuni e PNRR: un focus sui bandi attivi o in pubblicazione
Analisi
Formazione 4.0: cos’è e come funziona il credito d’imposta
PA e Sicurezza
PA e sicurezza informatica: il ruolo dei territori di fronte alle sfide della digitalizzazione
PA e sicurezza
PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
Water management
Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
LE RISORSE
Transizione digitale, Simest apre i fondi Pnrr alle medie imprese
Prospettive
Turismo, cultura e digital: come spendere bene le risorse del PNRR
Analisi
Smart City: quale contributo alla transizione ecologica
Decarbonizzazione
Idrogeno verde, 450 milioni € di investimenti PNRR, Cingolani firma
Unioncamere
PNRR, imprese in ritardo: ecco come le Camere di commercio possono aiutare
I fondi
Industria 4.0: solo un’impresa su tre pronta a salire sul treno Pnrr
CODICE STARTUP
Imprenditoria femminile: come attingere ai fondi per le donne che fanno impresa
DECRETI
PNRR e Fascicolo Sanitario Elettronico: investimenti per oltre 600 milioni
IL DOCUMENTO
Competenze digitali, ecco il nuovo piano operativo nazionale
STRUMENTI
Da Istat e RGS gli indicatori per misurare la sostenibilità nel PNRR
STRATEGIE
PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità
FONDI
Pnrr, ok della Ue alla seconda rata da 21 miliardi: focus su 5G e banda ultralarga
GREEN ENERGY
Energia pulita: Banca Sella finanzia i progetti green incentivati dal PNRR
TECNOLOGIA SOLIDALE
Due buone notizie digitali: 500 milioni per gli ITS e l’inizio dell’intranet veloce in scuole e ospedali
INNOVAZIONE
Competenze digitali e InPA cruciali per raggiungere gli obiettivi del Pnrr
STRATEGIE
PA digitale 2026, come gestire i fondi PNRR in 5 fasi: ecco la proposta
ANALISI
Value-based healthcare: le esperienze in Italia e il ruolo del PNRR
Strategie
Accordi per l’innovazione, per le imprese altri 250 milioni
Strategie
PNRR, opportunità e sfide per le smart city
Strategie
Brevetti, il Mise mette sul piatto 8,5 milioni
Strategie
PNRR e opere pubbliche, la grande sfida per i Comuni e perché bisogna pensare digitale
Formazione
Trasferimento tecnologico, il Mise mette sul piatto 7,5 milioni
Strategie
PSN e Strategia Cloud Italia: a che punto siamo e come supportare la PA in questo percorso
Dispersione idrica
Siccità: AI e analisi dei dati possono ridurre gli sprechi d’acqua. Ecco gli interventi necessari
PNRR
Cloud, firmato il contratto per l’avvio di lavori del Polo strategico
Formazione
Competenze digitali, stanziati 48 milioni per gli Istituti tecnologici superiori
Iniziative
Digitalizzazione delle reti idriche: oltre 600 milioni per 21 progetti
Competenze e competitività
PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università
Finanziamenti
PNRR, si sbloccano i fondi per l’agrisolare
Sanità post-pandemica
PNRR, Missione Salute: a che punto siamo e cosa resta da fare
Strategie
Sovranità e autonomia tecnologica nazionale: come avviare un processo virtuoso e sostenibile
La relazione
Pnrr e PA digitale, l’alert della Corte dei conti su execution e capacità di spesa
L'editoriale
Elezioni 2022, la sfida digitale ai margini del dibattito politico
Strategie
Digitale, il monito di I-Com: “Senza riforme Pnrr inefficace”
Transizione digitale
Pnrr: arrivano 321 milioni per cloud dei Comuni, spazio e mobilità innovativa
L'analisi I-COM
Il PNRR alla prova delle elezioni: come usare bene le risorse e centrare gli obiettivi digitali
Cineca
Quantum computing, una svolta per la ricerca: lo scenario europeo e i progetti in corso
L'indice europeo
Desi, l’Italia scala due posizioni grazie a fibra e 5G. Ma è (ancora) allarme competenze
L'approfondimento
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