La sentenza

Diffusione di materiale pedopornografico online e consenso del minore: i paletti della Cassazione

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito alcune questioni rilevanti relative ai casi in cui il minore presti il consenso alla produzione di immagini o video a carattere pedopornografico. Esaminiamo la sentenza

Pubblicato il 18 Feb 2022

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

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L’articolo 600 ter del Codice penale punisce varie condotte legate all’utilizzo di minori per materiale pedopornografico: ma le questioni relative ai casi in cui il minore presti il consenso alla produzione di immagini o video restano difficilmente inquadrabili nel sistema normativo vigente.

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La sentenza è del 9 febbraio, ma, forse, con un pizzico di ironia giurisprudenziale, le motivazioni sono state depositate il 14.

Detto questo le sezioni Unite della cassazione hanno espresso due distinti princìpi di diritto, destinati a fare stato:

  • «si ha “utilizzazione” del minore allorquando, all’esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell’età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o condizionamento della volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto all’integrità psico-fisica dello stesso».
  • «la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all’art. 600-ter, terzo e quarto comma, c.p., ed il minore non può prestare consento ad essa».

Il quesito a cui le Sezioni Unite dovevano rispondere, infatti era il seguente:

«se il reato di cui all’art. 600-ter, comma 1, n. 1, cod. pen. risulti escluso nell’ipotesi in cui il materiale pedo-pornografico sia prodotto, ad esclusivo uso privato delle persone coinvolte, con il consenso di persona minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, in relazione ad atti sessuali compiuti nel contesto di una relazione affettiva con persona minorenne che abbia la capacità di prestare un valido consenso agli atti sessuali, ovvero con persona maggiorenne».

Il problema dell’utilizzazione del minore

La questione cardine affrontata dalla sentenza è l valore dato al verbo utilizzare dell’articolo 600 ter del Codice penale che, giova ricordarlo, dispone che:

“È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:

  • utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
  • recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.

Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assista a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.

Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali”.

Nella precedente formulazione si richiedeva lo sfruttamento: secondo le Sezioni Unite della Cassazione, quindi, la riforma ha ampliato l’ambito di punibilità del primo comma, perché sfruttamento implica una realizzazione economica, mente l’utilizzo alimenta l’offerta e la mercificazione del minore, pur non abusando, necessariamente, del minore stesso.

Diverso darebbe sanzionare il mero “impiego”: in questo caso la punibilità sarebbe estesa al massimo.

Per questa ragione, la Cassazione ha dovuto effettuare una disamina approfondita della normativa di riferimento, desumendo il concetto di utilizzazione dal complesso delle disposizioni in materia.

La questione del consenso del minore

Il consenso del minore alla diffusione verso terzi è stato ritenuto sempre e comunque irrilevante, perché l’articolo 600 ter del Codice penale non tutela solo la libertà individuale ma ha finalità pubblicistiche.

La diffusione è sempre vietata, per disincentivare il mercato della pornografia minorile, in qualunque forma e per qualunque finalità.

Conclusioni

Le Sezioni Unite hanno chiarito alcune questioni rilevanti.

In primo luogo, l’autoproduzione – e l’invio – del materiale pornografico dall’interessato è sempre scriminata, anche se detenuto dal destinatario.

La produzione, anche tra minorenni, non consente in ogni caso la diffusione del materiale, perché il consenso tra le parti è indifferente.

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