Videogame culture

Immortality: così l’interactive fiction sfuma i confini tra gaming e cinema

Ricostruire tre film mai usciti con la stessa attrice protagonista, mentre appaiono scene nascoste con due misteriosi personaggi: Immortality sposta l’asticella dell’interactive fiction, tra gaming e cinema, per contenuti e resa grafica. I dettagli

Pubblicato il 03 Nov 2022

Luca Sammartino

Copywriter e musicista, amante del mondo videoludico

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“Immortality”, l’ultimo lavoro di Sam Barlow, è stato accolto benissimo dalla critica e dal pubblico, ponendosi come una delle uscite più interessanti dell’anno. Il nome di Sam Barlow probabilmente non dirà nulla ai gamer abituati a titoli d’azione o GDR, ma ha una certa valenza non solo nel mondo degli indie e dei tripla A, ma anche i doppia A.

Con “Her Story” e “Telling Lies”, Sam Barlow ha dato nuova linfa vitale ai film interattivi (o interactive fiction per usare un termine più fedele al gaming), grazie a storie interessanti e alle ottime performance dei suoi attori.

È importante però fare una precisazione: “Immortality” si avvicina molto di più al campo del cinema che a quello del gaming.

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Più film che gioco: è la transmedialità, bellezza

Il prodotto si colloca in una nicchia particolare, quasi transmediale (termine ripreso a ondate anche dalla critica di settore, dove è molto presente e attuale), a metà tra cinema e interazione, superando però in un certo senso le differenze di genere.

Il fattore “gioco” consiste nel dover ricostruire tre film mai usciti che vedono l’attrice fittizia Marissa Marcel (interpretata dalla brava Manon Gage) come protagonista. Cliccando con il mouse sugli attori e sugli oggetti di un filmato, si accederà ad altre clip dei tre film, costruendo lentamente una storia nella storia… o forse dovremmo dire, nelle storie.

In alcuni filmati, ci sono scene nascoste che rivelano due misteriosi personaggi estranei ai cast delle pellicole. Queste scene, accessibili “giocando” con la funzione rewind del player integrato, non sono casuali, anzi il giocatore verrà avvisato della loro presenza da un sinistro effetto sonoro.

L’azione del giocatore, quindi, sarà decisamente limitata: non sarà possibile in alcun modo alterare le clip o intervenire sulla storia dei tre film, inoltre non ci sono puzzle da risolvere come nelle avventure grafiche. Il piacere di Immortality risiede proprio nella scoperta e nei collegamenti che il giocatore effettua, man mano che trova nuove clip.

Ovviamente, dal lato ludico, Immortality non è esente da difetti. L’intrattenimento è al limite del passivo e non mancano alcuni momenti di tedio, specialmente durante la visione di alcune clip riempitive. Difficile quindi definire Immortality un capolavoro del gaming, perché di gaming ce n’è davvero poco. Di sicuro, alza l’asticella per quanto riguarda l’interactive fiction, specialmente in termini di narrazione e sperimentazione.

L’omaggio ai generi e il dualismo identitario

I tre film, oltre che alla protagonista Marissa Marcel, hanno in comune diversi temi e in qualche modo ripercorrono la storia di un certo tipo di cinema. “Ambrosio” è un tributo ai film horror gotici di fine ’60, mentre “Minsky “è una sorta di poliziesco che ricalca lo stile dei ’70. Con “Two of Everything” invece, si fa un salto temporale arrivando alla fine del ventesimo secolo.

Il ruolo di Marissa Marcel in tutti i film ha a che fare con il dualismo. In “Ambrosio” interpreta una giovane donna che si finge monaco per sedurre il cosiddetto “uomo più santo di Madrid”, chiamato proprio Ambrosio. Nel film, la protagonista rivela la sua identità più volte, passando da monaco a donna seduttrice, fino a diventare infine una vera e propria Lilith.

Il dualismo si ripete in “Minsky”, dove la Marcel ricopre il ruolo di Franny, una donna accusata dell’omicidio di un famoso artista di New York, del quale era la musa. Ovviamente, il detective incaricato di indagare sul caso si innamorerà perdutamente di lei, entrando nel mondo nascosto della New York notturna e cambiando lui stesso aspetto.

Il tema vede il suo apice in “Two of Everything”, dove la Marcel interpreta la popstar Maria e la sua controfigura. Forse il più debole dei tre, “Two of Everything” è anche l’ultimo film interpretato da Marissa Marcel.

Sesso, religione e immortalità

Il dualismo, si intreccia con una sottotrama tra la fantascienza e la religione, dove sesso e passione si dividono tra il girato ufficiale delle tre pellicole e dei filmati inediti girati dietro le quinte. Non è difficile individuare i temi religiosi già dalle prime clip di Ambrosio, con rimandi in “Two of Everything”, dove si possono individuare mele proibite e crocifissi.

E in effetti, le misteriose due figure dei suddetti filmati nascosti, non sono altro che due entità immortali, capaci di prendere il controllo degli umani. Questi rivelano più volte di aver “giocato” con la religione, facendo le veci del diavolo e di Gesù Cristo.

Ma non è tanto questa rivelazione a colpire, perché di esseri superiori che giocano con l’umanità ne sono pieni film, libri e anche videogiochi. Ciò che sorprende è che una dei due immortali si infatua del cinema. Ed è proprio questo il concetto interessante di “Immortality”: l’essere soprannaturale innamorato di una delle arti umane.

Non è un caso che sia il cinema: a livello di immagine, quale altra arte visiva consacra gli esseri umani all’immortalità? Gli attori mantengono l’eterna giovinezza grazie ai loro film, anche dopo la morte, la loro immagine, le movenze e la voce rimangono impresse nell’eternità. La stessa Marissa Marcel non è altro che una maschera. Non solo cambia aspetto in ognuna delle tre pellicole, ma sotto la sua pelle si cela l’identità di un essere soprannaturale.

La fragile immortalità del cinema

Le risposte ai vari misteri arrivano al giocatore un clic dopo l’altro. In Immortality, ci si ritrova a passare febbrilmente da una clip all’altra, per scoprire di più sul destino di Marissa Marcel, così come degli altri attori e dei registi dei film.

In contemporanea, si conoscerà la storia dei due immortali, figure all’apparenza onnipotenti, ma dalla grande fragilità… un po’ come le stesse “superstar” che noi tutti in qualche modo veneriamo, spesso esaltandole a vere e proprie divinità.

Tra tributo e critica al mondo del cinema, “Immortality” ci mostra anche il lavoro degli attori. Le prove, le letture del copione, i tagli, le interviste e i retroscena. Nel mondo del cinema moderno, si tende a voler vedere solo il divertimento che c’è dietro la realizzazione di un film. Per i cinecomic vengono volutamente rilasciate le clip con i “blooper” degli attori, dando l’idea che i set siano luoghi fatti di magia e amicizia.

In “Immortality” Sam Barlow vuole mostrare cosa c’è dietro quello che sembra un “lavoro facile”, spesso criticato da chi non lo fa. Vuole passare oltre i blooper faciloni o l’esaltazione dell’arte, per mostrare in maniera asciutta il lavoro svolto dietro molti film, lo sforzo collettivo e le giornate lavorative che possono rivelarsi anche logoranti.

“Immortality” è una sorta di tributo alla settima arte, alle sue sfumature tecniche, umane e figurative.

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