il fenomeno sociale

Influencer per il sociale? Ci serve la “pedagogia mediatica” per orientarci

Sempre più gli influencer si fanno portavoce di messaggi politici e sociali a dimostrazione di una “trasformazione” del loro ruolo nella società. Ma quale uso si fa dei messaggi a sfondo sociale sui social media? E come mai tutto appare così amplificato? Spetta alla pedagogia mediatica insegnarci a discernere

Pubblicato il 23 Set 2021

Alessia Caricato

pedagogista esperta nei processi educativi e formativi, giudice onorario Tribunale per i minorenni di Roma

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Nel guardare il crescente fenomeno in evoluzione degli influencer “in azione” sullo scenario politico-sociale, è opportuno rivolgere lo sguardo sul panorama attuale, orientando la vista sul flusso della comunicazione e su come si intrecciano le diverse dimensioni: personale, sociale, etica, politica ed economica.

Le prime immediate domande suscitate sono: “come sta cambiando l’informazione? Quanto e che tipo di peso hanno i social e gli influencer nel contesto politico? E che opportunità e rischi si affacciano?

I “Ferragnez”, il DDL Zan e il nuovo ruolo degli influencer: gli impatti socio-economici

Social, comunicazione e narrazione: il ruolo degli influencer

È facile oramai riconoscere come i media digitali non sono solo strumenti grazie ai quali comunicare, intrattenersi ed entrare in relazione con gli altri, ma sono da tempo diventati strumenti di comunicazione e di narrazione, i cui messaggi racchiudono anche contenuti a sfondo sociale e politico. I temi trattati non conoscono confini, grazie alla possibilità che la rete offre nel permettere a ogni utente di contribuire alla formazione e alla veloce divulgazione dei contenuti sulle diverse piattaforme. I social media permettono di condividere facilmente una molteplicità di esperienze, idee e argomenti. Già è noto che i social sono diventati anche un mezzo di informazione ad ampio raggio, si fa uso dei profili delle testate giornalistiche, ma anche dei profili dei personaggi famosi o dei cosiddetti “vip” e degli influencer. Le scelte sono sicuramente differenziate tra i diversi canali dei social (istagram, facebook, twitter, yuoTube), ma pur sempre è preponderante la fonte degli influencer e delle persone con popolarità rispetto alle testate giornalistiche.

Il ruolo degli influencer nell’informazione sui social è ricco di sfaccettature e di collegamenti su più dimensioni. Ad una prima osservazione è immediato cogliere in che modo il fenomeno si evolve, ed anche in che misura produca effetti sulle facoltà cognitive, emotive e comportamentali.

In sintonia con i tempi, gli influencer si rendono testimoni non soltanto all’interno del mondo commerciale attraverso la propria immagine e storia, ma sono entrati in campo nel sociale e nella politica attraverso messaggi di cui si fanno portavoce. Ancora più interessante è osservare e riconoscere le modalità, i toni e le posizioni che gli influencer assumono e prendono nei confronti di alcuni temi specifici. Un esempio immediato è il punto di vista che gli influencer hanno espresso nel nostro paese riguardo al DDL Zan; abbiamo assistito a schieramenti con contenuti ideologici, toni accesi e dibattiti a volte conformi ai contesti politici. Le cifre sono molto alte quando si parla di persone che hanno seguito sui social il tema sulla discussa legge sull’omotransfobia.

La trasformazione degli influencer

Dunque, viene da chiedersi: gli influencer stanno mutando il loro ruolo?

Una prima risposta è già sotto i nostri occhi, il ruolo sociale degli influencer è stato esaltato nei tempi della pandemia. Se nell’era della pandemia la comunicazione si è orientata verso un crescente e costante uso della tecnologia, sia a livello sociale che lavorativo e informativo lì dove cambiano le abitudini di vita e dove il limite del distanziamento sociale si fa più presente, altrettanto la visibilità degli influencer è notevolmente aumentata nel periodo di Covid-19. Abbiamo assistito a una variazione della presenza degli influencer che hanno preso parte attiva in raccolta di fondi a supporto di ospedali, a favore di necessità legate alla pandemia, oppure si sono resi portavoce di informazioni precise, come i comportamenti da tenere o scelte da compiere (uso mascherine, rispetto delle regole, vaccinarsi). Abbiamo così assistito ad una trasformazione ad un ruolo più divulgativo degli influencer.

Messaggi a sfondo sociale sui social media: quale uso se ne fa?

Eppure, il binomio celebrità-temi sociali non è una novità, molti personaggi famosi si distinguano per essere ambasciatori di movimenti di opinione o di campagne di sensibilizzazioni di temi umanitari e sociali. Ma quale uso se ne fa dei messaggi a sfondo sociale sui social media? E come mai tutto appare così amplificato? Il messaggio sembra arrivare in modo più diretto e forte, come se fosse un megafono il cui eco dura più a lungo!

Nel tentare di rispondere, ancor prima è interessante domandarsi riguardo l’uso che si fa dei messaggi a sfondo sociale: “da parte di chi?” Degli influencer, delle piattaforme, delle aziende o del pubblico fruitore? Qui già scorgiamo la presenza di più livelli: quello che riguarda il mittente (influencer) quello che riguarda il ricevente (pubblico fruitore) e quello che riguarda il mezzo (piattaforme e aziende). Tre aspetti che si intrecciano tra di loro, dove ogni parte può rappresentare al meglio (o al peggio) sé stessa, nella direzione comune e trasparente o nella logica personale o individuale.

L’economia degli influencer

Intanto, va ricordato che lì dove la credibilità del personaggio accresce grazie all’accostamento testimone nel sociale, la reputation aumenta e, per effetto, anche la credibilità del prodotto o servizio della singola azienda, che avrà più facilità a fidelizzare il pubblico. Sembrerà un po’ come umanizzare il prodotto per renderlo più affidabile e vicino a sé. Non a caso Ryan Williams nel suo libro “The Influencer Economy” ricorda come le aziende sono sempre più interessate ad analizzare le storie di chi è seguito in rete, o meglio chi segue gli influencer!

Abbiamo accennato, all’interno del dibattito sui social, alle modalità con cui un messaggio viene condiviso. Ad un primo impatto è possibile notare alcune particolarità, intanto la modalità utilizzata che distingue il racconto dei messaggi condivisi, se questa voce ha un’intonazione emotiva certamente dà più forza al messaggio perché caricato di significati personali e umani. Poi sono ben visibili i toni usati, che spesso si presentano in una forma di contrapposizione con gli altri interlocutori o con dei principi, il cui effetto in ogni caso genera separatività. Va da sé che il risultato di si traduce in schieramenti del “si” o del “no”, come se nel dibattito tutto possa ridursi in una posizione duale, che inevitabilmente crea disputa a discapito di un confronto culturale di tipo dinamico e riflessivo.

E tra tanti predicatori, chi sarà più bravo a convincere? E per quale motivo?

Sono i rischi dell’individualismo radicale e dell’autodominio del soggetto nella rete intesa come ambiente nel quale cercare le conferme delle proprie idee e opinioni; del conformismo come risultato della personalizzazione dell’impiego dei media digitali e dell’autoreferenzialità dell’accesso alle informazioni, con la possibilità di arrivare a comporre su ogni pc, tablet e smartphone una “enciclopedia” del sapere fatta solo con le nozioni che l’utente sa già di voler conoscere.” (La rivoluzione digitale Alessio Lodes).

I rischi del consumo indiscriminato di informazioni

Se questo è il risultato, c’è da chiedersi cosa incoraggia questo tipo di informazione e, riflettendo in modo più attento, come si possa favorire la cultura; con lo scontro o con il confronto? Possiamo aggiungere, inoltre, che i fenomeni complessi richiedono scrupolosità per essere affrontati. Dunque, attenzione al rischio che i social media possano diventare la piattaforma più importante per il “consumo vorace, veloce e indiscriminato di informazioni”.

A tal proposito vale la pena esplorare l’impatto che i social media assumono sui fenomeni dell’opinione pubblica e della propaganda. La ricerca massmediologica e la letteratura sulle teorie psicologiche della comunicazione e nelle teorie generali dell’apprendimento sociale, ci forniscono elementi interessanti da collegare alla pervasività dei media, nei linguaggi dominanti utilizzati nella società attuale.

Tale pervasività richiama lo slogan Marhall McLuhan “il mezzo è il messaggio”, che sintetizza il suo punto di vista in merito al rapporto tra l’evoluzione dell’umanità e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, nella misura in cui questi ultimi mostrano il modo di comportarsi della società, similmente come è l’economia a plasmare le relazioni sociali. Perciò appare chiaro che la dimensione personale-sociale è strettamente intrecciata con quella economica-tecnologica e l’influenza e la persuasione giocano un ruolo decisivo nell’evoluzione dei media.

Nello specifico, la ricerca psicologica e sociologica ha indagato gli effetti dei media e il confronto si è espresso attraverso le tre principali teorie: le teorie dell’influenza diretta, le teorie degli effetti limitati, le teorie degli effetti indiretti e a lungo termine. Gli approcci sottostanti spiegano il rapporto tra messaggio e ricevente, per cui la tesi ipodermica parlava di manipolazione e propaganda, la teoria psicologico sperimentale di persuasione, quella sociologica-empirica si occupa di influenza. In sintesi, il significato ed il valore, sotto il profilo cognitivo ed emotivo, nella comunicazione mediale, deriva anche dal modo in cui l’informazione viene elaborata nella relazione con il mezzo.

A tal proposito nel 1948 Berelson scrive: “certi tipi di comunicazione su certi temi sottoposti all’attenzione di certi tipi di persone in certe condizioni hanno certi effetti”. E così parla in modo nuovo di “certi effetti” e non di “effetti certi”. A testimonianza che i mass media non influenzano in maniera diretta il comportamento delle persone, piuttosto creano le circostanze e il contesto sociale in cui esse apprendono come comportarsi, perciò non vi è più il meccanismo diretto Stimolo – Risposta, poiché l’azione ha un effetto in particolare sulla struttura cognitiva degli individui, pertanto la conseguenza non potrà essere uniforme, ma dipenderà da diverse variabili ovvero sarà mediata da condizioni e fattori sia individuali sia sociali, a seconda dell’età, del sesso, dalle circostanze, ecc. L’influenza di cui si tratta è quella che può manifestarsi, a livello individuale, sui processi di formazione e sul mutamento di singole opinioni, singoli atteggiamenti e singoli comportamenti.

“Insomma, quando i messaggi passano attraverso lo schermo, inevitabilmente gli elementi emotivi hanno la meglio su quelli cognitivi, la reazione immediata come riflesso condizionato (dunque come pregiudizio) ha il sopravvento sulla riflessione mediata di tipo intellettuale (il giudizio), la percezione del reale come istante presente (affermazione del sé) prende il posto della elaborazione del proprio essere nel tempo (responsabilità verso gli altri).” (p. 8,9 Rapporto finale “la trasmissione della cultura nell’era digitale” 2015)

L’educazione nell’uso dei social

L’attenzione si fa ancor più rilevante poiché su queste premesse è richiesta la capacità di elaborare, filtrare e recepire. Altrettanta attenzione e responsabilità occorre nel veicolare i messaggi dal mittente, consapevoli che ogni azione ha una conseguenza, un valore; “l’energia segue il pensiero”. E se la libertà della tecnologia è garantita dal diritto alla libertà di espressione, è pur vero che possiamo riflettere sulle responsabilità che tale libertà offre, per non soggiacere al controllo della tecnologia. Per tale motivo è essenziale il valore che rappresenta l’educazione nell’uso dei social, affinché si possa sostenere la capacità di discriminare i messaggi e si possa sviluppare l’alfabetizzazione mediatica.

Va da sé che una “abilità critica”, ossia la capacità di reagire ad uno stimolo cogliendone le caratteristiche essenziali, di valutarle e di comprendere alcuni fattori, come la credibilità della fonte, la competenza (autorevolezza e reputazione), sarà lo strumento per scegliere, rinforzare o meno la fiducia. Sarà premiato il ruolo attivo del pubblico che può verificare e comprendere oltre il confine del proprio cellulare, tablet.

Ciò vale ancor di più quando vi è una sovraesposizione dei messaggi che, come un’overdose, crea confusione, annichilimento e adesione senza visione, a favore del far prevalere il business sull’etica. Di conseguenza, l’attenzione si orienta a risanare un atteggiamento superficiale per consentire la comprensione nella complessità dei codici, dei messaggi e delle logiche insite nei processi in atto.

Conclusioni

Possiamo imparare che gli orientamenti, le mode, le tendenze, le comunicazioni amplificate, sono flussi e correnti, e in queste correnti del mare possiamo imparare a navigare grazie alla visione.

Consapevoli che oggi, nell’era di internet, i mass media non sono un soggetto a sé stante, ma sono l’espressione della società; perciò, non possono essere considerati anche qui in modo contrapposto o duale, o nel bene o nel male, ma letti, compresi come espressione del momento storico preciso.

E dunque, se è certo che i media sono un’importate agenzia di socializzazione, c’è da chiedersi se tutte le agenzie di socializzazione sono intenzionalmente educative. C ’è bisogno di “pedagogia mediatica” soprattutto per le nuove generazioni, affinché possano orientarsi con bussole valide per riconoscere i linguaggi, leggere correttamente le informazioni. Tale è la dote necessaria per coltivare le menti aperte e favorire in armonia lo sviluppo dei principi etici.

“La tecnologia non può essere “degna di fiducia”, la tecnologia deve essere capita” (2017, Amnesty International – Social media e manipolazione dell’opinione pubblica).

Bibliografia

Paolo Ceri, «Come sono cambiati i movimenti sociali», Quaderni di Sociologia, 39 | 2005

Thomas Purayidathil. Media cultura e società. I contributi di George Gerbner nel campo della comunicazione sociale. Ed Las

Harold D. Lasswell, The Structure and Functions of Communication in Society, Harper, New York, 1948

Purayidathil Thomas, Teorie psicologiche della comunicazione, in Franco LEVER – Pier Cesare RIVOLTELLA – Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche

Nicholas Carr, Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, Raffaello Cortina Editore, 2011 e Howard Rheingold, Perché la rete ci rende intelligenti, Raffaello Cortina Editore, 2013

E. Robert Park (Autore), Ernest W. Burgess (Autore), Roderick D. McKenzie (Autore), A. De Palma (Traduttore), La città Copertina flessibile – 26 ottobre 1999

Williams Ryan, The Influencer Economy: How to Launch Your Idea, Share It with the World, and Thrive in the Digital Age. Ryno Lab, 2016

Sitografia

https://www.treccani.it/export/sites/default/cultura/eventi_sala_igea/iniziative/La_trasmissione_della_cultura.pdf

http://tesi.luiss.it/25906/1/696061_JULIANO_WILLIAM.pdf

https://www.italian.tech/2021/07/08/news/ruolo_influencer_ddl_zan-309450424/

https://www.lacomunicazione.it/voce/teorie-psicologiche-della-comunicazione/

https://fh.mdp.edu.ar/revistas/index.php/r_educ/article/view/8

https://www.amnesty.it/la-manipolazione-dellopinione-pubblica/

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