cultura diffusa

Intelligenza artificiale, insegnarla fin dalle elementari per capirla davvero: ecco come

Solo creando una conoscenza vera sull’IA e sugli strumenti che possiamo adottare per raggiungere dei risultati positivi a favore del benessere dell’umanità e del pianeta, eviteremo effetti distopici, ma anche facili entusiasmi. E una vera conoscenza si crea solo con la cultura: insegnare ovunque l’IA è la chiave

Pubblicato il 09 Giu 2021

Piero Poccianti

past president AIxIA

Cristina Pozzi

COO e Head of Contents Treccani Futura

intelligenza artificiale pirateria

Dobbiamo temere l’intelligenza artificiale e le sue svariate applicazioni o avere fiducia nel suo potere trasformativo? La risposta non è semplice né scontata. Quel che è certo è che per evitare estremismi in un senso o nell’altro servono cultura, formazione e informazione per stimolare un approccio critico alla tecnologia.

Intelligenza artificiale, chi ha ragione?

L’intelligenza artificiale, questo ormai lo sappiamo, è una delle tecnologie più disruptive dei nostri tempi. Ha in sé il potenziale per cambiare in modo significativo la democrazia, l’economia, la società e il nostro modo di lavorare, studiare e persino vivere. Proprio per la sua forza innovatrice però è una tecnologia che incute anche paura: non è detto, infatti, che questa trasformazione sia positiva.

«Mark my words — A.I. is far more dangerous than nukes» – «Segnatevi le mie parole – L’Intelligenza Artificiale è molto più pericolosa delle armi nucleari». A dichiararlo Elon Musk, innovatore e visionario della Silicon Valley famoso in tutto il mondo per le sue imprese in diversi settori: dalle auto a guida autonoma di Tesla, ai razzi riutilizzabili della SpaceX, fino alle neurotecnologie della Neuralink. A contatto con le tecnologie più all’avanguardia, Elon Musk sostiene che proprio l’Intelligenza Artificiale porti con sé i maggiori pericoli. Ma cosa significa? Dobbiamo quindi temere questa disciplina e le diverse applicazioni che la rappresentano?

Rispondere in modo univoco non è però semplice perché la trasformazione non dipende dalla tecnologia in sé ma dal modo in cui la sviluppiamo, disegniamo e utilizziamo.

Cogliendo un invito nelle parole di Elon Musk potremmo affermare che abbiamo la responsabilità di monitorarla e di usarne la grande potenza intrinseca nel modo migliore evitando disequilibri a livello globale e mitigandone le possibili criticità.

Ma come possiamo creare un sistema che sia davvero in grado di raggiungere questo obiettivo se non diffondiamo nella società una conoscenza profonda di questa disciplina e dei modi in cui già oggi interagisce con noi su base quotidiana?

Proprio per questo è indispensabile creare una conoscenza vera sull’IA e sugli strumenti che possiamo adottare per raggiungere dei risultati positivi a favore del benessere dell’umanità e del pianeta, evitando effetti distopici. È, inoltre, indispensabile che i medici, gli avvocati, gli economisti, tutti i professionisti, i decisori politici, le aziende, e i diversi attori della società imparino e comprendano gli aspetti principali di questa disciplina per essere in grado usarla sempre per migliorare il proprio operato. È necessario un approccio interdisciplinare al sapere, anche con elementi di intelligenza artificiale.

Insegnare intelligenza artificiale

Da diverso tempo ci sono proposte e studi che suggeriscono di introdurre l’insegnamento di elementi di informatica fin dalle scuole elementari. Non è tanto la volontà di insegnare rudimenti di questa materia, con cui tutti avremo a che fare, fino negli insegnamenti di base. Spesso, infatti, si tende ad argomentare pro o contro questa idea immaginando che l’obiettivo sia quello di insegnare i fondamenti di un mestiere, come se tutti dovessimo diventare programmatori. In realtà, il concetto che sta emergendo è di insegnare rudimenti di pensiero computazionale, per aiutare ragazze e ragazzi ad acquisire conoscenze che permettano loro di affrontare e risolvere problemi nuovi. Insegnare a una macchina come eseguire un compito attraverso un linguaggio di programmazione semplice, è un modo per dotare le persone di nuove capacità logiche per trattare un problema, analizzarlo, scomporlo in sotto problemi più semplici e decifrarlo.

Un modo di ragionare che è alla base di quello che potremmo definire il linguaggio fondamentale del nostro secolo e senza il quale non è possibile comprendere il mondo che ci circonda.

Inoltre, il computer è un mezzo per esplorare situazioni e discipline, che, qualche volta, i bambini hanno difficoltà ad affrontare perché al di fuori delle loro esperienze.

Un esempio di successo è stato il linguaggio logo, che attraverso i movimenti della tartaruga simulata, porta a disposizione del discente esperienze concrete di concetti astratti per esempio nel campo della geometria.

Il computer da questo punto di vista diventa uno strumento che permette di esplorare nuovi mondi.

Un esempio storico di questo approccio lo troviamo nel libro Turtle Geometry di Hal Abelson e Andrea diSessa due allievi di Papert (uno dei fondatori della disciplina Intelligenza Artificiale e già allievo di Piaget).

La prefazione del libro recita: “Cinque secoli fa l’invenzione della stampa portò una trasformazione radicale nella natura dell’insegnamento. Portando le parole di un maestro a coloro che non poteva udirle, la stampa dissolse la barriera che imponeva che l’educazione fosse riservata a coloro che si potevano permettere un tutor privato. Oggi stiamo assistendo ad una nuova rivoluzione tecnologica il cui impatto sarà altrettanto grande di quello dell’invenzione della stampa. la diffusione di computer sufficientemente potenti e a buon mercato da poter essere usati dagli studenti per imparare, giocare e esplorare. È nostra speranza che questi semplici ma potenti strumenti adatti a creare ed esplorare ambienti interattivi dissolveranno le barriere alla creazione di conoscenza, così come la stampa ha dissolto le barriere alla sua trasmissione.”

Dobbiamo notare che la stampa ha funzionato, ma ha avuto bisogno di alfabetizzazione di massa. Nello stesso modo, questi strumenti necessitano di una alfabetizzazione di base per poter dispiegare il loro potenziale educativo.

Il logo è un derivato del LISP, uno dei programmi più famosi per l’intelligenza artificiale. Esistono altri strumenti di IA adatti ad un insegnamento nella scuola primaria. Un altro esempio è il prolog.

Il prolog è un linguaggio basato sulla logica. In questo caso il paradigma è completamente diverso da quello del tradizionale pensiero computazionale. Non si tratta di individuare un algoritmo per risolvere un problema, ma di essere capaci di descrivere il proprio obiettivo, il contesto in cui si opera, i vincoli e gli strumenti che caratterizzano il problema. In sostanza si tratta di descrivere il problema in forma logica. È un altro modo di esplorare la realtà complementare al pensiero computazionale. È pensiero logico deduttivo. Un altro strumento che i giovani devono imparare come sapevano benissimo gli antichi greci. Il computer diventa un mezzo per esplorare lo spazio della logica rendendolo interattivo.

A questi strumenti si affiancano oggi ambienti di programmazione visuale, particolarmente adatti sia per l’insegnamento del pensiero computazionale classico che per esplorare il mondo delle reti neurali.

Le declinazioni e le modalità di insegnamento di questi temi sono moltissime e variano in base all’età dei discenti. Vediamo alcuni spunti di seguito.

Insegnamento nelle scuole elementari e medie

Usare il computer fin dalle scuole elementari può risultare un mezzo per rendere viva l’esperienza in moltissimi campi del sapere. Richard Feynman diceva “Quello che non riesco a creare, non lo saprò mai capire.” Voleva dire che comprendere le cose significa metterci le mani sopra.

Le esperienze didattiche con il logo permettono di esplorare lo spazio geometrico e rendono intuitivi i concetti geometrici di angolo, di segmento, parallelismo e molti altri. Le esperienze con il prolog permettono, invece, di rendere vive ed esplorabili l’analisi logica e grammaticale, la logica simbolica eccetera.

Insegnamenti di intelligenza artificiale per scuole superiori come licei e istituti tecnici

Se nella prima parte del processo educativo il focus è soprattutto nel linguaggio e nel modo di ragionare, quando entriamo nell’ambito delle scuole superiori di secondo grado dobbiamo procedere su diversi livelli per la nostra riflessione: l’acquisizione di competenze tecniche, l’utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale per l’apprendimento a disposizione di docenti, studentesse e studenti, e la riflessione sul ruolo dell’IA nella nostra società e al fine dell’esercizio della nostra cittadinanza.

Le crescenti competenze di studentesse e studenti in ambito matematico e statistico permettono di introdurre concetti più avanzati sia in termini di scienza dei dati sia in termini di sviluppo di intelligenze artificiali e di infrastrutture. L’acquisizione di competenze base in questo ambito è importante al fine di permettere ai discenti la comprensione delle logiche, delle criticità e della complessità di discipline che sono permeanti nella nostra società e che saranno certamente permeanti in qualsiasi lavoro si troveranno a svolgere al termine del loro percorso educativo. Potranno, inoltre, comprendere le tante sfaccettature di queste discipline e le innumerevoli possibilità in termini di carriere che ci offrono.

Con riguardo al secondo obiettivo anche in questo caso gli strumenti informatici devono essere visti e utilizzati per la loro possibilità di visualizzare e rendere viva l’esperienza della didattica per moltissime materie. Pensate alla possibilità di realizzare appunti sulle diverse materie con strumenti semantici, rendendo possibile per lo studente creare collegamenti fra concetti di materie diverse, la storia, la geografia, l’arte, il pensiero filosofico, la matematica, la fisica e il resto.

Questo significa che prima di tutto dobbiamo pensare ad utilizzare gli strumenti per enfatizzare un approccio multidisciplinare, che troppo spesso è trascurato nelle nostre scuole.

Il terzo punto è fondamentale e viene abilitato dai primi due: conoscendo le potenzialità e le logiche degli strumenti, studentesse e studenti saranno in grado di operare una riflessione più profonda e informata riguardo ai modi in cui le tecnologie di Intelligenza Artificiale influenzano il nostro modo di vivere, relazionarsi, comunicare e lavorare. I concetti stessi di cittadinanza, di diritti umani, civili, sociali, di libertà sono fortemente influenzati dal fatto che le applicazioni dell’IA si pongono come filtro tra noi e la società. Conoscerle, quindi, e comprenderle è uno strumento di libertà fondamentale per tutti e per questo è necessario che entri nei curricula in una fase di crescita e maturazione così importante come quella dell’adolescenza.

Insegnamenti universitari

È’ evidente l’esigenza di incrementare i corsi di laurea in intelligenza artificiale. Germania e Francia stanno aumentando questi corsi portandoli ad alcune centinaia. Il nostro Paese li può contare usando, al massimo, 4 mani. Due anni fa ne avevamo 5. L’incremento è dovuto a sforzi volontaristici dei docenti. Non è una situazione accettabile. Anche perché gli studenti che si laureano in questa disciplina spesso poi trovano offerte vantaggiose in altri Paesi e se ne vanno.

Ma dobbiamo andare oltre. Veramente pensiamo che ad un medico, un musicista un architetto o uno storico non serva a niente sapere come lavora una rete neurale approfondita?

Non vogliamo affermare che il medico debba diventare esperto di Deep Neural Network, ma riteniamo che debba sapere cosa si può fare con uno strumento di questo genere, conoscerne possibilità e limiti, sapere parlare con un esperto della materia ed essere in grado di lavorarci insieme.

Non a caso nella retorica su come l’intelligenza artificiale possa impattare il mondo del lavoro spesso si usano formule del tipo: «L’intelligenza artificiale non ruberà il lavoro ai medici, ma i medici che non la sapranno usare nel proprio lavoro saranno svantaggiati rispetto a coloro che la utilizzeranno.» La stessa formula può essere declinata su qualsiasi lavoro: chimici, insegnanti, avvocati, commercialisti, venditori …

Ecco perché un approccio che sia in grado di essere interdisciplinare è la chiave per il mondo che abbiamo di fronte.

Parliamo sempre più di specializzazione. Noi riteniamo che, prima di tutto, sia necessaria una visione a 360 gradi della realtà, un linguaggio che permetta la collaborazione fra diverse discipline. Senza questo tipo di cultura non possiamo innovare, siamo relegati in un mondo di persone con i paraocchi, capaci di guardare solo davanti a sé, senza notare quello che hanno intorno.

Insegnamento nelle aziende

Non possiamo smettere di imparare. Le aziende hanno regolamenti che impongono di attivare corsi formativi per i dipendenti. Tutti i dipendenti, dai manager ai commessi. Ma poche aziende pensano che questo sia davvero un investimento. Il problema è che spesso le aziende lavorano sul brevissimo termine, investono poco, vogliono risultati immediati. Time to market. Quindi perché investire? Perché investire in formazione?

La risposta è perché senza evoluzione la fine è prossima.

Anche in questo caso non solo è necessario creare skill e portare cultura in azienda sulle nuove possibilità che l’IA può generare, ma anche far conoscere a tutti di cosa si tratta. Ad esempio, recentemente TIM ha creato un corso rivolto a tutti i suoi dipendenti proprio sull’intelligenza artificiale. Un corso di base per permettere a tutto il personale di acquisire un linguaggio comune attraverso il quale sviluppare nuove collaborazioni. Si tratta di far capire anche come evitare usi sbagliati di questa tecnologia: evitare discriminazioni, licenziamenti, o processi deludenti, per i clienti, gli azionisti e i dipendenti considerato che i servizi che la utilizzano e che sono oggi disponibili alle aziende sono moltissimi e spesso non abbiamo la formazione per comprenderne le possibili implicazioni e valutarli correttamente.

Diffondere cultura e conoscenza sull’intelligenza artificiale a tutta la cittadinanza

L’evoluzione degli strumenti di IA sta modificando il nostro modo di interagire, di imparare, ci sta mettendo a disposizione nuovi strumenti a partire da smartphone, speaker intelligenti o elettrodomestici di varia natura. Non solo, l’utilizzo di strumenti di IA sta cambiando l’interazione sui social, può incrementare la nostra consapevolezza e capacità critica, ma potrebbe anche portarci ad una maggiore polarizzazione, alla creazione di fake news o video contraffatti.

In diversi modi l’intelligenza artificiale potrebbe alterare, o sta già alterando, in senso positivo o negativo il vivere sociale e il grado di democrazia di un Paese.

Non solo perché ormai è permeante nelle nostre comunicazioni siano esse private o istituzionali, ma anche perché interviene in processi decisionali nei quali potrebbero insinuarsi discriminazioni. Sempre di più strumenti di intelligenza artificiale sono, infatti, utilizzati dalla Pubblica Amministrazione in diversi ambiti. Ecco allora la necessità di un modello trasparente che permetta a tutti di conoscere il modo in cui gli algoritmi funzionano nel momento in cui sono utilizzati per prendere decisioni che riguardano noi stessi e il modo in cui possiamo esercitare i nostri diritti. Ma a cosa serve avere accesso pubblico a un algoritmo se non lo comprendiamo? Possiamo ancora parlare di democrazia quando gli strumenti per esercitarla ci sono incomprensibili?

A proposito di democrazia. L’Economist pubblica tutti gli anni un indice di democrazia dei vari Paesi del mondo. L’Italia non è messa bene: viene giudicata una democrazia imperfetta, in gran parte perché i mezzi di informazione sono concentrati nelle mani di pochi e i cittadini partecipano poco alla vita politica.

È un pericolo diffuso. Pensiamo agli Stati Uniti e ai recenti fatti di cronaca che dimostrano un’estrema polarizzazione del pensiero politico dei cittadini americani e le relative conseguenze.

Quello che dobbiamo capire è che imparare cose nuove, sviluppare pensiero critico, accettare le idee degli altri, senza metterle in discussione in modo acritico non è facile.

Qualsiasi sistema intelligente, sia che parliamo di esseri umani, di animali (e in alcuni di casi di piante) o di macchine che dimostrano comportamenti intelligenti, basa la sua capacità su un modello del mondo che ha acquisito nel tempo e che permette di comprendere gli stimoli che riceve dall’esterno.

Così, ad esempio, noi riconosciamo una sedia perché abbiamo un modello mentale delle sedie. In un certo senso possiamo affermare che la riconosciamo perché abbiamo dei preconcetti sulle sedie, dei bias. Se non avessimo questo modello difficilmente saremmo in grado di sopravvivere: pensiamo a una gazzella che va ad abbeverarsi al fiume. Se trova un ghepardo, non si chiede se è un ghepardo buono o se ha già mangiato. Agisce secondo un preconcetto e scappa il prima possibile.

È un atteggiamento che le permette, a volte, di sopravvivere.

Tuttavia, la nostra conoscenza della realtà, basata su modelli precostituiti, a volte ci impedisce di evolvere. Tendiamo a rifiutare tutti gli stimoli e le informazioni che non sono coerenti con il modello e ad accettare tutti quelli che lo rinforzano.

La nostra conoscenza diviene un ostacolo per acquisirne di nuova o per superare i nostri preconcetti.

In alcuni casi sarebbe utile mettere in discussione il nostro modello del mondo e chiedersi se l’altro ha ragione e noi torto. È un principio importante, soprattutto in una democrazia. Ancora più importante se l’intelligenza artificiale può creare con facilità fake news e diffonderle alla velocità della luce.

Tenderemo ad accettarle, senza notare indizi che rivelano la loro falsità, perché ci piacciono, confermano il nostro modello mentale.

Cultura, formazione, informazione

Che cosa possiamo fare per contrastare questo fenomeno?

Abbiamo bisogno di cultura, di cittadini informati e formati, di persone che sanno analizzare i fenomeni e utilizzare pensiero critico. È uno degli obiettivi che si pone ad esempio la neonata Treccani Futura, un hub formativo tecnologico che, rivolgendosi ai cittadini di tutte le età, dalla scuola, alle aziende, dalla pubblica amministrazione ai cittadini, si propone di diffondere la cultura necessaria per affrontare il XXI secolo. Strumenti flessibili che ci mettano in grado di comprendere il mondo attorno a noi, di metterlo in discussione e di porci alla guida di un cambiamento collaborativo e informato dotato di visione a lungo termine per il bene comune.

E dopotutto, forse la stessa intelligenza artificiale può darci una mano. Se utilizziamo questi strumenti per aiutarci a sviluppare quel pensiero critico che sta alla base di un Paese democratico, può infatti aiutarci a diffondere una cultura di analisi dei fenomeni che superi i preconcetti e ci aiuti a non polarizzarci in modo indiscriminato.

È un compito difficile, ci vuole tanta intelligenza per arrivarci.

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