imperialismo digitale

La geopolitica dell’intelligenza artificiale: tutti i rischi della corsa alla supremazia tecnologica

Gli imperi digitali che stanno primeggiando nella corsa alla supremazia tecnologica – Stati Uniti e Cina – sono il risultato della simbiosi del potere politico con quello delle multinazionali digitali. E intanto che gli imperi con loro le tecnologie – intelligenza artificiale in primis – avanzano, così avanzano i timori

Pubblicato il 12 Set 2022

Carolina Polito

Ph.D. Candidate LUISS Guido Carli

geopolitica

Ci si aspetta che vincere la competizione per la supremazia tecnologica nel campo dell’intelligenza artificiale (IA), garantirà ricchezza e potere al paese in grado di ottenere questo vantaggio. Vladimir Putin stesso qualche anno fa tuonava: “Chiunque diventerà il leader in questo campo, diventerà il leader del mondo.”

Emblematico è quanto questa frase ricordi alcuni assunti fondamentali delle relazioni internazionali e della geopolitica. Nelle relazioni internazionali, per geopolitica si intende lo studio del rapporto tra territorio e politica, delle costanti storiche derivanti dallo spazio dove un attore politico si muove.

Cyber governance: rischi economici e geopolitici dell’innovazione digitale

La geopolitica non è da intendersi quindi come spiegazione neutrale dei fatti, bensì come una lettura normativa per guidare la politica estera di un determinato paese. Una delle teorie più importanti in geopolitica, e che non a caso ha inspirato il progetto cinese della Belt and Road initiative, è quella postulata da Spykman il quale affermava che “Chiunque avesse controllato la Rimland – la fascia marittima e costiera che circonda l’Eurasia – avrebbe governato l’Eurasia, e quindi i destini del mondo.”

La leadership tecnologica nel campo dell’intelligenza artificiale

Definire cosa si intende tuttavia con il concetto di leadership tecnologica nel campo dell’intelligenza artificiale è tutto fuorché scontato. Intanto, l’IA è un termine più generico di quanto sembri. Le tecnologie dell’IA includono, tra le altre, machine learning, computer vision, robotica intelligente, biometria, swarm intelligence, agenti virtuali, elaborazione del linguaggio naturale e tecnologia semantica. L’IA, più che una tecnologia specifica, è un immaginario collettivo delle direzioni future dello sviluppo digitale.

Gli stati che stanno primeggiando nella corsa alla supremazia tecnologica sono ben noti: Stati Uniti e Cina. Gli imperi digitali di queste due superpotenze sono il risultato della simbiosi del potere politico con quello delle multinazionali digitali che hanno fornito la benzina sul fuoco del progresso verso l’IA. Storicamente, ci ricorda Miailhne,[1] gli imperi sono stati caratterizzati da tre proprietà principali:

  • l’esercizio del potere su un vasto territorio;
  • una relativa disuguaglianza tra il potere centrale e le “regioni” amministrate, spesso associata a una volontà di espansione;
  • l’attuazione di un progetto politico attraverso varie forme di influenza (economica, istituzionale e ideologica).

Il territorio che in questo caso viene governato è quello dello spazio digitale, l’infinita rete di nodi e dati che connette la dimensione cyber. Una dimensione cyber non a caso sempre più legata ai confini sovrani nazionali.

Il colonialismo digitale delle grandi multinazionali della tecnologia

La dinamica di disuguaglianza che è sostenuta e sollecitata dall’intelligenza artificiale è altrettanto evidente. Sulla falsa riga degli imperi del passato, le grandi multinazionali della tecnologia sono impegnate in un costante sforzo per concentrare risorse ed estendere la loro sfera di influenza. Tre elementi fondanti costituiscono questa forma di colonialismo digitale: un controllo proprietario dei software utilizzati da parte dell’azienda o l’utilizzo di Server as a Service (SaaS), un controllo dell’hardware e un controllo del network tale per cui venga violato il principio della net neutrality.

Aziende straniere progettano la tecnologia digitale per garantire il proprio dominio sulle funzioni critiche nell’ecosistema tecnologico. Ciò consente loro di accumulare profitti dai ricavi derivanti dalla proprietà intellettuale e dall’ accesso alle infrastrutture e potenzialmente fornisce loro incredibili capacità di sorveglianza. Consente inoltre loro di esercitare un controllo sul flusso di informazioni (come la distribuzione di notizie e servizi di streaming), sulle attività sociali (come i social network e lo scambio culturale) e su una pletora di altre funzioni politiche, sociali, economiche e militari mediate dalle loro tecnologie.[2]

Cédric Villani, matematico e politico francese incaricato dal primo ministro Edouard Philippe di una missione conoscitiva sull’intelligenza artificiale ha a tal proposito affermato: “Queste grandi piattaforme catturano tutto il valore aggiunto: il valore delle menti, delle applicazioni dei servizi e dei dati che assorbono. Tecnicamente, è una procedura di tipo coloniale: sfrutti una risorsa locale impostando un sistema che sposti il valore aggiunto verso la tua economia.”[3]

Infine, il progetto politico attuabile attraverso l’influenza economico-culturale è plausibilmente simile e speculare per entrambe le superpotenze ed è quello di garantire l’egemonia globale al vincitore della competizione.

I rischi di una eccessiva influenza delle multinazionali tech

In molti temono per i possibili sviluppi globali alla luce di queste tendenze. Si teme per la concentrazione di potere economico e politico in sempre meno centri nevralgici rappresentati dai board delle grandi multinazionali. Si teme per la scarsa abilità dimostrata dal sistema internazionale di ripartire i benefit dello sviluppo tecnologico. Si teme per la possibilità che un funzionamento sempre più automatizzato della società ci porti a incorporare sempre più marcatamente i nostri pregiudizi. Si teme per la sicurezza.

Dati i vantaggi derivanti dall’essere i primi a raggiungere la cosiddetta supremazia tecnologica, queste grandi potenze potrebbero essere particolarmente incentivate a ignorare determinate considerazioni in termini di sicurezza a favore dei tanto prospettati vantaggi economici. Questo rischio è particolarmente rilevante se si considera il grado di vulnerabilità che caratterizza i sistemi di IA. I sistemi di IA sono fortemente soggetti a vari tipi di attacchi, tra gli altri, attacchi di avvelenamento dei dati, di manomissione del modello di categorizzazione, o di installazione di backdoor. Per ciò che concerne la sicurezza nazionale poi, servizi come Copilot – uno strumento di intelligenza artificiale sviluppato da GitHub e OpenAI per assistere gli utenti di ambienti di sviluppo completando automaticamente un codice – potrebbero essere utilizzati per creare virus informatici. I governi vorranno tenere d’occhio tali capacità e alcuni vorranno usarle. I modelli che possono elaborare strategie per i consulenti aziendali possono essere in grado di fare lo stesso per i generali; se possono creare flussi video realistici possono creare disinformazione; se possono creare arte possono creare propaganda.

Come limitare l’imperialismo digitale?

Storicamente, gli imperialismi sono stati contrastati in vari modi: la guerra, la diplomazia, le istituzioni internazionali. L’assetto multilaterale di cui ci siamo disposti globalmente avrebbe proprio dovuto garantire, almeno formalmente, una distribuzione equa di potere e responsabilità nello scacchiere internazionale. Anche volendo sposare una visione positiva dell’istituzionalismo liberale, tuttavia, appare evidente come al momento anche questo, per ciò che concerne la Governance delle nuove tecnologie, sia in profonda crisi.

Come afferma Angela Kane,[4] nonostante alcuni Stati avessero affermato il loro interesse per governare alcune tecnologie come le armi letali autonome, man mano che l’interesse commerciale nei confronti di queste armi è aumentato – data anche la loro efficacia sul campo di battaglia – si è deciso di affidare questo tema di Governance a delle riunioni compartecipate con il settore privato, che ancora oggi non riescono a rendere formalmente illegale l’uso di queste armi.

Intanto che gli imperi con loro le tecnologie avanzano, così avanzano i timori. E così, come avverte l’ imprenditore britannico Ian Hogarth, “sembra che si stia costruendo una supercar prima di aver inventato il volante.”

Note

  1. https://www.cairn-int.info/article-E_PE_183_0105–the-geopolitics-of-artificial.html
  2. https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/ia-e-colonizzazione-digitale-le-conseguenze-del-controllo-dei-dati-nel-continente-africano/
  3. https://www.cairn-int.info/article-E_PE_183_0105–the-geopolitics-of-artificial.html
  4. https://www.carnegiecouncil.org/media/series/aiei/ai-upending-geopolitics-angela-kane

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