Lo statuto contemporaneo (e digitale) delle fake news non è riducibile esclusivamente al loro contenuto, ovvero notizie inventate o distorte intenzionalmente. Come fenomeno sociale di massa, rappresentano invece l’effetto congiunto di almeno 5 elementi (per i primi 3 ci rifacciamo a Wardle 2017):
- I diversi tipi di contenuti che vengono creati e condivisi
- Le motivazioni di chi crea questo contenuto
- Le modalità, attraverso le quali questo contenuto viene diffuso
- Le caratteristiche personali
- L’ecosistema mediale
Contenuti testuali ed emozionali delle fake news
I contenuti possono essere considerati per il loro aspetto testuale e per quello emozionale.
In quanto testo possono utilizzare:
- False connessioni, come titoli fuorvianti o immagini scioccanti che funzionano da click-bait
- Decontestualizzazioni: le informazioni sono vere ma utilizzate in contesti non originari
- Vere e proprie manipolazioni del contenuto: informazioni o immagini
- Contenuto fabbricato: la notizia è completamente falsa, costruita per ingannare o ferire
- Plagio: viene copiata la notizia senza riportare la fonte originale**
- Uso distorto dell’informazione per inquadrare una questione o una persona sotto una certa luce
- Satira o parodia: non ha intenzione di fare del male ma ha il potenziale per ingannare
Per quanto riguarda il secondo, quello delle emozioni, ci rifacciamo, in sintesi, ad un articolo già pubblicato per Agenda: Viralità e social media: l’emozione che contagia.
La diffusione di un articolo (vero o fake che sia) viene influenzata dall’eccitazione emotiva che riesce a generare: più alto è il livello della spinta emotiva generata, sia essa positiva o negativa, maggiore è la possibilità che il contenuto divenga virale. Da ricerche è stato evidenziato come l’attivazione emotiva aumenti del 30 per cento la probabilità che un messaggio divenga virale, se causata da un’emozione positiva questo 30 per cento viene incrementato di un altro 30 per cento. Unica emozione da non utilizzare: la tristezza, deattiva emotivamente e riduce del 16 per cento la probabilità che un messaggio sia virale.
Contribuiscono nell’ordine, alla diffusione di una notizia: rabbia (aumenta la probabilità del 34 per cento), stupore (30 per cento), interesse (25 per cento), ansia (21 per cento), sorpresa (14 per cento) e tristezza (in maniera negativa, riduce del 16 per cento la probabilità di diffusione).
Motivazioni delle fake news
Le motivazioni possono essere:
- Ambizioni giornalistiche senza però risorse necessarie
- Voler fare della parodia
- Provocazione e ribellione
- Una forte passione che spinge oltre limiti razionali ed etici
- Volere sostenere una parte ed indebolire un’altra
- Il profitto
- Esercitare influenza e potere politico
- Fare propaganda
Modalità di diffusione
Le modalità con cui si diffondono le Fake News, possono essere:
- La condivisione involontaria cliccando più o meno inavvertitamente
- Giornalisti sotto pressione che non riescono, per processi di news making sempre più stringenti e saturi di informazioni, ad effettuare le giuste valutazioni e verifiche
- Diffusione da parte di gruppi che deliberatamente tentano di influenzare l’opinione pubblica
- attraverso sofisticate campagne di disinformazione supportate da bot e troll
Inoltre vi sono delle modalità di confezionamento sia delle Fake News che delle news di redazione che rendono il discernimento più arduo.
Da parte loro le Fake hanno un atteggiamento mimetico ed utilizzano formati, marche di veridizione (loghi o altre intestazioni autorevoli), cornici di riferimento, linguaggi e formati del giornalismo. Questo, a sua volta entrando nel web ha preso forma e canali delle potenziali Fake News virali: di fatto la contaminazione formale è reciproca ed avviene dentro il web.
Le Fake sono qualcosa che sembra informazione ma che non è informazione: è come se i loro autori fossero entrati nelle redazioni e stampassero le loro notizie false utilizzando impaginazione e rotative dei giornali. Ora questo avviene bypassando molti passaggi del giornalismo tradizionale, in crisi dall’industrializzazione dell’informazioni (dove di fatto l’editore è un manager che risponde ad una logica del profitto-risparmio anziché del servizio-informazione-verità al pubblico): è la redazione che si è spostata nel web (i giornalisti caricano oggi i loro gli articoli in piattaforme). Molti così potrebbero agire come Pereira e lanciare la notizia (vera nella narrazione di fantasia di Tabucchi), scavalcando controlli e autorizzazioni.
Caratteristiche personali
Le caratteristiche personali sono determinanti per far sì che una notizia venga selezionata per essere letta, accolta e diffusa. Gli individui tendono a leggere notizie che sono ideologicamente più vicine a loro, che confermano la loro mappa cognitiva e valoriale. Le persone cercano contenuti che supportano il loro atteggiamento verso un problema o il candidato preferito ed evitano messaggi che non concordano con le loro credenze.
Ma non solo, altri studi hanno fatto emergere il third-person effect (Davidson, 1983): le caratteristiche personali incidono anche sul grado con cui un individuo crede che gli altri siano influenzati e manipolati dai messaggi e non lui. È stato studiato come tutti noi sovrastimiamo le nostre capacità nel riconoscere le Fake e a non venire manipolati da queste e sottostimiamo le capacità altrui. Questo aumenta a fronte di comportamenti più o meno desiderabili socialmente: reputiamo le azioni non desiderate degli altri frutto della manipolazione mediatica, le nostre azioni, per lo più buone e legittime, no. Percepiamo che quelli del nostro gruppo, tanto più sentiamo di appartenervi, non cadono in tranelli mediatici, quelli esterni al gruppo sì, soprattutto perché incapaci di discernere ed utilizzare i media (tradizionali o nuovi che siano). Più si sovrastimano le proprie capacità di distinguere le Fake News, si sottostimano quelle di terzi e si è portati a condividere Fake News. Oggi il third-person effect viene chiamato Web Third-person effect.
Infine, esistono strumenti più fini di quelli dei cluster per raggruppare le persone in categorie sulla base di caratteristiche come il reddito, genere, idee politiche, propensione al consumo, utilizzo dei media etc. che possiamo anche incrociare. Rimangono, per quanto utilissime, sempre delle scatole, degli insiemi con un numero tendenzialmente limitato di caratteristiche. Maggiore grana di definizione hanno altri modelli, che servono e si rilevano diversamente e che nascono dalla definizione di personalità in psicologia: “Insieme di caratteristiche psichiche e modalità di comportamento che, nella loro integrazione, costituiscono il nucleo irriducibile di un individuo che rimane tale nella molteplicità e diversità delle situazioni ambientali in cui si esprime e si trova ad operare” (U.Galimberti, Dizionario di psicologia, Tratti i personali). I tratti più utilizzati sono, ad esempio, i big five: Estroversione, Amicalità, Coscienziosità, Nevroticismo, Apertura.
Ecosistema mediale
L’ecosistema mediale è una rete di sistemi automatizzati che ingegnerizzano e manipolano le connessioni, tracciano i desideri codificando le relazioni tra persone, cose e idee in algoritmi per riconoscere ciò che le persone vogliono e come. Tale struttura algoritmica può suggerire, prevedere o filtrare le informazioni in base alle preferenze degli utenti, creando una camera di eco che potrebbe essere interessante per loro o confermare le loro convinzioni preesistenti: filter bubble. Di fatto questo funziona molto bene suddividendo e targetizzando le persone in cluster, sulla base delle tracce che hanno lasciato dei loro consumi materiali, culturali e comunicazioni nel web. Ma quando questa scia diventa sempre più personale, andiamo oltre i semplici cluster delle scienze sociali, possiamo tratteggiare le personalità e sulla base di queste profilature bersagliare i potenziali lettori con messaggi a loro più consoni, affini a quello che già sanno, perché lo hanno cercato o letto, perché condiviso da loro e dalle loro cerchie di amici: ovvero messaggi verso i quali i soggetti hanno le difese più abbassate.
Ipotizzate infine un sistema, ad esempio una App che offra gratuitamente un test psicologico, in cambio delle informazioni su FB. Così potrebbe non solo utilizzare la traccia della persona (delle sue reti, dei suoi atteggiamenti e comportamenti) ma incrociarla con uno strumento più fine, un test, che magari non dirà molto all’utente ma che potrà essere molto utile all’amministratore della App, disponendo, in aggiunta, delle sue informazioni lasciate nel social. Questo, dalla cronaca, è quello che avrebbe fatto Cambridge Analytica con l’applicazione This is your digital life.
Psico socio tecnologia
Dalla combinazione sistemica e congiunta di questi 5 elementi quello che otteniamo è una psico (Derrick de Kerckhove)-socio (Fausto Colombo)-tecnologia, ancora più evoluta ed intelligente degli smart mob di Rheingold. In questo caso le persone comunicavano mediante dispositivi mobili e agivano a fronte di emergente sul territorio, come un unico organismo simile ad uno sciame di api, individuando obiettivi ed evitando ostacoli, accorpandosi e dividendosi in tempi brevissimi.
Nel caso delle Fake News queste raggiungono i destinatari sulla base delle loro caratteristiche che ne aumentano la probabilità di lettura e la condivisione tra persone con le stesse caratteristiche: è l’uomo che alimenta questa tecnologia utilizzando il web (nella pratica immette più o meno volontariamente e più o meno consapevolmente informazioni su di lui) e le Fake News (come tutti gli altri contenuti e informazioni) inseguono e attaccano l’utente a loro più affine, che ne diventa, anche in buona fede, a sua volta diffusore, anche inconsapevolmente.
Rheingold ha scritto che le nuove Killer App non sarebbero state hardware o software, ma l’unione di questi con una pratica culturale umana. McLuhan, precedentemente, che una tecnologia su ampia scala cambia l’assetto sociale.
L’attuale momento (ormai non possiamo che concentrarci sulla definizione dei momenti) è quella di Post-Truth Era (Keyes 2004): qualsiasi cosa oggi potrebbe essere non potenzialmente vera, ma potenzialmente falsa. È la tattica del ‘Weaponised Relativism’, sviluppata dall’intelligence russa KGB negli anni ’70: se offri abbastanza alternative alla verità, la verità diventerà sfocata.
* Dalla relazione “Fake Mood: dai requisiti di notiziabilità a quelli di Fakeability” presentata al X Seminario Informativo sulla Comunicazione “La comunicazione istituzionale: dinamiche, relazioni pubbliche e territorio” organizzato dal Comando Brigata “Pozzuolo del Friuli”, Gorizia, 9-13 aprile 2018.
** Per cui tutte le volte che ricopiate qualcosa dai nostri articoli senza citarci state facendo dei Fake.
Angela Dobele, Adam Lindgreen, Michael Beverland, Joëlle Vanhamme, Robert van Wijk (2007). Why pass on viral messages? Because they connect emotionally, Business Horizons (2007) 50, 291–304
Davidson, W.P. (1983), The Third-Person Effect in Communication, Public Opinion Quarterly, Volume 47, Issue 1, 1 January 1983, Pages 1–15, https://doi.org/10.1086/268763
Elsamari Botha and Mignon Reyneke (2013). To share or not to share: the role of content and emotion in viral marketing, Journal of Public Affairs Volume 13 Number 2 pp 160–171 (2013)
Jonah Berger and Katherine L. Milkman (2013). Emotion and Virality: What Makes Online Content Go Viral?, Insights / Vol. 5, No. 1, 2013
Jonah Berger and Katherine L. Milkman. What Makes Online Content Viral? (2012), Journal of Marketing Research, Vol. XLIX (April 2012), 192 –205
Karen Nelson-Field, Erica Riebe, Kellie Newstead (2013). The emotions that drive viral video, Australasian Marketing Journal 21 (2013) 205–211
Keyes, R (2004),The Post-Truth Era: Dishonesty and Deception in Contemporary Life, St. Martin’s Press
Lucy L. Henke (2013). BREAKING THROUGH THE CLUTTER: THE IMPACT OF EMOTIONS AND FLOW ON VIRAL MARKETING, Academy of Marketing Studies Journal, Volume 17, Number 2, 2013
Stefan Stieglitz and Linh Dang-Xuan (2013). Emotions and Information Diffusion in Social Media—Sentiment of Microblogs and Sharing Behavior, Journal of Management Information Systems / Spring 2013, Vol. 29, No. 4, pp. 217–247.
Wardle Claire (Feb 16, 2017), Fake News. It’s complicated. medium.com/1st-draft/Fake-news-its-complicated-d0f773766c79