captologia

Tecnologie persuasive: così influenzano le nostre decisioni



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Tutte le tecnologie sono costruite non solo pensando a funzionalità e scopo, ma anche impiegando tecniche persuasive per catturare l’attenzione, personalizzare i contenuti e influenzare il comportamento degli utenti. La captologia è lo studio di cosa influenza attenzione e comportamento quando utilizziamo le tecnologie digitali

Pubblicato il 9 ago 2023

Chiara Cilardo

Psicologa psicoterapeuta, esperta in psicologia digitale



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Alla fine degli anni Settanta lo psicologo statunitense James Jerome Gibson coniò il termine “affordance” per indicare delle proprietà degli oggetti. Un oggetto può presentare una o più affordance, ovvero delle qualità fisiche che “invitano” le persone a farne un certo utilizzo. Per esempio, un pulsante o una maniglia hanno quella determinata forma e colore perché devono distinguersi dal resto della superficie ed “invitare” a fare qualcosa: premere o aprire una porta.

Queste proprietà degli oggetti indicano implicitamente alle persone per quale uso sono destinate.

L’affordance di Gibson, studioso della psicologia della percezione, si riferiva a proprietà fisiche; oggi si parla anche di ‘social affordances’ – o sociotechnical affordances: strumenti e dispositivi tengono conto non solo di cosa facciamo ma anche di come reagiamo (come Herterich e colleghi, 2023).

Le tecnologie possiedono questo tipo di proprietà, delle affordance fisiche e non, e sono costruite in modo da indurre, influenzare, indirizzare le azioni che compiamo. Ed è proprio di questo che si occupa la captologia.

Cosa significa captologia

Che ci fosse un legame tra tecnologia e persuasione è noto dagli anni Novanta. Risale infatti al 1998 il primo lavoro di Brian Jeffrey Fogg, professore dell’Università di Stanford, che coniò l’acronimo CAPT, (computers and persuasive technologies), dando il via ad un filone di studi nuovo: la captologia.

La captologia è una disciplina che, integrando psicologia, marketing, informatica, economia comportamentale, analizza come e fino a che punto le tecnologie possano influenzare il comportamento umano, quanto possano persuaderci a fare qualcosa; è lo studio di come i computer e i dispositivi digitali possano essere progettati per influenzare comportamento e atteggiamenti.

Il fine ultimo è avere delle basi solide per capire come progettare una tecnologia perché sia, oltre che funzionale, efficace, valida, anche e soprattutto in grado di spingere all’azione.

Come? Gli elementi presi in considerazione sono molti: design e layout, incentivi, feedback, messaggistica personalizzata; tutto quello che viene incorporato nelle interfacce tecnologiche mira a influenzare il comportamento degli utenti, richiamando l’interesse e portandolo verso azioni o risultati specifici.

Fogg, oggi direttore del Persuasive Technology Lab dell’Università di Stanford, si dedica da quasi trenta anni a questo campo, approfondendone teoria, metodi, applicazioni e aggiornamenti man mano che le tecnologie progrediscono. Smartphone, siti web, domotica, computer, mobile app, videogiochi, oggi tutto viene progettato tenendo conto di cosa può persuadere i consumatori a compiere una determinata azione.

Gli elementi di persuasione delle tecnologie

Secondo Fogg ed il tuo team di ricerca una tecnologia (hardware o software che sia) per aver elementi persuasivi deve tener conto di diverse caratteristiche che vanno da come viene materialmente progettata a come viene gestito il rapporto con l’utente (Fogg, 2007; 2022).

La cura del design è il primo punto: una tecnologia attraente è anche più convincente. Alcune caratteristiche, come simmetria e linearità, sono universalmente associate a ciò che è piacevole (anche se la valutazione può variare a seconda del pubblico per cui è destinata).

Ciò è dovuto al cosiddetto “effetto alone“, ovvero l’estensione di una caratteristica positiva ad altre. In pratica, una cosa bella ci sembra anche – per estensione appunto – ben fatta, ingegnosa, efficiente, affidabile e credibile.
Anche il layout e la struttura contano: un sito con un layout chiaro, funzionale, semplice è preferito ad uno che, viceversa, è caotico e farraginoso.

Ci sono poi elementi che fanno leva su aspetti psicologici: per esempio portare a dedurre, inconsciamente, che il prodotto abbia emozioni, preferenze, motivazioni e personalità.

Quello che ci induce ad umanizzare oggetti che sappiamo essere inanimati sono indizi testuali, come messaggi di testo che trasmettono empatia (“Mi dispiace, ma…”) o icone sullo schermo che ritraggono emozioni, come emojii. Ad esempio, il messaggio di errore 404 di solito è accompagnato con faccine tristi o altri segnali di vicinanza, come se lo strumento ’empatizzasse’ con l’utente.

Il linguaggio sia scritto che parlato è un’altra leva di persuasione. Le finestre di dialogo sono un ottimo esempio: messaggi come “Congratulazioni!” dopo aver ultimato un task, o domande come “Sei sicuro di voler uscire?” creano un implicito dialogo tra macchina e utente, generando in quest’ultimo un senso di coinvolgimento.
Quando effettuiamo il log in e nella schermata c’è un “Benvenuto” col nostro nome, ci sono suggerimenti e consigli in base alle nostre preferenze, quando ci viene richiesto un feedback, l’esperienza di navigazione ci rende più presenti e attivi anche se, nei fatti, non c’è proprio nessuno dall’altra parte a salutarci e ringraziarci per l’acquisto.

Salutare gli utenti, confermare l’acquisto, ringraziare per la transazione, risponde a delle norme sociali che del resto sono valide anche offline. In un ecommerce non accade nulla di diverso da quello che accade in un negozio fisico: vengono rispettate le dinamiche sociali.

A volte, soprattutto quando si tratta di programmi che richiedono determinati passaggi per essere eseguiti correttamente, vengono aggiunte delle funzionalità che hanno il solo scopo di guidare l’utente. Per esempio, la prima volta che apriamo un’app o un software appena installato siamo guidati alla scoperta delle funzioni principali con una serie di finestre di dialogo che evidenziano i passaggi. In questo senso Fogg parla di ruolo della tecnologia: il ruolo di “esperto” che supporta l’utente. Questo ruolo ha la funzione di dare all’utente non solo suggerimenti e informazioni utili ma soprattutto trasmettere l’idea che la tecnologia sia efficiente, ben fatta e si occupi di lui.

Qualche esempio di captologia

A proposito di aspetto e layout, nel 2009 Oinas-Kukkonen & Harijumaa hanno proposto il paradigma del persuasive system design (PSD), adottato poi da diverse ricerche successive.

Secondo questo paradigma, è l’unione tra aspetto visivo, facilità d’uso e psicologia a fare la differenza. Principi ben noti come quelli della scarsità, dell’urgenza, dell’influenza sociale determinano il successo, soprattutto quando il fine è quello di vendere prodotti o servizi. In termini di design persuasivo sono fattori strettamente collegati: per esempio mettere in risalto la disponibilità limitata, le raccomandazioni degli altri utenti, inserire un timer che indica quanto tempo si ha a disposizione. Questi elementi influenzano le azioni degli utenti, indirizzandoli a credere che il prodotto sia molto richiesto e che a breve non sarà più disponibile.

Sempre secondo Oinas-Kukkonen e Harjumaa (2009) è utile sfruttare il meccanismo psicologico chiamato “riprova sociale”, ovvero la tendenza a ritenere affidabili pareri e comportamenti condivisi da molte persone: mostrando recensioni, valutazioni e testimonianze degli altri utenti si crea un senso di autorevolezza e credibilità.

Il design persuasivo si avvale di molti espedienti: riduzione del numero di passaggi necessari per completare un’attività o un acquisto (con un solo click); promemoria, notifiche per gli articoli ancora nel carrello e per i quali l’acquisto non è stato ultimato; variabilità del prezzo che potrebbe essere diverso qualche giorno dopo; monitoraggio e tracciabilità della spedizione che creano un senso di attesa e curiosità; suggerimenti sulla base degli acquisti già effettuati.

Ecommerce come Amazon fanno un ampio uso di queste strategie; le raccomandazioni personalizzate sono presenti anche in altri tipi di piattaforme tra cui Netflix, Youtube, Spotify, che sono molto attente a dare suggerimenti sulla base delle preferenze e del comportamento degli utenti: film o serie che “potrebbero piacerti”, video consigliati, playlist personalizzate.

Social network e app non sono da meno: strategie come video in riproduzione automatica e feed di contenuti personalizzati, notifiche push, gamification, sistemi di ricompensa (badge, punti), classifiche, definizione di obiettivi. Ad esempio, i social inviano periodicamente notifiche e aggiornamenti; i fitness tracker utilizzano varie tecniche per incoraggiare gli utenti a praticare attività fisica, come la definizione di obiettivi di passi giornalieri.

Gli esempi potrebbero essere infiniti ma la logica rimane la stessa: tutte le tecnologie sono costruite non solo pensando a funzionalità e scopo, ma anche impiegando tecniche persuasive per catturare l’attenzione, personalizzare i contenuti e influenzare il comportamento degli utenti.

Il loro modello di business si basa sul fatto che gli utenti le utilizzino massivamente, che spendano molto tempo fruendo di contenuti, interagendo, condividendo. Utilizzando queste tecniche puntano a catturare e mantenere l’attenzione degli utenti il più a lungo possibile.

Catturare l’attenzione in modo etico

La captologia è una disciplina che si occupa di come le tecnologie possono influenzare il comportamento; questi esempi mostrano come la progettazione di piattaforme ed interfacce venga fatta anche pensando a quali azioni vogliano elicitare.

Qual è il limite tra influenzare e manipolare?

Indubbiamente, sfruttare in maniera intenzionale delle zone grigie del funzionamento psicologico potrebbe portare a conseguenze indesiderate e non etiche.

La progettazione responsabile tutela il rispetto dell’autonomia, della privacy, del benessere e la salvaguardia delle vulnerabilità degli utenti: fornisce informazioni sull’uso che viene fatto dei dati raccolti, garantisce il controllo su come vengono utilizzati e condivisi, facilita le opzioni di personalizzazione e di notifica, anche (e soprattutto) per chi è meno esperto.

Il fatto che esistano delle funzioni create apposta per “invitarci” a far qualcosa non è di per sé negativo e dannoso, non più di quanto può esserlo, per esempio, posizionare i prodotti tra gli scaffali dei supermercati in un certo modo per dirigere la nostra attenzione su certi prodotti più che su altri (queste tecniche fanno capo allo shelf marketing).  
Che le tecnologie abbiano anche una componente sociale, come la definisce Fogg, ovvero l’interesse a come reagiamo e a cosa ci induce a fare, non può che essere parte delle tecnologie stesse; del resto, non vengono create per noi?

Quello che può fare la differenza sono trasparenza, chiarezza e rispetto degli utenti.


Bibliografia

Fogg, B.J. (1998). Captology: the study of computers as persuasive technologies. In: CHI 98 Conference Summary on Human Factors in Computing Systems, p. 385.

Fogg, B. J., Cueller, G., & Danielson, D. (2007). Motivating, influencing, and persuading users: An introduction to captology. In The human-computer interaction handbook (pp. 159-172). CRC press.

Fogg, B.J. (2022) Persuasive technology: using computers to change what we think and do. Ubiquity 2002(December), 2.

Gibson, J. J. (2014). The theory of affordances (1979). In The people, place, and space reader (pp. 90-94). Routledge.

Herterich, M. M., Dremel, C., Wulf, J., & vom Brocke, J. (2023). The emergence of smart service ecosystems—The role of socio‐technical antecedents and affordances. Information Systems Journal.

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