filosofia agile

L’evoluzione digitale spiegata con gli “Haiku”: il nesso tra tecnologie, vette e obiettivi

La sfida di oggi – riuscire a non perdere il valore dello studio e dell’intuizione iniziale della via, ma coniugarlo con l’empirismo della quotidiana ricerca e scoperta che si vive durante il cammino – racchiusa in un Haiku di un poeta giapponese del ‘700

Pubblicato il 28 Dic 2021

Giuliano Pozza

Chief Information Officer at Università Cattolica del Sacro Cuore

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Usare le informazioni del futuro e del passato per interpretare e guidare il presente. L’uomo e la natura da sempre si sono confrontati con trasformazioni o evoluzioni disruptive, quella digitale è solo l’ultima arrivata. Allora forse si possono trovare spunti per interpretare l’evoluzione digitale negli Haiku di un poeta sconosciuto del ‘700 giapponese, che ho trovato fortuitamente in un volumetto acquistato sul lago di Como e che userò per introdurre ogni tema della rubrica, ma anche dai monasteri benedettini, dai broccoli romaneschi, dal Bushido, dalle esperienze di chi è già nel futuro, dalla Divina Commedia, da due medici sperduti nel Vietnam rurale e dalle cattedrali romaniche.

L’evoluzione digitale spiegata con gli “Haiku”: il ciclo delle rondini e la filosofia Agile

Tecnologie, vette e obiettivi

Vi propongo, allora, il secondo Haiku:

Guarda la vetta
intuisci la tua via
poi camminala

Il secondo Haiku che l’anonimo poeta giapponese mi ha donato nel suo libretto, parla di vette e di obiettivi. Dopo aver parlato di cicli e iterazioni, ossia del “respiro” di ogni progetto o programma di cambiamento, penso sia opportuno soffermarci sul tema degli obiettivi. Anche perché questo è uno dei temi più fraintesi. Infatti, se da un lato le metodologie tradizionali (waterfall o “predictive project management”) insistono molto sulla fase iniziale di definizione delle scope dell’analisi dei requisiti, prima di iniziare ogni attività di implementazione, i framework di tipo Agile insistono molto sul fatto che la definizione degli obiettivi, delle stime e dei requisiti va fatta ad ogni iterazione o ciclo, essendo in un mondo così mutevole impossibile definirle a priori.

Insomma, bisogna “camminare la via” e camminandola si scoprirà dove ci porta. È fondamentale che i cicli di sviluppo (chiamati anche sprint) siamo brevi per avere un flusso costante di feedback e devono sempre produrre un incremento di valore potenzialmente rilasciabile. Ad esempio, in SCRUM non esiste lo Sprint 0, ossia un’iterazione iniziale in cui il team lavora a definire la vision e gli obiettivi senza sviluppare codice.

L’importanza di riflettere su dove si vuole andare

Tuttavia, anche i puristi di SCRUM ammettono che una fase preparatoria (che alcune metodologie chiamano di Inception o Sprint 0 appunto) in cui si riflette su dove si vuole andare e si prepara una stima di massima dell’effort richiesto, sia possibile e forse opportuna. Semplicemente non la chiamano Sprint. In altri framework invece è prevista esplicitamente: ci deve essere una fase di Inception prima di iniziare a scrivere software.

Chi ha ragione? Secondo me il poeta giapponese…

Mi spiego meglio. Nella mia esperienza è innegabile che vi siano alcune situazioni in cui il livello di incertezza è tale che non è possibile definire nulla all’inizio. È come quando sei in montagna e ci sono nuvole basse fittissime. Però queste situazioni sono rare e, come nell’esempio della montagna, la prima domanda che mi faccio in questi casi è se vale la pena di partire o se non sia meglio trovare un rifugio ed aspettare al riparo che le nubi si alzino un po’. Solo se proprio non è possibile rimandare… allora di deve partire alla cieca, scoprendo gli obiettivi mentre si cammina.

Nella maggioranza dei casi però, ho sempre trovato molto utile una fase iniziale (chiamiamola Sprint 0, Inception o buon senso) in cui si ragiona soprattutto sulla vision e sugli obiettivi, magari ragionando anche sui macro-requisiti (nel dettaglio dei requisiti è meglio andare durante gli sprint) e sugli stakeholder da coinvolgere. Il tutto di solito va condensato in un documento (breve) di product vision. È proprio come dice il poeta: in qualche caso si guarda alla vetta e proprio si “vede” la via, nella maggior parte dei casi la si intuisce. Ma questa intuizione, questa definizione di alto livello degli obiettivi strategici del percorso è la bussola che guiderà poi il cammino durante lo sviluppo, anche quando scenderà la nebbia.

Intuire la via non è tutto

Intuire la via, come abbiamo visto, è importante ma non è tutto. Poi bisogna camminarla! E camminandola si scopre che alcuni obiettivi vanno ritarati, che i requisiti si sviluppano in modo diverso, che le macro-stime iniziali vanno riviste totalmente! Ma partire senza essersi fermati alla base della vetta e aver cercato almeno di intuire la via, è nella mia esperienza un rischio altissimo e non sempre giustificato. Anche quando si ha una fretta tremenda (e sempre più spesso è così), ricordiamoci sempre il motto di Cosimo I de Medici (di origine latina): “Festina Lente”, ossia affrettati lentamente. Il suo emblema era la tartaruga con la vela. Era un modo per ricordare a sé stesso che, anche nella fretta, la ponderazione è una virtù fondamentale!

Il tema degli obiettivi va però ben al di là del singolo prodotto o progetto. Le aziende di oggi sono sempre più frenetiche. Avete mai l’impressione che si corra instancabilmente, ma senza avere chiara la meta verso cui si sta correndo? Spesso non agiamo, ma reagiamo. Anche nella vita.

L’Agile, se non correttamente inquadrato e sviluppato, rischia di accentuare una modalità tattica e reattiva di gestione dell’evoluzione digitale. Anche le aziende più “agili” hanno messo in pista dei correttivi per temperare questo rischio. Oltre a quanto descritto sugli obiettivi di ogni iniziativa, un altro metodo utilizzato ad esempio da Google, Intel e molte altre aziende è quello degli “Objectives and Key Results” od OKR[4]. Il punto chiave di questa metodologia, e che la distingue ad esempio dai classici MBO, è il forte focus verso il coordinamento tra gli obiettivi dei diversi gruppi ed individui, la comunicazione e l’agilità nel rivedere e aggiornare gli obiettivi stessi più volte durante l’anno.

In questi tempi crepuscolari, sempre più spesso ci si trova a camminare su percorsi non tracciati e ad accedere a vette inviolate. È raro il caso in cui si possa dire: ecco, il cammino è quello, è già stato percorso e c’è una relazione dettagliata dei passaggi difficili. Dobbiamo affidarci alla nostra intuizione, scorgere quel tanto che basta (ma senza rinunciare a definire una visione, una strategia e degli obiettivi per quanto adattabili) e poi metterci in cammino.

Conclusioni

La sfida di oggi è proprio questa: riuscire a non perdere il valore dello studio e dell’intuizione iniziale della via, ma coniugarlo con l’empirismo della quotidiana ricerca e scoperta che si vive durante il cammino: quando queste due categorie si uniscono, la sopravvivenza nella giungla digitale è un po’ più probabile.

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