Siamo abituati a pensare alla creatività come a una facoltà tipicamente e intrinsecamente umana, soprattutto perché il pensiero creativo umano è spesso correlato all’atto di fare qualcosa per il semplice piacere di farlo. La creatività umana è, inoltre, fortemente influenzata dagli stati emotivi.[1]
Il dato fattuale per cui i sistemi di IA generativa intersecano ormai quasi ogni campo dell’arte, generando contenuti originali seppur non umani, mette in crisi la tradizionale visione dicotomica che pensava alla creatività come prerogativa esclusiva dell’essere umano. Ciò apre la strada a nuove riflessioni sul ruolo dell’autore nell’epoca della creatività assistita da IA.
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IA generativa nell’arte e IA emozionale
Ai fini di una riflessione sull’attuale ruolo dei sistemi di IA generativa in alcuni settori artistici, è utile prendere le mosse dalla nozione di IA emozionale. Questa categoria si configura come una sorta di contenitore a cui è possibile dare due accezioni. Secondo una prima accezione stricto sensu ricomprende i sistemi anche detti di affective computing[2], cioè AI based systems che captano le emozioni e talvolta le replicano. In un senso più ampio nella macrocategoria dell’IA emozionale possiamo, però, sussumere anche quei sistemi di IA generativa che, generando contenuti in ambito artistico, “restituiscono” o hanno l’obiettivo di restituire emozioni agli utenti. Faccio, pertanto, riferimento a quei sistemi di IA che, producendo output artistici, diventano in qualche modo deputati all’operazione “inversa” e forse più ardua rispetto ai sistemi di affective computing.
In questo caso, l’IA, infatti, non si limita a captare e riconoscere le emozioni, ma può ingenerarle in chi si interfaccia con l’output. L’idea che un sistema di IA generativa applicata in un ambito artistico possa creare un’opera capace di suscitare emozioni sembra, forse, ancora discostarsi dalla realtà. Ma siamo davvero così lontani da questa possibilità? Pongo l’attenzione su un esempio pratico, una notizia che ha avuto grande diffusione all’inizio del 2025. Uno studio dell’Università di Pittsburgh, pubblicato su Scientific Reports[3], ha coinvolto lettori non esperti a cui sono stati sottoposti versi di poesie classiche (composti da giganti della letteratura come Shakespeare, Eliot, Dickinson, Lord Byron…) e poesie create da GPT 3.5. Dai dati è emerso che i lettori tendevano a preferire la poesia generata dall’IA. Per quanto concerne questo primo punto, i ricercatori hanno ipotizzato che ciò si dovesse a una maggiore semplicità e accessibilità della stessa. È interessante notare, inoltre, che i lettori non riuscivano a distinguere da quale fonte derivassero le poesie che venivano loro sottoposte, se la loro paternità fosse ascrivibile all’IA o agli autori classici e anzi tendevano a ricollegare all’IA la poesia classica e viceversa.
Trasparenza e riconoscibilità dei contenuti creativi dell’IA
Già in questo senso si pone necessaria una prima riflessione circa la trasparenza, cioè la possibilità di riconoscere che un dato contenuto, anche “artistico” sia generato dall’IA. In questo senso, ad esempio l’art. 50 co. 2 dell’AI ACT[4] impone che i fornitori di sistemi di IA generativa, ivi compresi altri sistemi di general purpose AI, contrassegnino con un watermark digitale l’output. Si dubita, però sull’efficacia di questa misura in quanto non universalmente applicabile a tutti i tipi di contenuti generati dall’IA generativa. Se ciò risulta abbastanza agevole con le immagini, al momento si dubita addirittura della possibilità tecnica di applicare watermarks affidabili ed efficaci a testi generati dell’IA. Oltretutto, la mancanza di standardizzazione delle tecnologie di watermarking potrebbe far sì che un certo watermark sia leggibile da alcuni sistemi, ma non da altri.[5]
Il secondo spunto che discende da un simile esperimento è forse ancor più interessante e si può riassumere nelle seguenti domande: quanto incide, nell’apprezzamento e nel successo di un’opera, la sua paternità? È rilevante sapere chi l’ha creata?
Pur prendendo le mosse da una concezione inevitabilmente antropocentrica di intelligenza e dalla posizione della dottrina prevalente che tende a ritenere che l’intelligenza “umana” si distingua dall’intelligenza artificiale per la presenza di un quid pluris individuabile nella coscienza o nell’esperienza[6], va premesso sicuramente che l’IA generativa in qualche modo “somiglia” alla creatività umana. Se la creatività umana si alimenta dal mondo circostante, anche l’IA generativa rielabora la quantità di grandi dati che ha a disposizione. Le sue reti neurali apprendono, come quelle di un bambino che si esercita a scrivere o a suonare, prendendo ispirazione dalle opere che ha a disposizione. I grandi modelli linguistici lo fanno, però, in maniera molto più “brillante” e veloce, immagazzinando molti più dati, tanto da riuscire a restituire previsioni in maniera velocissima.
Limiti giuridici al riconoscimento della creatività artificiale
Il nostro ordinamento e quello europeo non riconoscono ai modelli linguistici di grandi dimensioni la titolarità del diritto d’autore né una personalità creativa. Il diritto interno e il diritto europeo, infatti, richiedono che la creazione intellettuale debba contenere la personalità dell’autore.
In base all’articolo 1 della legge italiana sul diritto d’autore (Legge n. 633 del 1941), la protezione dell’opera è riservata esclusivamente alle «opere dell’ingegno di carattere creativo […] qualunque ne sia il modo o la forma di espressione». Si stabilisce, dunque, che l’elemento centrale risiede nella creatività dell’opera, che, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza[7] italiana, “non coincide con originalità e novità assoluta, ma si riferisce per converso alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate nell’articolo 1”. Si richiede, infatti, che l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative.
Questa interpretazione è coerente con il diritto dell’Unione Europea, che riconosce l’esistenza di un’opera originale quando essa “è il risultato di una creazione intellettuale dell’autore [che] rispecchia la [sua] personalità” [8]. Da ciò si deduce che il concetto di personalità appare limitato agli esseri umani. A ulteriore conferma si consideri che il Parlamento europeo, nella Risoluzione del 20 ottobre 2020 sui diritti di proprietà intellettuale in relazione allo sviluppo di tecnologie di IA, ha chiarito che il concetto di “creazione intellettuale” è intrinsecamente legato alle persone fisiche,escludendo pertanto una possibile tutela per le opere interamente prodotte da AI based technologies.
Sulla scia di quanto finora detto, è utile chiedersi quanto conti nel valore di un’opera chi l’ha generata. La paternità è un dato rilevante o irrilevante ai fini dell’apprezzamento dell’opera da parte del pubblico? C’è un’oggettività nel contenuto dell’opera stessa? Ovviamente la risposta varia in base ai campi di riferimento. Si noti, infatti, che, per quanto concerne l’ambito scientifico, un teorema tende ad avere lo stesso valore sia che a dimostrarlo sia Euclide sia che sia un sistema di IA, i.e. più un’opera ha un valore intrinseco ed è oggettiva meno al pubblico interesserà chi l’ha creata. In campo artistico, però, molto speso il valore di un’opera è dato da un sistema duale: cioè sia da un’oggettività intrinseca all’opera stessa sia da una componente di “personalità” intrisa dall’autore.
Imperfezione, emozione e umanità nei contenuti generati dall’IA
In un settore artistico come quello musicale, ad esempio, il valore percepito di un’opera musicale può prescindere dal suo autore o esecutore umano? Quali sono ad oggi i limiti dell’IA generativa per cui siamo ancora lontani dal poter prescindere dalla paternità umana? Si pensi al caso di SUNO, IA che genera brani musicali a partire da semplici o più articolate descrizioni in linguaggio naturale.
Se si prova a chiedere a tale sistema di IA generativa di completare delle bozze di opere incompiute, fornendo dei prompt ben precisi, l’output che viene generato risulta ancora estremamente “impersonale”. Volendo chiedersi cosa impedirebbe ai contenuti generati di avere successo, di suscitare emozioni nell’ascoltatore, potremmo rispondere che forse al momento l’ostacolo è rappresentato proprio dall’assenza di sbavature, di imperfezioni e di quell’impronta soggettiva che rappresenta spesso la cifra stilistica di un autore o di un esecutore, nonché la chiave del suo successo.
Provando, poi, a inserire nel prompt la richiesta di un contenuto con “imperfezioni” o “tratti umanizzanti”, l’output che ne risulta non appare “umanizzato” quanto più connotato da errori grossolani. Anche questo limite potrà essere probabilmente presto superato e tali sistemi potranno arrivare ad imitare in maniera sempre più precisa anche le sbavature umane, quelle impronte che rendono unica un’opera, non potendole magari replicare qualitativamente, ma avvicinandosi sempre più quantitativamente.
Esperimenti di produzione artistica interamente generata dall’IA
Molto interessante è, poi, da questo punto di vista l’esperimento di una casa discografica di Malaga “All Music Works”[9], interamente composta da artisti creati dall’IA, il cui profilo artistico è sotto ogni aspetto curato dall’IA generativa: non solo nel repertorio, ma anche nelle foto, nella costruzione di un’identità artistica…
Nuove forme di mediazione creativa nell’era algoritmica
Nel contesto di una società algoritmica è, ormai, inevitabile che il concetto stesso di autore si trasformi e ridefinisca i suoi contorni. Ad avviso di chi scrive, l’IA generativa non elimina la figura dell’autore, ma introduce nuove forme di “mediazione creativa”.
Se un tempo l’autorialità coincideva con l’atto individuale della creazione, oggi si apre a processi più complessi, in cui l’umano guida, seleziona, interpreta e rielabora ciò che la macchina propone. In questo nuovo ecosistema creativo, ignorare totalmente l’utile apporto che possono avere i sistemi di IA generativa rischia di essere un approccio anacronistico e poco fruttuoso. Tali sistemi, se usati in funzione ancillare, come strumenti di supporto, possono avere un impatto notevole. In questa prospettiva, l’autore, lungi dall’essere svuotato di significato, vede ridefinire i propri contorni e competenze: diventa colui che sa scegliere il miglior sistema di IA da cui farsi assistere, sa scrivere un prompt efficace, seleziona il miglior output tra quelli generati, rielaborarlo in modo originale.
Richiamo a tal fine il cosiddetto “teorema della scimmia instancabile o teorema delle scimmie infinite”, che afferma che una scimmia che prema a caso i tasti di una tastiera limitata per un tempo infinitamente lungo quasi certamente riuscirà a comporre qualsiasi testo prefissato: in Italia si usa fare riferimento come risultato alla Divina Commedia[10].
Guardando alla scimmia come metafora di un sistema di IA generativa, se è vero che i grandi modelli linguistici sono in grado di rielaborare enormi quantità di dati e produrre altrettanti output, spetterà, dunque, all’autore capire in quale di questi si celi un degno erede di un verso Shakesperiano o la “Divina Commedia del futuro”. Questo paradosso mette in luce come il vero valore non risieda tanto nella capacità generativa della macchina, quanto nella sensibilità umana nel riconoscere e selezionare ciò che ha significato, valore estetico o innovativo.
Autorialità e tutela giuridica nelle opere co-create
Per tutto quanto finora detto, sarà imprescindibile e cruciale il ruolo del diritto nella sua prospettiva realista, che in un contesto di così profondo mutamento sociale dovrà intervenire e raccogliere le nuove necessità che emergono dalla vita sociale contemporanea, dando a queste una risposta e in qualche modo cercando anche di anticiparle.[11] Un aspetto interessante sarà la scelta che dovrà essere inevitabilmente operata e che già emerge dalla giurisprudenza di diversi ordinamenti giuridici. Fino a che punto la titolarità del diritto d’autore spetta a chi fornisce l’apporto umano? Può essere sufficiente fornire un prompt? Un sistema di IA potrà essere riconosciuto come autore di un’opera?
Analizzando la normativa e la giurisprudenza finora disponibile si può dire che, al momento, le opere create esclusivamente dall’IA non sarebbero protette dal diritto d’autore in Italia e in Europa. Essendo una realtà non umana, l’IA non può essere riconosciuta legalmente come autore secondo le disposizioni del codice della proprietà intellettuale, e pertanto non è soggetta alla tutela del diritto d’autore.
Secondo la giurisprudenza italiana, se il giudice ritiene che vi sia stato apporto umano e che questo abbia prevalso su quello tecnologico, è possibile garantire piena tutela autoriale. La Cassazione con la sentenza n. 1107 del 2023 ha, infatti, chiarito che la riproduzione di un’immagine costituisce violazione del diritto d’autore del realizzatore anche nel caso in cui il processo creativo si sia perfezionato avvalendosi di un software. Secondo la Suprema Corte, infatti, il ricorso alla tecnologia digitale per la realizzazione di un’opera non preclude di per sé la possibilità di riconosce l’opera come frutto dell’intelletto, fatta eccezione nel caso in cui l’utilizzo della tecnologia non abbia assorbito in modo preponderante l’elaborazione creativa dell’artista. La tutela dell’opera, quindi, sarebbe garantita nel caso in cui l’elaborazione creativa dell’uomo sia significativa, mentre nel caso in cui l’apporto creativo dell’uomo sia marginale non possono essere evocate le tradizionali tutele.
Prospettive internazionali e accesso equo ai contenuti per l’addestramento
Si evidenziano, inoltre, alcune aperture nella giurisprudenza di altri ordinamenti giuridici. In Cina, nel 2023, il Tribunale internet di Pechino[12] ha riconosciuto che il prompt è equiparabile all’apporto della creatività umana. Nel caso di specie il sig. Li utilizzava il software di IA generativa di immagini Stable Diffusion[13] e la Corte stabiliva che aveva fornito un significativo contributo intellettuale nella creazione dell’immagine. Questo contributo e investimento intellettuale dell’autore consisteva proprio nella scelta del software di IA, nella formulazione dei prompt e, in ultimo, nella scelta dell’immagine finale.[14]
Si pensi che addirittura in Australia nel 2021 la Corte Federale australiana si è espressa nel senso che un sistema di IA può essere riconosciuto come inventore dell’opera, sebbene non in qualità di richiedente o beneficiario del brevetto che dovrà essere, invece, una persona fisica[15].
Un altro aspetto rilevante in tema di IA generativa riguarda, poi, l’addestramento dei sistemi con dati coperti da copyright. L’AI ACT, all’art. 53, impone obblighi specifici ai fornitori di modelli di IA a uso generale, tra cui il rispetto delle norme europee sul diritto d’autore. In particolare, si richiama la Direttiva Copyright 2019/790, che consente ai titolari dei diritti di vietare l’utilizzo delle proprie opere per operazioni di text and data mining, esercitando il c.d. diritto di opt-out. Anche il Considerando 105 dello stesso AI ACT sottolinea che l’addestramento delle IA attraverso il text and data mining implichi spesso l’uso di contenuti protetti da copyright, e quindi richieda un’autorizzazione esplicita da parte dei titolari dei diritti.
Una recente decisione del Tribunale Regionale di Amburgo del settembre 2024 ha introdotto, però una prospettiva diversa. In questo contesto, la Corte ha riconosciuto che la creazione di dataset da utilizzare per l’addestramento dell’IA generativa può rientrare nell’alveo della ricerca scientifica. In particolare, ha applicato l’art. 60d della legge tedesca sul copyright, che permette l’uso di opere protette senza consenso, se destinato a ricerca scientifica non a scopo di lucro e se i risultati vengono resi pubblici e accessibili.[16] Secondo questa interpretazione, dunque, l’interesse pubblico e la condivisione libera dei risultati giustificano, in ossequio al principio solidaristico, una limitazione dei diritti esclusivi.
Equilibrio tra diritto e innovazione nella creatività ibrida
Nel contesto prospettato, una delle sfide che si pone è sicuramente quella di implementare l’opera dell’autore con gli strumenti dell’IA, senza guardare a questi con sospetto, ma considerandoli mezzi utili e validi.
Cercando da una parte di capire quale sia la modalità di integrazione più efficace e dall’altra come possa il legislatore scegliere di tutelare al meglio una nuova tipologia di opere assistite dall’utilizzo di sistemi di IA.
Da un lato, è necessario interrogarsi su quali modalità di interazione tra autore e macchina risultino più efficaci e stimolanti dal punto di vista artistico e intellettuale. Dall’altro, occorre che il legislatore affronti con chiarezza la questione della tutela giuridica di queste nuove forme di creazione ibrida, tenendo conto della specificità del processo creativo che le ha generate.
L’obiettivo non è solo quello di proteggere i diritti preesistenti, ma anche di riconoscere e valorizzare le nuove configurazioni dell’autorialità, in un equilibrio dinamico tra innovazione tecnologica e diritti emergenti.
Bibliografia
Barcelona, S. L., Non-human singers created by a Spanish music producer, in Lavanguardia, 2024.
Catenazzi, U., Di Carlo, G., Della Morte, S., Il rapporto tra Creatività ed Emozioni, in State of Mind, 2012.
D’Aloia, A., Il diritto verso “il mondo nuovo”. Le sfide dell’Intelligenza Artificiale, in BioLaw Journal, 1, pp. 3–31, 2019.
Latif, S. et al., AI-Based Emotion Recognition: Promise, Peril, and Prescriptions for Prosocial Path, in Human–Computer Interaction, vol. 14, 2022.
Lisinska, J., Castro, D., The AI Act’s AI Watermarking Requirement Is a Misstep in the Quest for Transparency, in Data Innovation, 2024.
Monti, A., Webscraping e Dataset AI: se il fine è di interesse pubblico non c’è violazione di copyright, in Repubblica, 2024.
Pievani, T., Tutti i mondi possibili, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2024.
Porter, B., Machery, E., AI-generated poetry is indistinguishable from human-written poetry and is rated more favorably, in Scientific Reports, 2024.
Solum, L. B., Legal Personhood for Artificial Intelligences, in North Carolina Law Review, vol. 70, n. 4, pp. 1264–1266, 1992.
[1] U. Catenazzi, G. Di Carlo, S. Della Morte, Il rapporto tra Creatività ed Emozioni, in State of Mind, 2012.
[2] S. Latif et al., AI-Based Emotion Recognition: Promise, Peril, and Prescriptions for Prosocial Path, in Human – Computer Interaction, vol. 14, 2022.
[3] B. Porter, E. Machery, AI-generated poetry is indistinguishable from human-written poetry and is rated more favorably,in Scientific Reports, 2024, https://www.nature.com/articles/s41598-024-76900-1.
[4] Cfr. Art. 50 co. 2 Regolamento (UE) 2024/1689.
[5] J. Lisinska, D. Castro, The AI Act’s AI Watermarking Requirement Is a Misstep in the Quest for Transparency, in Data Innovation, 2024.
[6] Sul tema ex pluribus L.B. Solum, Legal Personhood for Artificial Intelligences, in North Carolina Law Review, vol. 70, n. 4, 1992, pp. 1264-1266.
[7] In tal senso si rimanda a C. Cass., 16 gennaio 2023, n. 1107.
[8] Considerando n. 17 delle direttive 93/98 e 2006/115.
[9] S. L. Barcelona, Non-human singers created by a Spanish music producer, in Lavanguardia, 2024.
[10] Questo teorema trova le sue radici secondo alcuni in Thomas H. Huxley cfr. Telmo Pievani, Tutti i mondi possibili, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2024, per altri in opere di Borges o nei viaggi di Gulliver di Swift. Pare si tratti in realtà di un caso particolare di un problema formulato dal matematico Borel.
[11] A. D’Aloia, Il diritto verso “il mondo nuovo”. Le sfide dell’Intelligenza Artificiale, in BioLaw Journal, 1, 2019, pp. 3 – 31, p. 11.
[12] Beijing Internet Court (BIC) nella causa Li vs. Liu Beijing Internet, Court Civil Judgment (2023) Jing 0491 Min Chu No. 11279.
[13] Sfrutta il concetto di “diffusione” per generare immagini, Stable Diffusion parte da un’immagine di partenza casuale, e poi, attraverso una serie di passaggi, la trasforma in un’immagine finale. Questo processo offre la flessibilità di intervenire in qualsiasi fase della generazione dell’immagine. A differenza di Dall-E e MidJournay è OpenSource, prevede una licenza gli sviluppatori rinunciano ai loro eventuali diritti sugli output generati. Inoltre, l’utente è ritenuto responsabile dell’output generato e dei suoi successivi utilizzi.
[14] https://english.bjinternetcourt.gov.cn/pdf/BeijingInternetCourtCivilJudgment112792023.pdf
[15] https://www.judgments.fedcourt.gov.au/judgments/Judgments/fca/single/2021/2021fca0879
[16] A. Monti, Webscraping e Dataset AI: se il fine è di interesse pubblico non c’è violazione di copyright, in Repubblica, 2024.