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Microtargeting e profilazione politica: tutti i rischi di un uso senza regole

Il microtargeting politico si è ritagliato un ruolo importante anche in Europa. Le campagne pubblicitarie condotte mediante la rete sono infatti in grado di sfruttare le tracce digitali degli elettori in maniera sempre più raffinata e il Gdpr non basta a tutelarci. Vediamo utilizzi e rischi

Pubblicato il 12 Nov 2019

Annalisa Spedicato

Avvocato e consulente in IP ICT e Privacy

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In un’era in cui web marketing e digital advertising, annunci a pagamento, direct marketing e analisi di dati personali per fini di marketing profilato, anche mediante l’impiego dell’intelligenza artificiale, dominano la scena in tutti i settori sociali, perché il settore politico avrebbe dovuto sfuggire all’uso di tali nuovi strumenti che consentono, in maniera così puntuale, di individuare e raggiungere un preciso target di riferimento e convincerlo all’“acquisto”?

E, infatti, nonostante gli elevati rischi del microtargeting online anche in Europa, dopo gli Usa, i partiti politici si sono lasciati affascinare dalle sofisticate potenzialità di questa tecnica, dal ritorno molto maggiore rispetto alla propaganda e alla pubblicità offline.

Premettendo che se ben utilizzato dai partiti politici il microtargeting può, in verità, portare anche vantaggi alla collettività, provocando una maggiore sensibilizzazione nel pubblico su specifici argomenti e accrescendo la partecipazione sociale, non si può non sottolineare che i pericoli, nel caso di impiego sfrenato, superano di gran lunga i vantaggi, perché sfruttare queste tecniche in ambito politico senza rispettare le regole, può mettere a repentaglio seriamente la democrazia e creare gravi problemi in materia di privacy.

Retargeting, remarketing e microtargeting

Che la rete internet, gli annunci a pagamento, i cookie, la profilazione, il monitoraggio del comportamento sulla rete Internet, il retargeting e il remarketing consentano oggi di potenziare il potere persuasivo del messaggio pubblicitario fino a far assumere ad un consumatore un comportamento che altrimenti non avrebbe adottato, è la nota dolente del nostro tempo.

Quando poi queste tecniche vengono impiegate dai partiti politici, la situazione diventa ancora più delicata e complessa, perché in tal caso non si parla più di convincere una persona ad acquistare un prodotto, a scegliere un marchio piuttosto che un altro, ma di persuaderla a parteggiare per un partito piuttosto che un altro, di convincerla ad abbracciare le idee di un movimento politico e quindi a prendere una specifica posizione su temi come lavoro, tasse, criminalità, risparmi, welfare, immigrazione, pensione, giustizia. Si può facilmente comprendere come da qui, il passo verso il controllo sociale e la manipolazione diventi particolarmente breve, considerando l’elevato potere che queste nuove tecniche sono in grado di concedere a chi abbia la capacità di usarle in maniera abile e strategica.

Cos’è il microtargeting

Tuttavia, nonostante gli elevati rischi che tali sofisticate tecnologie si portano dietro, anche in Europa, i partiti politici si sono lasciati affascinare dalle sofisticate potenzialità del microtargeting online. Un meccanismo particolarmente raffinato, ma anche molto invasivo, mediante il quale un’organizzazione, nel caso in esame, un partito politico, è in grado di individuare quegli elettori che, per un qualsiasi motivo, è più facile persuadere. In altri termini, il microtargeting politico utilizza la profilazione per inviare pubblicità personalizzata, sulla base delle informazioni raccolte sulle persone che navigano in rete e grazie a precisi profili individuati dall’estrazione delle informazioni che gli utenti lasciano sui social network.

Una tecnica di web marketing che, applicata alla politica, consente ad un partito di vagliare il tipo di messaggio da inviare ad uno specifico profilo di elettore, diversificandone il contenuto e personalizzandolo in base agli interessi, alle abitudini, alle debolezze di ciascuno e utilizzando delle volte anche algoritmi predittivi. In sostanza, il comportamento online del potenziale elettore viene monitorato, allo scopo di sfruttare le sue abitudini, le sue opinioni, i suoi interessi per inviargli messaggi pubblicitari mirati: è la pubblicità comportamentale applicata alle campagne di marketing politico.

In questo modo, è chiaro che il rischio di fare cilecca si riduce sensibilmente; gli investimenti pubblicitari in microtargeting, di certo, hanno un ritorno molto più vantaggioso rispetto alla pubblicità off line che è uguale per tutti. Con il microtargeting, infatti, da un lato, sono in grado di raggiungere precisamente quel tipo di elettore che magari è indeciso o che magari è deluso, dall’altro posso far vedere a ciascun target di elettori predefinito un messaggio dal contenuto diverso, adatto a quella specifica personalità, senza deludere l’aspettativa ed essere, così, in grado di orientare le decisioni.

Ciò significa che, mediante le campagne pubblicitarie che impiegano tali tecniche, è possibile abilmente selezionare anche quali sono le promesse che più facilmente riescono ad incidere su alcune persone, persuadendole nella scelta del voto, ma le stesse tecniche possono altresì trasmettere disinformazione o innescare emozioni, quali paura, violenza, rabbia in chi risulta più sensibile.

Microtargeting politico in Europa

Come abbiamo accennato all’inizio, il microtargeting è una tecnica particolarmente usata nel marketing politico degli Stati Uniti, ma che negli ultimi anni ha preso piede anche in Europa, tanto che la Commissione Europea e il Comitato Europeo per la protezione dei dati personali (EDPB) sono intervenuti con linee guida sull’argomento.

Negli Stati Uniti, i partiti politici e gli intermediari dispongono di informazioni particolarmente dettagliate sui possibili elettori, informazioni che abbinate alle nuove tecniche di marketing predittivo e alle informazioni pubblicate dagli individui sui canali social, consentono alle agenzie di marketing politico di identificare il carattere e la personalità delle persone e intuire quale tipo di messaggio riesce a persuadere quel particolare tipo di personalità.

Attraverso il microtargeting online, ad esempio, un’organizzazione può scegliere il “tipo” di soggetto cui riferirsi: ad esempio, giovani con età compresa tra 30 e 40 anni che abitano in una determinata zona, delusi, disoccupati, single, cattolici. In altri termini, accade in politica ciò che accade negli altri mercati con l’utilizzo della pubblicità comportamentale sui vari tipi di target dei consumatori.In Europa il microtargeting politico non è ancora molto diffuso, tuttavia, non è un segreto che alcuni Stati membri, interpretando in maniera un po’ troppo leggera il comma 2 dell’art. 6 del Regolamento in materia di protezione dei dati personali, il comma 2 dell’art. 9 lett. e) che consente di trattare le categorie particolari di dati personali rese manifestamente pubbliche dall’interessato senza consenso e il Capo IX dello stesso Regolamento che consente agli Stati membri di adottare una disciplina specifica in alcune materie, hanno adottato nei propri ordinamenti, leggi che derogano al Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), includendo ampi spazi di utilizzo dei dati personali degli elettori in favore dei partiti politici.

Così, ad esempio, la legge spagnola in materia di protezione dei dati consente ai partiti politici di trattare i dati personali appartenenti alla categoria particolare di dati (opinioni politiche, filosofiche, religiose, etnia, orientamento sessuale ecc) resi pubblici dagli interessati, senza il consenso esplicito degli interessati e senza attuare garanzie adeguate. L’autorità spagnola per la protezione dei dati è intervenuta in proposito con un parere in cui ha precisato che tale disposizione deve essere interpretata in senso restrittivo e non deve essere utilizzata per operazioni di microtargeting, resta da vedere quanti partiti nelle proprie campagne di marketing si orienteranno secondo il parere dell’autorità.

Anche nel Regno Unito è possibile per i partiti politici trattare i dati personali riferiti alle opinioni politiche, senza la necessità di ottenere il preventivo consenso dall’interessato e anche in tale Stato, l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (ICO) ha palesato le proprie preoccupazioni su questa legge, in relazione ai rischi relativi al possibile abuso di dati che potrebbe conseguire da una interpretazione non proprio restrittiva della norma e adottato un Codice di condotta sull’uso dei dati personali nelle campagne politiche (Guidance on political campaigning).

In verità, il Regolamento generale sulla protezione dei dati indica chiaramente che è vietato trattare le categorie particolari di dati personali senza il consenso dell’interessato e che le deroghe in esso previste devono essere interpretate in maniera restrittiva e in ogni caso adottando le opportune cautele.

I rischi del microtargeting in politica

Se è vero che un annuncio pertinente anche in ambito politico può indurre un giovane disinteressato di politica ad incuriosirsi verso un argomento e alla fine anche a votare per uno o l’altro partito, quindi può essere una valida soluzione per ampliare il raggio di interesse anche in chi appare indifferente al tema politico, è anche vero che la tecnica del microtargeting può provocare situazioni pericolose, in quanto alla base vi sono meccanismi in grado di manipolare le persone sfruttando i loro dati personali e le informazioni che riguardano la loro vita privata, i loro pensieri, le loro idee. Così un partito politico potrebbe mostrare ai suoi potenziali elettori, usando i feed dei social media, messaggi con contenuti che alterano la percezione della realtà o un messaggio diverso per ogni profilo-elettore o ancora potrebbe decidere di non inviare pubblicità ad un determinato gruppo di persone che resterebbero in tal modo volontariamente escluse dal programma politico.

Peraltro, le persone che intuiranno che il proprio comportamento viene in qualche maniera monitorato, altereranno il loro naturale contegno, quindi saranno indotte a fare anche online ricerche alternative, rispetto a quelle che naturalmente avrebbero svolto.

I problemi in materia di privacy

Obiettivo del Regolamento n. 679/2016 è quello di garantire che chiunque tratti dati personali, rispetti i principi di trasparenza, liceità, minimizzazione del dato, limitazione delle finalità ed equità. Detto ciò, i dettami del GDPR si applicano anche ai partiti politici, alle fondazioni politiche, alle aziende di analisi dei dati e alle pubbliche autorità responsabili del processo elettorale.

La norma impone alle organizzazioni che trattano i dati personali (titolari del trattamento dei dati) il rispetto di precisi obblighi e concede agli interessati (soggetti proprietari dei dati) specifici diritti. Ad esempio, le persone hanno il diritto di ottenere maggiori informazioni da parte delle organizzazioni sulle finalità e modalità di trattamento dei dati raccolti e di opporsi alla profilazione e a decisioni adottate sul loro conto attraverso l’impiego di algoritmi (decisori automatizzati). Il Regolamento si fa più rigido rispetto al trattamento di dati che appartengono alla categoria particolare, nella quale rientrano opinioni politiche, filosofiche, etnia, appartenenza a sindacati, credenze religiose, ecc.. (in altri termini, quelle informazioni personali appetibili per un partito in campagna elettorale), stabilendo che il trattamento di tali dati è vietato a meno che l’interessato non abbia concesso il suo consenso esplicito, in deroga al divieto e senza il consenso dell’individuo, il trattamento di tali categorie particolari di dati personali (e ciò vale anche per i partiti politici) è ammesso se essi sono resi manifestamente pubblici dall’interessato o se trattati da parte di un organismo senza scopo di lucro che persegua finalità politiche, filosofiche, religiose o sindacali, in tale ultimo caso però il trattamento deve riguardare unicamente i membri, gli ex membri o le persone che hanno regolari contatti con l’organizzazione.

Ad ogni modo, le deroghe valgono sempre nel rispetto delle altre disposizioni previste dal GDPR. Inoltre, il GDPR obbliga i titolari del trattamento ad informare chiaramente l’interessato sul trattamento dei dati personali, sulla finalità e modalità del trattamento e sui soggetti cui i dati vengono comunicati. Si rammenta che anche la Direttiva UE 2002/58/CE, meglio nota come direttiva e-privacy (relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche), richiede trasparenza e consenso per l’uso dei cookie di profilazione e marketing che tracciano il comportamento dell’utente sulla rete internet. Pertanto, se un partito utilizza i cookie per inviare pubblicità mirata, deve informare le persone sulla finalità del cookie e sulla logica di profilazione adottata, consentendo all’elettore di opporsi a tale tipo di trattamento, esprimendo il proprio diniego in maniera facile, prima che lo stesso trattamento abbia inizio.

Pertanto, i partiti politici e gli intermediari che raccolgono e utilizzano i dati personali per il microtargeting online devono innanzitutto rendere l’informativa ex art. 13, ad esempio, se il trattamento viene effettuato sui canali social mediante una prima informativa sintetica che rimandi alla privacy policy completa sul proprio sito web, in cui si precisano quali dati vengono utilizzati, per quali scopi e in quali modi e a chi sono comunicati, secondo poi è necessario chiedere, prima che abbia inizio la raccolta del dato, il consenso espresso al trattamento di tali dati per fini di marketing e il consenso espresso, con specifica dichiarazione, per il trattamento dei dati per fini di profilazione, chiarendone la logica di trattamento e le conseguenze e concedendo all’interessato di ritirare tale consenso in qualsiasi momento; occorre inoltre tenere presente che il Regolamento generale sulla protezione dei dati prevede anche che un individuo abbia il diritto di non essere soggetto a una decisione basata esclusivamente sul trattamento automatizzato e che produca effetti giuridici che lo riguardano o che influisca su di lui in modo significativo, a meno che tale trattamento non sia effettuato in condizioni rigorose, in particolare quando le persone forniscono il loro consenso esplicito o quando il diritto dell’Unione o degli Stati membri che prevede garanzie adeguate lo consente.

Le pratiche di micro-targeting nel contesto elettorale rientrano in questa categoria quando producono effetti sufficientemente significativi sugli individui. Il Comitato europeo per la protezione dei dati ha precisato che ricorrono tali circostanze quando la pubblicità mirata online è invadente o sfrutta la conoscenza di quelle informazioni riferite alle debolezze delle persone. Dato il significato dell’esercizio del diritto democratico al voto, come chiarito anche dalla Commissione Europea, messaggi personalizzati che hanno come possibile risultato quello di impedire alle persone di votare o di farle votare in un modo determinato, potrebbero soddisfare il criterio dell’effetto significativo richiesto dal GDPR.

Nel contesto elettorale, pertanto, gli attori, in qualità di titolari del trattamento, devono garantire che qualsiasi trattamento che utilizza tali tecniche sia lecito, sia svolto in conformità ai principi di trasparenza, correttezza, equità e limitazione delle finalità e che rispetti tutte le altre severe condizioni individuate dal regolamento generale sulla protezione dei dati.

Cosa si può fare

Così come le aziende che vendono i loro prodotti o servizi, così come i professionisti che vendono le loro consulenze, utilizzano la leva della pubblicità per convincere i potenziali consumatori ad acquistare i propri prodotti/servizi, anche i partiti politici “vendono” e cercano di convincere chi è incerto o indeciso su chi votare ed è quindi lecito che anche i partiti politici utilizzino la leva della pubblicità anche nella sua forma più sofisticata per spingere l’elettore a votarli.

Il punto, dunque, non è vietare a priori alla politica l’utilizzo dei dati personali acquisiti sulla rete o l’impiego della profilazione o dell’intelligenza artificiale applicata al marketing, il punto è regolare l’uso di tali strumenti con una legge specifica, partendo dal fatto che la finalità ultima del trattamento del dato personale in questo caso non è quella di spingere un consumatore a comprare un prodotto/servizio piuttosto che un altro, ma indurre un elettore ad acquisire una specifica opinione politica, filosofica, sindacale, dati personali, che fanno parte della categoria particolare di dati personali (ex art. 9 GDPR), che è quella voluta dal partito interessato e, dunque, si potrebbe chiedere ai partiti maggiore trasparenza negli strumenti pubblicitari utilizzati durante le campagne di marketing, di rendere noti sui loro siti web coloro che li supportano nella propaganda e la logica di profilazione usata.

In tale ambito, le norme generali che regolano l’impiego della pubblicità e il GDPR non appaiono di per sé sufficienti, ma potrebbe rendersi necessario un intervento normativo specifico, date le gravi conseguenze verso cui un impiego incontrollato di tali strumenti nel sistema elettorale potrebbe condurre.

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