le promesse tradite

Social network, gli utenti vogliono un ritorno alle origini: l’avanzata delle piccole reti “libere”



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Col tempo, i grandi social hanno reso la connessione delle persone con i marchi una priorità rispetto al collegamento con altre persone, così alcuni utenti hanno iniziato a cercare siti e app orientati alla comunità, cioè più in linea con lo spirito originario delle piattaforme

Pubblicato il 23 mag 2023

Antonino Mallamaci

avvocato, Co.re.com. Calabria



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Ad avviso di una delle maggiori esperte sull’argomento, Zizi Papacharissi, professoressa di Comunicazione presso l’Università di Chicago dove tiene anche un corso sui Social Media, “…le piattaforme come le conoscevamo sono finite”. Cosa significa esattamente questa dichiarazione così precisa e definitiva? Come erano prima le piattaforme e come non saranno più?

Social: da “conoscenza e condivisione” a business, il passo è breve

Facciamo un passo indietro di quasi vent’anni, tornando al primo vagito di Facebook. “Il libro delle facce”, ispirato all’annuario scolastico, nasce ad Harvard per consentire agli studenti di quella università di conoscersi e di mettersi in contatto tra loro. L’idea va avanti e lo spettro si allarga, fino a esplodere presso molti atenei americani. In poco tempo, la piattaforma si trasforma in un mezzo potentissimo per mettere in relazione le persone. È questa la mission: la conoscenza e la condivisione tra individui che possono stare nello stesso condominio o quartiere, oppure a migliaia di chilometri di distanza. Per anni questo e gli altri social media serviranno essenzialmente a questo scopo.

Molto presto, tuttavia, ci si accorge che, ovviamente, l’obiettivo principale di tutte le Big tech non è diverso da quello di tutte le altre società capitalistiche: fare soldi. Possibilmente una barcata di soldi, illudendo gli utenti sulla gratuità del servizio che invece viene pagato profumatamente con la sottrazione dei loro dati e il loro sfruttamento a fini di merchandising e per altri utilizzi, leciti e non leciti. In ogni caso, adesso sembra, anche per le regole che nel frattempo sono state adottate per proteggere la privacy e controllare i contenuti, che il grande inganno sia terminato. Ed è ciò che fa affermare che “Le piattaforme come le conoscevamo sono finite”.

La svolta di Twitter dopo Elon Musk

Il capofila del cambiamento, e anche il più esplicito e brutale nell’attuarlo, è Elon Musk. Mentre lancia nello spazio le sue navicelle da miliardi di dollari, ridotte in rottami dopo pochi minuti dalla partenza, mette mano a Twitter imponendo il pagamento del servizio in cambio della famosa spunta blu. Questo segno ha conferito a lungo uno status speciale su Twitter. Adesso solo alcuni account, quelli di personaggi pubblici le cui identità sono state confermate, hanno ricevuto il simbolo. Molti degli utenti di alto profilo, per i quali la spunta blu ha contribuito a verificare la loro identità e a distinguerli dagli impostori, la stanno invece perdendo.

Twitter ha infatti da qualche giorno iniziato a mantenere la sua promessa di rimuoverla dagli account che non pagano un canone mensile. Twitter aveva circa 300.000 utenti verificati con il sistema di controllo blu originale, molti dei quali giornalisti, atleti e personaggi pubblici. I controlli – che indicavano che l’account è stato verificato – hanno iniziato a scomparire dai profili di utenti di alto profilo quali Papa Francesco, Beyoncé, Oprah Winfrey e l’ex presidente Trump.

I costi per mantenere la spunta vanno da 8 dollari al mese per i singoli utenti, a 1000 mensili per le organizzazioni, più 50 per ogni affiliato o account dipendente.

Utenti famosi, dalla star del basket LeBron James a Stephen King, si sono rifiutati di pagare.

Non solo celebrità hanno perso la spunta blu, ma anche molte agenzie governative, organizzazioni non profit e account di servizio pubblico in tutto il mondo. Ciò comporta la perdita, per il social col cinguettio, della credibilità per ottenere informazioni accurate e aggiornate da fonti autentiche, anche in caso di emergenza.

L’account Twitter ufficiale dell’amministrazione cittadina di New York, che in precedenza aveva un segno di spunta blu, è stato costretto, per fugare ogni dubbio, a pubblicare un post nel quale afferma che è quello il suo unico account ufficiale. Al momento, solo il 5 % degli iscritti a Twitter ha pagato per mantenere la spunta blu, e non sembra che la scelta sia in grado di risollevare le sorti della piattaforma, perché le entrate determinate dalla nuova politica di Musk sono molto limitate: secondo Similarweb, soggetto che si occupa di analisi sul web, le persone che si sono iscritte a Twitter Blue sui loro desktop sono state solo 116.000 in un mese.

Dopo aver acquistato Twitter a ottobre, Musk ha cercato di aumentare le entrate spingendo più persone a pagare per un abbonamento premium. Ma la sua mossa riflette anche la sua affermazione secondo cui i segni di verifica blu sono diventati uno status symbol immeritato o “corrotto” per personalità d’élite, giornalisti e altri a cui è stata concessa dalla precedente proprietà la verifica gratuita.

Twitter ha iniziato a taggare i profili con la spunta blu 14 anni fa. Oltre a proteggere le celebrità dagli imitatori, uno dei motivi principali era fornire uno strumento in più per frenare la disinformazione proveniente da account di persone che si spacciano per altre.

Dopo aver rilevato Twitter, Musk ha deciso di concedere la spunta blu a chiunque fosse disposto a pagare 8 dollari al mese, ma l’app è stata rapidamente inondata da impostori; quindi, ha dovuto sospendere temporaneamente il servizio. Insomma, anche da questo punto di vista le scelte di Musk non appaiono felici. Fatto sta che alcuni influencer e giornalisti stanno migrando su altre piattaforme, tra cui Mastodon e LinkedIn.

Come i social hanno tradito i loro obiettivi originali

Da un po’ di tempo, i feed di Instagram e Facebook sono pieni di pubblicità e post sponsorizzati; TikTok e Snapchat di video di influencer che promuovono detersivi per piatti e app di appuntamenti.

Praticamente i contenuti degli amici virtuali sono spariti: ci sono circa 100 volte più annunci di TikTok ripubblicati da account meme. Tutto amplificato in maniera abnorme, senza che gli utenti medi possano farci nulla. Molti definiscono questi cambiamenti i peggiori mai visti, e Instagram “una delle piattaforme di social media più insopportabili e inutilizzabili che esistano”, un tradimento rispetto a quello che Instagram aveva garantito in precedenza. Essa era una sorta di album fotografico vivente, dove scambiare istantanee della propria vita e tenersi in contatto con le persone intime e con quelle ritrovate dopo tanto tempo grazie a internet. Man mano che la piattaforma inserisce sempre più post “consigliati” nei feed (account di alto profilo, creatori di video virali) per aumentare il coinvolgimento, quelle persone, che sono quelle per le quali stiamo sui social, vengono allontanate dalla visione quotidiana e continua.

I social media stanno, per molti versi, diventando meno social. I tipi di post in cui le persone aggiornano amici e familiari sulla loro vita sono diventati più difficili da vedere nel corso degli anni poiché i siti più grandi sono diventati sempre più “aziendali”. Invece di vedere messaggi e foto di amici e parenti sulle loro vacanze o cene fantasiose, gli utenti di Instagram, Facebook, TikTok, Twitter e Snapchat ora visualizzano spesso contenuti professionali di marchi, influencer e altri che pagano per il posizionamento. Il cambiamento ha implicazioni per le grandi società di social networking e per il modo in cui le persone interagiscono tra loro digitalmente. Ma solleva anche interrogativi su un’idea centrale: la piattaforma online. Per anni, l’idea di una piattaforma, un sito all-in-one rivolto al pubblico in cui le persone trascorrevano la maggior parte del loro tempo, ha regnato sovrana. Ma i grandi social network hanno reso la connessione delle persone con i marchi una priorità rispetto al collegamento con altre persone, così alcuni utenti hanno iniziato a cercare siti e app orientati alla comunità dedicati a hobby e problemi specifici.

I feed non riguardano ormai gli utenti e i loro amici, sono solo un luogo virtuale per commercializzare i prodotti e le persone. Per questo motivo sembra davvero la fine di un’era. Per gli utenti, questo significa che invece di trascorrere tutto il loro tempo su uno o pochi grandi social network, alcuni stanno gravitando verso siti più piccoli e più mirati. Questi includono Mastodon, che è essenzialmente un clone di Twitter suddiviso in comunità; Nextdoor, un social network in cui i vicini possono commiserarsi per questioni quotidiane come le buche locali; e app come Truth Social, che è stata avviata da Donald Trump ed è vista come un social network per i conservatori.

Le previsioni di Mark Zuckerberg

Il passaggio a reti più piccole e mirate è stato previsto anni fa persino da Mark Zuckerberg e Jack Dorsey (uno dei fondatori di Twitter).

Nel 2019, Zuckerberg ha scritto che la messaggistica privata e i piccoli gruppi erano le aree di comunicazione online in più rapida crescita. Secondo Dorsey, i cosiddetti social network decentralizzati danno alle persone il controllo sui contenuti che vedono e sulle comunità con cui interagiscono.

Nell’ultimo anno, anche i tecnologi e gli accademici si sono concentrati sui social network più piccoli. In un documento, il professore Zuckerman (un omonimo) e altri accademici hanno delineato come le aziende del futuro potrebbero gestire piccole reti a basso costo.

L’avanzata delle piccole reti

Hanno anche suggerito la creazione di un’app che funge essenzialmente da coltellino svizzero dei social network consentendo alle persone di passare da un sito all’altro, inclusi Twitter, Mastodon, Reddit e reti più piccole.

La parte difficile per gli utenti è trovare le reti più nuove e piccole. Ma i social network più ampi, come Mastodon o Reddit, spesso fungono da gateway per le comunità più piccole. Quando si iscrivono a Mastodon, ad esempio, le persone possono scegliere un server da un ampio elenco, compresi quelli relativi a giochi, cibo e attivismo.

Uno dei principali vantaggi delle piccole reti è che creano forum per comunità specifiche, comprese le persone emarginate. Ahwaa, fondato nel 2011, è un social network per i membri della comunità LGBTQ nei paesi intorno al Golfo Persico dove essere gay è considerato illegale. Altre piccole reti sono focalizzate su interessi speciali.

Le comunità più piccole possono anche alleviare alcune pressioni sociali dovute all’utilizzo dei social media, soprattutto per i giovani. Nell’ultimo decennio sono emerse storie su adolescenti che sviluppano disturbi alimentari dopo aver cercato di essere all’altezza delle foto su Instagram e guardando video su TikTok.

L’idea che un nuovo sito di social media possa diventare l’unica app per tutti sembra irrealistica.

Verso un’identità digitale sempre più frammentata

Le identità online delle persone diventeranno sempre più frammentate tra più siti. Per parlare di risultati professionali, c’è LinkedIn. Per giocare ai videogiochi con altri giocatori, c’è Discord. Per discutere di notizie, c’è Artifact.

Altre piccole reti sono probabilmente all’orizzonte. L’anno scorso, l’Università di Harvard ha avviato un programma di ricerca dedicato al riavvio dei social media. Il programma aiuta a creare e sperimentare insieme nuove reti.

Un’app emersa dal programma, Minus, consente agli utenti di pubblicare solo 100 post sulla loro sequenza temporale per tutta la vita. L’idea è quella di far sentire le persone connesse in un ambiente in cui il loro tempo insieme è trattato come una risorsa preziosa e limitata, a differenza dei social network tradizionali come Facebook e Twitter che utilizzano infinite interfacce a scorrimento per mantenere gli utenti coinvolti il più a lungo possibile.

Sembra davvero un ritorno alle origini, per restituire a questa parte del Web la sua mission primigenia, quella di conoscere persone e condividere con gli amici, veri e virtuali, con social media diversi, magari più piccoli, magari focalizzati su argomenti o temi particolari.

Mastodon è uno di questi. Mastodon presenta i post in ordine cronologico, non sulla base di un algoritmo, e non ha pubblicità: è in gran parte finanziato dal crowdfunding. La maggior parte dei server sono finanziati dalle persone che li utilizzano. I server che Mastodon supervisiona – Mastodon Social e Mastodon Online – sono finanziati tramite Patreon, una piattaforma di servizi di abbonamento spesso utilizzata dai creatori di contenuti.

Sebbene Mastodon assomigli visivamente a Twitter, la sua esperienza utente è più simile a quella di Discord, un’app per parlare e inviare messaggi di testo in cui le persone si uniscono anche a server che hanno le proprie regole. A differenza di Twitter e Discord, Mastodon non ha la possibilità di far fare nulla ai suoi utenti, o alle persone che creano i server. Ciò include stabilire la moderazione dei contenuti o regole per quali post tenere aggiornati e cosa eliminare. Ma i server possono dettare il modo in cui interagiscono tra loro o se interagiscono in un flusso condiviso di post. Ad esempio, quando Gab ha utilizzato il codice di Mastodon, Mastodon Social e altri server indipendenti hanno bloccato il server di Gab, quindi i post di Gab non sono apparsi nei feed delle persone che utilizzano quei server.

Gab si presenta come “la casa della libertà di parola e dell’economia parallela”. E aggiunge: “Unisciti alla nostra comunità e parla liberamente oggi!”

Conclusioni

Insomma, la libertà sembra il leitmotiv di quanti in questo momento guardano con fastidio alle piattaforme per come le abbiamo conosciute finora, e sono in cerca di strumenti nuovi/vecchi, cioè più in linea con lo spirito originario. Molti esperti, e lo stesso padrone di Meta, come abbiamo visto, sono convinti che tale sia il trend per il prossimo futuro in questo segmento della vita on line. Anche su questa vicenda, è possibile profetizzare, avrà ripercussioni la rivoluzione epocale paragonabile alla nascita stessa del World Wide Web, quella legata agli ulteriori sviluppi di ChatGPT.

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