iniziative e prossimi step

Sostenibilità, la strategia del Governo: punti forti e lacune della nostra “svolta green”

Il Governo sembra sostenere la svolta green con una serie di misure che vanno nella direzione giusta: creare lavoro e accettare la sfida della sostenibilità, a partire dalla prossima legge di Bilancio, che potrebbe rappresentare la svolta per una riforma della fiscalità ambientale. I punti su cui fare convergere il consenso

Pubblicato il 23 Lug 2019

Gianpiero Ruggiero

Esperto in valutazione e processi di innovazione del CNR

green

Energia pulita, mobilità sostenibile, fiscalità ambientale, una cabina di regia centralizzata per l’attuazione dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile. Dopo tante parole, potrebbero arrivare finalmente i primi fatti. Il Governo sembra infatti intenzionato a sostenere la svolta green, con una serie di misure concrete che vanno nella direzione giusta: creare lavoro e accettare la sfida della sostenibilità.

Lo affermo dopo aver assistito personalmente all’edizione di quest’anno del Festival per lo sviluppo sostenibile, che ha avuto un grande successo, mobilitando una vasta rete di soggetti pubblici e privati che hanno organizzato numerosi eventi in tutta Italia. Un coinvolgimento in grado di dare una forte spinta ai temi dello sviluppo sostenibile e di accrescere la sensibilità per cambiare la politica del Paese.

Tutta questa mobilitazione, infatti, così come quella dei giovani dei Friday for future, ha senso se sboccia in proposte concrete. E il Governo pare stia andando in questa direzione.

Tutte le iniziative “green” in corso

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha presenziato, lo scorso 10 luglio, all’insediamento della cabina di regia “Benessere Italia. È un fatto positivo, soprattutto perché la cabina nasce con l’intento di coordinare meglio le politiche per l’attuazione in Italia dell’Agenda 2030 e di stimolare l’integrazione della valutazione dell’impatto sullo sviluppo sostenibile, sul benessere e sulla qualità della vita, nell’elaborazione delle politiche pubbliche delle diverse amministrazioni dello Stato. L’averne affidato la sua gestione alla professoressa Filomena Maggino, persona di grande esperienza, anche internazionale, negli studi sulla qualità della vita, è un aspetto anch’esso positivo da sottolineare.

È importante anche l’impegno del viceministro all’Istruzione, università e ricerca Lorenzo Fioramonti, con la sua iniziativa di rivedere i criteri di valutazione dei sistemi di formazione e ricerca, per fare in modo che “si possa arrivare a una batteria di indicatori per la valutazione della performance, che sia da un lato in grado di mantenere l’eccellenza della produzione scientifica e dall’altro possa cogliere quegli elementi che oggi non vengono colti, come l’impatto sul territorio, la capacità di brevettare, di avere relazioni con le imprese e l’applicazione degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile”.

Una prospettiva interessante se letta alla luce di quanto dichiarato dal Ministro dell’Economia in merito all’enorme dispersione di talenti e risorse (circa 14 miliardi, poco meno dell’1% del Pil) che l’Italia subisce ogni anno per il processo di mobilità all’estero dei nostri giovani e talentuosi lavoratori. Un processo, quello della fuga dei cervelli, da contenere, attraverso azioni mirate, spingendo per esempio sulle competenze professionali degli studenti, dando maggiore ruolo all’informatica nella formazione obbligatoria, investendo in una formazione linguistica più diversificata.

Misure che potrebbero trovare riscontro già nella prossima legge di Bilancio.

La prossima legge di Bilancio: banco di prova per rinnovabili e fiscalità ambientale

Alla prossima Legge di Bilancio guardano anche le imprese: l’iniziativa di Confindustria Digitale per un Piano strategico digitale n’è una prima riprova. Così come lo è la Dichiarazione per l’adattamento climatico delle Green City, presentata in occasione della conferenza nazionale di Milano, che ha indicato 10 azioni da intraprendere per rendere le nostre città più resilienti e meno vulnerabili.

L’iniziativa punta a promuovere un maggiore e più qualificato impegno delle città italiane per l’adattamento climatico, anche perché le perdite economiche registrate nel nostro Paese sono enormi. L’Italia, infatti, sarebbe più esposta di altri Paesi agli impatti del cambiamento climatico ed è al 2° posto in Europa per le perdite economiche generate dai cambiamenti climatici con oltre 63 miliardi di euro (Commissione UE, 2018).

Siccome l’adattamento ai cambiamenti climatici non può più essere ignorato e sottovalutato, la prossima legge di Bilancio potrebbe davvero rappresentare la svolta per una riforma complessiva della fiscalità ambientale.

L’approdo verso una riforma verde della fiscalità ambientale è stato già tracciato con la firma del protocollo d’intesa “Aria Pulita, siglato lo scorso 4 giugno a Torino, in occasione del Clean Air Dialogue, che istituisce un Piano d’azione, della durata di 24 mesi per il miglioramento della qualità dell’aria con un impegno di 400 milioni di euro annui, sottoscritto dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, dal Ministro della Salute Giulia Grillo. L’adozione di queste misure permetterà all’Italia una probabile chiusura delle due procedure d’infrazione (n.2015_2043 e n.2014_2147) che l’Unione Europea ha aperto in riferimento al reiterato superamento dei valori limite del materiale particolato PM10 e del biossido di azoto.

Nel Protocollo, si sottolinea anche la definizione del Fondo per il finanziamento del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico, il disincentivo all’acquisto di veicoli ad alte emissioni inquinanti, la riduzione delle emissioni inquinanti derivanti dagli impianti termici alimentati a biomassa, nonché limitazioni all’utilizzo degli impianti di riscaldamento alimentati a gasolio e una riduzione delle emissioni inquinanti derivanti dalla chiusura o trasformazione di impianti termoelettrici alimentati a carbone.

A proposito di riforma complessiva della fiscalità ambientale, in attesa che il processo di riconversione ecologica e produttiva da parte delle aziende proceda più spedito, grazie alla spinta di incentivi per le realtà produttive maggiormente impegnate nella riduzione dell’inquinamento, i Ministri Luigi Di Maio e Sergio Costa hanno firmato recentemente il decreto per l’incentivazione delle fonti rinnovabili elettriche (FER1), che ha l’obiettivo di sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento dei target europei al 2030 definiti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), attraverso la definizione di incentivi e procedure indirizzati a promuovere l’efficacia e la sostenibilità, sia in termini ambientali che economici, del settore. Il provvedimento, in particolare, incentiva la diffusione di impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici e a gas di depurazione. “L’attuazione del provvedimento – si legge nel comunicato del Mise – consentirà la realizzazione di impianti per una potenza complessiva di circa 8.000 MW, con un aumento della produzione da fonti rinnovabili di circa 12 miliardi di kWh e con investimenti attivati stimati nell’ordine di 10 miliardi di Euro”.

Insomma un potenziale economico e sociale da non sottovalutare che andrebbe sostenuto anche perché, secondo stime Kenneth Research, il mercato mondiale delle soluzioni tecnologiche, dei servizi e delle infrastrutture per le fonti energetiche rinnovabili, potrebbe raggiungere un valore approssimativo di 2.153 miliardi di dollari entro il 2025 (1.486 miliardi di dollari nel 2017). Entro il 2030, secondo uno altro studio dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena), le fonti energetiche pulite rappresenteranno il 36% del mix energetico globale, mentre nel 2018 hanno consentito la creazione di 11 milioni di posti di lavoro, contro i 10,3 milioni del 2017.

Soluzioni innovative dall’industria automotive

Anche il settore della mobilità e dell’industria automotive (mobility as a service, o MaaS) è visto dagli analisti in forte crescita. Secondo uno studio di Accenture, entro il 2030 i ricavi dell’industria automotive si aggireranno attorno ai 2 mila miliardi di dollari, con una leggera contrazione dei ricavi, che passeranno da 126 miliardi agli stimati 122 miliardi per il 2030. Le previsioni di crescita si basano sull’analisi della domanda. Il mercato MaaS crescerà velocemente nei prossimi anni, perché aumenterà la domanda di servizi professionali legati alla mobilità, che dovranno rispondere ad una domanda utenti sempre più varia e con alti livelli di qualità da soddisfare.

La possibilità di richiedere, prenotare e pagare spostamenti su dispositivi mobili sta cambiando il modo in cui le persone si spostano e interagiscono con i servizi di mobilità. La digitalizzazione è il fulcro di questa rivoluzione. Il primo aspetto di questa rapida e radicale trasformazione in corso è la quantità e qualità dei nuovi servizi di mobilità condivisa che stanno emergendo negli ultimi anni e che sono abilitati dalle piattaforme digitali.

Ogni anno nascono e si affermano nuovi servizi di mobilità condivisa sino a oggi impensabili. In alcuni casi si tratta di trasformazioni avvenute negli ultimi due o tre anni ma già affermate a livello globale, come il bikesharing free floating per esempio. In altri casi si tratta di servizi che sono esplosi molto di recente in alcune aree urbane del mondo e che si stanno rapidamente diffondendo dovunque, come la cosiddetta micro mobilità condivisa di cui fanno parte i monopattini elettrici. Vi sono poi servizi che lasciano intravvedere grandi potenzialità, ma che ancora non hanno avuto un’affermazione altrettanto dirompente, come il microtransit (anche detto DRT) o il vehiclesharing peer-to-peer.

Accanto a queste novità, si consolidano e continuano a crescere i servizi di recente introduzione come il ridehailing e il carpooling e tutti i servizi di vehiclesharing che permettono la condivisione di auto, scooter e bicicletta.

Il ventaglio della mobilità condivisa

Il secondo aspetto è che non solo aumentano e migliorano i servizi di mobilità condivisa ma aumentano le opportunità di chi intende usarli in combinazione tra loro. L’esistenza dei journey planner multimodali oggi, e nel futuro delle piattaforme MaaS con cui immaginare, costruire e consumare il proprio spostamento integrato a partire da un clic sul proprio smartphone, sono in grado di aprire possibilità d’integrazione sino a oggi inesplorate. Quando si pianifica uno spostamento da casa al lavoro o un viaggio di lunga distanza, le persone considerano il costo, la convenienza e la complessità dell’intero viaggio da porta a porta – non un singolo elemento di esso. Oggi questo è possibile farlo con molta più facilità di un tempo anche se si combinano tra loro servizi offerti da tanti operatori e modalità di trasporto diverse.

Il terzo aspetto, anche se più difficile da cogliere, è forse il più rivoluzionario. Oggi, quando si acquista un’auto si acquista un “pacchetto di viaggi prepagati”, una “carta ricaricabile con minuti di mobilità”. Spesso acquistata a rate o pagando canoni di leasing o di noleggio a lungo termine, la nostra auto rappresenta la nostra assicurazione sulla possibilità di muoverci sempre e dovunque. Analizzando le performance dell’insieme dei servizi di mobilità condivisa, sia quelli tradizionali che quelli innovativi, ciò che emerge è che mentre i servizi di tipo tradizionale continuano ad assicurare quei livelli di capacità, velocità e raggio d’azione per cui occupano una posizione insostituibile nel panorama dei trasporti contemporaneo, i servizi on demand tradizionali e i servizi di sharing mobility sono in grado di offrire quelle caratteristiche di accessibilità, disponibilità, flessibilità e versatilità tipiche del modello d’uso del veicolo personale.

Se l’intero ventaglio dei servizi di mobilità condivisa sono inseriti in un “pacchetto di servizi di mobilità prepagato” grazie a un’offerta coordinata tra operatori e all’integrazione offerta dalle piattaforme di Mobility as a Service, è il nostro smartphone che diventa la “chiave d’accensione” della nostra personale libertà di muoverci.

Nell’era digitale contendere il primato della mobilità individuale è quindi possibile. L’avvento del digitale abilita poi nuove forme di coordinamento tra settori industriali separati dietro la spinta di una domanda che cambia. L’uso delle piattaforme, la smaterializzazione delle transazioni, insieme al fenomeno della “connessione continua” e della “navigazione”, o ancora, il passaggio dal primato delle relazioni binarie a quello delle interazioni, dei processi e delle reti sono oramai parte integrante della nostra esperienza quotidiana. Questa nuova percezione della realtà spinge gli individui a desiderare un modo di muoversi nella realtà fisica che è sempre più vicino a quello che accade nel mondo virtuale. Questo significa che gli individui sono oggi molto più orientati all’utilizzo di servizi di mobilità in combinazione tra loro di quanto non lo fossero in passato. Il motivo principale è che percepiscono che tutto questo è tecnicamente possibile.

Inoltre, accedere a un servizio, usare solo temporaneamente ciò che ci serve invece di possederlo ma soprattutto “essere trasportati” invece che “guidare” è qualche cosa che sta lentamente diventando più vicino allo stile di vita contemporaneo: meglio viaggiare in treno potendo fare anche altre cose come leggere un libro, vedere un film o “chattare” con un amico, piuttosto che tenere le mani fisse sul volante con lo sguardo fisso sull’asfalto.

La futura applicazione della cosiddetta guida autonoma contribuirà ulteriormente a consolidare questa tendenza alla continua trasformazione dei modelli di organizzazione e consumo dei servizi condivisi sino ad annullare molte delle attuali differenze tra servizi. I veicoli driveless consentiranno un radicale abbattimento dei costi operativi di alcune tipologie di servizio oltre alla possibilità di offrire soluzioni di viaggio ancora più vicine alle esigenze della domanda quanto a disponibilità, flessibilità e scalabilità.

La stessa industria manifatturiera darà il suo contributo alla crescita rapida del mercato MaaS, con l’obiettivo di raggiungere un pubblico più vasto, con soluzioni sempre più innovative e competitive.

Alla luce di tutte queste trasformazioni in corso, connesse alla rivoluzione digitale, acquista sempre più peso l’ipotesi che oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo ed imminente cambio di paradigma. Il fenomeno è ben spiegato all’interno del 3° Rapporto nazionale sulla sharing mobility, che contiene anche le linee prioritarie d’intervento per qualsiasi decisore pubblico.

Un’agenda green per Governo e parti sociali

In attesa che a Palazzo Chigi si svolga il workshop tra Governo e associazioni del lavoro e d’impresa, è bene che il Governo metta in fila i progetti già avviati e quelli ancora in cantiere, se vorrà dare corpo a quella svolta green che oggi appare sempre più irrobustirsi. Rivedere il sistema dei sussidi ambientalmente dannosi, ampliare lo sforzo per mobilitare investimenti per lo sviluppo di tecnologie e infrastrutture avanzate e per aumentare l’interesse per la ricerca e l’innovazione nel settore dell’energia pulita e del trasporto condiviso, rappresentano alcune delle strade da percorrere.

Misure che darebbero impulso a settori cruciali per ottenere una crescita sostenibile, che si collocano nel solco del G20 dell’Energia, che si è svolto in Giappone il 16 giugno 2019, durante il quale l’Italia è riuscita a rafforzare la sinergia e la collaborazione a livello internazionale. La Ue, infatti, ha recentemente aumentato il suo livello di ambizione, adottando una strategia che prevede che l’Europa diventi la prima grande economia mondiale a diventare carbon neutral entro il 2050. La buona notizia è che l’ambizioso traguardo sta diventando tecnicamente ed economicamente possibile, in quanto la maggior parte delle tecnologie necessarie a tale trasformazione sono ora disponibili, a costi sempre più bassi. Il tema ambientale è centrale anche nel programma del nuovo Presidente della Commissione europea, addirittura è al primo punto. Nel presentarlo al Parlamento europeo, Ursula von der Leyen ha parlato di un Green Deal europeo che sarà annunciato nei primi cento giorni del suo mandato.

Ciò che occorre è un quadro di politiche pubbliche capace di promuovere tale trasformazione in modo intelligente, ovvero cogliendone le opportunità socio-economiche. Per l’Italia si tratta perciò di scrivere una nuova agenda politica, strutturata su alcuni punti, su cui far convergere il consenso delle forze politiche, produttive e sociali, da trasporre in misure concrete nella prossima legge di Bilancio.

La nuova agenda strategica rappresenta quel presupposto fondamentale per imprimere al nostro Paese quella svolta green che sembra davvero a portata di mano.

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