società digitale

Vivere nel metaverso social: ecco qual è la vera novità (e i rischi) di Meta

La novità del progetto Metaverso sono i tempi, ormai maturi per un salto importante nel futuro. Ma qual è il vero carattere della discontinuità? Quali i rischi?

Pubblicato il 15 Nov 2021

Davide Bennato

professore di Sociologia dei media digitali all’Università di Catania

Metaverso di Meta (ex Facebook)

Qual è la novità vera del progetto Metaverso, presentato lo scorso 28 ottobre da Mark Zuckerberg, nel cambiare il nome dell’azienda da Facebook a, appunto, Meta?

Si tratta davvero solo di una nuova realtà imprenditoriale o c’è qualcosa di più? In realtà qualcosa di più ci sarebbe e si può intuire leggendo attentamente la lettera di Zuckerberg al mondo digitale.

Proviamo a capirne di più.

Che c’è in ballo con il Metaverso di Facebook-Meta

La vision proposta da Meta

Per quanto riguarda la vision proposta da Meta, l’idea è quella di sviluppare un metaverso, ovvero uno spazio internet immersivo, tridimensionale accessibile tramite diversi dispositivi, ma preferibilmente con sistemi di realtà virtuale basati su visori – stile Oculus – che consentono un’esperienza totalizzante e nuova nell’interazione con il mondo digitale.

Il concetto di metaverso – così come il concetto di avatar – è stato prefigurato nel 1992 dal romanzo di fantascienza di Neal Stephenson Snow Crash, in cui si narrava di un mondo digitale tridimensionale in cui le persone interagivano senza limiti di spazio. La rappresentazione più recente del metaverso è senza dubbio il film Ready Player One di Steven Spielberg dall’omonimo romanzo di Ernest Cline.

Universi alternativi, da Second Life a Minecraft: i precedenti

Al di là delle citazioni letterarie e cinematografiche, la possibilità di un universo alternativo tridimensionale e immersivo è stato alla base di alcuni servizi internet piuttosto famosi che hanno cercato di concretizzare la visione di un internet che non fosse solo testuale e bidimensionale ma ipermediale e tridimensionale.

Il primo di tutti è stato Second Life della Linden Lab lanciato nel 2003 come spazio immersivo accessibile tramite computer e in cui era possibile duplicare diverse attività del mondo analogico all’interno della realtà virtuale del computer. La novità più interessante era che grazie ai tool messi a disposizione dentro il mondo digitale, le persone potessero produrre praticamente qualunque cosa: dalle skin di personalizzazione degli avatar, fino ai monili con cui ornare i propri doppi digitali e vendere le proprie produzioni guadagnando in valuta virtuale che però aveva un tasso di cambio reale, ovvero il Linden dollar.

La strada tracciata dalla Linden Lab è stata percorsa con successo dai videogiochi MMORPG (Massively Multiplayer Online Role Playing Games), avventure mozzafiato, preferibilmente fantasy, che hanno sdoganato la possibilità di interpretare personaggi e agire all’interno di spazi immersivi collocati in server su internet che permettevano di giocare collaborativamente con altri giocatori in tutto il mondo. L’esempio più celebre di tutti è senza dubbio World of Warcraft della Blizzard, aperto al pubblico nel 2004 che pur presentandosi come un classico videogioco, in realtà aveva delle novità piuttosto interessanti. Come la possibilità di essere un universo virtualmente infinito grazie alle espansioni che introducevano mondi e situazioni sempre più avventurose, o la possibilità di creare delle formazioni sociali grazie alla collaborazione tra giocatori e appassionati di tutto il mondo. Dato il posizionamento difficoltoso di Second Life che non riusciva a trovare un proprio pubblico pur essendo ricchissimo di esperienze sociali in contesti tridimensionali, per molto tempo la realtà digitale tridimensionale non immersiva è stata dominata dai videogiochi, soprattutto da quelli che avevano appreso la lezione di World of Warcraft.

In questo panorama tecnologico appaiono due grandi mondi virtuali di grande successo. Il primo è senza dubbio Fortnite, pubblicato nel 2017 dalla Epic Games che pur essendo uno sparatutto in terza persona permetteva anche delle esperienze non necessariamente legate al gioco, culminate lo scorso agosto nel concerto di Ariana Grande: una delle date più importanti della stella del pop internazionale è stato proprio un concerto nello spazio virtuale di Fortnite. Un altro tassello nello sviluppo della maturità dei mondi digitali è stato Minecraft, sviluppato dai Mojang Studios nel 2011 che si presenta come un videogioco in cui le persone possono costruire ciò che vogliono e interagire con ciò che hanno costruito (è infatti il capostipite dei giochi sandbox open world) grazie ad un mondo fatto di blocchi che possono dare forma a qualsiasi oggetto, oltre ovviamente interagire con bot o utenti umani in uno scenario survival, in puro stile videogame.

I videogiochi piattaforma

La filosofia di interazione sociale di Fortnite associata alla logica di costruzione di mondi di Minecraft ha dato vita ai videogiochi piattaforma: ovvero spazi digitali tridimensionali in cui col proprio avatar si possono giocare innumerevoli giochi prodotti da una serie di sviluppatori indipendenti all’interno del mondo virtuale. Fra queste categorie di giochi, quello di maggior successo è senza dubbio Roblox, un MMO (Massively Multiplayer Online) del 2006 che è stato capace di sviluppare un ecosistema in cui giocatori, sviluppatori e monete virtuali acquistabili (i Robux) danno vita ad un universo in costante espansione e ricchissima partecipazione dei giocatori (soprattutto under 14), tanto che nel il 22 ottobre 2021 ha raggiunto la quota di 3 miliardi di account registrati.

Qual è la novità di Meta?

Viste queste premesse la domanda che ci dobbiamo porre è: qual è la novità del progetto Meta?

Per rispondere a questa domanda è necessario leggere attentamente la lettera pubblicata da Zuckerberg su Facebook.

La prima cosa su cui insiste il founder di Facebook è la volontà di sviluppare un ambiente social ancora più immersivo in cui la possibilità di una forma di teletrasporto digitale (“teleport as a hologram) diventi sia un’ulteriore possibilità relazionale che un’opportunità ambientale (“reduce your carbon footprint”). Tutto ciò per essere possibile deve essere fruibile da una famiglia molto diversa di tecnologie – dagli occhiali di realtà virtuale agli smartphone – che non si deve tradurre solo in più tempo trascorso sugli schermi (“This isn’t about spending more time on screens”). L’idea centrale è che il metaverso non sarà creato da un’unica società (“The metaverse will not be created by one company”), ma da un sistema di creatori e sviluppatori le cui produzioni dovranno essere interoperabili così da sbloccare il potenziale economico creativo. In tutto questo Facebook dovrà fungere da acceleratore soprattutto nelle tecnologie chiave, le piattaforme social e gli strumenti per realizzare il metaverso seguendo la filosofia originaria della società “we don’t build services to make money; we make money to build better services”. Per rendere tutto ciò possibile serve un sistema in cui privacy e sicurezza devono essere disponibili sin dal primo giorno del metaverso, così come gli standard aperti e l’interoperabilità. Per far questo serve una nuova governance per dar vita ad un nuovo ecosistema in cui le persone possono beneficiarne sia come consumatori che come creatori (“we need to help build ecosystems so that more people have a stake in the future and can benefit not just as consumers but as creators”), inoltre bisognerà vendere le proprie tecnologie a costi contenuti e consentire lo sviluppo di servizi con basse commissioni per incentivare l’economia creativa (“we’ll aim to offer developer and creator services with low fees in as many cases as possible so we can maximize the overall creative economy”). Tutto ciò avrà un impatto importante sull’identità dell’azienda: Facebook è sempre stata una compagnia nata per connettere le persone, il metaverso è una nuova fase di questo progetto in cui si mescolano esperienze sociali e tecnologie future. Per questo motivo la nuova compagnia metterà il metaverso al primo posto e non la piattaforma social a cui siamo abituati (“we will be metaverse-first, not Facebook-first. That means that over time you won’t need a Facebook account to use our other services”).

Ovviamente nella lettera c’è molto altro, ma secondo me questi sono gli elementi chiave con i quali è possibile fare un ragionamento.

Da quanto riportato, possiamo dire che lo scopo di Meta – la nuova società dietro Facebook che ha lo scopo di portare il metaverso alla luce – è quello di trasformarsi in un ecosistema alla stregua dei più importanti progetti open source in cui si fondono componenti tecnologiche – interoperabilità, accesso multi-device, offerta di tool di sviluppo – con componenti sociali – esperienze immersive, economie creative, forme di partecipazione sociale innovative. In questa vision Meta diventerà un vero e proprio layer sul quale si svilupperanno società a base tecnologica, servizi innovativi ed economie verticali di cui alcune saranno controllate da essa stessa, ed altre si svilupperanno in maniera indipendente.

In pratica Meta farà proprie l’esperienza di coinvolgimento sociale di World of Warcraft, la possibilità di sviluppo creativo di Minecraft e Roblox, le opportunità di economia creativa di Second Life.

Conclusioni

Tutto ciò è molto avveniristico e cambierà profondamente il mondo Facebook, forse anche per colpa degli scandali di cui la compagnia è stata soggetta come i recenti Facebook Papers, che hanno rivelato una certa spregiudicatezza nella gestione di disinformazione e gruppi d’odio che hanno trasformato il social network in un ambiente comunicativamente tossico.

Allora dov’è la novità del progetto? Sono i tempi.

I tempi sono ormai maturi per un salto importante come quello nel metaverso. Sicuramente ci saranno interazioni sociali emozionanti e tecnologie fantascientifiche, ma non dobbiamo dimenticare che quando la vita personale diventa produttrice di contenuti negli spazi digitali – la famigerata surveillance economy – le diseguaglianze digitali non solo potrebbero acuirsi, ma diventerebbero insostenibili. Lo scenario peggiore è un mondo dove per partecipare alla vita sociale, civile e democratica sia necessario avere una dotazione tecnologica sofisticata col rischio di acuire il divario digitale locale e globale.

Sicuramente Meta è un progetto interessante che rappresenta la naturale evoluzione di un processo di digitalizzazione del mondo e delle nostre vite, ma prima che questo progetto incorpori la violenza socio-tecnologica frutto dei limiti dell’economia del XX secolo, è necessario immaginare una nuova forma di cittadinanza digitale non solo economica che riesca a controllare gli effetti dello spostamento tellurico rappresentato dal metaverso.

Forse quando si parla di “new forms of governance” è a questo che dovremmo aspirare, per evitare che le utopie tecnologiche diventino distopie sociali.

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