Dematerializzazione

Coppola: “La carta resiste nella PA perché è utile alla corruzione”

Pubblicato il 12 Lug 2017

Paolo Coppola

Professore associato di informatica, Università di Udine, consulente Governo per progetti di digitalizzazione della PA

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Togliere la carta negli uffici non è solo una questione di risparmi. Questo è persino secondario. Ma è soprattutto lotta alla corruzione. Ed è per questo motivo che è così difficile eliminare la carta.

Da un punto di vista generale è difficile perché significa incidere su abitudini, comportamenti del personale, e la PA non è mai stata brava a fare questo. Non bastano le norme, serve una buona amministrazione per ruscirci. Ma il vero problema è che la carta consente più del digitale di lasciare spazio alla corruzione. E’ il problema che ci trasciniamo dagli anni 90, nonostante la legge abbia individuato figure responsabili per la transizione digitale. Non sorprende che non vengano nominate. Succede per vari motivi, certo, ma tutti ingiustificati:per mancanza di competenze – avrebbero dovuto fare un piano di formazione o assunzione per maturarle – o per ignoranza della norma; o per assenza volontà di cambiare gli assetti organizzativi. Detto questo, anche quando ci sono responsabili in materia a volte è difficile uccidere la carta. E il motivo è, di nuovo, che questo equivarrebbe a combattere la corruzione. E’ possibile uscirne solo con una forte volontà politica, che dia la giusta priorità a questa istanza.

E per eliminare la carta non c’è bisogno di una nuova norma. Non è necessaria una disposizione che sancisca l’obbligo allo switch off. Già dal rispetto delle norme attuali discende l’obbligo a fare tutto con il digitale nella PA. E se la PA non lo fa è soprattutto perché non si vuole essere controllati nel proprio operato.

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